INFANZIA

Enciclopedia Italiana (1933)

INFANZIA (lat. infantia, da infans, propriamente "che non parla"; fr. enfance; sp. infancia; ted. Kindheit; ingl. infancy)

Sante DE SANCTIS
Francesco VALAGUSSA
*

È il periodo della vita che va dalla nascita ai dodici-quindici anni. Ma l'infanzia vera e propria è il periodo in cui il nuovo essere cresce e sviluppa gli organi e i sensi, ma ancora non può comunicare con il mondo esterno, perché non sa parlare. È in tale periodo che i pericoli più numerosi minacciano la giovane esistenza, come dimostrano le cifre della mortalità infantile tuttora assai alte, nonostante le numerose previdenze sociali oggi attuate e nonostante la migliorata istruzione dei medici e delle madri.

Il complesso degli sforzi da compiere perché l'infanzia cresca sana e robusta, si compendia quasi unicamente nei precetti di una profilassi basata su criterî del tutto scientifici. Fondamentalmente rientrano in tale complesso: la profilassi prenatale, la profilassi dell'allattamento e delle malattie gastro-intestinali e la profilassi delle malattie infettive, con speciale riguardo per la tubercolosi. Per mezzo della profilassi prenatale si mette la madre in condizione di sopportare bene la propria gravidanza, permettendo al feto di svilupparsi regolarmente. In tale periodo si porrà particolare cura a rintracciare l'infezione luetica dei genitori, curandola con energia, se esiste. Venuto alla luce il nuovo essere, sorgerà il compito di regolare la sua nutrizione durante il primo anno di vita. E qui non sarà mai a sufficienza esaltato l'allattamento naturale per mezzo del latte materno: gravissimi, talora irreparabili, sono i danni ai quali va incontro l'infante allevato artificialmente. Solo allorquando l'imporranno delle ragioni serie, il latte materno sarà in parte o del tutto sostituito da altro alimento, sotto la direzione del medico. L'alimentazione mercenaria a mezzo di balie sarà consigliata nei casi opportuni, e richiederà anch'essa il controllo del sanitario. Si cercherà in tal modo di prevenire nel piccolo essere le malattie dell'apparato gastro-intestinale, che tante vittime mietono ogni anno, specie durante le stagioni estive. Sorgono poi tutte le questioni inerenti alla profilassi delle malattie infettive: le malattie esantematiche, la difterite, la pertosse e tutte le altre affezioni che minacciano l'integrità fisica e la vita del bambino. Ma specialmente dovrà essere considerata la tubercolosi, che trova nell'organismo dell'infante il terreno più propizio per attecchire e svilupparsi. (Per tutto ciò, v. anche bambino; allattamento; gravidanza).

All'estero molto si è fatto e si fa per proteggere l'infanzia da tutti questi pericoli. L'Italia non è seconda nella lotta generosa, e la legge per la protezione della maternità e dell'infanzia, recentemente emanata e già in attuazione, investe il poderoso problema in tutti i suoi lati e con mezzi veramente grandiosi (v. maternità e infanzia). Per i giardini d'infanzia v. asilo.

Psicologia infantile.

Alla vecchia denominazione psicologia infantile oggi alcuni sostituiscono quella di psicologia dell'età evolutiva; sia perché non sono nettamente fissati i confini fra le varie fasi dello sviluppo (1ª e 2ª infanzia, fanciullezza, adolescenza, nei due sessi), sia perché già nel titolo s'intende d'indicare il compito di condurre l'indagine su una serie di fenomeni biologici e psichici che scorrono (quindi sono mutevoli) verso la fase della (relativa) maturità psico-sociale.

I problemi della psicologia infantile sono: a) la conoscenza del bambino e delle sue trasformazioni attraverso l'età; b) la determinazione di certe leggi psicofisiologiche che debbono regolare la guida educativa. Più in particolare nella psicologia dell'infanzia si studia lo sviluppo morfologico, fisiologico, psichico, morale e culturale (anche nelle loro correlazioni) del bambino educato in famiglia e nella scuola; e si fissano le fasi di sviluppo delle varie strutture e capacità psichiche allo scopo di rilevare le caratteristiche di ciascuna età. Accessoriamente, lo psicologo si occupa del differenziamento dei singoli bambini e fanciulli d'ambo i sessi, di varia razza e grado di civiltà, nonché dei gruppi familiari e scolastici e d'altre comunità. A questo punto si affacciano le maggiori questioni d'interpsicologia.

Non meno importanti sono i problemi psicopedotecnici, come il problema dei fattori di educabilità, e quelli dei fattori di apprendimento e di rendimento scolastico. La didattica (c'è anche una didattica sperimentale) tratta dei modi di apprendimento (lettura e scrittura, calcolo, disegno, memorizzazione). Con lo studio dei fattori di rendimento dei singoli alunni e delle comunità scolastiche si giunge al differenziamento e alla selezione degli educandi minorati intellettuali o morali, e dei supernormali.

