IDROVOLANTE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

IDROVOLANTE (XVIII, p. 777; App. I, p. 719)

Cesare CREMONA
Giuseppe SANTORO
Cesare CREMONA

Il rapido recente aumento del tonnellaggio sia degli aeroplani civili, per l'economia dei trasporti aerei, sia di quelli militari, per le attuali necessità tattiche e strategiche delle grandi distanze, rende sempre più costosa, e quindi limitata, la realizzazione di piste di atterraggio capaci di sopportare il sempre crescente carico specifico (peso per unità di superficie di appoggio delle ruote sul terreno) dei grandi aeroplani. D'altra parte le grandi distanze e l'opportunità che esse vengano percorse in direzione quanto più possibile costante obbligano il velivolo a sorvolare estese zone marine mentre constatazioni statistiche confermano che ammaraggi di fortuna di aeroplani terrestri hanno quasi sempre avuto come conseguenza la perdita dell'aeromobile e, molto spesso, anche quella delle persone che vi erano imbarcate.

Gli idrovolanti presentano rispetto agli aeroplani alcune difficoltà architettoniche, quali per es. la presenza del gradino, il volume degli scafi, ecc., che ne hanno fino a qualche tempo fa ridotto l'efficienza aerodinamica ed aumentato il peso rispetto ad un aeroplano di analoghe caratteristiche di volo, facendo preferire questo tipo di velivolo a quello. Questo svantaggio va diminuendo col crescere del tonnellaggio: a partire da un certo valore del tonnellaggio (35 tonn.), un idrovolante risulterebbe più leggero di un aeroplano avente le stesse caratteristiche di volo pur dovendo soddisfare una duplice serie di esigenze, sia come macchina volante sia come macchina navigante.

Le esigenze della macchina navigante, infatti, sono relative oltre che alla necessità di buoni decolli e di buoni ammaraggi in mare calmo ed agitato, anche ad un buon galleggiamento da fermo ed alle possibilità di flottamento in velocità, di navigazione alla cappa per durate più o meno lunghe e di rimorchio anche con vento laterale e con mare agitato.

La macchina volante non presenterebbe particolari differenziazioni rispetto a quella degli aeroplani se l'idrovolante, quale macchina navigante, non dovesse possedere speciali doti come, per es., una cospicua stabilità trasversale che può ottenersi con l'adozione di adatti sistemi galleggianti da fermo e reagenti idrodinamicamente in navigazione (doppi scafi, pinne, galleggiantini, ecc.) quando, cioè, venga a mancare o ad essere troppo esiguo il contributo della stabilità trasversale aerodinamica delle ali. Questi organi, però, contribuiscono ad incrementare la resistenza aerodinamica e quindi l'architettura dell'idrovolante richiede una più approfondita analisi della doppia esigenza navale ed aeronautica.

Per la razionale progettazione di idrovolanti sono stati realizzati moderni impianti di vasche idrodinamiche per esperienze di architettura aero-navale ad Amburgo (Germania), a Langley Field (America), in Farnborough (Inghilterra) e - il più moderno ed originalmente attrezzato - a Guidonia (Italia). I due impianti di Amburgo e di Guidonia sono andati distrutti in seguito alle vicende belliche.

In queste moderne vasche si è generalmente abbandonato il sistema delle prove sui modelli dimensionali, che offriva solo l'alternativa del rifiuto o dell'accettazione della soluzione prescelta dal progettista, perché l'accettazione si presentava come assolutamente relativa a quelle determinate condizioni fissate dal progettista stesso, né era possibile prevedere il comportamento di uno scafo in condizioni anche di poco differenti di dislocamento, di centramento, di calettamento delle superfici portanti, ecc.

Il nuovo metodo adoperato, pur in diversa maniera, presso le vasche di Guidonia e di Langley Field consiste nella determinazione di famiglie di curve di coefficienti adimensionali di resistenza e momento (non necessariamente baricentrico) idrodinamici in varie condizioni di assetto, di velocità, di carico e di portanza aerodinamica. Usufruendo di tali dati, il progettista può prescegliere le migliori condizioni relative di dislocamento, di centramento, di calettamento delle superfici portanti, ecc., che forniscano la più conveniente legge di variazione della resistenza in funzione della velocità e sempre compatibile con quella della trazione disponibile dell'elica. Il metodo adimensionale consente altresì un utilissimo confronto fra varî tipi di scafi o di idrovolanti, fornisce elementi sulla efficienza dei sistemi di stabilità laterale (galleggianti, pinne, ecc.) e sui confronti fra le esperienze sui modelli e gli idrovolanti al vero.

Il metodo consiste nel definire i coefficienti adimensionali:

nei quali R = resistenza; M = momento rispetto ad un asse arbitrariamente scelto; Q = dislocamento (differenza fra il peso e la portata); V = velocità; ρ = densità dell'acqua; g = accelerazione di gravità; b = dimensione lineare di riferimento (p. es. la larghezza del gradino). Facendo variare a volontà durante le corse sperimentali p. es. le quantità Q e V e l'assetto ϑ del modello di scafo si rilevano le quantità R ed M. Si deducono così diagrammi come quelli della fig. 2. Per la determinazione delle quantità R ed M si misurano con speciali apparati dinamometrici tre componenti della reazione idrodinamica sul modello trascinato da carri ponte, traslantisi a velocità uniformi molto alte in confronto a quelle normalmente raggiungibili nelle vasche di architettura navale, su bacini appositamente costruiti. Quello italiano di Guidonia era lungo 500 metri, largo 6 e profondo 3,5 e la velocità massima raggiunta dal carro ponte era di 20 metri al secondo pari a circa 70 km/h. Il numero delle corse del carro ponte per ciascun modello ascende a circa 200.

