IPPICA

Enciclopedia Italiana (1933)

IPPICA (dal gr. ἵππος "cavallo")

Angelo TACCONE
Luigi AJROLDI di ROBBIATE
Carlo DE MARGHERITA
Luigi AJROLDI di ROBBIATE
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Propriamente il vocabolo dovrebbe comprendere tutto ciò che si riferisce al cavallo; ma in pratica lo si adopera soprattutto in senso sportivo. E del cavallo nello sport si tratterà qui, rinviando per la trattazione zoologica alla voce cavallo e per ciò che concerne l'arte del cavalcare alla voce equitazione.

Le corse ippiche comprendono le gare di cavalli attaccati o montati, che si svolgono dalle più remote epoche e che possono rappresentare o un giuoco equestre o un elemento importantissimo per giudicare con appropriate prove le virtù intrinseche di un soggetto, scelto per l'insieme degli altri suoi caratteri a continuare e migliorare una data razza equina.

Storia. - Antichità classica. - Le corse con i cavalli ebbero grande sviluppo presso i Greci, e grandissimo poi presso i Romani nel circo. Presso i Greci già l'epopea omerica conosce corse di bighe, come quelle nei ludi per la morte di Patroclo. In epoca storica troviamo menzione di corse col celete o cavallo da corsa, il quale poteva ancora distinguersi in celete puledro e celete maturo; col cocchio tirato da due cavalli; col cocchio tirato da quattro. Anche i cavalli attaccati ai cocchi potevano essere puledri o maturi. Inoltre si praticarono corse con attacchi di mule. Ma altre distinzioni sarebbero ancora necessarie, specialmente per le feste in cui le corse di cavalli furono maggiormente in onore, come soprattutto le Panatenee. I tiri a quattro erano attaccati sulla stessa linea. La difficoltà maggiore nella corsa dei cocchi, quella nel superare la quale si rivelava l'abilità dell'auriga, consisteva nel far girare il cocchio attorno alle mete. È rimasta famosa la corsa pitica del 462, in cui quaranta cocchi si rovesciarono l'uno sull'altro, e il solo Carroto, l'auriga del re Arcesilao IV di Cirene, giunse illeso al termine della corsa. Questa vittoria fu celebrata da Pindaro nelle sue Pitiche quarta e quinta. Gli aurighi erano spesso persone di bassa estrazione, ma talora invece di altissima condizione sociale: tale appunto il ricordato caso di Carroto, che era cognato del re stesso. Alle gare potevano partecipare, per quanto non di persona, anche donne: circa il 380 a. C. Cinisca, sorella del re Agesilao, riportò due vittorie olimpiche; Belistiche, l'amica di Tolomeo Filadelfo, vinse nel 264 pure a Olimpia. E numerose vittorie di donne nelle Panatenee sono ricordate da iscrizioni ateniesi.

Presso i Romani le corse con i cocchi nel circo assunsero sotto certi imperatori l'importanza di avvenimenti di prim'ordine. Gli attacchi erano abitualmente di due, di tre, di quattro cavalli; ma qualche volta di molti di più: si ha notizia di attacchi di sei, otto, dieci cavalli; sopra un cammeo è rappresentato un attacco di venti. Attacchi tutti speciali si ebbero a opera d'imperatori fastosi e stravaganti: così Nerone ed Eliogabalo fecero correre cocchi a cui erano attaccati quattro cammelli; il secondo anche cocchi con attacchi di cani, di cervi, di leoni, di tigri, d'elefanti. Gli aurighi erano di consueto schiavi o appartenevano alle più umili classi sociali; accadde tuttavia qualche volta di vedere al posto dell'auriga giovani di nobilissime famiglie e parecchi imperatori stessi (Caligola, Commodo, Caracalla). La passione per codesti spettacoli divenne a un certo punto così morbosa presso gli antichi Romani che i più abili cocchieri, pur appartenendo a strati sociali assai bassi, riuscirono a guadagnare non solo la libertà se schiavi e somme favolose (Scorpo ai tempi di Domiziano avrebbe guadagnato cinquanta borse d'oro in un'ora), ma persino cariche importanti.