Lo sviluppo viene considerato come un procedere verso la sistemazione dell'attività biopsichica individuale; e la maturità come punto d'arrivo, quando cioè l'individuo abbia compiuto (nelle sue grandi linee) la propria sistemazione conoscitiva e prassica nell'ambiente sociale. La maturità viene raggiunta mercé la capacità di adattamento (dall'interno) e la guida educativa (dall'esterno). La psicologia moderna riconosce che il bambino si sviluppa per propria spontaneità, ma il cosiddetto fenotipo individuale si forma anche per la valida concorrenza di elementi tratti dall'ambiente, dall'accumulo dell'esperienza, sollecitata dalla guida educativa. La spinta personale interna è chiamata interesse (Dewey, Claparède) e lo sviluppo psicologico e morale viene riportato così a un giuoco d'interessi biologici e personali di vario valore.

La psicologia sperimentale mercé applicazioni del proprio metodo e di parecchi procedimenti (soprattutto: osservazione comparativa, inchieste, esperimenti psicofisiologici, reattivi mentali [mental tests]) ha accumulato negli ultimi trent'anni un'enorme quantità di materiale (medie, quozienti, coefficienti, ecc.), che ha valso a far progredire in modo cospicuo la psicologia differenziale delle età. Particolari indagini sono quelle sulle correlazioni (elaborazione matematica) fra sviluppo morfofisiologico (età somatica) e sviluppo psichico (età mentale e morale); sui fattori dello sviluppo psichico (ritmi ormonici, eredità, esercizio, educazione); sui passaggi dalla fase preverbale alla linguistica, dalla prelogica alla logica, dalla premorale alla morale e dal temperamento al carattere; quelle sui fattori dell'apprendività del fanciullo in famiglia e alla scuola; sulle attitudini al lavoro muscolare e psichico (vocazione) e sui tipi di lavoro. La psicofisiologia moderna ha messo in evidenza il decorrere proporzionato dello sviluppo del cervello e della personalità del bambino. Il principio dell'accentramento delle funzioni sensitive e motorie in speciali aree della corteccia cerebrale, il confronto tra sviluppo e mielogenesi (legge mielogenetica di Flechsig); l'aumento progressivo di volume dei corpi cellulari; la crescente complessità istologica del tessuto cerebrale; lo sviluppo dei fasci d'associazione e in genere delle fibre nervose, sono punti di riferimento riconosciuti abbastanza validi per universale consenso. Anche l'osservazione della progressiva sestuplice organizzazione della corteccia cerebrale, la verifica del progressivo variare dei ritmi ormonici (ghiandole a secrezione interna), gli esperimenti sopra i riflessi spinali, palencefalici e neoencefalici (riflessi condizionali), hanno portato nuovi argomenti al concetto di una proporzionalità psicofisica nello sviluppo.

Ogni singolo gruppo di strutture psicologiche fu completamente o inizialmente studiato nel loro procedere verso la maturità. Basti nominare le singole funzioni sensoriali, i processi assimilativi, il linguaggio verbale, l'immaginazione, l'idetica (Jaensch), la memoria, la "forma" (Gestalt, sulla quale esistono tuttora gravi controversie), la rappresentazione del mondo e di sé stessi, le idee di quantità e di massa, la capacità di giudizio, i poteri logici, il pensiero sociale, la moralità teorica e pratica.

Bibl.: W. Preyer, Die Seele des Kindes, Lipsia 1882, 6ª ed., 1905; P. Lombroso, Saggi di psicologia del bambino, Torino 1894; M. Baldwin, Le développement mental chez l'enfant et dans la race, trad. dall'inglese, Parigi 1897; Irving King, The Psychology of Child Development, Chicago 1904; B. Perez, L'enfant de trois à sept ans, 4ª ed., Parigi 1907; J. Sully, Études sur l'enfance, trad. franc., Parigi 1908; R. Resta, L'anima del fanciullo e la pedagogia, Milano 1908; A. Binet, Les idées modernes sur les enfants, Parigi 1909; E. Formiggini-Santamaria, La psicologia del fanciullo normale e anormale, Modena 1910; E. Meumann, Vorlesungen zur Einführung in die exper. Pädagogik, Lipsia 1911; P. Giese, Kinderpsychologie, in Kafka's handb. der vergleich. Psychol. (bibliogr. con 233 citaz.), Monaco 1922; C. e W. Stern, Die Kindersprache, 3ª ed., Lipsia 1922; K. Groos, Das Seelenleben des Kindes, 6ª ed., Berlino 1923; E. Claparède, Psychologie de l'enfant et pédagogie expérimentale, 6ª ed., Ginevra 1926; J. Piaget, La représentation du monde chez l'enfant, Parigi 1926; id., La causalité physique chez l'enfant, Parigi 10927; W. Stern, Psychologie der frühen Kindheit, 5ª ed., Lipsia 1928; id., Die Intelligenz der Kinder und Jugendlichen, 4ª ed., Lipsia 1928; K. Bühler, Die geistige Entwicklung des Kindes, 5ª ed., Jena 1929.

