Interazione

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Fisica

Genericamente ogni processo mediante il quale due o più sistemi, o corpi, o particelle, anche di natura diversa, agiscono uno sull’altro, con conseguenti reciproche modificazioni del loro stato o della loro energia. Il termine prende qualificazioni particolari in base alla natura degli enti che interagiscono (i. atomiche, molecolari, nucleari; i. elettrone-fotone, elettrone-fonone; i. elettroniche ecc.) o in base alla natura delle azioni (i. elastica, elettromagnetica ecc.); talora, il termine indica direttamente le azioni in questione, e infatti è spesso usato come sinonimo di forza: per es., i. molecolari, i. elettromagnetiche ecc. Nel caso di i. tra particelle elementari esistono quattro i. fondamentali: i. gravitazionali, i. elettromagnetiche, i. deboli e i. forti. Peraltro, i. elettromagnetiche e deboli possono essere considerate come manifestazioni di un’unica i. unificata elettrodebole.

Meccanismi di insorgenza

Tre sono i meccanismi mediante i quali è possibile spiegare l’insorgere di un’i., cioè il destarsi di forze, tra un corpo A e un corpo B posti a distanza: a) azione diretta istantanea a distanza: i due corpi interagiscono tra di loro direttamente e istantaneamente senza alcuna mediazione; b) azione di contatto o locale: i due corpi interagiscono con i costituenti del mezzo nel quale sono immersi e l’i. viene trasmessa dal corpo A al corpo B, e viceversa, per contatto diretto dai costituenti del mezzo; c) creazione da parte dei due corpi di un campo di forze: quando si pone in una certa regione dello spazio il corpo A, questo genera in tutto lo spazio circostante un nuovo stato di cose, il campo, e l’i. che subisce il corpo B posto in prossimità di A è dovuta all’azione del campo generato da A, nella regione occupata da B, sul corpo B stesso (e viceversa). La propagazione istantanea è un carattere dell’i. inevitabile in meccanica newtoniana, strettamente legato alle premesse fondamentali del tempo assoluto e del principio della relatività galileiana (➔ Galilei, Galileo). Se infatti l’i. si propagasse con velocità finita, questa velocità sarebbe diversa in sistemi di riferimento in moto relativo (l’esistenza del tempo assoluto si traduce nella composizione classica della velocità in tutti i fenomeni): le leggi del moto dei corpi interagenti sarebbero allora diverse in diversi sistemi di riferimento inerziali, in contraddizione con il principio della relatività galileiana.

È stato sperimentalmente provato che non si manifestano in natura i. che si propaghino istantaneamente; quando uno dei due corpi interagenti subisce un qualsiasi cambiamento, gli effetti del cambiamento si manifestano sull’altro corpo solo dopo un certo intervallo di tempo e la velocità massima di propagazione delle i. è uguale alla velocità della luce nel vuoto (coerentemente con la teoria della relatività ristretta). Quindi l’i. che subisce il corpo B a un certo istante non è definita dallo stato (posizione, carica elettrica ecc.) del corpo A allo stesso istante, ma da quello in un istante precedente (che dipende dalla distanza tra A e B), e viceversa. Il tempo finito di propagazione dell’i. mette in crisi la formulazione newtoniana (principio di azione e reazione) del terzo principio della dinamica che viene sostituita con quella del principio di conservazione della quantità di moto e del momento della quantità di moto dei sistemi isolati; nel computo di queste due grandezze vanno beninteso incluse la quantità di moto e il momento della quantità di moto del campo.

Le i. nella teoria quantistica dei campi

L’interpretazione quantistica del campo attribuisce l’i. allo scambio dei quanti del campo stesso che possono essere trattati come particelle, cioè nella teoria quantistica dei campi le i. sono dovute allo scambio di queste particelle. Le particelle che trasportano o mediano l’i. hanno una massa a riposo e un momento angolare intrinseco o spin ben definiti. La massa del mediatore è inversamente proporzionale al raggio di azione dell’i. e quindi è nulla nel caso di i. con raggio di azione infinito come quella gravitazionale o quella elettromagnetica. Le i. fondamentali note sono tutte mediate da particelle con spin intero (espresso in unità ℏ): se lo spin è dispari, l’i. può essere sia attrattiva sia repulsiva; se è pari, solo attrattiva.

fig.1

Consideriamo ora brevemente le quattro i. fondamentali fra particelle elementari (fig.1).

I. elettromagnetiche

Come si sa dai fenomeni che si osservano nel mondo macroscopico, le i. elettromagnetiche (➔ elettromagnetismo; elettrodinamica), che sono le più note, si esercitano fra corpuscoli dotati di carica elettrica. Poiché la carica elettrica posseduta dalle particelle elementari è sempre un multiplo intero della carica elementare e, la costante caratteristica delle i. elettromagnetiche è e2 o meglio il rapporto adimensionale

formula

(dove h è la costante di Planck e c la velocità della luce nel vuoto), dato che e2 figura nelle espressioni che descrivono i processi elettrodinamici sempre in questa combinazione; α è la ben nota costante della struttura fine che interviene anche nel calcolo di molte proprietà atomiche. Sono elettromagnetiche tutte le i. elettromagnetiche che dominano il mondo atomico, molecolare e macroscopico.

