IPNOTISMO

Enciclopedia Italiana (1933)

IPNOTISMO (dal gr. ὕπνος "sonno"; fr. hypnotisme; sp. hipnotismo; ted. Hypnotismus; ingl. hypnotism)

Emilio Servadio

Termine usato per indicare l'insieme delle teorie e dei fenomeni relativi a uno speciale tipo di sonno artificiale (ipnosi) provocabile con metodi diversi.

Cenni storici. - Per quanto dei fenomeni ipnotici si trovi traccia nell'antichità e nel Medioevo, l'attenzione su di essi non fu veramente richiamata se non verso la fine del Settecento, con F. A. Mesmer (v.) e con il cosiddetto magnetismo animale (v.). È fuor di dubbio che le pratiche adottate dal Mesmer (che aveva avuto come precursori J. Gassner e A. Kircher) per "magnetizzare", ponessero i suoi soggetti in uno stato ipnotico, con tutte le caratteristiche e le conseguenze relative. Il termine "ipnotismo" peraltro non era stato ancora introdotto, e solo nel 1842 esso fu adottato dal medico inglese James Braid, il quale cercò di mostrare, come il "fluido magnetico", cui il Mesmer e seguaci attribuivano ogni influenza sui loro pazienti, non esistesse affatto, e come i fenomeni del magnetismo animale fossero del tutto soggettivi, cioè inducibili mediante l'uso, da parte dell'operatore, di mezzi atti a stancare l'attenzione (p. es., la fissazione di un punto brillante). Per varî anni l'ipnotismo venne considerato dal punto di vista da cui si era posto il Braid, e anche oggi i metodi di costui non sono completamente abbandonati.

Sino al Braid nessun tentativo serio era stato fatto per approfondire la genesi, il sostrato fisiologico, le condizioni psicologiche dell'ipnosi provocata, per quanto già alcuni studiosi come A. Bertrand, o alcuni pratici come J. Faria, avessero avanzato qualche idea, specie intorno all'influenza psichica esercitata dall'ipnotizzatore sull'ipnotizzato. È merito principale di J.-M. Charcot l'aver esaminato su larga scala i fenomeni ipnotici nella sua clinica (la Salpêtrière), e l'aver tentato di classificarli e di precisarne le condizioni psicopatologiche. Secondo Charcot l'ipnotismo vero e proprio (grande ipnotismo) non può sorgere infatti che sul terreno dell'isteria; anzi, si tratterebbe di un complesso di fenomeni isterici provocati artificialmente. Per quanto in questa tesi si torni a riconoscere oggi qualche cosa di vero, purtuttavia appare ormai chiaro che l'isteria, come tale, non è necessariamente collegata all'ipnotismo, e che l'ambiente in cui lo Charcot sperimentava, e la sua specifica preparazione di neuropatologo, debbono aver notevolmente influito sulle sue conclusioni. Le isteriche di Charcot venivano poste da questo in istato ipnotico o mediante stimoli violenti (sprazzi di luce, suono di un gong, o simili), o con la fissazione dello sguardo, con pressioni sulle palpebre o sulla cervice, ecc. Charcot giunse, in base alle osservazioni fatte, a porre una distinzione tra grande ipnotismo e piccolo ipnotismo, riferendo il primo ai fenomeni riscontrati presso gl'isterici, il secondo a quelli eventualmente accertabili presso gl'individui normali. La sua attenzione, peraltro, si era rivolta quasi esclusivamente al grande ipnotismo, nel quale egli distingueva tre successivi stadî: il letargo (v.), la catalessi (v.) e il sonnambulismo (v.). Tali distinzioni sono ritenute oggi del tutto artificiosa e superate.

