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imperativo negativo [prontuario]

di Stefano Telve - Enciclopedia dell'Italiano (2011)
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imperativo negativo  [prontuario]

Stefano Telve

L’➔imperativo con negazione si esprime, in italiano moderno (a differenza che in altre lingue romanze; ➔ lingue romanze e italiano), con due forme diverse per persona: per la seconda persona singolare, si esprime con un ➔ infinito preceduto dalla negazione non e eventualmente seguito da una particella di intensificazione (non fare questo; non bere questo acido); per la seconda persona plurale, invece, la forma è uguale a quella dell’imperativo affermativo (non fate questo). Per entrambe le persone, il comando negativo si esprime col futuro, nel qual caso ha un particolare tono di sorpresa o di perentorietà: non vorrete partire con questa neve!, non vorrai mica picchiarmi!, non avrai altro Dio fuori che me. Nell’imperativo negativo il pronome clitico (➔ clitici) è, nella tradizione letteraria, perlopiù proclitico, sia con l’imperativo (per la seconda persona plurale: non lo fate), sia con l’infinito iussivo (che supplisce l’imperativo per la seconda persona: non lo fare). Anticamente era possibile anche l’imperativo, non temi, che ➔ Vittorio Alfieri usava ma per il quale veniva tuttavia contestato da Ranieri de’ Calzabigi: cfr. Sorella 1993: 780, e Mauroni 2006: 251).

È tuttavia frequente, specie dall’Ottocento in avanti, anche il tipo con pronome enclitico (non fatelo, non farlo), osteggiato dai puristi ottocenteschi ma presente, sia pure in misura minoritaria rispetto alla soluzione proclitica, in alcuni romanzi coevi (ad es., in quelli di Francesco Domenico Guerrazzi: Mauroni 2006: 248-252).

I due tipi sono del tutto intercambiabili nell’uso odierno.

Vedi anche
enclisi Fenomeno per cui una parola, priva di accento proprio, si appoggia a quella precedente in modo da formare con essa un’unità fonetica e spesso anche grafica (per es., parlami, salvalo ecc.). La parola atona, che è per lo più monosillaba ma può essere anche bisillaba, si dice enclitica e viene posposta. ... plurale In linguistica e grammatica, un aspetto della categoria grammaticale del numero che, contrapposto al singolare (e, dove esiste, al duale, triale e quattrale), indica che le persone o le cose sono più di una (e rispettivamente più di due, tre, quattro). ● Mentre nelle lingue indoeuropee il plurale è ... pronome Parte variabile del discorso che la tradizione grammaticale classica interpretava e definiva come la categoria che ha la funzione di sostituire il nome, ma che in effetti assolve la più vasta funzione d’indicare, senza nominarli, esseri e cose, precisandone la quantità e la qualità, e a volte i rapporti ... futuro Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno. filosofia Come concetto filosofico, il futuro è stato originariamente oggetto di discussione soprattutto sul piano logico. Si trova nel De interpretatione di Aristotele la prima trattazione del problema di quelli che i logici medievali ...
Categorie
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Vocabolario
prontüàrio
prontuario prontüàrio s. m. [uso fig. del lat. tardo promptuarium «credenza, dispensa, magazzino», dall’agg. promptuarius «in cui conservare qualcosa», der. di promptus: v. pronto]. – 1. Libretto o manuale in cui sono esposte brevemente...
imperativo
imperativo agg. e s. m. [dal lat. tardo imperativus, der. di imperare «comandare»]. – 1. agg. In genere, che contiene o esprime comando: frase i.; parlare, rivolgersi in tono i.; mandato i., in diritto costituzionale (v. mandato). In grammatica,...
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