Delinquenza infantile.

Occorre tenere distinta la delinquenza dei fanciulìi (sino ai 12 anni all'incirca) da quella degli adolescenti (dai 12 anni ai 18). L'immaturità morale nel caso di fanciulli è dovuta in massima parte a ostacolo organico (anormalità dello sviluppo cerebrale o umorale); mentre nel caso di adolescenti è dovuta in massima parte a ostacolo sociale (cosiddetto abbandono morale). È chiaro comunque che l'anormalità costituzionale e l'abbandono morale dànno piena ragione di tutta la delinquenza precoce. Gl'individui, in fase di sviluppo, hanno la maturità morale che comporta - in media - la loro età (età morale); ma l'età morale dei fanciulli e dei ragazzi varia a seconda degli ambienti familiari e sociali; solo poco la scuola moderna influisce sul livellamento dell'età morale.

È certo che, malgrado ogni influenza d'ambiente, si notano fanciulli e anche bambini con tendenze nettamente antisociali, cioè immorali. Costoro si lasciano distinguere in due gruppi: quelli in cui le tendenze derivano da una vita istintiva non modificata né disciplinata da quei sentimenti che son detti gregarî o sociali, che si fanno risalire al senso di simpatia o di solidarietà per i proprî simili, ma che consistono nella giusta organizzazione dei poteri volizionali. Sono questi gli amorali di origine costituzionale, o istintivi, o anestesici ipobulici. Un altro gruppo comprende i fanciulli, nei quali le tendenze criminali e la libertà dell'attività istintiva dipendono da difetto di comprensione di qualsiasi morale teorica, e quindi di prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni (ciechi morali, deficienti, psicopatici).

L'etiologia della delinquenza precoce si trova dunque non di rado nella costituzione (scuola di Lombroso e tutte le scuole psichiatriche; più recentemente N. Pende, Landogna, Vidoni, Di Tullio). Si vuol dire che la costituzione d'un fanciullo può essere tale da rappresentare un fattore di delinquibilità. Ugualmente o quasi deve dirsi della pubertà, dell'eredo-alcoolismo, dell'eredo-lue, della tubercolosi, della debolezza mentale. Invece l'eredità criminale, l'eredità psicopatica, l'epilessia non convulsiva, l'imbecillità, e anche la schizofrenia nelle sue forme più leggere, sono fattori etiologici di più forte potere determinativo.

Ma le cause della delinquenza minorile vanno ricercate seriamente nell'abbandono morale e in genere nell'ambiente familiare e sociale: miseria, abitazione, imitazione, suggestione, amorfismo religioso, estremismo politico. Ci sono poi delinquibili o delinquenti precoci, ai quali non si adatta in modo preciso né l'etiologia costituzionale o quella propriamente detta morbosa, né l'abbandono morale sotto i visibili aspetti sopra contemplati.

Cosa di massimo interesse è il riconoscimento pratico dei fanciulli delinquibili a scopo profilattico-educativo. La caratteristica principale nella sfera intellettuale, è un'insufficienza globale o parziale (assai più raramente l'ignoranza). Si è giunti negli anni passati (specialmente in America) a calcolare che il 50, il '70, e perfino l'80% dei delinquenti e delle prostitute fossero deboli di mente (Goring, Goddard, Fernald, J. Weidensal, H. Williams). Ma in questi ultimi anni si tende ad abbassare tali percentuali e soprattutto a tenere maggior conto, nei rapporti tra criminalità e debolezza mentale, dell'elemento raziale e regionale (Murchison) e della qualità e gravità delle forme criminali; p. es. i ragazzi incendiarî e rei di delitti sessuali sono stati identificati quasi sempre come gravi deficienti, mentre gli autori di reati del gruppo predatorio furono riconosciuti ben di rado quali deboli di mente. La tendenza più moderna è però quella di ricercare nei delinquibili le deficienze e le irregolarità della sfera affettiva. Furono notate infatti: l'insensibilità, l'emotività, la deviazione dei sentimenti, l'instabilità; caratteristiche queste che hanno radici in disposizioni ereditarie o in temperamenti particolari e anche eccezionali (schizoidismo, epilettoidismo, ipertiroidismo, habitus linfatico, ecc.) che traggono occasione dalla tempesta sessuale propria del periodo prepuberale e puberale. Nella sfera pratica il fanciullo delinquibile si fa riconoscere soprattutto per queste caratteristiche: insuccesso scolastico o oscillazioni del successo, refrattarietà educativa, precocità o irregolarità sessuale, oziosità, suggestibilità, insensibilità somatica e morale, audacia, violenza, indisciplina, irreligione.