La posizione teorica della "scuola della Salpêtrière" fu criticata e combattuta dalla "scuola di Nancy", e specialmente da H. Bernheim, il quale, sulle tracce di A.-A. Liébault e di pochi isolati che l'avevano preceduto, contrappose alla tesi di Charcot (che cioè l'ipnotismo fosse un fenomeno anormale e neuropatico) quella che esso fosse invece provocabile, in grado maggiore o minore, presso la quasi totalità degl'individui. Secondo il Bernheim la causa dell'ipnosi provocata risiede nella suggestione che l'ipnotizzatore esercita sull'ipnotizzato: suggestione che può essere a volte del tutto inconsapevole, ma che ne resta pur sempre la causa prima. Il Bernheim, peraltro, lasciò alla parola "suggestione" il suo più ampio senso, e così facendo non riuscì a dare un quadro soddisfacente dei fenomeni suggestivi, né a precisare la reale portata e il più vero significato della suggestione nei fenomeni ipnotici, le esperienze successive avendo mostrato che una differenza qualitativa rimane pur sempre tra un'esortazione "suggestiva" e l'ordine eseguito con cecità e passività assolute da parte del soggetto in ipnosi; e che l'idea fondamentale dello Charcot, essere l'ipnotismo un fenomeno di natura anormale, era in sostanza pienamente giustificata.

Dopo le lotte - che giunsero a manifestazioni assai clamorose - tra le due scuole francesi, s'iniziò un periodo di revisione dei fenomeni dell'ipnotismo: revisione in cui furono avanzate le più varie teorie e sposati i più diversi punti di vista, sempre peraltro in relazione più o meno diretta con l'uno o con l'altro indirizzo. Tra coloro che ravvisarono nell'ipnotismo un fenomeno anormale (qualunque senso si voglia dare all'aggettivo) si schierarono P. Janet, J. Grasset, H. Schmidkunz, O. Wetterstrand, M. Dessoir, A. Moll, C. Lombroso, G. Belfiore, J. Ochorowicz, F. W. H. Myers, M. Benedikt, P. Schilder, ecc.; dall'altro A. Forel, A. Binet, G.-L. Duprat, H. Beaunis, W. Wundt, J. Liégeois, E. Bérillon, É. Coué, Ch. Baudouin ecc.

Occorre osservare, comunque, che nonostante il gran numero di teorie avanzate in merito ai fenomeni dell'ipnotismo, ben poche furono quelle che affrontarono direttamente il problema, dall'uno o dall'altro dei varî lati da cui esso può considerarsi.

Molte delle spiegazioni sembrano oggi, a un esame critico, non toccare affatto il nucleo della questione: così ad es. le definizioni seguenti, relative per lo più alla suggestione vera o ipnotica: "la suggestione è un processo di comunicazione che conduce all'accettazione convinta delle idee comunicate, all'infuori di ogni apprezzamento da parte del soggetto" (W. McDougall); "la suggestione è la realizzazione subcosciente di un'idea" (Ch. Baudouin); "la suggestione si fonda sulla trasmissione immediata di determinati stati psichici da persona a persona, trasmissione in cui si scansa la volontà e l'attenzione e non di rado anche la coscienza dell'individuo che accoglie la suggestione" (G. Bechterew). Th. Lipps ravvisa nello stato di suggestibilità ipnotica "un'inibizione o una paralisi straordinaria della facoltà d'ideazione"; e così via. Ognun vede come tali definizioni nulla veramente ci apprendano intorno all'essenza del fenomeno; e all'incirca lo stesso può dirsi, in sostanza, del notissimo schema del Grasset, il quale immaginò le funzioni psichiche come distinte in superiori (vertice di un supposto poligono) e inferiori (vie intrapoligonali). Nell'ipnotismo (che implicherebbe una dissociazione tra il vertice e le vie poligonali), il centro superiore dell'ipnotizzatore si sostituirebbe, secondo il Grasset, a quello dell'ipnotizzato, e dirigerebbe a suo talento il poligono di questo. Ora, se nella teoria del Grasset vi è qualcosa di vero (a parte l'eccessivo schematismo), o quanto meno di corrispondente alle più moderne vedute, il lato propriamente psicologico relativo al rapporto tra i soggetti è lasciato in ombra, per non dire dell'assoluta trascuranza del sostrato fisiologico della supposta dissociazione.

