Imprinting

Aggiornamenti (2009)

imprinting

In etologia e psicologia animale, forma di apprendimento precoce presente, pur con sensibili differenze, in quasi tutti i gruppi di Vertebrati e in alcuni Invertebrati, in particolare negli Aracnidi. L'imprinting si realizza per impressione di stimoli percettivi, entro un lasso di tempo chiamato periodo critico o fase sensibile, indipendentemente da fattori di rinforzo. Tale particolare forma di apprendimento comporta, oltre al ben noto attaccamento nei confronti della figura parentale, o di un suo surrogato (imprinting filiale), conseguenze  sulle preferenze nella scelta del partner (imprinting sessuale), nell'apprendimento di segnali di riconoscimento specie-specifici e nella scelta del luogo di nidificazione, in particolare nelle specie che compiono migrazioni (imprinting sull'habitat).

Descritto per la prima volta dall'ornitologo inglese D.A. Spalding nel 1873, l'imprinting è  stato reso celebre dagli studi di Konrad Lorenz il quale, basandosi sull'osservazione di alcune specie di uccelli nidifughi (taccole e oche selvatiche) che risiedevano nella sua dimora di Altenberg, mostrò come i piccoli di tali specie, nelle ore immediatamente successive la schiusa, sviluppassero una  preferenza sociale per il proprio genitore, manifestata attraverso una reazione di inseguimento che li induceva a seguire ovunque il genitore; tale preferenza poteva essere sperimentalmente  veicolata verso individui di specie differenti o persino differenti oggetti inanimati, come ad esempio gli stivali indossati dallo sperimentatore, ottenendo la medesima risposta comportamentale. Le esperienze di Lorenz misero inoltre in luce come questa forma di preferenza per la figura materna fosse strettamente  connessa, in età adulta, a una  preferenza nella scelta del partner sessuale: individui soggetti a imprinting accordavano la propria preferenza a individui o oggetti che maggiormente esibivano le qualità discriminanti precedentemente individuate nel genitore, anche in presenza di conspecifici disponibili all'accoppiamento. Tali esperienze condussero lo zoologo austriaco a considerare l'imprinting: a) come essenzialmente irreversibile; b) come circoscritto al periodo critico.

Ricerche successive hanno invece evidenziato una maggiore plasticità nel comportamento di apprendimento delle specie oggetto di studio, tale da consentire di allungare o abbreviare la fase sensibile in relazione alle condizioni di sperimentazione. Tali ricerche hanno inoltre mostrato come la reazione agli stimoli percettivi sia da porsi in relazione con: a) fattori fisiologici dei soggetti, come il grado di sviluppo neonatale, di maturazione del sistema nervoso e dei sistemi percettivi o eventuali deprivazioni sensoriali; b) qualità percettive intrinseche delle sollecitazioni, quali dimensioni,  intensità, forma, contrasto con lo sfondo; c) condizioni ambientali quali l'allevamento artificiale, l'appartenenza o meno a un gruppo. A questo proposito sono ben documentate le dinamiche, che coinvolgono anche l'imprinting, che consentono agli animali che compiono lunghe migrazioni, quali ad esempio i salmoni o la tartaruga Chelonia midas, di raggiungere e riconoscere i propri luoghi di nidificazione distanti in molti casi migliaia di chilometri.

La fine dell'imprinting è posta da molti autori in corrispondenza del manifestarsi di reazioni di paura o atteggiamenti di fuga nei confronti di stimoli estranei consentendo di sottolineare il valore adattativo, in termini evolutivi di sopravvivenza della prole, per l'imprinting filiale e di mantenimento del proprio cluster genico per l'imprinting sessuale.

 

bibliografia

Bolhuis, J.J., Imprinting, in Frontiere della vita, vol. IV, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1999, pp. 39-47.

Horn, G., Memory, Imprinting and the brain, Oxford, Clarendon Press, 1985.

Spalding, D. A., Instinct. With original observations on young animals, «Macmillan's Magazine» 27, 1873, pp. 282-293.

Vallortigara, G., Cervello di gallina, Torino, Bollati Boringhieri, 2003.

 

Voce approvata dal prof. Enrico Alleva, Direttore del Reparto di Neuroscienze comportamentali dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma

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