Incisione

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

incisione

Silvana Macchioni

Tecnica per tradurre le immagini sulla stampa

La pratica di tracciare segni e figure con uno strumento appuntito su una superficie rigida risale a tempi remoti; lo testimoniano le figurazioni paleolitiche graffite sulle rupi, le iscrizioni sulla pietra degli obelischi egizi, gli antichi sigilli e i coni delle monete. I Greci e gli Etruschi si valsero del segno inciso per decorare ceramiche, oggetti di rame e di bronzo, monili d'argento e d'oro, e questa antica pratica, artigianale e artistica, si trasmise nei secoli dall'Impero Romano al Medioevo, epoca nella quale l'arte predominante fu l'oreficeria. Da questa, alla metà del Quattrocento, sarebbe nata l'incisione su matrice metallica ‒ la calcografia ‒ finalizzata alla stampa

Tecniche dirette e tecniche indirette

Le tecniche incisorie si dividono in tecniche dirette e indirette, a seconda del procedimento che l'artista usa per incidere la tavoletta di legno o la lastra di metallo (matrice) da cui deriva l'immagine. Nell'incisione diretta, su una matrice di legno l'artista usa scalpelli e sgorbie per intagliare l'immagine in rilievo; su una lastra metallica, al contrario, la incide in cavo con strumenti come bulini, puntesecche, rotelle puntinate.

L'incisione indiretta della matrice è invece affidata alla morsura di un acido, che agisce esclusivamente sui tracciati disegnativi con i quali l'incisore ‒ utilizzando una punta non acuminata ‒ si limita a scoprire il metallo della matrice (rame o zinco) precedentemente ricoperta su entrambi i lati e lungo i bordi da una vernice resistente all'acido. Sarà la sua immersione in una soluzione acida (acido nitrico) a incidere le tracce disegnate dall'artista. L'incisione indiretta si pratica esclusivamente su matrici metalliche.

Le stampe tratte da matrici lignee sono dette xilografiche, quelle tratte da matrici metalliche calcografiche. Queste parole derivano dal greco: la prima da ksỳlon "legno", la seconda da chalkòs "rame", ed entrambe da graphìa "scrittura". Significano quindi scrittura, disegno, incisione su legno o su rame. Le stampe calcografiche sono definite tecnicamente dagli strumenti e dai procedimenti usati per incidere la matrice, e sono dette quindi bulini, puntesecche, acqueforti.

Incisione xilografica e incisione calcografica

Le tecniche incisorie e i procedimenti di inchiostrazione e stampa delle matrici sono connessi alla natura di queste ultime. Sulle tavolette tagliate nel verso delle fibre dell'albero ‒ matrici di 'legno di filo' ‒ l'immagine è intagliata in rilievo scavando con scalpelli e sgorbie, ai lati dei singoli segni, le zone destinate a rendere sul foglio di carta i bianchi. L'inchiostro per la stampa viene perciò steso sulle parti rilevate della matrice, che andranno a definire, sul foglio, i contorni dell'immagine.

Le matrici metalliche sono incise in cavo con bulini, punte variamente acuminate, rotelle puntinate, e l'inchiostro viene fatto penetrare nelle cavità che definiscono linearmente l'immagine. Il foglio di carta sovrapposto alla matrice per il processo di stampa va a pescare l'inchiostro nei solchi tracciati dall'incisore.

Una curiosità: per l'intaglio delle matrici di legno l'incisore usa scalpelli e sgorbie, strumenti dello scultore; per l'incisione delle matrici metalliche, invece, usa bulini, raschietti e ceselli, strumenti dell'orafo.

I procedimenti di stampa

Come si stampa una matrice xilografica o calcografica, cioè lignea o metallica, sulla quale l'artista ha inciso il disegno della sua figurazione? Si stampa per contatto e pressione di un foglio di carta, leggermente inumidito, sovrapposto alla matrice in cui è stato inchiostrato il tracciato del disegno.

Prima che fosse inventato il torchio verticale (tipografico) e quello a cilindri (calcografico), la stampa delle matrici era eseguita manualmente, cioè mediante la regolare pressione della mano o di uno strumento rigido ‒ per esempio una stecca di osso ‒ sulla matrice e il supporto della stampa a essa sovrapposto. Le antiche civiltà egiziana, peruviana, cinese e giapponese ci hanno tramandato esempi di decorazione a stampo di tessuti ottenuta premendo più volte sulla stoffa una matrice di legno con un motivo ornamentale. L'erudito e storico latino Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale (1° secolo d.C.) e il pittore Cennino Cennini nel suo Libro dell'arte (fine del 14°secolo) testimoniano il perdurare di questa tecnica in Occidente nell'età classica e per tutto il Medioevo.

