ALIMENTARI, INDUSTRIE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ALIMENTARI, INDUSTRIE (App. III, 1, p. 68)

Corrado Cantarelli
Giovanni Battista Marini - Bettolo

Viene così definito un esteso gruppo di attività rivolte all'elaborazione delle derrate e delle bevande per l'alimentazione dell'uomo o aventi destinazione zootecnica. Valutazioni recenti indicano che il 53% dei prodotti alimentari è oggetto di trasformazione industriale; il restante 42% (il 5% sono autoconsumi) è per la gran parte soggetto a operazioni di condizionamento, per lo stoccaggio e la distribuzione allo stato fresco.

Queste attività, che vengono esplicate a livello rurale, artigianale e industriale, hanno un ruolo determinante per la sussistenza della popolazione, tanto nelle società industrializzate che in quelle emergenti, con notevoli implicazioni socio-economiche. Le i. a. sono infatti chiamate a soddisfare necessità primarie, sulle quali pesano gli habitus tradizionali, i problemi di carenza e di malnutrizione e quelli igienici. Per il volume dei consumi le i. a. hanno notevole rilevanza economica e sono in relazione, oltre che con la produzione agricola e zootecnica-ittica, con l'industria estrattiva (acqua, sale), e con le industrie chimiche e meccaniche. La struttura del settore alimentare è complessa ed eterogenea, caratterizzata da molti flussi interni e da numerose produzioni congiunte e parallele, con una crescente diversificazione dei prodotti. Uno schema dei flussi del sistema agricolo-alimentare indica le interconnessioni fra i diversi gruppi di attività (v. figura).

L'eterogeneità delle i. a. risiede nelle forme di gestione, nelle tecnologie e nei requisiti delle materie trattate. Vengono elaborate materie di origine biologica, vegetali e animali, eterogenee e deperibili, per ricavarne prodotti con una destinazione biologica (l'alimento) di cui sono essenziali i requisiti di appetibilità e nutrizionali. Rientrano nella definizione di i. a., nell'accezione tecnologica, tanto le attività a livello propriamente industriale, che quelle a livello artigianale e rurale. Viene generalmente adottata la distinzione in: industrie di prima trasformazione (come le industrie agrarie di lavorazione del latte, del vino, dell'estrazione degli oli, quella molitoria, la saccarifera, ecc.); industrie di seconda trasformazione (che utilizzano i semilavorati delle industrie di prima trasformazione: dolciaria, dei prodotti da forno, della birra, ecc.). Al riguardo, la tab. 1 riporta i prodotti di prima e di seconda trasformazione delle i. a.; tuttavia questa distinzione non è attualmente indicativa delle dimensioni e del livello tecnologico, ma serve come indicazione del tipo di struttura e di rapporto con l'agricoltura. Distinzione tecnologica è quella in: a) industrie estrattive, che procedono alla separazione di costituenti preformati nella materia prima: farina dai cereali, olio dalle piante oleaginose, zucchero da bietola e canna, ecc.; b) industrie conserviere, che realizzano l'esclusione dei fenomeni di alterazione biologica e chimica delle derrate, mediante trattamenti con il calore (sterilizzazione), per disidratazione o con agenti chimici; c) industrie fermentative, basate sulla regolazione di processi microbici ed enzimatici di trasformazione della materia prima: produzione del vino, della birra, dei formaggi, delle semiconserve, ecc. A queste categorie vanno aggiunte quelle elaborazioni che sono basate essenzialmente su operazioni fisiche, meccaniche, come quella dolciaria (a base di zucchero e cacao), del caffè, degli alimenti "pronti", ecc.

I processi di lavorazione attualmente in uso sono in gran parte derivati dalla prassi tradizionale, e in parte rientrano nell'ambito delle tecnologie chimiche industriali, con notevole grado di meccanizzazione e di automazione delle operazioni.

