INTERCOLUNNIO

Enciclopedia Italiana (1933)

INTERCOLUNNIO (lat. intercolumnium; fr. entrecolonnement; sp. intercolumnio; ted. Säulenweite; ingl. intercolumnation)

Luigi Crema

È lo spazio compreso tra due colonne, misurato in corrispondenza del diametro inferiore, che è di solito assunto come unità di misura.

Vitruvio (III, 3) classificò gl'intercolunnî in cinque categorie: picnostilo di 1½ diametro, sistilo di 2 diametri, eustilo di 2¼ diametri, diastilo di 3 diametri, areostilo maggiore di 3 diametri. In realtà gl'intercolunnî variarono sempre, ubbidendo spesso a esigenze d'ordine tecnico e pratico. Così gli Etruschi, che usavano architravi di legno, ebbero intercolunnî molto maggiori dei Greci che usavano epistilî di pietra; i Romani, che talvolta fecero intervenire la piattabanda ad aiutare la resistenza dell'architrave, poterono in alcuni casi dare all'intercolunnio notevole ampiezza; nei riguardi della destinazione, si vedono i rapporti aumentare molto nei piccoli atrî delle case in confronto dei peristilî dei templi.

Nel periodo greco, che è quello della più tipica applicazione degli ordini architettonici (v.), quasi sempre l'ampiezza relativa dell'intercolunnio, che varia da una fronte all'altra di uno stesso edificio e decresce dal centro agli estremi di ciascuna fronte, aumenta col progresso dello stile. È da ricordare nell'ordine dorico greco la speciale disposizione, poi abbandonata nel romano, per cui a causa della rispondenza tra colonne e triglifi, si faceva minore degli altri l'intercolunnio d'angolo.

Nel Rinascimento trattatisti, come il Vignola, il Palladio, lo Scamozzi, cercarono anche in questo di semplificare le complesse norme vitruviane. Può in massima secondo tali proporzioni stabilirsi per l'ordine dorico da 2½ a 3 il rapporto tra intercolunnio e diametro, per lo ionico da 2¼ a 3¼, pel corinzio da 2 a 2½.

Intercolunnî maggiori del normale si usarono spesso per le colonne binate, per quelle addossate a una parete, o, meglio ancora, inalveolate in essa.

Bibl.: Daremberg e Saglio, Dict. des ant. gr. et rom., I, Parigi 1887, p. 1339 segg.; Perrot e Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, VII, Parigi 1898, p. 449 segg.; Springer-Ricci-Della Seta, Manuale di storia dell'arte, I, Bergamo 1927; G. Giovannoni, Corso d'architettura, I, Roma 1932.