CADOLINI, Ignazio Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CADOLINI, Ignazio Giovanni

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Nato a Cremona il 4 nov. 1794 da Giovanni e da Rosa Germani, compì i primi studi nella città natale. Passò quindi a Bologna, dove frequentò la facoltà giuridica e conobbe il delegato pontificio Giacomo Giustiniani (1815), che lo scelse come segretario portandolo con sé a Roma. Laureatosi in utroque iure alla Sapienza il 9 genn. 1817, il C. seguì il Giustiniani anche quando questi fu inviato come nunzio apostolico a Madrid. Durante il soggiorno spagnolo egli, che aveva assunto le funzioni di uditore della nunziatura, fa ordinato sacerdote (31 maggio 1818) e secondò con zelo forse eccessivo l'azione del Giustiniani, tesa a impedire la rinascita di un regime costituzionale o almeno a limitarne gli effetti, soprattutto tra il 1824 e il 1826. Nominato il 3 luglio 1826 vescovo di Cervia, il C. rimase a Madrid fino al 17 maggio 1827, insieme con il Giustiniani, che non volle lasciarlo in qualità di internunzio (come il 27 febbraio la Segreteria di stato aveva disposto) fino all'arrivo del nuovo rappresentante pontificio mons. Tiberi.

Raggiunta la diocesi romagnola, il C. la resse con instancabile attività, ripristinando tra l'altro il locale seminario e imponendo rigorose direttive in campo disciplinare e morale.

Nel febbraio 1831, scoppiata la rivolta nelle Legazioni, il C. emanò una Circolare ai reverendissimi signori arcipreti mm.rr. parrochi e cappellani della diocesi di Cervia (datata 12 febbraio), in cui li esortava a raccomandare ai fedeli il "più religioso, severo rispetto delle Leggi conservatrici dell'ordine e della tranquillità"; era un invito, piuttosto ambiguo, a non avversare il nuovo governo provvisorio se si fosse mantenuto su una linea politica moderata e ossequiosa ai principi del cattolicesimo; ma in sostanza la concezione del C. si richiamava alla prudente condotta di parecchi vescovi del triennio giacobino (1796-99) di fronte al fatto compiuto, mostrando una chiara matrice integralista sia nel volere la religione "madre… di verace libertà" ("libertà, cioè santa, giusta, quale il Signore la vuole in tutti i tempi, in tutti gli stati dai suoi fedeli, e quindi temperata in guisa, che lungi dal degenerare in viziosa licenza, non sia per recare verun nocumento alla carità"), sia nel ricordare che se "la carità… per la Patria è debito…, la vera Patria nostra è il Cielo" cosicché "l'amor della terrena esser debbe ordinato in guisa, che salvi, e intatti serbando tutti i nostri doveri, non venga a dipartirci mai con funesti aberramenti dalle vie della salute".

Ristabilito il governo pontificio, il C. fu trasferito a Foligno (si ignora se alla base del provvedimento ci fossero considerazioni di carattere politico), prima come amministratore della diocesi, poi dal 30 sett. 1831 come vescovo, mantenendo l'amministrazione della diocesi di Cervia. Quindi il 17 dic. 1832 fu consacrato arcivescovo di Spoleto (mantenendo tuttavia l'amministrazione apostolica di Foligno fino al 30 sett. 1834): qui compì nel 1833 la sacra visita e dette nuovo impulso al seminario locale dettandone le Costituzioni (in Opere, II, Foligno 1837, pp. 159-204); compose anche un Manuale ecclesiastico proposto al venerabile clero (ibid., I, Foligno 1836, pp. 81-202), ispirato ad una rigorosa religiosità sul modello di s. Francesco di Sales.

Il 12 febbr. 1838 il C. fu chiamato a Roma, con il titolo arcivescovile di Edessa, come segretario della Congregazione di Propaganda Fide. Nel concistoro del 27 genn. 1843 fu elevato al cardinalato e il 30 gennaio fu consacrato arcivescovo di Ferrara.

Eletto papa Pio IX, il C. manifestò il suo consenso con la volontà innovatrice del nuovo pontefice, così come qualche anno prima si era mostrato più volte incline ad appoggiare il programma neoguelfo delineato nel Primato del Gioberti. Ma la fiducia riposta nel giobertismo era durata poco, e già all'apparizione dei Prolegomeni, nei quali si avevano i primi accenni di quella polemica antigesuitica poi più ampiamente sviluppata dal Gioberti nel Gesuita moderno, il C. aveva manifestato il suo dissenso, fondandolo sulla convinzione che un attacco alla Compagnia avrebbe portato ad un indebolimento della Chiesa cattolica proprio quando aveva più bisogno di una salda unità.

