Ingegneria genetica
La locuzione ingegneria genetica indica l'insieme delle tecnologie che permettono le manipolazioni in vitro di molecole del DNA, in modo da provocare un cambiamento diretto e predeterminato nel genotipo di un organismo. Per descrivere questo insieme di tecnologie sono utilizzati anche altri termini, come clonaggio genico (o clonazione), DNA ricombinante, manipolazioni genetiche. Con 'nuova genetica' si indicano invece i problemi etici, sociali e filosofici scaturiti dalla genetica moderna, destinati ad aumentare con la progressiva complessità delle tecnologie di ingegneria genetica. L'uso di piante e animali transgenici, la terapia genica, lo studio del genoma umano, derivanti dall'applicazione dell'ingegneria genetica, a causa delle loro ampie implicazioni di carattere etico, non riguardano più solo gli ambienti scientifici ma l'intera umanità.
sommario: I. Clonazione. 2. Piante e animali transgenici. 3. Ingegneria genetica e medicina. 4. Terapia genica. □ Bibliografia.
I. Clonazione
Alla base dell'ingegneria genetica vi è la possibilità di isolare e amplificare un singolo gene o una sequenza specifica di DNA dal genoma totale. Tale procedimento, detto clonazione, applicato al DNA, consiste nel produrre una quantità notevole di cloni delle sue molecole, virtualmente senza limiti (si definisce clone un numero elevato di cellule o di molecole del tutto identiche a una cellula o a una molecola di origine ancestrale). A fondamento della clonazione del DNA vi sono quattro elementi essenziali: 1) un metodo per rompere e riunire molecole di DNA derivanti da cellule diverse; 2) un opportuno vettore (o molecola trasportatrice) capace di replicare sé stesso e il frammento di DNA a esso legato; 3) un metodo per introdurre questa molecola di DNA ibrido, o chimera, in una cellula batterica; 4) un metodo per selezionare da una larga popolazione di cellule un clone della cellula recipiente che ha acquisito la sequenza chimerica. Attualmente si è raggiunta la capacità di frammentare e riunire molecole di DNA grazie alla scoperta, avvenuta tra gli anni 1967 e 1970, di due classi di enzimi, le DNA ligasi e le endonucleasi di restrizione batteriche, che hanno permesso lo sviluppo dell'ingegneria genetica. L'
Come si è detto in precedenza, se si isola e si digerisce con una particolare endonucleasi di restrizione il DNA isolato da un certo organismo, organo, tessuto o tipo cellulare, si ottiene un discreto numero di frammenti, che possono essere inseriti in un vettore tagliato con la stessa endonucleasi e quindi clonati. Con tale tecnica è possibile, dunque, creare delle librerie genomiche o genoteche. Per clonare piccoli frammenti di DNA (fino a 4000 nucleotidi) si usano in genere dei vettori plasmidici, ma se si vogliono clonare frammenti più lunghi (fino a 40.000 nucleotidi) è preferibile utilizzare altri tipi di vettori, come il batteriofago lambda (virus capace di infettare un batterio) oppure i cosmidi (ibridi che contengono sequenze sia di plasmide sia del fago lambda, combinando in tal modo i vantaggi dei due tipi di vettori). Più recentemente sono stati adoperati anche vettori ottenuti da lieviti. Attualmente esistono librerie genomiche di moltissime specie, tra cui l'uomo; queste ultime sono state utilizzate come fonte per lo studio del genoma umano. Le cDNAteche sono invece collezioni di cloni di
2. Piante e animali transgenici
L'ingegneria genetica, che da una parte ha permesso un'analisi dei geni in termini di struttura e funzione e dall'altra la produzione di proteine ricombinanti, ha avuto ricadute enormi anche in altri campi, come quello delle biotecnologie, con la produzione di piante e animali transgenici, cioè piante o animali in cui è stato introdotto un gene da un'altra specie, il transgene. La produzione di organismi transgenici comporta un'alterazione del patrimonio genico di un individuo, con tutti i problemi sociali, etici e filosofici connessi con la produzione di nuove forme di vita. Inoltre, difficoltà di ordine tecnico e scientifico derivano dalla