Mai la passione delle corse è stata così viva come presso i Bizantini: i cocchieri del circo ebbero poesie, onori, esenzioni dalle imposte. Essi erano distinti secondo il colore del vestito in Bianchi e Azzurri (Βένετοι): Rossi e Verdi (Πράσινοι). Tutta la popolazione si divideva nelle fazioni degli Azzurri e dei Verdi, organizzate con presidenti, capi di quartiere, casse, cantori, musici, aurighi proprî. Le due fazioni portavano la loro rivalità dal circo nel campo politico e religioso: il partito al quale aderiva l'imperatore aveva il predominio nello stato, mentre l'altro partito, spesso escluso anche dalle cariche pubbliche, passava all'opposizione. Bastava il minimo pretesto per scatenare tra i due partiti zuffe violente, che spesso finivano con l'insanguinare la città. La rivalità delle due fazioni fu spesso causa di sommosse, come sotto Anastasio, sotto Maurizio e sotto Foca. La più grave fu la rivolta di Νίκα, scoppiata nel 532 eontro Giustiniano, che, per influenza di Teodora, aveva preso vivo interesse alle competizioni del circo e favoriva gli Azzurri: in essa perirono più di 30 mila persone. A partire però dal sec. VII, gl'imperatori cominciarono a mostrare meno interesse per le corse, e in conseguenza le fazioni finirono di turbare la vita dell'Impero, finché nel sec. X non ebbero più che una parte nel cerimoniale.

Medioevo ed età moderna. - Le corse di carri continuarono a sussistere nell'Impero d'Oriente, dove nel 1203 i cavalieri della IV crociata, impadronitisi di Costantinopoli, rimasero stupiti di veder correre dei cavalli attaccati. Scomparvero invece quasi del tutto in Occidente, salvo alcune manifestazioni sporadiche a carattere commemorativo, riesumate recentemente in varie località d'Europa, e anche a Firenze. Uno spiccato carattere ginnastico sopravvisse in molte feste equestri tradizionali del popolo italiano; gli ultimi tipici esempî sono dati dalle gare della Sardegna meridionale (da non confondersi con le prove di selezione del cavallo sardo inaugurate nel 1922), le quali consistono in una specie di "fantasia" dove i cavalieri, da soli o in compagnia, compiono esercizî acrobatici su uno o più cavalli che percorrono a grandissima velocità un breve tratto di terreno.

Gli Arabi, al tempo del califfato, diedero grande importanza all'allevamento del cavallo e alle corse, di cui è già memoria nell'età preislamica. È pura leggenda che le prime fossero istituite da Maometto nel 628, anno 6 dell'ègira. La razza araba attinse un alto grado di perfezione, e la reputazione del cavallo arabo, ricercato in tutti i paesi d'Europa, contribuì a diffondere la passione per le corse dei cavalli montati e la comprensione della loro capitale importanza per il progredire della produzione. Dopo la caduta dell'Impero romano, non si hanno più in Italia vere manifestazioni ippiche fino al sorgere dei Comuni. Allora le gare come pubblico spettacolo tornano in onore. Il premio non è costituito da denaro, ma dal pallio e da varie braccia di panno prezioso. A Roma tali corse si fecero prima sul ripiano di Monte Testaccio, in seguito da palazzo Farnese per via Giulia sino a S. Pietro, per una distanza di 178 catene, pari a un miglio e mezzo. Tali gare si facevano dopo Natale. Anche in piazza Navona si erigevano delle tribune e uno steccato per il pubblico e i cavalli correvano divisi in squadre e con fantini distinti per colori, come ai tempi odierni.