Nel Discorso al suo venerabile clero nell'adunanza del 27 nov. 1845, egli aveva fatto risalire all'esilio del 1833 l'astio del Gioberti per i gesuiti. A sua volta il Gioberti replicò nel Gesuita moderno, accusando il C. di aver volutamente travisato il senso dei suoi scritti sotto le pressioni dei gesuiti. L'atto finale dell'aspra polemica fu rappresentato dalla Lettera dei cardinali di Ravenna, Ferrara, Imola a S.S. Pio IX (pubblicata sull'Armonia di Torino, 30 genn. 1850), in cui si chiedeva la condanna ufficiale del Gioberti.

Ciò non distolse, tuttavia, il C. dal continuare a vagheggiare un programma di tipo neoguelfo, specialmente dopoché nel luglio 1847 Ferrara fu occupata dagli Austriaci: egli propose allora al cardinale legato Ciacchi di patrocinare presso il papa un congresso con la partecipazione di tutti gli Stati italiani e dell'Austria per la concessione concordata delle più urgenti riforme e si batté in pari tempo perché la ventilata lega doganale divenisse una lega politica. La preoccupazione per le sorti della Chiesa e dell'Italia lo spinse intanto a entrare in contatto epistolare con il Montalembert, il quale, se lo rafforzò nell'opinione che il Gioberti era "l'ennemi le plus dangereux de l'Eglise dans notre siècle" (Bettini, 1951, p. 936), lo voleva anche convincere che era possibile pure in Italia la creazione di uno Stato costituzionale, in cui un partito cattolico, appoggiato dal pontefice e dall'episcopato, avesse un peso determinante per evitare i pericoli di una democrazia radicale: perciò il C. si rafforzò nell'opinione dell'utilità per la Chiesa di mettersi alla testa del processo di liberazione politicá della penisola, opinione che egli mantenne anche dopo l'allocuzione di Pio IX del 29 apr. 1848, durante la prima guerra d'indipendenza.

Dopo la definitiva vittoria degli Austriaci, quando il generale Haynau, entrato a Ferrara, impose una forte taglia (19 febbr. 1849) a risarcimento dell'ospitalità offerta dai Ferraresi ai volontari italiani, minacciando anche il bombardamento della città, il C. riuscì a farlo desistere da tale proposito: fu però necessario versare la somma richiesta.

Il C. morì nella città di Ferrara l'11 aprile del 1850.

Fonti e Bibl.: Archivio Segreto Vaticano, Processus Datariae 189, ff. 54-62; Roma, Museo centrale del Risorgimento, busta 915, cartella 29/7-8; V. Gioberti, Il gesuita moderno, Torino 1848, I, pp. 381, 383-386; Id., Apologia del libro intitolato Il gesuita moderno, I, Bruxelles 1848, pp. VI-XVI; N. Tommaseo-G. Capponì, Carteggio inedito, a cura di I. Del Lungo-P. Prunas, II (1837-49), Bologna 1914, ad Ind.;N. Bianchi, Storia della diplomazia europea in Italia, Torino 1865, II, pp. 192-195; G. Sforza, La rivoluzione del 1831 nel ducato di Modena, Roma-Milano 1909, pp. 184-186; E. Solmi, Mazzini e Gioberti, Milano-Roma-Napoli 1913, pp. 338 s.; L. Borelli, Ilcard. I.G.C. arcivescovo di Ferrara, Ferrara 1915; G. Bettini, La politica religiosa italiana alla vigilia del 1848in una lettera inedita di Montalembert al cardinale C. di Ferrara, in Convivium, XIX(1951), pp. 917-937; R. Quazza, Pio IXe Massimo D'Azeglio nelle vicende romane del 1847, Modena 1954, II, pp. 70, 108 s.; G. Bettini, Gli inizi della polemica giobertiana a Ferrara, in Atti e memorie della Deput. provinciale ferrarese di storia patria, n.s., XXI (1960), pp. 77-98; R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich, Brescia 1962, ad Indicem;F. Soldi, Risorgimento cremonese, Cremona 1963, ad Indicem;R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, VII, Patavii 1968, ad Indicem;L. Meluzzi, Gli arcivescovi di Ferrara, Bologna 1970, pp. 92-96; G. Moroni, Diz. di erud. stor. eccl., ad Indicem.

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