Le idee del Grasset derivano in gran parte da quelle di Pierre Janet, il cui concetto fondamentale di una zona automatica, non cosciente, della personalità psichica, esposto ne L'automatisme psychologique (Parigi 1889) e sviluppato nelle opere posteriori, gli faceva limitare i casi d'ipnotismo a quelli conclamati di dissociazione psichica, aventi a loro fattore fondamentale la nevrosi isterica, e tali da consentire che la coscienza di un altro (l'ipnotizzatore) dirigesse e determinasse l'attività automatica dell'ipnotizzato. Intorno alla scoperta dell'attività psichica inconscia (o subconscia) molti altri studiosi lavorarono in quegli anni, e particolarmente Ch. Richet, M. Dessoir, J. Ochorowicz, J. Azam, più tardi seguiti da S. Freud, da F. W. H. Myers, S. Jastrow, Morton Prince, G. Dwelshauvers, E. Abramovskij ecc.

Un cenno particolare merita l'opera dell'Ochorowicz e del Myers, i quali videro nell'ipnotismo uno dei primi gradini della fenomenologia psichica paranormale, quale oggi studia e approfondisce la metapsichica o ricerca psichica (v. psichica, ricerca).

Le difficoltà sempre rinnovantisi circa un'interpretazione psicologica adeguata dell'ipnotismo e della suggestione, la contrarietà di molti ambienti scientifici verso i fenomeni paranormali controversi che spesso insorgevano nell'ipnosi, la palese insufficienza delle teorie fisiologiche (R. Heidenhain, H. Munsterberg) più o meno similari a quella (McDougall) - anche oggi per lo più seguita - per cui nell'ipnosi si avrebbe una dissociazione, e relativa quiescenza, delle cellule nervose nella parte superiore del cervello, con attivazione dei centri nervosi inferiori, determinarono infine un quasi completo abbandono degli studî sull'ipnotismo nel periodo che va all'incirca dalla fine del sec. XIX al decennio 1920-1930. Un'enorme, ingiustificata importanza venne attribuita alla tesi di J. Babinski (teoria del pitiatismo), secondo la quale l'ipnotismo si ridurrebbe, nella maggior parte dei casi, a simulazione, e negli altri casi a inganno reciproco del soggetto attivo e del soggetto passivo. Tale tesi assai comoda e semplicistica, che permise a molti di metter da parte l'ipnotismo, e di non più occuparsene, è ancor oggi ripetuta da parecchi autori.

Fenomeni dell'ipnotismo. Moderni orientamenti teorici. Manifestazioni similari o connesse. - Prima di esaminare più da presso se e come si possa dare dei fenomeni ipnotici un'interpretazione esauriente, è opportuno considerare tali fenomeni così come essi si presentano all'osservazione empirica.

Difficile, per non dire impossibile, è accertare speciali caratteristiche fisiologiche nell'ipnotismo, ossia modificazioni fisiologiche riscontrabili solo nello stato ipnotico come tale. Molte condizioni dell'ipnosi sono infatti simili a quelle del sonno, e così il rilassamento dei muscoli, la diminuita pressione sanguigna, il rallentamento del ritmo cardiaco. Di altri fenomeni eventuali, come la rivulsione dei globi oculari, la flexibilitas cerea degli arti, le contrazioni muscolari, ecc., non si può con certezza affermare se appartengano necessariamente all'ipnosi o se non siano invece, come è assai più verosimile, connessi a condizioni particolari del soggetto ipnotizzato o a suggestioni più o meno inconsapevoli dell'ipnotizzatore.