Il livello tecnico varia notevolmente per i diversi settori d'attività e, conseguentemente, è differenziata la struttura delle imprese. Nelle tab. 2 e 3 sono riepilogati i dati essenziali per i principali settori. Sotto il profilo tecnico lo sviluppo più consistente si è verificato nelle i. a. di natura chimica (estrazione e raffinazione dei grassi, dello zucchero, dell'amido e, recentemente, delle proteine); progressi più recenti si sono avuti per le i. a. di natura più strettamente biologica e agricola, la cui evoluzione dal livello rurale si è verificata attraverso la concentrazione e la razionalizzazione degl'impianti. Grande rilevanza ha avuto, per es., la meccanizzazione delle operazioni nella industria dei prodotti da forno, della pastificazione, del trattamento del latte, dell'enologia e, più recentemente, dei servizi per la ristorazione collettiva. Altri settori delle i. a. conservano invece una tipica struttura artigianale (produzione panaria, molti sottosettori della produzione dolciaria, di olio d'oliva e di vini). L'evoluzione dei procedimenti e delle attrezzature di lavorazione ha comunque segnato radicali modifiche a tutti i livelli. Notevolissima rilevanza hanno avuto, infine, i progressi tecnici delle attrezzature di condizionamento (confezione dei solidi, imbottigliamento, imballaggio) con l'integrale meccanizzazione e l'impiego di diversi materiali (cellulosa trattata, polimeri di sintesi).

Le operazioni fondamentali che ricorrono nelle diverse i. a. sono riepilogate nella tab. 4.; in gran parte sono comuni all'industria chimica (ma con diverse attrezzature), mentre altre presentano caratteristiche peculiari in quanto connesse con l'elaborazione di materiali biologici (cottura, sterilizzazione, congelazione, ecc.).

L'evoluzione recente delle i. a. ha manifestato, in termini di economia di gestione, una concentrazione del settore conserviero, di quello dei prodotti dolciari, dei derivati del latte, della birra, delle sostanze grasse, della molitura e della pastificazione.

Un peso determinante per l'economia del settore è dato dalla distribuzione dei prodotti; i requisiti di deperibilità, l'entità e l'intensità dei consumi, le componenti psicologiche che intervengono nella formazione della domanda, costituiscono dei problemi peculiari di questo settore distributivo. In Italia la distribuzione è eccezionalmente frazionata e le diverse forme di grande distribuzione si realizzano a un livello molto lontano da quello di altri paesi industriali, talché il peso degli oneri della distribuzione ha un'influenza determinante sulla politica industriale e vincola anche gl'interventi diretti di mercato da parte dei produttori agricoli.

Il controllo di qualità dei prodotti delle i. a. presenta dei problemi complessi come procedura, come affidabilità e come normative di legge. La deperibilità pone dei problemi igienici, e richiede controlli batteriologici e chimici per verificare la presenza di microrganismi responsabili di tossinfezioni e di deterioramento dei costituenti (per es., irrancidimento dei grassi, formazione di ammine, di micotossine, gelificazione di colloidi glucidici e proteici, ecc.). La presenza di additivi intenzionali (per migliorare la stabilità dei requisiti del prodotto) e di fattori antinutrizionali, la persistenza di residui dei trattamenti con anticrittogamici e insetticidi sulle culture e negli allevamenti, la perdita di fattori vitaminici e di amminoacidi essenziali, sono oggetto di complesse indagini chimiche e biologiche. Di grande rilievo, infine, è l'apprezzamento merceologico delle derrate e delle bevande, con l'identificazione delle materie prime e dei semilavorati (per es., per gli oli, l'identificazione della specie oleaginosa) e dei requisiti legati a fattori ambientali (zona di origine). Questo criterio di qualificazione merceologica va assumendo considerevole importanza, al di fuori degli stessi requisiti analiticamente definibili, per alcuni prodotti, e in particolare per quelli a destinazione voluttuaria (frutta, formaggi, vini, prodotti da forno).

La scelta degli alimenti è condizionata al soddisfacimento di necessità fisiologiche primarie, alle quali si accompagnano in misura spesso determinante quelle d'indole psicologica, culturale, edonistica. Assume pertanto grande rilievo l'esame organolettico, basato sulla valutazione dei requisiti di colore, odore, struttura, sapore e, globalmente, di appetibilità, che può essere quantificata attraverso un'elaborazione delle risposte ottenute dai tests di degustazione.

Bibl.: E. Garuffa, Le industrie alimentari ed igieniche, Torino 1931; G. Brunerie, Les industries alimentaires et leur organisation rationelle, Parigi 1949; R. Heiss, Lebensmitteltechnologie, Monaco 1950; L. V. Vasseur, J. J. Bimbenet, M. Hillairet, Les industries de l'alimentation, Parigi 1966; C. Cantarelli, Progrés récents et perspectives des industries alimentaires italiennes, ivi 1967; G. Peterson, A. Tressler, Food technology the world over, 2 voll., Westport 1968; J. Schornmüller, Handbuch der Lebensmittelchemie, 9 voll., Berlino 1970; A. Kramer, B. Twigg, Quality control for the food industry, 2 voll., Westport 1973; H. A. Leniger, W. A. Beverloo, Food process engineering, Dordrecht-Boston 1975; U. Bertelé, F. Brioschi, Il sistema agricolo-alimentare in Italia, Bologna 1976.