I. forti

L’esempio più noto di i. forti è costituito dalle forze nucleari che, esercitandosi fra protoni e neutroni, determinano l’esistenza del nucleo atomico. Esse si esercitano anche fra le altre coppie di adroni e più in particolare tra quark (➔ forti, interazioni). Per queste i. si può definire una costante di accoppiamento, g, in qualche modo analoga a e, il cui quadrato, posto in forma adimensionale, 2πg2/hc, ha un valore che varia da 1 a 15 a seconda dei processi considerati. Sono proprio questi valori così elevati rispetto al valore di α che giustificano il nome di i. forti.

I. deboli

Tali i. (➔ deboli, interazioni) sono quelle che determinano i processi di disintegrazione dei nuclei radioattivi beta, dei muoni, dei mesoni π ecc.; si tratta di un’estensione dell’i. introdotta da E. Fermi nel 1934 nella sua teoria della disintegrazione beta, i cui processi basilari sono costituiti dalla trasformazione di un neutrone in protone,

formula

e dal processo inverso,

formula

In queste espressioni νe e ν̄e sono rispettivamente un neutrino e il corrispondente antineutrino, emessi in associazione rispettivamente con un antielettrone (e+) e un elettrone (e). Anche per le i. deboli si può introdurre una costante di accoppiamento G in qualche modo analoga a e2 e g2, il cui valore, posto nella forma adimensionale indicata nella tabella (dove Mp è la massa del protone), risulta circa 103 volte più piccolo della costante α.

I. gravitazionali

Le i. gravitazionali, allo scopo di ricondursi alla stessa scala di fenomeni sopra citati, vengono specificate a mezzo dell’attrazione newtoniana fra due protoni. La corrispondente costante di accoppiamento adimensionale (v. tab., dove con f si è indicata la costante di gravitazione universale) risulta dell’ordine di 10–39, ossia così piccola da non dar luogo ad alcun fenomeno osservabile alla scala delle particelle elementari. Tali i. sono estremamente importanti alla scala dei fenomeni macroscopici e dominano i fenomeni astrofisici e cosmologici (➔ gravitazione).

Scienze sociali

Processo attraverso il quale due o più soggetti – individuali o collettivi – entrano in un complesso di relazioni reciproche e interdipendenti, rese intelligibili e comunicabili dal riferimento a significati comuni che li collocano su un piano intermedio fra il livello della vita individuale e il livello della vita sociale propriamente detta. L’‘essere in situazione’ teorizzato da W.I. Thomas è appunto la condizione in cui ciò che un individuo fa o pensa, la stessa consapevolezza dei suoi ruoli sociali, sono definiti in base alle aspettative sviluppate dagli altri individui. Si deve a G.H. Mead la precisazione del concetto di i. sociale attraverso l’analisi dei rapporti fra mente, sé e società: la personalità sociale si sviluppa in un processo di continua ‘interiorizzazione dell’altro’, dall’insieme strutturato dei ruoli nei quali si trova immersa. Già dal 1902 C. H. Cooley aveva affermato l’idea che il sé, la coscienza della propria identità, è un fatto sociale costruito sull’immagine che l’individuo crede di aver offerto agli altri e, correlativamente, sui giudizi che attribuisce loro nei suoi confronti. Su questi presupposti si fonda la cosiddetta teoria del campo di K. Lewin, che sostiene una relazione diretta fra il comportamento sociale (come variabile dipendente) e lo ‘spazio di vita’ (come variabile indipendente), ovvero la totalità degli eventi possibili che includono sia i fattori ambientali sia quelli della personalità.

Con l’affinamento delle tecniche di indagine quantitativa, si diffonde inoltre la convinzione che sia possibile misurare l’i. sociale in alcune sue dimensioni; questo complesso di tecniche è alla base della sociometria (J.L. Moreno), attraverso la quale si tende, in particolare, a verificare la durata e l’intensità dei flussi di i. sociale, nonché la loro direzione, ovvero i fini (di conflitto o di integrazione) cui sono diretti. Gli epigoni più recenti di questa tradizione di studi – comunemente definita come interazionismo simbolico – condividono in diverso modo l’istanza teorica a considerare strettamente connesso il piano dell’azione individuale con il piano della situazione nella quale gli attori interagenti si riconoscono in un comune ordine simbolico. Sul piano metodologico queste operazioni teoriche si traducono in un’adesione più o meno esplicita al programma della microsociologia, cioè a un metodo d’analisi che predilige il livello interindividuale su quello degli aggregati strutturali. Fra gli indirizzi più significativi di questa tendenza si possono citare la fenomenologia sociologica (A. Schütz), l’etnometodologia (H. Garfinkel), la sociologia cognitiva (A.V. Cicourel), che puntano a teorizzare la realtà oggettiva dei fatti sociali come un’incessante attività di realizzazione della vita quotidiana, nella quale i soggetti – interagendo fra loro attraverso gli strumenti della comunicazione, dell’interpretazione e dello scambio dei ruoli – si rappresentano le proprie e le altrui azioni come conformi al ‘copione’ sociale che essi stessi provvedono continuamente a scrivere e riscrivere attraverso le proprie molteplici esperienze.

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