INNOCENZO II papa

Enciclopedia Italiana (1933)

INNOCENZO II papa

Raffaello Morghen

Gregorio Papareschi, nato da nobile famiglia romana, fu destinato alla carriera ecclesiastica e creato cardinale di S. Angelo da Pasquale II (1116). Di costumi integerrimi, animato da profonda fede e da vivo zelo per la grandezza della Chiesa, divenne ben presto una delle figure più eminenti del Sacro Collegio per le legazioni sostenute in Francia e in Germania e per la parte avuta nella stipulazione del concordato di Worms del 1122. Ma la sua elezione al pontificato costituì uno dei più torbidi episodî della storia del papato nel sec. XII. Già mentre Onorio II agonizzava, due grandi famiglie lottavano per la successione: i Frangipane, rappresentati nel Sacro Collegio da Aimerico cancelliere della Chiesa, e i Pierleoni, potenti per ricchezze e per clientela, quantunque la recente conversione non avesse ancora fatto dimenticare le loro origini giudaiche. Il cardinale Piero Pierleoni, la cui ambizione era generalmente conosciuta e che già aveva drizzato invano le sue mire al papato nel conclave da cui era uscito invece eletto Onorio II (1124), si apprestava ora a prendere una rivincita. Falliti dei tentativi d'accordo fra le due parti, discussi mentre il papa era ancora sul suo letto di dolore, non appena il pontefice ebbe chiuso gli occhi, nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1130, il cancelliere Aimerico dopo avere celebrate delle esequie pro forma, con una quindicina di cardinali del suo partito, tra cui quattro cardinali vescovi, procedé senz'altro, nel monastero di S. Gregorio, all'elezione a pontefice del cardinal Gregorio Papareschi, che prese il nome di Innocenzo II, e subito dopo lo fece consacrare in Laterano: nelle prime ore della mattina ogni cerimonia era compiuta! I Pierleoni a lor volta, raccolti nella chiesa di S. Marco verso la metà del giorno i loro aderenti e i 23 cardinali che non avevano partecipato al conclave del monastero di S. Gregorio, invece di protestare contro l'illegalità dell'elezione di Innocenzo II, opposero, alla poco legittima elezione della mattina, una contro-elezione, anch'essa inquinata di palese ed evidente illegalità, nella persona del Pierleoni, che prese il nome di Anacleto II (v.). Si venne così allo scisma. Anacleto rimase padrone di Roma e fu riconosciuto dal re Ruggiero di Sicilia - che abilmente cercava di sfruttare, per le sue mire, la crisi che si abbatteva sulla Chiesa -, dalla Lombardia (specialmente dalla città di Milano) e dalla Francia meridionale. Ma Innocenzo II, fuggito prima a Pisa e poi in Francia, soprattutto per l'influenza spiegata in suo favore da S. Norberto e da S. Bernardo (v.) che decise della grave questione guardando unicamente ai meriti dei due eletti, fu riconosciuto dal re Luigi VI di Francia (Concilio di Étampes, settembre 1130), dal re Enrico d'Inghilterra (Chartres, gennaio 1131), dal re dei Romani Lotario (concilio di Würzburg, ottobre 1130) e da una parte della Spagna. Il 22 marzo 1131, in Liegi, Lotario, designato all'impero, prestava al pontefice, secondo la consuetudine, l'umile ufficio di stratore. È vero che egli aveva cercato di approfittare delle precarie condizioni del pontefice, tentando di ottenere importanti concessioni sulla questione delle investiture; di fronte però alla fiera resistenza di I., si era dovuto contentare della semplice promessa della coronazione imperiale, con l'impegno da parte sua di ricondurre il pontefice a Roma, cacciandone Anacleto. Il disegno però riuscì solo in parte, sì che l'incoronazione imperiale di Lotario avvenne nel Laterano (29 marzo 1131), mentre Anacleto rimaneva saldo padrone di S. Pietro. In quell'occasione si venne a un accordo tra papa e imperatore circa i beni matildini, che furono concessi in feudo della Chiesa a Lotario e, alla sua morte, a suo genero Enrico il Superbo; e a ricordo dell'investitura, con intenzione di dare all'avvenimento un ben più vasto significato, forse nel 1139, I. faceva dipingere nel Laterano l'imperatore nell'atto di prestare giuramento di fedeltà al papa con sotto, in versi, l'affermazione della supremazia pontificia: "rex... homo fit papae".