Sofisticazioni e contaminazioni. - Gli alimenti possono risultare alterati ad opera di sofisticazioni o di contaminazioni.

Sofisticazioni. - La richiesta continuamente crescente di prodotti alimentari ha indotto in ogni tempo a smerciare alimenti non genuini o di qualità scadente, soprattutto nel caso di generi di largo consumo come grassi, carni, latte e latticini, pane e paste alimentari, e, tra le bevande, il vino.

La chimica analitica ha sviluppato in questi ultimi anni metodologie basate su metodi di separazione cromatografica, di spettroscopia e di radiochimica, che per la loro elevata sensibilità e selettività consentono di svelare molte sofisticazioni tutelando quindi il consumatore.

Le sofisticazioni sono generalmente frodi commerciali, in quanto il prodotto messo in commercio non ha le caratteristiche analitiche del prodotto genuino, ma possono intendersi anche frodi sanitarie in quanto gli alimenti risultano di valore nutritivo inferiore oppure contengono principi non adatti all'alimentazione umana; in taluni casi la sofisticazione può risultare anche pericolosa per la salute del consumatore.

Gli alimenti più soggetti alle frodi sono: a) Paste alimentari, perché possono essere preparate con farine di altri semi o alterate o di bassa qualità, come pure con farina di grano tenero invece che di grano duro; per le paste all'uovo l'uso di coloranti invece di uova, ecc. b) Pane, perché, oltre all'uso di farine scadenti e di miscele con sfarinati di altri semi, va considerato l'eccessivo contenuto di acqua (umidità). c) Oli: gli oli di oliva possono essere sofisticati con oli di semi; si realizzano anche miscele cosiddette compensate, che consentono di apparire genuine a un'analisi che tenda ad accertare solo i parametri analitici tradizionali come il numero di acidità, il numero di iodio, il numero di acidi grassi fissi e volatili (solubili e insolubili), in quanto ottenute in base a un semplice calcolo delle percentuali dei vari oli di semi da miscelare per ottenere valori delle caratteristiche autentiche corrispondenti a quelli normali per l'olio di oliva. Con questi criteri sono stati a suo tempo messi in commercio come oli di oliva miscele non solo di oli di semi ma anche grassetti animali (olio di cavallo, di piede di bue, ecc.). Altra frode comune è la riesterificazione, cioè la preparazione per esterificazione degli oli a partire da acidi grassi industriali e glicerina. Gli acidi grassi industriali si ottengono da varie fonti: grassi animali e oli di varie piante tropicali. Anche in questo caso i metodi più usuali di analisi forniscono valori dei parametri caratteristici molto vicini a quelle degli oli d'oliva. L'introduzione dei metodi gascromatografici ha messo a disposizione un mezzo altamente sensibile e in grado di accertare l'effettiva natura e la composizione relativa in acidi grassi di un olio e quindi di poter stabilire l'eventuale frode. d) Anche il burro può essere sofisticato per aggiunta di grassi solidi, come il grasso di cocco o il sego di bue, mentre contemporaneamente si effettua un'esterificazione con acido butirrico per mantenere il valore degli acidi grassi volatili entro i limiti caratteristici per il burro. e) Per le carni, e soprattutto per le carni preparate (insaccati, precotti, prosciutti, ecc.), la sofisticazione più comune è l'impiego di carni diverse da quelle dichiarate, oppure l'impiego di sostanze capaci di trattenere acqua, quali i polifosfati. Nel caso di carni estranee oggi si effettua un'analisi immunologica basata sulla sierodiagnosi, che consente di mettere in evidenza la presenza di carni diverse, per es., carne di pecora in un salame suino.

Nelle conserve alimentari si possono avere sofisticazioni difficilmente svelabili, dato lo sviluppo delle tecnologie alimentari che consentono di mascherare facilmente le alterazioni. Per es., impiego di materie prime diverse da quelle dichiarate, quali marmellate preparate da pectine, aromatizzanti e coloranti; preparati per brodo contenenti idrolizzati di proteine di basso valore (sangue, collageni, ecc.).

Nel campo delle bevande: molte non contengono le frutta dichiarate; i vini possono provenire da materie prime scadenti valorizzate mediante trattamenti elaborati.