complessità del genoma e dalle modalità di sviluppo di piante e di animali, processi non del tutto compresi al momento attuale. Nonostante ciò, metodi per la produzione di piante e animali transgenici, basati su trasferimento genico, sono ormai ben consolidati. Da moltissimi anni gli agricoltori manipolano geneticamente le piante attraverso incroci selettivi, possibili però soltanto tra piante strettamente correlate, cioè sessualmente compatibili. L'ingegneria genetica permette invece di produrre piante trasformate senza alcun limite, se non quello di introdurre il DNA esogeno nel genoma della pianta, in modo che sia espresso in quantità appropriate e nel tipo cellulare richiesto. Questo richiede, oltre a un efficiente metodo di trasferimento genico, un'approfondita conoscenza della
Numerosi progressi sono stati ottenuti in piante 'ingegnerizzate' rispetto alla tolleranza a freddo e siccità o alla capacità di riprodursi in terreni contaminati da acque salate o marine. Inattivando in parte due geni responsabili della maturazione dei pomodori è stato possibile regolarne la maturazione e prolungarne la conservazione. Si sono poi ottenuti vegetali, frutta e piante, in cui è stato ingegnerizzato il processo della biosintesi del pigmento, al fine di modificarne il colore e renderli più gradevoli per il consumatore. Anche in questo campo, naturalmente, c'è molta preoccupazione per il possibile effetto ecologico, dovuto al rilascio di organismi geneticamente modificati nell'ambiente. Non si può escludere che nel tempo una sia pur piccolissima alterazione nell'equilibrio di un ecosistema, causata da una pianta più vigorosa o resistente a una certa malattia, possa provocare un effetto devastante. Tuttavia, se è vero che in tutto
Come per le piante, la creazione di animali transgenici è basata sulla capacità di poter introdurre materiale genetico nuovo nella linea germinale. Le tecniche di trasferimento più utilizzate sono principalmente tre: 1) integrazione di vettori retrovirali (vettori ottenuti da virus con RNA come materiale genetico) con il gene esogeno in embrioni in stadi precoci dell'embriogenesi; 2) microiniezione del DNA in uova fecondate di mammifero (essenzialmente topi), successivamente trasferite nell'utero di topine recipienti pseudogravide, dove avviene l'impianto e, quindi, lo sviluppo dell'embrione; 3) incorporazione di cellule staminali embrionali in embrioni allo stadio primitivo di sviluppo. I topi nati da questi tipi di esperimenti non solo esprimono il prodotto del gene introdotto, ma sono in grado di trasmettere il nuovo gene alla loro discendenza. Agli inizi degli anni Ottanta del 20° secolo, l'introduzione del gene dell'ormone della crescita nel pronucleo di uova fecondate di topo ha portato allo sviluppo di topi di taglia due volte maggiore rispetto a quelli normali. Analogo esperimento nei maiali ha dato luogo ad animali più grandi, con livelli minori di grasso subcutaneo, ma con cuore di dimensioni maggiori ed elevata incidenza di dermatiti, malattie renali, ulcere allo stomaco. Prima di poter applicare come prassi di routine questa tecnologia nella zootecnica è evidente che dovranno essere svolti studi più approfonditi sull'argomento, ma ciò nonostante la tecnologia degli animali transgenici ha permesso di chiarire molti aspetti dell'embriogenesi e della struttura ed espressione genica in cellule animali. L'uso di interi organismi per la produzione di proteine ricombinanti è un altro aspetto da considerare. Mediante l'uso di un promotore (sequenza regolatrice) di un gene specifico per le proteine del latte è stato possibile far secernere nel latte di pecore transgeniche il fattore IX umano, uno dei fattori responsabili della coagulazione del sangue. Con lo stesso promotore è stato possibile ottenere un'altra proteina umana, l'attivatore tessutale del plasminogeno (t-PA, Tissue plasminogen activator) in topi transgenici, aprendo quindi la possibilità di utilizzare gli animali transgenici e non solo i batteri o i lieviti per la produzione di proteine ricombinanti.