L'adozione del torchio tipografico e di quello calcografico e di un nuovo supporto delle immagini ‒ la carta ‒ fece compiere alle tecniche incisorie un salto di qualità riscontrabile non solo nelle immagini, ma anche nei testi scritti. Ne è una straordinaria testimonianza l'Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, un libro ricco di circa 200 illustrazioni xilografiche, stampato a Venezia dall'editore Aldo Manuzio nel 1499. Era nata la stampa d'arte.

Le tecniche storiche: xilografia, bulino, acquaforte

Tra i maestri dell'incisione italiana del Quattrocento emerge Andrea Mantegna, del quale ci sono giunti sette bulini dal segno vigoroso, che valorizza l'evidenza plastica delle figure. Alle sue incisioni guarda il tedesco Albrecht Dürer, che ne trae copie disegnate forse durante uno dei suoi viaggi in Italia. I bulini del bolognese Marcantonio Raimondi documentano invece un'altra tipologia dell'incisione: la stampa di traduzione, cioè quelle che, diversamente dalla stampa di invenzione, interpreta il disegno di un altro artista.

Proprio a Raimondi Raffaello affidò la traduzione a stampa di numerosi suoi disegni, alcuni dei quali eseguiti esclusivamente a tale fine, per diffondere le sue 'invenzioni' iconografiche e formali.

Nel Cinquecento sono da ricordare, per le innovazioni apportate alla tecnica xilografica e acquafortistica, altri due artisti italiani: Ugo da Carpi e Federico Barocci. Giorgio Vasari attribuisce al primo l'invenzione del chiaroscuro, una tecnica xilografica che utilizzava più matrici, da stampare sullo stesso foglio, per ottenere diverse gradazioni tonali. Per l'incisione intitolata Diogene, tratta da un disegno del Parmigianino, da Carpi giunse a usare quattro matrici, creando, con una tecnica rigorosamente grafica, un capolavoro pittorico. Anche il Parmigiani-no si dedicò all'incisione, e precisamente all'acquaforte, tecnica versatile come il disegno; l'incisore, infatti, fa scorrere una punta sulla lastra ricoperta di una vernice resistente alla morsura dell'acido, così da scoprire il rame lungo i tracciati dello strumento.

A intuire un ulteriore sviluppo in senso pittorico dell'acquaforte fu un altro pittore, l'urbinate Federico Barocci, che sottopose le sue lastre di rame a più morsure per graduare, come nei suoi dipinti, le sfumature e i mezzi toni dell'immagine. Non a caso di alcuni suoi quadri, per esempio l'Annunciazione della Pinacoteca Vaticana, egli ci ha dato anche la versione ad acquaforte.

Il trionfo dell'acquaforte

Gli incisori del Seicento e del Settecento privilegiano, per la loro produzione a stampa, l'acquaforte per la duttilità e la qualità pittorica del suo segno. Ripercorrendo la storia delle tecniche incisorie storiche ‒ xilografia, bulino, acquaforte ‒ si nota un loro graduale sviluppo da esiti formali decisamente grafici a esiti formali prevalentemente pittorici.

Nel 1643 Ludwig von Siegen scopre una nuova tecnica diretta, la maniera nera, che produce immagini dalle tonalità vellutate, e intorno alla metà del Settecento Jean-Baptiste Le Prince inventa il procedimento dell'acquatinta, tecnica indiretta che dà, a stampa, gli effetti dell'acquerello. Spesso è usata con l'acquaforte, alla quale conferisce leggerezza e trasparenza pittorica.

Tra i maestri che nel Seicento predilessero l'acquaforte va ricordato l'olandese Rembrandt. Egli usò questa tecnica in senso moderno, con ripetuti interventi sulle lastre, documentati da diversi stati (verifiche di stampa) delle stesse, che spesso mutarono profondamente la concezione dell'immagine finale rispetto a quella iniziale. Le sue acqueforti, spesso integrate da interventi a puntasecca e a bulino, sono esempi di pittoricismo assoluto.

In Spagna, il protagonista dell'arte calcografica tra secondo Settecento e primo Ottocento è Francisco Goya. Le sue immagini, dai toni talora sarcastici talora angosciosi (si veda la serie dei Capricci, edita nel 1799), sono impressionanti denunce della brutalità, dei pregiudizi e della miseria umana.