Molto più circostanziate sono invece le osservazioni relative alle condizioni psicologiche dell'ipnotismo: prima tra le quali può considerarsi quella del rapporto tra soggetto attivo e soggetto passivo, rapporto che può definirsi col termine di suggestibilità di questo rispetto a quello.

Il soggetto passivo, infatti, vien posto in stato ipnotico mediante una serie di atti compiuti dall'ipnotizzatore: atti che in un modo o nell'altro suggeriscono l'idea del sonno. Ipnosi e suggestione sono quindi - almeno in massima e allo stato attuale delle nostre conoscenze - indissolubilmente congiunti, ed è assai arduo distinguere come l'una reagisca sull'altra, vale a dire sino a qual punto si possa considerare la suggestione come causa dell'ipnosi e l'ipnosi come condizione psicologica atta a favorire e a render possibile la suggestione in senso specifico. Propriamente parlando, non si dovrebbe avere ipnotismo senza suggestione, né suggestione (vera e non intendendo il termine nel senso datogli dal Bernheim) senza stato ipnotico, sia che questo presenti le caratteristiche formali del sonno, sia che il soggetto agisca e si comporti come persona apparentemente sveglia. In realtà si tratta di gradi, e il problema non può essere risolto se non caso per caso.

Non occorre insistere in questa sede né sui varî metodi atti a determinare il sonno ipnotico, né sulla percentuale d'individui ipnotizzabili (percentuale certo assai minore di quelle proposte dalla scuola di Nancy), né sui varî gradi di docilità ipnotica (si possono distinguere grosso modo, con M. Dessoir e A. Moll, stati superficiali e stati profondi dell'ipnosi). È opportuno peraltro accennare che in genere il soggetto ipnotico non ricorda, risvegliandosi, le esperienze psichiche avute, né gli atti compiuti durante l'ipnosi; che per mezzo dell'ipnotismo possono per contro essere richiamati alla mente dell'ipnotizzato eventi del tutto obliati; che, oltre all'esecuzione passiva degli atti più assurdi, si possono ottenere dall'ipnotizzato anche modificazioni vasomotorie, anestesie, analgesie, iperestesie svariatissime; e che, infine, attraverso un meccanismo psichico non chiaro, il soggetto ipnotico può realizzare, anche in epoca molto posteriore, in uno stato apparentemente di veglia ma che forse non è tale, ordini ricevuti nel sonno, mentre può manifestare anche sovente un preciso computo inconscio del tempo, del tutto inspiegabile allo stato attuale dell'indagine (suggestione postipnotica, suggestione a termine).

Tra le varie circostanze inerenti alla pratica dell'ipnotismo (ambiente, disposizione favorevole dell'ipnotizzato, procedimenti ipnotici, ecc.), quella di gran lunga più importante è evidentemente la condizione psicologica reciproca del soggetto attivo e del soggetto passivo. Qualsiasi definizione del fenomeno è destinata a rimanere al margine di esso qualora non venga approfondito il carattere di questo rapporto, che può considerarsi come la chiave di vòlta del problema. Perciò appunto risultano per lo più insufficienti e sterili le svariatissime definizioni date dai numerosi autori: ogni tentativo compiuto per delimitare le caratteristiche estrinseche dell'ipnotismo lascia aperta la domanda relativa al come il soggetto abbia subito quell'influenza, abbia presentato quei fenomeni: né vale presupporre in esso uno stato di nevrosi generica o d'isteria specifica, poiché il problema si sposta allora nel senso dell'interpretazione della nevrosi o dell'isteria, e il processo psicologico relativo all'ipnotismo resta sempre insoluto. Che nell'ipnosi vi sia eccesso di attenzione o monoideismo, dissociazione psichica o automatismo poligonale è del tutto indifferente di fronte all'esigenza di sapere perché e con qual processo sia stata attivata nell'ipnotico la condizione in tal modo designata.