La grande questione di attualità è quella dei rimedî contro il dilagare della delinquenza nei minorenni. Medici, igienisti e filantropi ne hanno fatto in Italia il più serio oggetto dei loro studî e della loro attività sociale (Enrico Ferri, R. Majetti, L. Ordine, G. C. Pola, ecc.). Risultò da questo movimento, prima (1909-1911) il progetto di un codice penale per minorenni (specie di Children Act all'inglese) redatto dal sen. O. Quarta, poi la legge Federzoni (1925) sull'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia, e le disposizioni del cod. pen. 1930. (Per la considerazione giuridica della delinquenza infantile, v. minorità).

Le ricerche psicoanalitiche (v. psicoanalisi) si sono lungamente soffermate su tutti i problemi della psicologia infantile, e anche su quello della delinquenza precoce, ravvisandone le determinanti, oltre che nella costituzione del fanciullo, e nelle deficienze della sua educazione in genere, anche in certi particolari processi psichici, che la psicoanalisi appunto ha messi primamente in chiaro. I fanciulli delinquenti ci appaiono spesso vittime di conflitti, la cui radice resta inconscia, e che sono dovuti talora al non avvenuto superamento del complesso edipico, tal'altra anche al sentimento di colpa (il delitto in questo caso sarebbe un equivalente di autoaccusa). Tali meccanismi possono determinare atti criminosi anche quando non portino a neurosi o psicosi conclamate.

Bibl.: S. De Sanctis, Patologia e profilassi mentale, Milano 1912. V. Relaz. intorno alla profilassi della delinquenza dei minoreeni, presentata alla Commissione reale per il codice dei minorenni nel 1910; H. W. Gruhle, Die Ursachen der jugendlichen Verwahrlosung und Kriminalität Studien zur Frage: Milieu oder Anlage, Berlino 1912, con ricca bibliografia, spec. tedesca, indice delle materie, indice dei nomi, indice geografico, figure e tavole; G. Heuyer, Enfants anormaux et délinquants juvenils, Parigi 1914, con ricca bibliografia; J. B. Miner, Deficiency and delinquency. An interpretation of mental testing, Baltimora 1918, con appendici, indici per materie e ricca bibliografia (228 citazioni); G. Ferretti, L'uomo nell'infanzia, Città di Castello 1922; S. De Sanctis, Neuropsichiatria infantile. Patologia e diagnostica, Roma 1925 (cfr. parte 3ª, cap. xx, p. 931 segg.).

La letteratura per l'infanzia.

La letteratura per l'infanzia, propriamente detta, è in stretto rapporto con lo svolgimento del pensiero pedagogico. Ciò spiega, da un lato, perché essa appaia soltanto nell'età moderna, con l'apparire del concetto della personalità autonoma dell'educando e quindi del fine formativo dell'educazione; e dall'altro, perché essa rientri piuttosto nel campo della letteratura didascalica, largamente intesa, che non nel campo dell'arte. La maggior parte degli scrittori per fanciulli, siano o no pedagogisti, ritraggono il mondo infantile dal di fuori, o lo scompongono e ricompongono idealmente, secondo certi schemi morali e parenetici che con la rappresentazione artistica poco o nulla hanno che vedere. Soltanto qualche scrittore, essendogli quel mondo congeniale, riesce effettivamente a intuirlo e a ricrearlo dal di dentro, in pura libertà fantastica, a fare cioè opera d'arte; ma quest'opera allora solo empiricamente può considerarsi parte della letteratura infantile, in quanto il suo essere arte le conferisce un valore e una portata universali: così come provano appunto gli esempî d'un Andersen e d'un Collodi.

La letteratura per l'infanzia nasce in Francia sulla fine del sec. XVII; e nasce con racconti di fate desunti dal patrimonio delle leggende popolari, e venuti allora di moda nei salotti letterarî. La prima raccolta di tali racconti (Contes de fées), apparsa tra il 1682 e il 1690, è della contessa d'Aulnoy. Caratteri di felice immediatezza espressiva e talvolta di vero e proprio gusto d'arte hanno i Contes de ma mère l'oye (1697) di Charles Perrault (1628-1703). A questa tendenza fantastica reagì però ben presto una tendenza pedagogica e moraleggiante, che ebbe i suoi principali rappresentanti in Marie Le Prince de Beaumont (1711-1780) e in M.me de Genlis (1746-1830), il cui libro Les veillées du château è tutto condotto secondo schemi intellettualistici. Comincia ad apparire in questi racconti la figura di quel "bambino buono", astratto compendio d'ogni dote e virtù, che sì gran numero di noiosi compagni è destinato ad avere nella letteratura infantile. E a questa tendenza si ricollegano anche A. Berquin (1747-1791), con i suoi libri a fondo verista, ricchi di parti dialogate (il più notevole è L'ami des enfants); e M.me Guizot (1773-1827), le cui opere (Raoul et Victor, Les enfants, Nouveaux contes) hanno pregi di rara delicatezza e affettuosità. Charles Nodier (1780-1844), torna, invece, con i suoi numerosi racconti, al genere fiabesco; mentre M.me de Ségur (1799-1874) riesce a conciliare in un clima d'arte la tendenza fiabesca con la tendenza realistica. I suoi molti libri di racconti (Nouveaux contes des fées, Les petites filles modèles, Les mémoires d'un âne, ecc.) hanno personaggi e ambienti vivamente rappresentati. P. J. Hetzel (1814-1886) infonde nei suoi racconti (Les histoires de mon parrain, Contes et récits de la morale familière, ecc.), pieni d'un alacre spirito d'osservazione, una sottile vena umoristica; e Jean Macé, in L'histoire d'une bouché de pain (1861) tenta di armonizzare l'intento morale con quello scientifico. Ma chi questo ultimo intento seppe svolgere in forme fantastiche e avventurose, fu J. Verne (v.; 1828-1905), che riuscì a ispirare ai giovani un sano amore per la vita operosa, raggiungendo talvolta effetti concretamente artistici. Degno di ricordo è anche H. Malot, il cui romanzo Sans famille (1878) ebbe risonanza anche fuori di Francia.

