Il diritto d'autore naufraga a Pirate Bay

Il Libro dell'Anno 2011

Mario Pireddu

Il diritto d’autore naufraga a Pirate Bay

Nel novembre del 2003 l’organizzazione svedese Piratbyrån, nata per offrire supporto a quanti si oppongono agli attuali regimi di tutela della proprietà intellettuale, ha aperto il sito The Pirate Bay, divenuto realtà a sé stante dopo circa un anno sotto la guida di Gottfrid Svartholm e Fredrik Neij (conosciuti rispettivamente con gli pseudonimi ‘anakata’ e ‘TiAMO’). Tra gli obiettivi del gruppo che ha dato vita al sito il principale è la revisione delle legislazioni in materia di copyright: a unire quanti si sono raccolti nella ‘Baia’ (come The Pirate Bay è stato soprannominato dagli utenti italiani) è infatti l’idea della libera condivisione di informazioni e conoscenza come motore dello sviluppo culturale delle società, in opposizione a un sistema normativo orientato in gran parte alla tutela dei diritti d’autore e del loro sfruttamento economico.

Definito dai suoi gestori come il più vasto repertorio di archivi ‘.torrent’ del mondo, The Pirate Bay indicizza file distribuiti e condivisi attraverso reti e software peer to peer (P2P). Il protocollo BitTorrent, diffusosi in seguito al declino di software per il file-sharing come Napster, WinMX, Kazaa, ecc., consente di distribuire file di qualsiasi tipo attraverso un sofisticato meccanismo che coordina in automatico le connessioni di numerosi terminali, pur in presenza di un server.

I file .torrent sono di norma usati per la localizzazione delle sorgenti che dispongono dei file condivisi, e i server traccia (tracker) coordinano le richieste e gli scambi tra gli utenti che cercano file e quelli che li mettono a disposizione degli altri.

I gestori di The Pirate Bay, più volte sottoposti a processo dalla magistratura svedese, per sostenere la propria innocenza hanno fatto appello proprio alla natura di mero motore di ricerca del sito. Davanti alle accuse di incoraggiamento e favoreggiamento dell’infrazione delle leggi sul copyright, Svartholm e Neij sostengono da anni che The Pirate Bay non viola alcuna legge, poiché si limita a ospitare piccole chiavi utili al tracciamento dei file che vengono condivisi dagli utenti attraverso i propri computer.

Da questo punto di vista, The Pirate Bay non sarebbe altro che un ‘torrent finder’ e dunque un servizio di ricerca paragonabile a Google, Bing, Yahoo, ecc.

Tra il 2008 e il 2011 in diversi paesi europei ed extraeuropei (Danimarca, Grecia, Olanda, Regno Unito, Cina) l’accesso a The Pirate Bay è stato in varia misura bloccato, su richiesta di aziende detentrici di copyright: in Italia, dopo due anni di controversie, nel febbraio 2010 la polizia ha disposto il blocco del sito rendendolo inaccessibile agli utenti italiani attraverso il dominio standard (http://thepiratebay.org), che resta però raggiungibile attraverso altri canali (si veda http://piratebayitalia.com).

In Svezia, il sito è stato chiuso e riaperto più volte, a partire dal primo blocco di tre giorni del maggio 2006 a opera della polizia svedese. Nell’aprile del 2009, Svartholm e Neij, insieme a Peter Sunde e Carl Lundström, sono stati accusati – su richiesta di diversi soggetti privati, tra cui la International Federation of the Phonographic Industry (IFPI) – di favoreggiamento in relazione alla diffusione di materiale protetto da copyright, e condannati a un anno di prigione e al pagamento di circa tre milioni di euro.

Nell’ottobre del 2010 la sentenza d’appello ha ridotto le misure detentive ma ha aumentato la multa a circa cinque milioni di euro. Il 18 aprile del 2011

The Pirate Bay ha cambiato temporaneamente nome presentandosi agli utenti come ‘Research Bay’ e invitandoli a partecipare a una indagine sociologica, per evidenziare la collaborazione con Cybernorms, un progetto di ricerca nato all’interno del Dipartimento di sociologia del diritto dell’Università di Lund e finalizzato all’analisi del rapporto tra legislazione sul diritto d’autore e file-sharing.

Nel maggio del 2011 la IFPI ha intentato una nuova causa presso la Corte distrettuale di Helsinki, questa volta nei confronti del maggior Internet service provider finlandese, con l’obiettivo di rendere The Pirate Bay inaccessibile a tutti gli utenti. Le attività di The Pirate Bay, in special modo in seguito alle vicende giudiziarie, sono alla base della notorietà del Piratpartiet (Partito pirata), costituitosi nel 2006 su iniziativa di Rickard Falkvinge con l’obiettivo dichiarato di intervenire politicamente per la modifica della legislazione sul copyright e il diritto d’autore, contro i monopoli privati e per la libera circolazione della conoscenza.

Il primo gennaio del 2011 il partito ha festeggiato i suoi cinque anni di attività e in particolar modo i successi degli ultimi due anni: 7,1% di voti alle elezioni europee del 2009, e nuovi partiti pirata formatisi in più di quaranta nazioni, riuniti nel movimento internazionale Pirate Parties International (PPI).