Ritiratosi di nuovo a Pisa, non potendosi sostenere a Roma senza l'appoggio dell'imperatore, I. radunò quivi un concilio che consacrò il suo riconoscimento ufficiale da parte del mondo cattolico: anche Milano si piegò all'obbedienza d'I. Raccolte poi da parte di Lotario nuove forze, nel 1136 il papa e l'imperatore scesero di nuovo verso Roma e contro Ruggiero, che Anacleto aveva riconosciuto come re di Sicilia e di Puglia (27 settembre 1130). Impadronitisi della Puglia, l'antica rivalità tra il papa e l'imperatore risorgeva per la questione dell'investitura del ducato a Rainolfo d'Alife, e salvava Ruggiero forse dall'estrema rovina. Intanto I. veniva riconosciuto anche dal cardinale Pietro da Pisa, il più autorevole dei fautori di Anacleto, e quantunque morto l'antipapa (gennaio 1138), lo scisma continuasse per l'elezione di Vittore IV, nel 1139, dimessosi di lì a poco il nuovo antipapa, I. poteva celebrare, nel X concilio ecumenico del Laterano, il suo completo trionfo, annullando le ordinazioni di Anacleto e lanciando la scomunica contro Ruggiero. Ma, prese poi le armi contro il Normanno, il 29 luglio 1140 veniva sconfitto e fatto prigioniero presso il Garigliano e costretto a riconoscere a Ruggiero il titolo regio.

Ritornato a Roma, nell'occasione della guerra del comune contro Tivoli, salvò la città dalla distruzione decretata dai Romani (v. roma: Storia), ricevendola in suo potere, ed eccitò contro il dominio papale in Roma quella rivolta democratica del 1143 che portò poi alla "renovatio Senatus" dell'ottobre 1144. Mentre si delineava già la rivolta, I. II moriva nel settembre 1143.

Quantunque la questione della validità della sua elezione costituisca un peso morto che ritarda e impaccia tutta l'opera d' I., pure può affermarsi che già in lui vive lo spirito d' Innocenzo III. L'austerità dei suoi costumi e le cure date in varî concilî alla riforma della disciplina ecclesiastica e alla propagazione della fede, con le missioni in Prussia; la lotta contro gli eretici, con la condanna di Abelardo e di Arnaldo da Brescia, e d'altra parte la politica di dignità e spesso anche di supremazia di fronte ai re e all'imperatore, mostrano in lui il degno rappresentante di quel papato che aveva poco prima vinto l'impero e si apprestava ora, conscio delle sue forze, ad attuare nel mondo la sua universale signoria.

Bibl.: Per le fonti riguardanti l'elezione del 1130, v. Watterich, Pontificum romanorum vitae, Lipsia 1862, II, pp. 179-199; e Jaffè, Bibliotheca rerum germanicarum, Berlino 1869. Vedi anche E. Mühlbacher, Die streitige Papstwahl des Jahres 1130, Innsbruck 1876; e Bernhardi, Lothar von Supplinburg, Lipsia 1879. Per gli atti d'I. II vedi Jaffè, Regesta pontificum Romanorum, I, pp. 840-911; e la collezione dei Concilî del Mansi, XXI. V. anche G. Wieczarck, das Verhältnis des Papstes I. II. zu den Klostern, Greifswald 1914; U. Balzani, Italia, papato, impero nel sec. XII, a cura di P. Fedele, Messina 1930.

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