In Inghilterra i libri per l'infanzia appaiono più tardi, verso la metà del sec. XVIII con le "edizioni a buon mercato", raccolta di leggende eroiche di carattere popolare, nelle quali l'elemento fantastico è tutto pervaso da uno spirito positivo e fattivo. Parallele a queste storie popolari possono considerarsi le nursery rhymes, raccolte di quelle storielle in rima, letterariamente rielaborate, che le bambinaie solevano cantare ai bambini. La prima di queste raccolte è del 1744. E attraverso le "edizioni a buon mercato" i ragazzi conobbero due opere già famose presso gli adulti, per i quali propriamente erano state scritte: Robinson Crusoe di Daniel De Foe (v.) e i Gulliver's Travels di Jonathan Swift (v.). Fecero quindi la loro apparizione i primi libri concepiti appositamente per ragazzi: e sono libri a fine pedagogico, didattico; libri di racconti morali. Primeggiano fra gli autori di tali racconti Sarah Trimmer, sulla quale è evidente l'influsso del Rousseau; Mary Martha Sherwood, che iniziò una letteratura di tipo pietistico; Maria Edgeworth (1767-1849), ch'è la prima scrittrice che accoppii ai fini educativi una delicata sensibilità (The Parent's Assistant; Popular, Moral and Fashionable Tales, ecc.); Thomas Day (Sandford and Merton, 1783-86; The history of little Jack, ecc.); Charles e Mary Lamb, che con Prince Dornefs (1811), e più ancora con The King and the Queen of hearts, segnano il passaggio dal racconto morale al racconto di fantasia. Col Butterfly's Ball (1806) di W. Roscoe siamo già infatti in pieno dominio fantastico. Il nuovo genere ebbe numerosissimi imitatori, e gran favore tra il pubblico. Le opere più famose di esso sono Alice's adventures in Worderland (1865) di Lewis Carroll (pseudonimo di Ch. L. Dodgson) e Peter Pan di J. M. Barrie (v.). E vanno infine ricordati Little Lord Fauntleroy; Sara Crewe; The little Princess, di Frances Burnett Hodgson (1849-1924); e, benché non scritti per i ragazzi, i Racconti della giungla di R. Kipling, entrati presto - come i libri del Dicksen e del Thackeray - a far parte della letteratura infantile.

Dalla letteratura inglese ha tratto impulso, nel sec. XIX, la letteratura americana per l'infanzia. Degne particolarmente di ricordo sono due scrittrici: Harriett Beecher Stowe (1812-1872) per il suo libro Uncle Tom's Cabin; e Luisa May Alcott (1832-1888), che specialmente in Little Women, Little Men, An old fashioned girl, Rose in bloom e Good Wives, ha dato una rappresentazione moralmente serena ed esteticamente armonica d'un piccolo mondo fanciullesco. Molto diffusi tra i ragazzi sono anche alcuni racconti di Mark Twain, non scritti però per loro.