Dal peer to peer classico a BitTorrent

fig. A

La modalità di condivisione dei file per mezzo di protocolli P2P ‘classici’, quali per esempio Gnutella oppure eDonkey (che è il protocollo adottato dal programma eMule), non prevede la presenza di alcun server chiamato a gestire il file-sharing tra i vari computer collegati (fig. A). Questa struttura orizzontale, di tipo non gerarchico, fa sì che il sistema non possa essere bloccato per mezzo di eventuali provvedimenti restrittivi emanati dalle autorità giudiziarie in relazione alla difesa del copyright, perché non esiste la possibilità materiale di individuare, ed eventualmente porre sotto sequestro, il ‘motore’ del sistema stesso.

fig. B

Diverso è il caso del P2P di nuova generazione (fig. B) che sfrutta il protocollo BitTorrent e che infatti è stato fermato in più di un’occasione, da provvedimenti giudiziari presi in Italia e all’estero.

Vediamo di spiegare perché. Si tratta di un sistema ibrido che opera per metà in base a una funzionalità di file-sharing classico e per metà in base a quella supportata da un normale server web. Dalla prima deriva la struttura a due vie (downloading e uploading) di condivisione dei file tra gli utenti che si collegano a Internet con l’apposito software (client); dalla seconda eredita la presenza di un server centrale (in gergo definito server traccia, tracker, come, per l’appunto, The Pirate Bay) che svolge il ruolo di ‘torre di controllo’ del traffico di file, coordinando le richieste degli utenti che stanno cercando di scaricare file e fornendo informazioni su chi ha i frammenti che servono.

Per mezzo di BitTorrent si può scaricare contemporaneamente uno stesso file da più fonti e allo stesso tempo; non appena scaricato il singolo frammento del file quest’ultimo viene messo a disposizione degli altri utenti che stanno scaricando lo stesso file ma ancora non hanno quel frammento a disposizione; tutto ciò, senza dovere quindi aspettare di avere il file completo: questo rende il protocollo in questione uno strumento particolarmente efficace per velocizzare il downloading senza attendere giorni e giorni per completarlo come accade spesso con il P2P tradizionale.

Wikimedia Commons

Scaricare dal web immagini, suoni e video freeware? Adesso si può: c’è Wikimedia Commons. La Wikimedia Foundation, oltre al suo progetto più noto, l‘enciclopedia Wikipedia, ha avviato su Internet altri otto progetti basati sulla modalità wiki: si tratta di repertori archivistici di vario tipo gestiti sulla base del principio che l’utente consulta gratuitamente il materiale presente nel database e, se lo ritiene opportuno, ha la possibilità di apportare modifiche.

Uno di questi progetti è Wikimedia Commons (detto anche ‘Wikicommons’ o più semplicemente ‘Commons’). Lanciato nel settembre 2004, Wikimedia Commons è un archivio di file multimediali (immagini, suoni, video) che contiene, a oggi, 10,3 milioni di file e più di 100.000 gallerie multimediali. Da un lato è una risorsa che ottimizza, centralizzandola, la fruizione, da parte dei vari progetti messi in campo dalla Wikimedia Foundation, dei materiali multimediali in essi contenuti: per esempio evitando che la stessa immagine utilizzata contemporaneamente da Wikipedia e Wikispecies debba essere caricata due volte localmente dalle singole pagine web dove essa è richiamata. Dall’altro lato, Wikimedia Commons si propone agli internauti come un immenso giacimento da cui attingere risorse multimediali gratuite: la novità è rappresentata proprio dal fatto che, a differenza dei tradizionali archivi commerciali di file multimediali presenti sul web, Wikimedia Commons offre materiale che si scarica gratuitamente con un clic, come avviene per i software di tipo freeware; chiunque può sfruttare i materiali in esso contenuti per qualsiasi scopo e in ogni momento; a tutti è consentito copiare, usare e modificare liberamente quanto depositato dagli altri utenti. Tecnicamente questo implica che, qualora si voglia fare l’uploading, per esempio, di un proprio scatto fotografico per collocarlo nell’archivio e offrirlo alla condivisione pubblica, ;Wikimedia Commons non accetterà alcuna limitazione relativa, per esempio, all’uso commerciale dell’immagine, così come non permetterà di impedire l’eventuale modifica del contenuto da parte di altri: tra le licenze libere che potremo utilizzare per descrivere i diritti, scarsi, che graveranno sulla nostra fotografia potremo perciò scegliere fra la licenza GFDL (GNU Free Documentation License, già utilizzata per distribuire la documentazione del software e il materiale didattico), oppure la licenza Creative Commons (però nella versione più liberale, quella che protegge solo il diritto di attribuzione e che comunque autorizza la modifica del file) oppure, più semplicemente, potremo assegnare al nostro file una licenza di pubblico dominio.

Cosa significa P2P

È la modalità di scambio dei file (file-sharing) nella quale i computer degli utenti connessi alla rete fungono nello stesso tempo da client e da server. In tal modo, gli utenti possono accedere direttamente l’uno al computer dell’altro, visionando e prelevando i file presenti nelle memorie di massa e mettendo a loro volta a disposizione i file che desiderano condividere.

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