L'unico tentativo razionale di spiegare questo rapporto su basi psicologiche è stato fatto, in tempi moderni, dal Freud e dai suoi allievi (S. Ferenczi, E. Jones specialmente). Il Freud scrive che nell'ipnosi il soggetto mette al posto del proprio Super-Io l'ipnotizzatore, il quale risveglia l'immagine del padre. Rinviando, per un particolare chiarimento dei termini alla voce psicoanalisi, ricorderemo qui solo che tale concezione si riconnette a tutta la teoria freudiana della rimozione (Verdrängung) degl'istinti, e alla loro possibile traslazione (Übertragung) su di un'altra persona, che rappresenta in genere quella o quelle che nell'infanzia del soggetto hanno avuto la funzione di modello (di solito il padre), e hanno concorso, insieme con l'Io reale, a formare il Super-Io (istanza morale che approva o disapprova). L'ipnotizzatore, esaltando l'immagine del padre, determina nello stesso tempo un considerevole affievolimento o una paralisi vera e propria dell'altra componente del Super-Io (quella inerente al senso della realtà, alla critica), e da ciò le caratteristiche principali dell'ipnosi provocata: inconsapevolezza del processo, attaccamento affettivo del soggetto all'operatore, realizzazione acritica delle idee suggerite.

Naturalmente questa interpretazione è puramente psicologica, e non entra in merito al meccanismo fisiologico dell'ipnosi provocata. La teoria psicoanalitica dell'ipnotismo trova poi anch'essa qualche difficoltà ad applicarsi a fenomeni connessi con quelli ipnotici, o similari a questi. Abbiamo menzionato il fenomeno psicologico della suggestione a termine. Ricorderemo ancora quello del sonnambulismo naturale e quello della fascinazione (riscontrabile anche presso animali e quindi di per sé indipendente dalla presenza di un operatore e dalla comunicazione di suggestioni), ll meccanismo dei quali non è stato ancora ben chiarito; e quello della cosiddetta trance medianica, il cui processo ci è ancora meno chiaro per l'estrema complessità degli elementi a essa relativi (v. trance; psichica, ricerca). Pure scarsamente suscettibili di una precisa interpretazione scientifica sono per ora alcuni fenomeni metapsichici che lo stato ipnotico sembra spesso favorire, come la chiaroveggenza (v.), la telepatia (v.), ecc.; ed è stato menzionato più sopra il parere di alcuni indagatori, quali l'Ochorowicz e il Myers, secondo i quali lo studio dell'ipnotismo non saprebbe facilmente essere dissociato da quello dei fenomeni psichici più propriamente paranormali: punto di vista, questo, che molti accertamenti anche recentissimi sembrano convalidare.

L'ipnotismo e la terapia. - Sin da quando si cominciò a constatare l'estrema docilità dei soggetti ipnotici, e la possibilità di provocare in essi modificazioni vasomotorie e connesse con la vita vegetativa, si pensò di adoperare l'ipnotismo a scopo terapeutico, e le applicazioni vennero fatte in varî sensi: si constatò anzitutto che, provocando per suggestione ipnotica l'anestesia e l'analgesia di una parte dei tessuti, persino operazioni chirurgiche complesse potevano eseguirsi su individui in ipnosi (quest'applicazione dell'ipnotismo è naturalmente oggi, con i moderni metodi di anestesia, del tutto abbandonata); secondariamente si tentò, e spesso felicemente, di agire mediante l'ipnotismo su disturbi organici o funzionali non implicanti profonde alterazioni dei tessuti (dispepsia, costipazione, abuso di droghe e simili); in terzo luogo si volle applicare l'ipnotismo al trattamento delle psiconeurosi.