Anche in Germania la letteratura per l'infanzia nasce verso la metà del sec. XVIII; e nasce sotto l'influsso delle letterature francese e inglese, per acquistare però subito un carattere tutto proprio, conforme alle dottrine pedagogiche ivi dominanti: nasce insomma, piuttosto che come racconto morale, come racconto pedagogico, come opera scientifica, solo qualche volta confortata dalle grazie dell'arte. Il primo a scrivere libri per i ragazzi fu J. B. Basedow (v.; 1723-1790), il più noto fra i rappresentanti della pedagogia illuministica tedesca. J. H. Campe (1746-1818), successore del Basedow nell'istituto "Filantropino" da lui fondato, scrisse tra l'altro 6 volumi di brevi racconti, e il Robinson der Jüngere, rimaneggiamento tutt'altro che felice del libro del De Foe, e capostipite di tanti altri rimaneggiamenti consimili, in Germania e altrove. Ed epigomi di questa tendenza possono considerarsi C. G. Salzmann (1744-1811); C. F. Weisse (1726-1804), e C. Adelung (1732-1806). A questa tendenza strettamente pedagogica succede ben presto anche in Germania, con il Romanticismo, la tendenza al fantastico. Un primo passo verso di essa è costituito dalle Fabeln für Kinder, in versi, di W. Hey (1789-1854), e dai varî canzonieri popolari convenientemente rielaborati a uso dei bambini da poeti e letterati: notevole specialmente quello di H. Hoffmann (1798-1874), autore anche del famoso Der Struwwelpeter (Pierino Porcospino, 1847). Ma il trionfo decisivo del racconto fantastico su quello pedagogico e morale è segnato dalle novelle di J. e W. Grimm (v.), la materia delle quali è desunta pur essa da leggende e racconti popolari, ma è rielaborata e vivificata da un alacre senso di umanità. Accanto ai Grimm va ricordato W. Hauff (1802-1827), che nelle varie raccolte di novelle riesce a conciliare, spesso con felici effetti artistici, una vena fantastica orientaleggiante con un senso della natura tipicamente germanico; e il canonico J. Ch. Schmid (1768-1854), che però mostra qualità di scrittore nettamente inferiori alle sue chiare doti di educatore. Molti autori traggono materia dal mito dei Nibelungi o da miti e leggende dell'età classica (O. Höcker, B. G. Niebuhr, G. Schwab, ecc.); mentre altri traggono ispirazione dalla storia contemporanea (König, K. Tanera, ecc.). Fuori di questa tendenza in largo senso didascalica è W. Busch (1832-1908), che in Max und Moritz persegue la propria vena finemente umoristica.

Il mondo fanciullesco appare invece rivissuto in piena libertà fantastica in due scrittori nordici: nel danese Hans Christian Andersen (v.), autore di delicatissime fiabe; e nella svedese Selma Lagerlöf (v.), di cui va ricordato soprattutto il Viaggio meraviglioso di Nils Holgersson.

Carattere essenzialmente fantastico ha anche la letteratura infantile russa; sono da ricordare fra i suoi principali scrittori - tralasciando coloro che, come il Krylov, il Puškin, il Gogol′, il Čechov, ecc., pur avendo cose adatte all'infanzia, non possono davvero considerarsi scrittori per ragazzi - P. I. Mel′nikov (1819-1883) per alcuni bei racconti, come Nonno Policarpo e Vecchi anni; I. S. Nikitin, per il romanzo L'incettatore; N. G. Michajlovskij (1852-1906), che con lo pseudonimo di Garin scrisse I ginnasiali e Gli studenti, scene della vita scolastica russa.

In Italia la letteratura per l'infanzia nasce in pieno fervore di studî e riforme pedagogiche, sullo scorcio del sec. XVIII; e per lungo tempo persegue intenti strettamente educativi cui si vanno aggiungendo durante il Risorgimento intenti patriottici e in largo senso sociali. Nel 1775 il conte Carlo Bettoni, bresciano, indisse un concorso a premio per una raccolta di "venticinque novellette morali ed istruttive" adatte ai giovani: fra le opere presentate, meritarono particolare attenzione le Novelle (1782) del padre Francesco Soave (1743-1806), arida trattazione di alcuni principî morali ricavati da fatti dell'antichità classica e della storia contemporanea o d'un Oriente quanto mai convenzionale. Felice intuizione della psicologia infantile presentano invece, pur sotto la solita struttura pedagogico-moralistica, i libri di Giuseppe Taverna (1764-1850), ispirati in parte da L'ami des enfants del Berquin. Dopo la Restaurazione, nel sorgere e intensificarsi delle istituzioni educative, è tutto un pullulare di libri e libretti per l'infanzia; scarso è però il loro valore. Né, in sostanza, ad essi è molto superiore il Giannetto (1837) di A. L. Parravicini (1799-1880), arida raccolta di notizie enciclopediche, tenute alla meglio insieme da uno schema di racconto; esso ha però il merito di fornire agli educatori e agli educandi, in mancanza di buoni testi scolastici, una guida utile per i primi studî. E cosa in gran parte astratta sono anche i libri scritti per l'infanzia da Cesare Cantù (v.).

A questo tempo risale l'apparizione della stampa periodica per ragazzi. Nel 1834 uscì infatti in Milano, a cura di A. Mauri e C. Giolli, Il Giovedì, letture per i giovani, durato tre anni; nel 1837 R. Lambruschini aggiungeva alla sua Guida dell'educatore una parte di Letture per i fanciulli. E al Lambruschini si deve la rivelazione del maggiore scrittore per l'infanzia di questo periodo: Pietro Thouar (v.; 1809-1861). Nei suoi molti libri (Le tessitore; Racconti per fanciulli; Racconti storici, ecc.) il fine educativo, morale, patriottico, e l'affettuosa tenerezza per il mondo infantile; i proprî ricordi ed esperienze e un vigile senso d'osservazione, riescono spesso ad armonizzarsi in scene ampie, nitide, espresse in una lingua toscanamente genuina, incisiva. Tra i molti seguaci e imitatori del Thouar, vanno anzitutto ricordati Giulio Tarra (1832-1889), Luigi Sailer (1825-1885) e Ulisse Poggi (1829-1902); e poi Augusto Alfani, Pietro Fanfani, Caterina Percoto; nei quali però le doti del maestro cominciano a decadere nel convenzionale.