Nella produzione acquafortistica italiana del Settecento emergono i maestri veneti: i due Tiepolo, Giambattista e il figlio Giandomenico (sono celebri, del primo, la serie dei Capricci e quella degli Scherzi, un genere di larga fortuna nella cultura artistica detta rococò) e Giovanni Battista Piranesi, visionario interprete, nella serie delle Carceri, di antiche architetture romane scenograficamente amplificate.

Nel genere della veduta urbana primeggiano invece Canaletto, attivo anche a Londra, e il nipote Bernardo Bellotto, operante anche a Dresda, Vienna e Varsavia. Luminose sino alla trasparenza, negli squarci lontani, le acqueforti del primo, più attente alla resa dei particolari e agli effetti chiaroscurali quelle del secondo.

La litografia e gli sviluppi ottocenteschi dell'incisione

Nel 1798, a Monaco di Baviera, Aloys Senefelder scopre un nuovo procedimento di stampa, la litografia (dal greco lìthos "pietra"), che contraddice esplicitamente il termine incisione e il verbo incidere. Si tratta infatti di un tipo di stampa piana diretta, realizzato con matrici di una pietra calcarea di grana finissima (pietra litografica). Il disegno viene eseguito direttamente sulla matrice con inchiostro grasso o con una matita grassa; successivamente si sottopone la pietra all'azione di una soluzione acidulata e poi la si inumidisce. Per l'inchiostratura si usa un inchiostro grasso che, essendo idrorepellente, aderisce esclusivamente alle parti disegnate. Offrendo significativi vantaggi di ordine pratico ed economico, la nuova tecnica si diffonde rapidamente in tutta Europa dando impulso alla stampa popolare, all'illustrazione del libro e alla realizzazione di stampati commerciali.

In Francia incontra grande successo e il suo massimo rappresentante fu lo scultore e pittore Honoré Daumier, divenuto famoso per le vignette di feroce attacco al governo di Luigi Filippo, pubblicate dal giornale La caricature, e per l'aspra denuncia, attraverso la litografia, dei vizi e dei difetti del nuovo governo repubblicano. Anche Gustave Doré, incisore autodidatta, si serve della litografia iniziando a collaborare, a soli quindici anni, alla rivista satirica Journal pour rire. In seguito, l'iniziale interesse alla caricatura sfocia nell'illustrazione, anche con altre tecniche, di alcuni dei maggiori testi della letteratura internazionale, come il Don Chisciotte di Cervantes, la Divina Commedia di Dante Alighieri, o le Favole di Charles Perrault.

Tra Ottocento e Novecento

Gli artisti della seconda metà dell'Ottocento e del Novecento sperimentano le diverse tecniche incisorie, cui si sono aggiunte la linoleografia e la serigrafia, e la loro ricerca si apre all'influenza delle stampe giapponesi (Hokusai, Utamaro, Hiroshige), giunte in Europa con il diffondersi della moda delle 'cineserie'.

Paul Gauguin, in polemica con il diffondersi, anche nella produzione grafica, dei tecnicismi della civiltà industriale riscopre la componente artigianale dell'antica xilografia, e gli espressionisti tedeschi del movimento Die Brücke ("Il ponte") tornano a valersi delle matrici di legno di filo, il cui aspro e difficoltoso intaglio risponde alla loro concezione dell'opera d'arte come esito creativo del lavoro umano.

Il norvegese Edvard Munch, nella sua vastissima produzione grafica, utilizza invece la xilografia, la litografia e altre tecniche per una tormentata esplorazione dell'inconscio; quanto a Picasso, sperimentatore per eccellenza, anche nella grafica prova tutte le tecniche.

In Italia le due presenze più significative nella produzione incisoria del Novecento sono quelle di Giorgio Morandi e di Luigi Bartolini, entrambi acquafortisti. Le nature morte e i paesaggi del primo rivelano, nella loro semplificazione strutturale, l'incidenza della lezione di Cézanne; le incisioni del secondo scoprono una forte affinità con la grafica degli espressionisti.

La serigrafia

La serigrafia è un procedimento di stampa nato diversi secoli fa in Cina, dove era usato per imprimere disegni, anche con diversi colori, su stoffe. Il suo nome deriva dall'uso originario di schermi di seta, sostituiti successivamente da tessuti di nailon o, in casi particolari, di sottilissimi fili di acciaio. Questa tecnica si vale della filtrazione dei colori attraverso la trama di uno schermo teso su un apposito telaio. Mediante un'azione di slittamento e pressione, esercitata sullo schermo con una spatola di gomma o di plastica (spremitore), l'inchiostro viene spinto ad attraversare la trama nelle zone destinate a definire il disegno dell'immagine, andando a depositarsi su supporti flessibili (carta, stoffa) o rigidi (plastica, metallo o vetro).

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