INIEZIONE

Enciclopedia Italiana (1933)

INIEZIONE (lat. iniectio; fr. injection; sp. inyección; ted. Einspritzung; ingl. injection)

Agostino PALMERINI
Nicola LEOTTA

Significa l'introduzione nelle cavità e nei tessuti organici, mediante particolari dispositivi, di sostanze (il più spesso allo stato liquido) a scopo diverso.

Prima che questo metodo avesse il larghissimo impiego che tutti conoscono nella terapia moderna, servì nella dissezione anatomica per mettere in rilievo specialmente i vasi arteriosi e venosi (furono maestri di questa tecnica Leonardo da Vinci e F. Ruysch) e nella pratica dell'imbalsamazione. Ma il tentativo d'introdurre sostanze medicamentose per via diversa da quella del tubo digerente sembra assai antico. A. Benedicenti (Malati, medici e farmacisti, Milano 1924) ricorda come nell'Alphita, dizionario medico posteriore a Garioponto, venga menzionato l'auliscus, instrumentum iniettorum, che serviva a iniettare farmaci nella profondità delle ferite, e A. Paré raffigura diversi tipi di questi strumenti che denominava siphunculi liquoribus exprimendis utiles. Si pensò fin d'allora che i farmaci iniettati agissero non solo localmente, ma sull'intero organismo. Ne derivò la cosiddetta cerusia infusoria o chirurgia clysmatica o enematica nova, che insegnava a introdurre i medicamenti direttamente nel sangue, pratica che, per l'insufficienza delle nozioni di fisiopatologia, di farmacologia e di asepsi, si dimostrò pericolosa e parve assolutamente condannabile, benché nel 1628 G. Colle nel suo Methodus facilis parandi iucunda nova et tuta medicamenta, avesse parlato dei notevoli effetti che s'ottengono dall'infusione di medicamenti nelle vene e specialmente della trasfusione del sangue. Ma si discute sulla priorità del metodo; s'attribuisce a un Fabricius medico di Danzica, verso il 1600, l'avere introdotto nelle vene di un luetico un medicamento purgativo; per altri, invece, la nuova via di penetrazione dei farmaci sarebbe stata indicata da Cristoforo de Vreen, fondatore della Società delle scienze di Londra; d'altra parte l'anatomico e botanico Daniele Mayor di Kiel, nel 1664, in un volumetto intitolato Prodromus, narrava di un'iniezione endovenosa praticata in un infermo agonizzante di malaria, proclamandosi inventor chirurgiae infusoriae. Solo nel 1855 Alexander Wood (1817-1884) pubblicava New Method of treating Neuralgia by the direct application of Opiates to the painful points (in Edinburgh Med. und Surg. Rev., LXXXII, 1855) indicando una siringa con ago tubulato e affermando l'importanza di questo metodo che avrebbe permesso d'introdurre attraverso la cute numerosi altri farmaci oltre agli oppiacei. Charles Gabriel Pravaz (1791-1853) ideò un modello più pratico di questo strumento, che Luer rese perfettamente sterilizzabile costruendolo in vetro. Il rapido progresso degli studî farmacologici permise di preparare per numerosissimi farmaci soluzioni stabili, esattamente dosate, rigorosamente sterili da germi patogeni. L'iniezione endovenosa propugnata da G. Baccelli (La via delle vene aperta ai medicamenti eroici, Roma 1907) e che parve all'inizio terapia di eccezione, è attualmente nella pratica quotidiana, specialmente per i preparati chemoterapici. Oltre che per la farmacoterapia propriamente detta, le iniezioni servono a introdurre sostanze a scopo plastico (paraffina), a scopo di saggio della funzionalità degli emuntorî (cromodiagnosi della funzione renale), per introdurre sostanze più o meno opache ai raggi X nella radiodiagnosi (colecistografia, arterografia, ventricolografia, ecc.), per introdurre gas nella collassoterapia, per iniettare sostanze anestetiche (anestesia spinale, regionale, locale), ecc.

Il mezzo più comune con il quale si pratica un'iniezione è quello di una siringa di vetro munita di un ago. Secondo il tessuto o organo nel quale il liquido viene versato, ovvero iniettato, si distinguono: a) iniezioni intracutanee o intradermiche, che portano il liquido nello spessore del derma; b) sottocutanee o ipodermiche, che iniettano il liquido nel sottocutaneo; c) intramuscolari, che portano il liquido (che in genere è irritante o alterabile in contatto del sottocutaneo) nello spessore dei muscoli e che vanno quindi praticate con un ago lungo almeno 5 cm.; d) intravenose o endovenose, che immettono il liquido direttamente dentro le vene: comunemente si utilizza una vena della piega del gomito; e) intracardiache, che iniettano il liquido direttamente nel cuore, cioè nel ventricolo destro o sinistro; f) intraparenchimatose, che portano il liquido direttamente nello spessore di un organo, generalmente ghiandolare (ghiandole linfatiche, epididimo, milza, tiroide, ecc.). Secondo la natura del liquido (acqua, olio) nel quale è sciolta la sostanza, secondo la diffusibilità della medesima e soprattutto secondo la sede dell'iniezione, il farmaco viene più o meno rapidamente assorbito dal torrente circolatorio. Così il riassorbimento, al quale è sempre subordinato l'effetto che si vuole ottenere da una data sostanza sull'organismo, avviene con la massima celerità nelle iniezioni intracardiache ed endovenose, meno celermente nelle muscolari, e ancor meno nelle sottocutanee e intracutanee, nelle quali il riassorbimento avviene solo attraverso i capillari sanguigni e linfatici del tessuto connettivo sottocutaneo e del derma.

La tecnica corretta per praticare iniezioni ipodermiche, che sono le più comunemente usate, richiede l'osservanza scrupolosa di alcune regole, che riguardano: a) il liquido da iniettare, che deve essere sterile; b) gli strumenti usati, cioè la siringa e l'ago, che devono essere anch'essi sterilizzati per 10 minuti in acqua bollente, oppure tenuti a permanenza in una soluzione disinfettante; c) la disinfezione della cute e quella delle mani dell'operatore (la prima si pratica strofinando, con un batuffolo di cotone o garza per qualche minuto, con alcool o etere, quella porzione di pelle dove s'infigge l'ago; la seconda si fa detergendo le mani con acqua e quindi strofinando le medesime con alcool); d) la sede dove si pratica l'iniezione. Bisogna fare la puntura in quelle parti del corpo sicuramente lontane da organi importanti, specie vasi sanguigni e nervi, i quali potrebbero incidentalmente esser punti dall'ago; e perciò comunemente si praticano le iniezioni nella parte superiore delle natiche e sulla superficie esterna della coscia.