Nel 1465 il pontefice Paolo II istituì le corse nell'ultimo tratto urbano di via Flaminia, che perciò venne denominato "Corso", fino a piazza S. Marco, ove il pontefice dal suo palazzo assisteva alla "ripresa" dei barberi, come si chiamavano i cavalli che prendevano parte alla corsa. Per premio, oltre al denaro, il vincitore riceveva un gonfalone di seta e d'oro, di cui il blue ribbon di oggi è un ricordo. Sempre con lo scopo di migliorare la razza, i Gonzaga - appassionati allevatori e fini conoscitori del cavallo - fecero correre a Mantova, in quel campo del Tè che pur oggi si ammira tal quale fu costruito (e che si può a buon diritto considerare il primo ippodromo regolare d'Europa), i prodotti dei loro allevamenti, che perciò anche crebbero in tale reputazione da essere ricercati nella stessa Inghilterra, dove concorsero alla fondazione dell'attuale razza di puro sangue inglese.

Di poco posteriore è la fondazione, avvenuta sotto il regno di Enrico VIII, del campo di corse di Chester, dove ancora si corre la Chester Cup, istituita da quel sovrano (ma di corse di cavalli in Inghilterra abbiamo notizia sin dal sec. XI) ed è pure di quell'epoca il ripristino dei diversi "colori" indossati dai concorrenti, come già erano stati usati nelle corse di carri di Roma e Bisanzio.

Quasi contemporaneamente, in Inghilterra, si cominciarono a disputare gli hunting matches, corse attraverso la campagna, intese a provare la sicurezza, la resistenza e la velocità dei cavalli da caccia, e nelle quali si deve ricercare il principio dei moderni steeple-chases.

Da quest'epoca l'evoluzione delle corse procede continua, favorita dal pubblico e dai sovrani. Sotto il regno di Carlo I si affermano le prime norme razionali relative all'allevamento e al regime di alimentazione; sorgono le prime scuderie da corsa. Il progresso si accentua negli anni successivi, e specialmente sotto il regno della regina Anna, col sorgere di nuovi ippodromi, fra i quali celebre quello di Newmarket, con l'istituzione di corse regolari (fra le quali una per cavalli di 5 anni su distanza di 4 miglia e con 1000 sterline di premio) e finalmente con la determinazione delle distanze e del peso da assegnarsi ai cavalli in relazione alla loro età. L'alba del sec. XVIII vede nascere la stampa sportiva con il periodico The Newmarket News, apparso nel 1704.

Lo sviluppo sempre maggiore delle corse faceva intanto sentire il bisogno di un organo tecnico che ne indirizzasse i programmi e ne regolasse lo svolgimento e così nel 1750 veniva fondato il Jockey Club, le cui norme e i cui statuti vennero poi presi a modello dagli enti uguali o consimili sorti successivamente negli altri paesi dove venne importata e si diffuse la razza di puro sangue inglese. Sono opera del Jockey Club il regolamento che disciplina le corse per i cavalli di diversa età, la determinazione dei pesi (tabella dei pesi) e delle distanze, e infine la fondazione dello Stud-Book (registro genealogico).

L'evoluzione degli ordinamenti sportivi si completava col ridurre sempre più l'età alla quale i cavalli cominciavano a correre. Dapprima riservate ai 5 anni e oltre, le corse venivano successivamente aperte a quelli di 4 e di 3. Durante il regno di Giorgio I (1714-1727) cominciarono le corse dei due anni e più tardi, nel 1791, si arrivò persino alle corse di yearlings (puledri di un anno); queste, malgrado le brevi distanze (da 500 a 800 m.), riuscivano talmente rovinose per la produzione che il Jockey Club s'indusse finalmente (1860) a proibirle.