3. Ingegneria genetica e medicina
Altra importante ricaduta dell'ingegneria genetica è quella riguardante il campo medico, grazie alle nuove possibilità offerte da diagnosi molecolare, screening genico, mappatura genica, applicazioni nel campo della medicina forense, trattamento di alcune malattie nell'uomo attraverso la terapia genica. Oltre ad aver ottenuto, come si è accennato in precedenza, proteine terapeutiche, per es. interferone, insulina, fattore VIII e proteine di tipo batterico, virale e di parassiti, da utilizzare come vaccini, ne sono stati sviluppati altri in cui il gene per l'antigene in questione è incorporato in un vettore virale del tipo dei Vacciniavirus; ciò consente di evitare tutti i possibili problemi che sono connessi con l'utilizzazione di ceppi virali integri, sia pur attenuati. Infatti, i vaccini prodotti in questo modo sono del tutto innocui, poiché solamente un piccolo frammento del DNA del virus associato alla malattia è introdotto attraverso ricombinazione genica nei Vacciniavirus. Ma è nel campo della diagnosi delle malattie genetiche che si sono avuti i risultati più apprezzabili e rivoluzionari. Le cause di malattie ereditarie dovute al difetto di un singolo gene sono ormai studiate più facilmente attraverso la localizzazione (mappatura) e l'identificazione del gene, piuttosto che tramite l'identificazione della proteina alterata (in molti casi ancora sconosciuta) che esso produce nello stato morboso. Un importante sviluppo nella mappatura dei geni è stato ottenuto con l'uso dei polimorfismi di restrizione presenti nel DNA umano, non solo all'interno dei geni, ma anche in sequenze apparentemente non funzionali. Questi polimorfismi possono essere messi in evidenza in vari modi, per es. mediante l'assenza o l'introduzione di un sito di restrizione (un sito in cui un particolare enzima produce un taglio), che porta a una variabilità nella lunghezza dei frammenti originati da un particolare enzima nei differenti individui. Un determinato enzima di restrizione produce in genere frammenti che sono uguali in tutti gli individui, pur tuttavia persone diverse possono presentare occasionalmente delle diseguaglianze nella lunghezza di frammenti specifici. Ciò è dovuto al fatto che nella molecola del DNA può verificarsi la mutazione di una singola base, che produce un cambiamento o la rimozione di un sito di restrizione. Queste variazioni, note appunto come polimorfismi nella lunghezza di frammenti di restrizione (
4. Terapia genica
La conoscenza del difetto genetico alla base di una malattia consente da una parte, come si è detto prima, una precoce diagnosi molecolare e dall'altra offre nuove possibilità di curare il paziente. Il gene difettoso o mancante può in teoria essere sostituito con una sua copia funzionale espressa in maniera corretta e in questo modo la malattia può essere curata. Alternativamente, l'introduzione di un gene può fornire alla cellula bersaglio una nuova funzione terapeutica, inducendo una cura oppure un miglioramento della sintomatologia. Terapia genica è la locuzione usata per descrivere la correzione di una malattia attraverso la manipolazione genetica. La terapia genica somatica riguarda l'inserzione di un gene, cioè di un frammento di DNA, allo scopo di eliminare o ridurre difetti molecolari a livello delle cellule somatiche con effetti limitati all'individuo (per es. tumori). La terapia genica germinale, invece, mira a correggere difetti genici in cellule della linea germinale con effetto sulla discendenza. Tale tecnica, però, è oggi improponibile da un punto di vista etico, giuridico e scientifico, perché va a ledere un principio etico fondamentale, quello dell'intangibilità del patrimonio genetico di un soggetto. Dal punto di vista scientifico, inoltre, mancano allo stato attuale le basi concettuali e tecniche per prevedere gli effetti di una terapia genica germinale sullo sviluppo dell'individuo e della sua discendenza. Al contrario della terapia genica germinale, la terapia genica somatica ha raccolto negli anni passati un largo consenso non solo presso la comunità scientifica medica, ma anche presso quella pubblica e, recentemente, è diventata una realtà terapeutica. Il successo in campo clinico