Una letteratura per l'infanzia, libera da pastoie moraleggianti e didattiche, e però più aperta alle suggestioni dell'arte, comincia in Italia verso lo scorcio del sec. XIX col Giannettino (1877) e col Minuzzolo del Collodi (Carlo Lorenzini; v.) e con la Storia di un burattino dello stesso autore. Pubblicata dapprima nel Giornale per i bambini, fondato a Roma nel 1881 da Ferdinando Martini, essa - che presenta fusi in una rappresentazione singolarmente viva, e in una prosa svelta e schietta, realtà e fantasia, comico e patetico - venne poi ristampata moltissime volte col titolo: Le avventure di Pinocchio. La simpatia da cui fu circondato Pinocchio al suo primo apparire, mosse un altro scrittore, Alberto Cioci, alla sua trilogia: Lucignolo, l'amico di Pinocchio; Moccolo, l'amico di Lucignolo; Fioretto, l'amico di Lucignolo e di Moccolo: libri che valgono specialmente come felice pittura della Toscana del 1848-50, ma che d'altra parte iniziano, nella letteratura italiana per l'infanzia, quell'interminabile e stucchevole serie di libri intesi soltanto a sbalordire il giovane lettore con le avventure straordinarie, prive d'ogni sviluppo psicologico, di un burattino battezzato arbitrariamente Pinocchio. La tradizione collodiana è invece nobilmente continuata dal nipote di Carlo Lorenzini, Paolo (in arte Collodi nipote), scrittore garbato e vivace di molti libri per ragazzi tra cui eccelle Il cuore di Pinocchio. E poco dopo Pinocchio, nel 1886, aveva veduto la luce un altro libro che è ancora oggi vivo e ricercato: Cuore, di E. De Amicis (v.). Esso celebra la dignità e la poesia della scuola considerata come centro spirituale in cui si accolgono e si chiarificano le speranze di tutte le famiglie e quindi della patria. In quegli anni veniva pure svolgendosi l'opera modesta, ma illuminata da una profonda simpatia umana, di Ida Baccini (1851-1911; il suo primo libro, Le memorie di un pulcino, è del 1875), che contempera la tendenza educativa del Thouar con quella fantastico-umoristica del Collodi.

Veniva così determinandosi in Italia quel nuovo clima in cui il fanciullo trovava libera espressione e poteva suggerire alla pedagogia, ancora irrigidita negli schemi positivistici, nei catechismi morali, il sospetto del suo errore didattico e della sua scarsa comprensione dell'anima infantile. È questa l'epoca di Vamba (Luigi Bertelli, v.), che accolse tutta la gioventù italiana nel suo Giornalino della domenica, che uscì in Firenze dal 1906 al 1911 e dal 1918 al 1924. Esso divenne ben presto l'organo d'una nuova educazione morale e patriottica. I ragazzi si mostravano a Vamba con le loro confuse passioni, con la loro briosa inventività, con i loro impulsi ribelli, ma, nel tempo stesso, con il desiderio d'essere discussi, disciplinati, guidati. Nacquero così, accanto al Giornalino, spesso come raccolte di racconti, di scherzi, di riflessioni apparsi su quel foglio stesso, i libri di Vamba, fra i quali: Il Giornalino di Gian Burrasca; Ciondolino; I bimbi d'Italia si chiaman Balilla; Un secolo di storia italiana; Jessie White Mario; Italia! Italia!, Santa Giovinezza; O Patria mia (i tre ultimi, postumi).

La produzione letteraria di Vamba, per il suo vigore spirituale, fece scuola in Italia. A essa s'ispirarono o s'ispirano tuttavia molti scrittori che trovarono nel Giornalino una scuola d'arte e di rettitudine: come Fiducia (Ada Cagli Della Pergola), Omero Redi (Ermenegildo Pistelli), Giuseppe Fanciulli, Giuseppe Ernesto Nuccio.

Della scuola di Vamba si può anche considerare Enrico Novelli (Yambo), fervido assertore del diritto dei ragazzi a vita libera e creativa e autore di molti libri avventurosi e scapigliati, fra i quali si ricordano: Due anni in velocipede; Ciuffettino; Il nano misterioso; La bella e la bestia; I figli dell'abisso; Storia di una donnina col naso all'insù, ecc., più volte ristampati. Meno scapigliato di Yambo, ma anch'egli alacre e fine interprete delle bizzarrie e degli eroismi fanciulleschi è Antonio Beltramelli (v.): Il piccolo Pomi; Le gaie farandole; La signorina Zesi; Le meraviglie della Casa bianca; Chi vuole le belle storie?; La gaia Cachipoli, sono vivaci rappresentazioni della vita infantile, talvolta vagheggiate con mestizia dall'artista intento a guardare bene a fondo quell'inespresso o male espresso bisogno di carità e d'amore, di fede nell'adulto, che prova sempre, indistintamente, il ragazzo.

