IO

Enciclopedia Italiana (1933)

IO (lat. ego; fr. moi; sp. yo; ted. Ich; ingl. myself)

Vito FAZIO-ALLMAYER

L'uso del termine "io" tende a sostituire l'uso del termine "soggetto" dopo la scoperta kantiana della sintesi a priori; sebbene in alcuni scrittori, non abbastanza consci di questa rivoluzione, l'uso sia promiscuo, e si adoperi il termine io per indicare ancora quel che s'indicava col termine soggetto.

Il soggetto è infatti l'io in quanto è considerato come sostanza in contrapposizione alla sostanza oggetto, e ciò fino alla critica kantiana della psicologia razionale nei Paralogismi della ragione. Dissoltosi attraverso la critica idealistico-fenomenista (Locke, Berkeley, Hume) il concetto dell'oggetto come sostanza, ne venne di conseguenza la dissoluzione anche del concetto del soggetto come sostanza: il soggetto di Hume è un semplice aggregato fenomenico. Da questa demolizione sorse il concetto del soggetto come attività sintetica, e quindi come attualità. Questo non poteva essere bene espresso dal vecchio termine "soggetto" e Kant adoperò il termine "io penso" o semplicemente "io" a indicare questa intimità attuale della sintesi costitutiva del mondo reale nella forma della soggettività. Finché l'io si definisce come una realtà permanente o un sostrato di fenomeni, ecc., non è corretto l'uso del termine io, e bisogna conservare l'antico termine soggetto. L'io come attività è necessariamente universale e particolare allo stesso tempo, è quell'unione anzi dell'universale e del particolare che Aristotele tentò nella sua Metafisica. Per Kant infatti il soggetto conoscente è la sintesi della coscienza in genere (universale, categorizzante) con la coscienza particolare (intuitiva); per Fichte l'io è l'unione di io e non-io, per Hegel l'io è il pensiero pensante, cioè l'universale attivo, l'universale che fa sé stesso (Enc., par. 20). Rosmini chiama l'io, in quanto attualità ponente sé stessa, "sentimento fondamentale dell'io" e in questo senso certamente egli ha superato il concetto sostanziale dell'io, ciò che era ancora troppo oscuro in Galluppi. Bisogna però arrivare allo Spaventa per avere in Italia ben chiaro il concetto del soggetto come attività e quindi un uso legittimo del termine io. In francese si preferisce il termine le moi, e in realtà il concetto dell'attualità non vi è ancora ben chiaro.