A quest'ultimo punto in specie si sono rivolte, e fondatamente, le critiche; ma anche l'uso in genere dell'ipnotismo in terapia viene oggi da molti vivamente combattuto, e specialmente da coloro che considerano la suggestibilità specifica, cui in esso si fa appello, come implicante di per sé una preesistente disposizione, o addirittura uno stato neurotico. Da questo punto di vista l'uso della suggestione ipnotica nella terapia sarebbe in massima sempre sconsigliabile, poiché i risultati da essa conseguiti non compenserebbero, nel caso di cura di disturbi organici o funzionali, l'approfondimento della disposizione neurotica, approfondimento che facilmente produrrebbe la regressione artificiosa e momemanea del paziente a stati psichici infantili. Nel caso delle nevrosi, poi, la controindicazione sarebbe ancora maggiore, poiché un'azione suggestiva diretta a far scomparire i sintomi determinerebbe (dal punto di vista strettamente psicoanalitico) un'ulteriore rimozione di tendenze nel soggetto e un conseguente esacerbarsi dei conflitti inconsci, causa della nevrosi; mentre non contribuirebbe in alcun modo all'analisi e alla chiarificazione dei conflitti in parola. Se comunque l'ipnotismo può ancor oggi adoperarsi, con rischio non grave, per la terapia di semplici disfunzioni organiche, quasi tutti lo proscrivono nella cura delle psiconeurosi, sostituendolo con altri mezzi terapeutici assai più razionali e delicati (v. ad es. psicoanalisi).

L'ipnotismo dal punto di vista medico-legale. - Varie questioni si pongono infine relativamente a una considerazione medico-legale dell'ipnotismo, e precisamente: a) danni eventuali dell'ipnotismo come tale; b) azioni delittuose eventualmente eseguibili sulla persona dell'ipnotizzato; c) delitti eventualmente eseguibili per suggestione ipnotica; d) pubblici spettacoli d'ipnotismo.

Circa il primo punto, valgano le osservazioni avanzate più sopra a proposito dell'ipnotismo in terapia: il venir ipnotizzati non può far bene, anche se i danni derivanti dall'ipnotismo come tale possano essere lievissimi.

Un pericolo maggiore, e che più direttamente interessa la medicina legale, si ravvisa in ciò, che nell'ipnosi il soggetto passivo può esser fatto segno ad azioni delittuose da parte di un ipnotizzatore senza scrupoli. Varî casi accertati e ben noti di abuso sessuale, altri in cui il comportamento del soggetto passivo fu conforme ai desiderî dell'operatore e contrario ai proprî interessi, permettono di considerare abbastanza seriamente quest'altro lato dei pericoli dell'ipnotismo, anche se la stessa eccezionalità del mezzo renda assai rari gli eventi di tal genere. Occorrerà altresì che l'ipnotizzatore si protegga a sua volta da possibili accuse del soggetto passivo: converrà quindi che le esperienze, a qualunque scopo vengano compiute, si svolgano sempre in presenza di testimonî.

Pressoché immaginario può essere considerato, invece, il pericolo che azioni delittuose vengano fatte compiere per suggestione ipnotica. A esse si oppone infatti anzitutto l'inibizione inerente alla riattivazione della componente paterna del Super-Io, secondo le moderne vedute psicoanalitiche; inoltre è ormai pacificamente ammesso che nei cosiddetti delitti di laboratorio (finte uccisioni con un pugnale di carta, finti avvelenamenti con un liquido innocuo, ecc.) il soggetto passivo si renda conto, sia pur limitatamente, della finzione in atto e che quindi da tali esperienze non possa dedursi che il soggetto compirebbe anche un'azione realmente delittuosa. In varî casi di delitti tale ipotesi, in un primo tempo avanzata, fu dovuta respingere in base alle circostanze di fatto. Naturalmente non è da escludere che un soggetto incline a mal fare possa essere spinto al delitto mediante l'ipnotismo: ma il caso è sinora teorico.

Che i pubblici spettacoli d'ipnotismo, infine, debbano essere vietati, non v'ha dubbio: e varî paesi infatti si son pronunziati, attraverso leggi e decreti, in tal senso. È stato però sempre assai facile eludere le proibizioni sofisticando sulle parole del testo scritto.

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