dipende dallo sviluppo di nuove tecnologie di trasferimento genico e dalla stretta interazione tra svariate discipline nel campo dell'indagine scientifica. Le metodologie utilizzate per effettuare la terapia genica somatica prevedono due tipi di interventi: 1) ex vivo, in cui le cellule proliferanti del paziente affetto vengono espiantate e successivamente reimpiantate dopo avervi introdotto il gene normale; 2) in vivo, in cui il materiale genico è trasferito, attraverso un vettore, direttamente alle cellule oppure ai tessuti del paziente. La scelta dell'uno o dell'altro metodo è dettata dalla valutazione complessiva di elementi quali l'obiettivo terapeutico da raggiungere, l'applicazione clinica, i requisiti di sicurezza, efficienza ed economicità e, infine, la metodologia usata per il trasferimento genico. Sono attualmente disponibili diversi metodi di trasferimento genico che fanno uso di agenti meccanici, fisici o biologici; alcuni conducono all'inserzione permanente del gene esogeno nelle cellule bersaglio, mentre altri sono disegnati per esprimere un prodotto terapeutico con vita media e durata d'azione ben definiti. In entrambi i casi, l'obiettivo è quello di stabilire un'espressione 'sito-specifica' e regolata del prodotto terapeutico. Attualmente, per effettuare il trasferimento genico, vengono principalmente impiegati sia vettori virali, resi difettivi o attenuati (Retrovirus, Adenovirus, adeno-associati, Herpesvirus), sia vettori non virali, essenzialmente liposomi, DNA complessati a ligandi (ormoni oppure fattori di crescita) recettoriali, DNA plasmidico 'nudo'. Ognuno di questi approcci presenta vantaggi specifici rispetto ad altri e l'utilizzo dell'uno o dell'altro dipende dall'effetto terapeutico che si vuole raggiungere e dalla valutazione del rischio/beneficio, sia a livello del singolo paziente sia del personale specializzato, della popolazione e dell'ambiente in generale.
Come nel caso degli animali e delle piante transgeniche, il ricorso alla terapia genica genera problemi di natura scientifica, etica e socioeconomica; per tale motivo sono stati formulati alcuni criteri generali al fine di sviluppare un protocollo di terapia genica somatica che comprenda numerosi aspetti: tra questi, l'identificazione della patogenesi molecolare della malattia, del gene codificante per la proteina terapeutica, della cellula bersaglio, oltre allo sviluppo di un sistema con cui trasferire il gene nel nucleo della cellula bersaglio e farlo esprimere in maniera efficiente e, infine, la caratterizzazione della funzione e dell'effetto farmacologico terapeutico in modelli animali. Inoltre sono necessarie la dimostrazione dell'efficacia terapeutica e della sicurezza nei trials clinici, l'approvazione dei comitati competenti, il consenso clinico, nonché quello dei pazienti e dei loro familiari. Per l'approvazione dei protocolli sarà considerato il reale beneficio derivante dal ricorso alla terapia genica solo in virtù di un'attenta e onesta valutazione di tre requisiti fondamentali: efficienza, sicurezza, economicità. Fino a oggi, seguendo questi criteri, sono stati approvati più di cento protocolli di terapia genica somatica, cui vanno aggiunti numerosi altri in via di definizione. Un risultato estremamente positivo, se si pensa che il primo protocollo, riguardante una rara malattia che procura immunodeficienza, è stato approvato e applicato nel 1990. Molti dei protocolli sono applicati al cancro e riguardano tumori considerati incurabili, in cui la sopravvivenza del paziente è valutata nell'ordine di settimane o mesi. Allo stato attuale, il principale fattore limitante nell'applicazione della terapia genica a qualsiasi tipo di malattia umana dipende esclusivamente dalla mancanza di un efficiente metodo di trasferimento genico in situ e dallo sviluppo di strategie che permettano di trasferire i geni a un numero di cellule sufficientemente grande da indurre la regressione completa del tumore o il ristabilirsi della salute 'genetica'. Una volta che questi ostacoli saranno rimossi, la terapia genica potrà diventare un trattamento standard sia nella pratica oncologica sia in quella clinica.
bibliografia
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