Le varie corse moderne al galoppo. - Nel 1776 veniva istituita una delle corse anche attualmente più importanti, che da un grande sportivo del tempo prese il nome, di poi sempre conservato, di St Leger e che, riservata a puledri e a puledre di 3 anni, si disputò da prima sulla distanza di 3200 metri (2 miglia), ridotta successivamente a 2850. Nel 1779 il conte di Derby istituiva una corsa su m. 2400, per femmine di 3 anni, che dal vialone di querce fiancheggiante l'ippodromo di Epsom veniva denominata The Oaks, e nell'anno successivo lo stesso Derby fondava la corsa che porta il suo nome (v.). Derby, Oaks, St Leger, e le analoghe corse che con identiche o poco diverse denominazioni s'istituirono negli altri paesi, costituirono le prime corse cosiddette "classiche", perché concepite dal solo punto di vista della selezione attraverso la corsa, provando insieme, su una distanza ritenuta idonea a selezionare i migliori, tutti i prodotti di 3 anni. A queste tre corse se ne aggiunsero successivamente altre due, che per le loro condizioni vengono pure dette classiche, mentre per la distanza (1609 metri) e per il fatto di svolgersi prima del Derby vengono a costituire quasi una preparazione ad esso: tali due prove furono denominate le "2000" e le "1000" ghinee (1809 e 1814 rispettivamente) e conservano tuttora questa denominazione. Le Oaks e le 1000 ghinee sono riservate alle femmine, che nelle altre tre prove classiche portano 2 kg. di meno dei maschi perché ritenute più deboli. Una serie di altre corse venne poi introdotta in Inghilterra: così quelle di Newmarket e di Ascot, la Lancashire Plate, la Royal Stakes, la Eclipse Stakes, ecc.

All'evoluzione dell'ippica, compiutasi nel breve giro di tre quarti di secolo, contribuì senza dubbio l'entusiasmo degli allevatori per le prove meravigliose dei loro prodotti più celebri; ma una grande spinta venne pure dalla frenesia delle scommesse che aveva invaso tutte le classi della popolazione e che è tuttora una caratteristica del popolo inglese. Da quell'epoca, le linee generali alle quali s'ispirano le prove del puro sangue sono rimaste presso che inalterate. Ed è indiscutibile che esse abbiano portato a un progresso, come è dimostrato dal peso sempre maggiore che si è potuto dare ai due anni nei confronti con i loro maggiori e dal fatto che le attuali migliori famiglie del puro sangue inglese discendono da quei prodotti che più si affermarono nelle prime corse classiche.

L'enorme sviluppo delle corse e dell'allevamento e l'opportunità di ricompensare delle ingenti spese che ne derivano, insieme col bisogno di mantener vivo l'interesse del pubblico con gare che lasciassero incerto l'esito delle corse, indussero a istituire e a sviluppare grandemente prove diverse dalle classiche e dalle quali o si escludevano taluni cavalli, o se ne differenziava la capacità di rendimento aumentando o diminuendo il peso che sarebbe stato loro assegnato in relazione all'età. Si ebbero così: corse con sovraccarichi e discarichi in base alle somme vinte, in base al prezzo al quale i partecipanti venivano offerti in vendita, e infine corse handicap nelle quali uno speciale funzionario (handicapper), nominato dal Jockey Club, attribuiva il peso in modo da equilibrare le probabilità di vittoria. Inoltre, per mantenere sempre più incerto il risultato e per tener così vivo l'interesse dello scommettitore, distribuendo in pari tempo e in modo più uniforme i premî fra i proprietarî di cavalli da corsa, si vennero modificando le distanze che, in linea generale, si ridussero in modo assai sensibile passando dalle 2, 3, 4 miglia di un tempo ad altre molto più brevi.

Nel 1930 in Inghilterra si ebbero 698 corse fra i 1000 e i 1200 metri, 334 al disotto del miglio, 349 da un miglio a 2000 metri, 542 fra i 2000 metri e 2 miglia e 47 fra le due e le tre miglia. La più lunga corsa piana inglese è la Alexandra Stakes, di 4800 metri.

