IPOTESI

Enciclopedia Italiana (1933)

IPOTESI

Guido CALOGERO

Il termine greco ὑπόϑεσις ("supposizione", da ὑπό "sotto" e τίϑημι "pongo") entrò nel linguaggio filosofico con Platone, che talora designò con quel nome le idee, dal punto di vista onde esse (eredi dei concetti posti e negati, nei dubbiosi tentativi di spiegar con essi l'empirico, dal metodo socratico) si ponevano come premesse ideali della possibile interpretazione teorica del mondo: giustificando così, ma solo fino a un certo segno, le concezioni di qualche moderno critico (per es., Paul Natorp), che da quell'uso terminologico dedusse la risolubilità dell'idealismo platonico in semplice metodologia dell'ipotesi per la ricerca speculativa. Di fatto, le idee platoniche erano ipotesi piuttosto nel duplice senso che ciascuna di esse era premessa per tutte quelle che logicamente la presupponevano, e che presupponeva essa stessa, a sua volta, altre premesse; come è chiaro anche dall'attributo di ἀνυπόϑετος ("incondizionata", "che non ha bisogno né di essere presupposta, né di presupposti") spettante all'idea suprema. E si vede quindi come da tale significato platonico del termine discendesse quello aristotelico, riferito alla "presupposizione" logica che le premesse costituivano, nel ragionamento sillogistico, rispetto alla conclusione: al platonico ἀνυπόϑετον venendo quindi a corrispondere quelle "premesse immediate" (προτάσεις ἄμεσολ) che dell'apodissi segnavano il primo principio.

Ma la particolare importanza del termine ipotesi è tutta moderna, e collegata con il grande sviluppo della scienza sperimentale della natura verificatosi dal Rinascimento in poi. Sulle prime l'ipotesi fu, di fronte al nuovo ideale dell'accertamento empirico, oggetto piuttosto di dispregio che di valutazione: di qui, per es., il newtoniano hypotheses non fingo. Ma più tardi (non senza influsso dell'uso che del termine fece il Kant, il quale si valse anche di esso per designare l'asserzione di quelle verità che, pur non essendo propriamente conoscibili in sede di ragion teoretica, dovevano tuttavia essere affermate per l'interesse pratico o estetico-teleologico della ragione stessa) esso tornò in onore, e finì per designare tipicamente ogni tentativo di spiegazione naturalistica dell'accadere, e cioè ogni formulazione di legge, in sé non ancora sperimentata o sperimentabile, ma tale da render ragione di altri fatti sperimentali e non altrimenti collegabili in unico contesto causale. In questo senso, la costruzione dell'ipotesi scientifica non esula metodologicamente dal campo della scienza naturalistica, non rappresentando che un'anticipazione di esperienze possibili, la quale si presume utile per l'orientamento dell'ulteriore ricerca, e tanto migliore si ritiene quanto più semplice, probabile e prossimo appaia il suo accertamento sperimentale.

Un senso particolare ha, infine, il termine ipotesi nella nomenclatura logica, in quanto in essa si parla di giudizî ipotetici e di sillogismi ipotetici. I primi sono quelli in cui l'esistenza di un dato soggetto, o la sua predicabilità con un dato attributo, è fatta dipendere dall'esistenza di un altro soggetto o dalla sua predicabilità con un altro attributo ("se S è, P è"; "se S è P, X è Y"); i secondi, i sillogismi in vario modo costituiti di giudizî ipotetici. Tanto gli uni quanto gli altri (che si contrappongono così ai categorici, in cui l'asserzione dell'esistenza o del nesso predicativo è incondizionata: donde il passaggio dell'ipoteticità e della categoricità anche nella tavola kantiana delle categorie) hanno la loro origine in quella logica dei primi peripatetici e degli stoici, con cui s'inizia la decadenza della sillogistica aristotelica (cfr. per ciò logica). Per le varie forme dei sillogismi ipotetici v. sillogistica.