Nel caso dei vini va ricordato lo zuccheraggio dei mosti a basso tenore di zuccheri, per ottenere vini a elevato grado alcolico (questa è solo una frode commerciale e non sanitaria); altre frodi sono costituite dalla fermentazione delle vinacce, dalla colorazione artificiale dei vini, ecc.

Le metodologie per svelare le frodi sono in continuo progresso: come esempio si può ricordare l'impiego dell'analisi radiochimica mediante misura del rapporto 14C/12C, al fine di svelare la contraffazione dell'aceto di vino con acido acetico sintetico. Per reprimere le sofisticazioni sono state introdotte normative molto severe praticamente in ogni nazione. A livello europeo, dove sono state dettate direttive comunitarie per consentire la libera circolazione degli alimenti nei vari stati, si stabilisce una normativa e una metodologia analitica comune. A livello mondiale, ad opera delle organizzazioni dell'ONU per la Sanità (OMS) e per l'Alimentazione (FAO), si sta elaborando un Codex alimentarius comune.

In Italia la disciplina sugli alimenti è stata recentemente aggiornata con le leggi 30 aprile 1962, n. 283, e 26 febbraio 1963, n. 441, integrate da numerosi decreti ministeriali che disciplinano gli aspetti tecnici.

Per combattere le frodi e le sofisticazioni alimentari esistono, in tutto il mondo, organizzazioni di stato d'ispezione e di repressione. In Francia si trovano i Laboratoires des sophistications et des fraudes, negli Stati Uniti la Food and drug administration; in Italia il Servizio repressioni frodi, affidato al ministero dell'Agricoltura. Anche i laboratori provinciali d'igiene e profilassi, oltre a quelli comunali operano per il controllo degli alimenti. Esiste un'organizzazione ispettiva e investigativa per gli accertamenti e il prelevamento dei campioni (Nuclei Antisofisticazioni o NAS, vigili sanitari, vigili urbani, ecc.).

Contaminazioni. - Gli alimenti possono subire, oltre che sofisticazioni, sempre volontarie, anche contaminazioni, di solito involontarie, dovute a cattiva conservazione, incuria, uso di talune materie prime scadenti ovvero adozione di tecnologie insufficienti; si tratta generalmente di contaminazioni da microorganismi o da parassiti (contaminazioni microbiologiche), mentre un altro gruppo riguarda le contaminazioni da additivi (contaminazioni chimiche).

Le contaminazioni microbiologiche sono dovute all'azione di batteri o funghi, talvolta a virus.

La presenza dei microrganismi sui cibi è dannosa sia per l'azione diretta del microrganismo che dall'alimento si trasferisce nell'uomo (per es. carni e uova contaminate con salmonella, latte contenente Myc. Tuberculosis o Brucella aborti) sia indiretta per le modificazioni che possono indurre sul substrato, con il loro metabolismo e i loro enzimi dando luogo a prodotti tossici (per es. tossine, come la tossina botulinica da Clostridium botulinum che si produce nei cibi solo in condizioni di anaerobiosi), oppure alla degradazione enzimatica dei prodotti stessi (putrefazioni delle carni, inacidimento del latte, ecc.). Questo avviene quando i cibi non sono stati convenientemente trattati per la loro conservazione o quando si parte da materie prime già alterate.

Per prevenire le contaminazioni microbiologiche e assicurare una più lunga conservazione degli alimenti si fa attualmente largo uso di additivi e conservativi.

La contaminazione da funghi è stata studiata recentemente: in taluni alimenti contaminati da funghi è stata messa in evidenza la presenza di sostanze altamente tossiche, a basso peso molecolare, che sono state indicate con il nome di "micotossine" in quanto prodotte dal metabolismo di alcuni funghi su adatti substrati, costituiti da sostanze alimentari. Il primo esempio conosciuto di intossicazione da micotossine è quello della contaminazione della segale da parte della Claviceps purpurea, causa nei secoli passati di gravi forme endemiche in Europa, di origine allora sconosciuta, che colpivano intere popolazioni che consumavano i cereali contaminati. Si dimostrò poi che questi effetti erano dovuti agli alcaloidi della Claviceps purpurea che sono derivati dell'acido lisergico.

Recentemente sono state messe in evidenza nuove micotossine molto pericolose per l'uomo: per es. l'Aspergillus flavus può contaminare i gusci di arachide (Arachis hypogea) dove, in presenza di umidità, produce delle sostanze cancerogene note con il nome di aflatossine. Queste sostanze, che sono delle cumarine sostituite, pongono una serie di problemi per il controllo di alimenti e mangimi a base di arachide.