L'evoluzione accennata per il turf inglese si è svolta in modo anche più rapido negli altri paesi dove le corse si diffusero in epoche successive. Con ciò le corse si vennero allontanando alquanto dalla funzione importantissima che ad esse è assegnata per il miglioramento della razza equina, e le modificazioni divennero sempre più sensibili per l'enorme sviluppo da esse preso, che richiese organizzazioni sempre più vaste nelle quali le considerazioni di ordine amministrativo e burocratico finirono non di rado per prendere il sopravvento sui criterî tecnici e sportivi. E l'estensione e l'anticipo delle corse di due anni, le prove su brevi distanze, i "pesi piuma" contribuirono a far apprezzare quasi unicamente il fattore velocità, anche se non sempre accompagnato da requisiti di robustezza e di fondo, che dovrebbero invece essere tenuti in grande considerazione quando si mira al miglioramento di una specie.

Monta del cavallo da corsa. - Sistema inglese e sistema americano. - Un altro passo importante nell'evoluzione delle corse è stato determinato dal sorgere e dall'affermarsi del sistema americano di monta e di allenamento, apparso in Europa alla fine del sec. XIX e che, accolto dapprima con diffidenza e persino con derisione, finì in breve volger d'anni per imporsi.

Il cavaliere inglese, staffato lungo e di conseguenza molto inforcato, basava la solidità del suo assetto sull'aderenza della coscia e della gamba al costato del cavallo. Il busto, inclinato innanzi nello spingere, tendeva a portarsi indietro per trattenere; le braccia avevano un'indiscutibile libertà di azione, della quale facevano uso nell'impiego spesso severo della frusta, cui si accoppiava quello degli speroni. Invece il cavaliere americano quale apparve in Inghilterra nel 1897 (il metodo italiano del Caprilli era nato nel 1895, v. equitazione), col celebre fantino Tod Sloan basava l'assetto su una staffatura corta che assicurava l'immobilità della gamba e la conseguente stabilità del busto e della mano. La gamba si trovava così in condizioni meno favorevoli per agire, ma non disturbava il cavallo con le pressioni e con gli urti spesso disordinati della monta inglese. Il cavaliere, sollevato sulle staffe, lasciava la schiena del cavallo completamente libera nelle poderose contrazioni imposte alla colonna vertebrale dalle veloci andature. La mano, che non risentiva scosse, poteva esercitare un'azione meno sgradevole sulla bocca del cavallo. Il sistema introdotto dallo Sloan, prima in Inghilterra e poi in Francia, contribuì ad aumentare il rendimento del cavallo da corsa, com'è dimostrato dai tempi del Derby inglese, che con la monta americana discesero di parecchi secondi.

Allenamento. - L'allenamento mira ad aumentare la vigoria del cavallo da corsa e a dargli la maggior leggerezza possibile. Tale risultato si ottiene con un regime alimentare adatto, con ben appropriati esercizî e con cure igieniche.

L'educazione del puledro puro sangue destinato alle corse s'incomincia allorché ha un'età fra i 12 e i 18 mesi; occorre allora modificarne l'alimentazione, per modo che esso non sia né pieno né grasso. Essa deve essere fatta con generi di prima scelta; il fieno sia il migliore e meglio conservato, poco foglioso, fine, secco; l'avena sia la più pesante, sana, secca, priva di semi estranei. Ricordare che l'avena ha la relazione nutritiva da 1:5 e che il suo coefficiente di digeribilità è 0,69. Per i cavalli delicati e di poco appetito può convenire variare il nutrimento sostituendo di quando in quando l'avena in tutto o in parte con fave schiacciate ovvero con piselli secchi, o con frumento e aggiungervi (come stuzzicanti dell'appetito) carote, finocchi, insalata, sale pastorizio. Razione giornaliera: fieno kg. 1,5 a 3, distribuito in tre volte; avena kg. 6 a 8, distribuita in 5 volte. Acqua pura data sempre alla stessa temperatura (non fredda) in quantità moderata: sempre mettere nell'acqua un pugno di farina di segale o di frumento. Gli alimenti debbono essere dati rigorosamente sempre alle stesse ore.