In questo nuovo clima artistico ed educativo la favola, in cui predominarono per lungo tempo elementi macchinosi e completamente staccati dalla realtà, ha saputo trovare la via del felice connubio tra il mondo reale e quello delle fate, degl'incantesimi, dei sogni. Dai primi volumi di fiabe, quasi tutti riduzioni più o meno felici del Perrault, la letteratura infantile italiana è andata sempre più arricchendosi di opere in cui il reale e il fantastico mostrano la loro intima unità riducendosi, quest'ultimo, alla valorizzazione e all'idealizzazione del primo. Un tal genere di letteratura fu caro a Luigi Capuana (v.; State a sentire; La fiaba lunga); ma accanto alla fiaba il Capuana coltivò il racconto e il romanzo educativo, offrendo ai lettori tipi simpatici di ragazzi per lo più in lotta con la fortuna e vittoriosi in virtù della loro resistenza morale (Scurpiddu; Cardello). E ancor più umanizzata appare la fiaba nei libri di Térésah (Teresa Ubertis Gray): La leggenda dei due Pierrots, La leggenda del Giullaretto; Quando il gatto fa le fusa; Ombrone, fiume che piange; I racconti di sorella Orsetta; Come Orsetta incontrò fortuna; I racconti della foresta e del mare. Scuola di coraggio e di bontà possono considerarsi anche i libri di Camilla Del Soldato: Da ragazzi a uomini; Staffetta; Oggi e domani, ecc. Notevoli per intuito psicologico e per sensibilità artistica i libri di Zia Mariù (Paola Lombroso), di Laura Orvieto, di Arpalice Cuman Pertile, di Milly Dandolo, di L. Lucatelli e di Dante Dini. Nella poesia per ragazzi vanno ricordati specialmente Guido Gozzano, Marino Moretti, Pietro Mastri, Angiolo Silvio Novaro, Ugo Ghiron, Lina Schwarz, Diego Valeri, alcuni dei quali hanno scritto anche racconti.

L'ammirazione che il ragazzo ha sempre avuto per l'eroe, per colui che sfida l'ignoto e il pericolo, fu la ragione della viva simpatia provata dal pubblico giovanile, tra la fine dell'Ottocento e il principio del Novecento, per la produzione romanzesca di Emilio Salgari. Questa particolare specie di letteratura, che può ricordare solo in apparenza quella del Verne, ebbe, tra i suoi molti difetti pedagogici e formali, il merito di celebrare, sebbene rozzamente, il valore dell'audacia e dell'attività umana; e taluni di questi romanzi meritano ancor oggi una certa attenzione (Il re della prateria; José il peruviano; L'eredità del capitano Gildiaz; Lo schiavo del Madagascar; Lo smeraldo di Ceylan; Il figlio del corsaro rosso; Gli ultimi filibustieri). Il genere letterario curato dal Verne e dal Salgari degenerò sempre più nel romanzo poliziesco a tinte fosche, con protagonisti ribaldi e fortunati che spesso suggestionavano all'astuzia e alla furfanteria. Ma la reazione dei migliori scrittori italiani fu pronta ed efficace: il bisogno d'avventure, avvertito intimamente dalla vivace anima giovanile, venne soddisfatto per altre vie, con romanzi rispettosi dell'arte e della morale. Da ricordare in questo particolare ambito sono, oltre ai libri già citati di Yambo, quelli di Carlo Dadone (Una piccola Robinson), di Luigi Motta (La sposa del Sole; Gli adoratori del Fuoco; La Pagoda d'oro), e di Jack la Bolina (A. V. Vecchi: Racconti di mare e di guerra). Poi venne l'ora della guerra mondiale, cioè degli ardimenti e degli eroismi veramente vissuti: nacquero così racconti dove sullo sfondo guerresco spiccano con vivezza di contorni figure d'eroi giovanetti. Degni specialmente di ricordo: Cenerella di Maria Messina; Il piccolo esploratore di Bianca De Maj; e il Piccolo alpino di Salvator Gotta. E verso questo indirizzo sanamente avventuroso, che concilia le esigenze essenziali dello spirito infantile con gl'intenti propriamente educativi, e il senso del reale con il senso del fantastico, si va orientando la più recente letteratura italiana per l'infanzia.

Bibl.: Per i maggiori autori, v. alle voci rispettive. Cfr. inoltre: O. Giacobbe, Note di letteratura infantile, Roma 1923; V. Battistelli, La moderna letteratura per l'infanzia, 2ª ed., Firenze 1925; G. Fanciulli e E. Monaci Guidotti, La letteratura per l'infanzia, 5ª ristampa, Torino 1931; G. Fanciulli, La lett. per l'infanzia in Italia, in Nuova Antologia, 1° agosto 1931.

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