Sia nel caso di esperimenti sui modelli adimensionali, sia su quelli di modelli dimensionali le leggi di variazione della resistenza rispetto alla velocità si presentano come successione di valori sperimentalmente ottenuti a velocità costanti. Nella realtà il decollo avviene in moto accelerato. Quando il modello assuma una consistenza dimensionale, attraverso lo studio del progettista sulle famiglie di curve adimensionali, esso dovrebbe essere realizzato in scala opportuna (ed in ogni caso sufficientemente grande), in similitudine di peso e di distribuzione di masse, con superfici mobili (ipersostentatori) e timoni di profondità comandabili, e dovrebbe essere esperimentato a velocità crescente da 0 a quella precalcolata di decollo, per verificare l'attendibilità delle ipotesi e l'approssimazione dei calcoli.

Una tale esperienza consente inoltre di verificare già sul modello - e non al vero quando sarà troppo tardi - eventuali inconvenienti dovuti l'architettura generale dell'idrovolante (attacco dei montanti, posizione del piano orizzontale di coda, dei galleggiantini - o delle pinne o del doppio scafo - posizione delle eliche, ecc.) in relazione alla formazione ondosa.

La vasca idrodinamica di Guidonia era la sola a possedere un secondo carro (fig. 1) di concezione nuova ed originale, di ingombro limitato, contenuto in una carenatura profilata, corrente lateralmente al bacino e portante, a sbalzo, un braccio terminante a metà della larghezza del bacino stesso, alla estremità del quale era sospeso l'apparato dinamometrico registratore. Questo carro poteva raggiungere, attraverso una prefissata - a volontà - legge di variazione della velocità rispetto allo spazio percorso, una velocità massima di 40 metri al secondo, pari a circa 140 chilometri l'ora ed era quindi il più veloce carro esistente nel mondo. È evidente che, durante la frenata del carro, potevano essere altresì controllate le caratteristiche dell'ammaraggio.

L'architettura moderna dei grandi idrovolanti non si discosta dai dettami di quella dei grandi aeroplani moderni (v. aeroplano, in questa seconda App.).

Impiego bellico dell'idrovolante. - All'inizio della seconda Guerra mondiale tutte le aviazioni militari possedevano svariati tipi di idrovolanti da ricognizione, da bombardamento, da caccia, siluranti, sia per l'aviazione marittima, dislocata su basi costiere, sia per l'aviazione navale, costituita cioè da idrovolanti imbarcati su unità della flotta e da queste catapultati. Questi aerei furono largamente adoperati in guerra e svolsero anche compiti importantissimi; ma i loro impieghi vennero sempre più limitati, divenendo sempre maggiore l'utilizzazione dell'aeroplano terrestre nelle operazioni sul mare.

L'esperienza di guerra dimostrò ben presto, infatti, che per compiti difensivi (caccia) ed offensivi (bombardamento, siluramento) il velivolo terrestre era nettamente superiore all'idrovolante. Questo fu perciò gradatamente adibito soltanto a compiti di esplorazione, di scoperta e caccia dei sommergibili, di scorta a convogli, di posa di mine, di soccorso in mare. Ma anche in quasi tutti questi impieghi l'idrovolante fu assai vantaggiosamente integrato e sostituito da aeroplani terrestri, che per la più larga disponibilità di basi esistenti consentivano maggiore elasticità di utilizzazione e che avevano velocità e capacità difensiva ed offensiva notevolmente superiore. E ciò non soltanto in bacini ristretti, quale il Mediterraneo, ma altresì nelle operazioni oceaniche, anche in relazione allo sviluppo e perfezionamento della nave portaerei, che ha consentito l'impiego di aeroplani a diretto contatto delle flotte, soprattutto per quel che riguarda l'intervento nella battaglia navale.

Bibl.: R. Wagner, Stoss- und Gleitvorgänge an Flüssigkeitsoberflähen, in Zeitschrift für angewandete Mathematik und Mechanik, 1932; G. A. Crocco, L'avvenire degli idrovolanti, in L'aerotecnica, n. 1, 1933; C. Cremona, Sul progetto degli idrovolanti (Convegno dell'AIDA), in Aerotecnica, maggio 1938; id., Le ricerche e le esperienze presso la Vasca idrodinamica di Guidonia, in Hauptversammlung der Lilienthal Gesellschaft für Luftfahrtforschung, 1938; H. M. Garner, Recent fullscale and model research on Seaplane, ibid., 1938; S. Truscott, The enlarged NACA tank and some of its work, ibid., 1938; W. Sottorf, Start und Landung im Modellversuch, ibid., 1938; I. I. Sikorsky, The large flying boat, ibid., 1938; C. Cremona, Il carroponte dinamometrico della Vasca idrodinamica di Guidonia, in Atti di Guidonia, n. 1, 1939; id., Il bacino della Vasca idrodinamica di Guidonia, ibid., n. 1, 1939; id., Esperienze sistematiche sul modello di idrovolante biscafo a "GIS 6" in varie condizioni di assetto e di dislocamento in relazione alla distanza fra le mezzerie degli scafi, ibid., n. 20, 1939; id., Esperienze sistematiche sugli scafi "GIS 27, 28, 29 e 30", ibid., n. 31, 1940; J. Jary, Sur l'évolution du poids de coque des hydroavions, in Technique et Science Aéronautique, n. 2, 1946.

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