Il governo della mano è un mezzo utilissimo nell'educazione del cavallo da corsa; la pelle è stimolata al pari della circolazione del sangue, con vantaggio degli organi profondi. Ma occorre che sia fatto a fondo, con metodo e con minuzia. Non usare la striglia sulla pelle del cavallo. Praticare il governo due volte al giorno con la brusca e il tortoro di fieno e con panni. Massaggi, specie agli arti.

Il terreno dove il cavallo deve fare gli esercizi è da tenersi nel massimo conto: esso deve essere elastico e secco; una pista ben tenuta, anche se misuri solo 1500 metri, può servire per l'allenamento.

Le andature d'allenamento sono il passo allungato e il galoppo. Bisogna abituare il puledro a passare senza difese né contrattempi dall'una all'altra. Dopo un'ora e mezza di passo un galoppo breve di 600 m., indi passo per 5 minuti, poi un secondo galoppo di 1200 m.; passo per altri 5 minuti, indi un terzo galoppo di 1200 m.; passo ancora e poi un quarto galoppo di 1400 m., passo per un'ora (dati approssimativi). Una o due volte per settimana galoppata più veloce e lunga (il doppio delle altre).

Per ridurre rapidamente il cavallo troppo pieno di carne e porlo "in condizione" o "in forma", gioverà la somministrazione di purganti; la base delle purghe è l'aloe succotrino; come diuretico si usa il salnitro sciolto nell'acqua, ovvero il sapone bianco di Marsiglia.

La sudata è una grande perdita di sudore provocata da un violento esercizio sotto coperte più o meno pesanti. Per mezzo delle sudate i cavalli perdono le carni superflue e gli ammassi interni ed esterni di grasso, che loro impedirebbero di spiegare tutte le loro facoltà. Le sudate vanno date con molto giudizio, e con molti cavalli non sono affatto necessarie.

Le norme che precedono trovano applicazione nella condotta dell'allenamento. Occorre tener presente che per mettere un cavallo nella perfetta condizione di allenamento bisogna fargli fare un lavoro progressivo, ma questa progressione non si deve intendere continuativa, bensl a successive riprese, le quali vadano gradatamente aumentando, alternate da relativi riposi.

Precetti fissi e norme assolute non se ne possono dare, tutto variando a seconda dell'età, della costituzione, dell'indole di ciascun cavallo. Ogni cavallo richiede un trattamento a esso appropriato, giacché una quantità di lavoro che per uno sarebbe insufficiente, sfinirebbe invece un altro. Unica guida l'osservazione e l'esperienza dell'allenatore, poiché il rapporto fra l'andatura del cavallo e la distanza da percorrere non può essere precisato in cifre e costituisce la maggiore difficoltà dell'allenamento.

Si usa dividere il tempo medio di allenamento (6 mesi) in tre preparazioni, ciascuna più severa e ad andatura progressivamente più veloce. La prima consiste in un lavoro leggiero e lento, la seconda in un lavoro un po' più veloce, la terza in quello della maggiore velocità a cui si debba sottoporre il cavallo.

Scopo della prima preparazione è d'indurire gli arti e le articolazioni, sbarazzare l'interno del grasso superfluo e abituare il cavallo a un prolungato esercizio al passo allungato. Tre ore in media di esercizio al passo giornalmente, interrotto da qualche tempo di galoppo da caccia. Qualche sudata, se necessario.

La seconda preparazione fa divenire le fibre e le articolazioni del cavallo salde e solide e si può con sicurezza far correre il cavallo a buona andatura su una discreta distanza. Sudate, se necessario. Galoppi di esercizio portando la distanza gradatamente a 2000 e a 3500 m. (per i cavalli di tre anni e oltre); passo da 2 ore a 3 ore e mezza. L'azione del galoppo gradatamente più distesa. Nei galoppi alternare giudiziosamente le galoppate lunghe e veloci ai galoppi corti e moderati.