Altre micotossine possono svilupparsi sul riso (come le ofioboline e i cocliochinoni prodotti dal fungo Cochliobolus miaybeanus), mentre altre ancora si trovano su derrate alimentari quali i formaggi, ecc. Generalmente la contaminazione da funghi è particolarmente grave nei paesi tropicali perché favorita dal fattore temperatura.

I parassiti, infine, possono provocare infestazioni dei cibi, in particolare dei cereali (per cui sono necessarie particolari misure di disinfezioni per la loro conservazione: fumigazioni, ecc.) e delle carni.

Le contaminazioni chimiche possono essere dovute ad additivi volontari e involontari. Gli additivi volontari si aggiungono agli alimenti per conservarli, migliorarli e abbellirli, cioè renderli più appetibili con aggiunta, per es., di coloranti e di aromatizzanti, e devono essere assolutamente innocui per l'uomo. Tuttavia molte legislazioni - tra le quali l'italiana - non consentono l'uso di additivi negli alimenti di largo consumo, come pane, paste alimentari, carni, oli, ecc., per evitare che il consumatore possa assumere da fonti diverse quantità di additivi troppo elevate. Gli additivi volontari si possono suddividere in conservativi, antimicrobici, conservativi secondari, antiossidanti, gelificanti e addensanti, aromatizzanti, coloranti, edulcoranti, ecc. Nella tab. 5 vengono riportati alcuni esempi di tali additivi.

Per evitare l'uso di sostanze non adeguate, la legge, in varie nazioni, limita l'uso degli additivi a quelli contenuti in una lista autorizzata (lista positiva), e di cui si deve anche garantire il grado di purezza, e per ogni additivo circoscrive anche l'uso a determinati alimenti. Per es., un colorante per bevande può essere autorizzato solo per bevande e non per colorare altri alimenti. Con l'uso di additivi aromatizzanti e coloranti si possono infatti anche mascherare delle vere frodi alimentari.

L'uso degli additivi invece, quando è corretto, porta a fornire un prodotto migliore, meglio conservabile e di aspetto più appetibile; per es., la pasticceria da forno può essere conservata per lungo tempo con l'impiego di antiossidanti.

Gli additivi involontari possono essere compresi in una gamma vastissima di prodotti in quanto possono prendere origine da un errore nella preparazione dei cibi (scambio di materie prime, uso di recipienti occasionalmente contaminati, ecc.). Queste sostanze anche se in alcuni casi sono state causa di gravissimi incidenti non si possono classificare come additivi, essendo occasionali e imprevedibili. Devono invece essere classificate come additivi involontari tutte quelle sostanze che contaminano i cibi in quanto provenienti sia dagli imballaggi - generalmente plastificanti da contenitori di plastica, metalli pesanti da scatolame, coloranti da carte d'imballaggio - sia dall'ambiente, attraverso la catena alimentare o i cicli biologici, cioè: pesticidi clorurati, difenili policlorurati (PCB), o taluni metalli come il mercurio, o anche residui di trattamenti delle piante come gli esteri fosforici, i carbammati, ecc., che, pur non entrando nella catena alimentare, possono ritrovarsi nei cibi. Nella tab. 6 vengono riportati i principali additivi involontari.

Va tenuto presente che quando viene contaminata la catena alimentare, e ciò accade con prodotti che non si modificano per effetto dei fattori geo- e biologici e nemmeno di quelli atmosferici, non solo risulta contaminato il prodotto agricolo ma anche la carne o meglio i grassi degli animali, il latte, i formaggi, ecc. Su scala più vasta la contaminazione interessa anche i mari e quindi il plancton, le alghe e i pesci.

Si può dire che i composti clorurati dopo anni d'impiego sono divenuti praticamente ubiquitari. Inoltre a causa degli spostamenti di derrate per l'alimentazione umana o del bestiame, la contaminazione si trasferisce anche da un continente all'altro.

Un altro tipo di contaminazione è quello determinato dal trattamento degli animali destinati alla macellazione con antibiotici od ormoni (tetracicline, stilbestrolo) a scopo sia profilattico che anabolizzante, in quanto queste sostanze, presenti nelle carni e assunte dai consumatori delle stesse, possono indurre resistenza agli antibiotici oppure interferire negli equilibri ormonici.

Bibl.: F. Muntoni, Metodi di analisi, frumento, farina di frumento, pane, paste alimentari, farine ecc., in Annali Istituto superiore di sanità, III, (1967), pp. 237-85; id., Micotossine, ibid., III (1967), p. 289; A. Sampaolo, Contaminazioni chimiche degli alimenti, Firenze 1969.

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