La terza preparazione consiste in galoppi: questi debbono abituare il cavallo a estendersi con la migliore andatura e in modo regolare, senza scartare e senza difendersi. La distanza su cui si dà il galoppo deve essere quella su cui il cavallo dovrà poi misurarsi in corsa: l'azione del galoppo sarà la più lunga e la velocità talvolta forzata. Passo un'ora e mezza circa. Frizioni medicinali e massaggi sulle estremità. Badare di non fare over-marking o over-training, cioè di non sorpassare lo stato di preparazione del cavallo.

Infine gioverà all'azione del galoppo di quasi tutti i cavalli fare l'esercizio dei galoppi nella seconda e terza preparazione in compagnia di altri: per eccezione si dovrà far galoppare da solo il cavallo nervoso.

È notorio che i cavalli destinati alle corse a ostacoli (steeple-chases) sono in genere figli di cavalli che già hanno dimostrato singolare attitudine al salto. Nell'allenamento di questi cavalli si deve nel galoppo di esercizio ogni tre o quattro giorni fare saltare in andatura progressivamente più spinta gli ostacoli sulla distanza della corsa fino a saltarli nell'andatura della corsa stessa, la quale andatura, se è minore di quella delle corse piane, è peraltro assai maggiore di un buon galoppo da caccia. Solo con cavalli saltatori decisi, che già abbiano formato l'occhio e lo speciale stile di salto in grande andatura, si potrà astenersi dalla preparazione sugli ostacoli e riservarsi di affrontarli nella stessa corsa.

Una notevole differenza corre tra i sistemi inglese e americano di allenamento. Mentre il primo si fonda sui lunghi galoppi, sulle abbondanti sudate, sui purganti energici, quello introdotto dagli Americani consiste in brevi lavori veloci atti a sviluppare la capacità allo sforzo polmonare e nervoso del cavallo, cura meticolosa dell'alimentazione, risparmio di ogni sforzo non indispensabile, sì da portare il cavallo fresco alla corsa.

Le corse al galoppo nei varî paesi. - Inghilterra. - Accanto alle corse piane e prima quasi di esse si svilupparono in Inghilterra le corse ad ostacoli: di siepi e steeple-chase, cross-country, point-to-point, per le quali il pubblico inglese e quello irlandese in specie hanno grandissima passione.

Gl'ippodromi più famosi per gli ostacoli sono quelli di Punchestown in Irlanda, di Sandown Park in Inghilterra e quello di Liverpool, dove si corre il grande steeple-chase nazionale di 7200 metri. Per le corse piane Epsom, Ascot, Newmarket, ecc.

L'enorme sviluppo delle corse in Inghilterra è dimostrato dalle seguenti cifre: nel 1797 corsero 593 puro sangue (pochi meno di quelli che corrono oggi in Italia); nel 1930 soltanto nelle corse piane ne comparvero 4792, mentre la produzione supera oggi i 4000 puledri all'anno, molti dei quali però non corrono o disputano soltanto corse non regolarmente riconosciute. Le somme distribuite ai vincitori nel 1931 ammontarono a circa 80 milioni di lire.

Francia. - Dall'Inghilterra la passione per lo sport ippico passò presto in Francia; il primo ippodromo regolarmente costruito fu quello di Achères, nel quale si corse nel 1683. Ma il vero interesse all'ippica sorse verso la fine del sec. XVIII e poi nel XIX. Anche in Francia primo carattere della corsa fu quello della scommessa privata fra due o più proprietarî; ma ben presto l'allevamento cominciò a diffondersi: nel 1833 veniva istituito lo Stud-Book, nel 1834 veniva fondato il Jockey Club. Da quell'epoca, produzione e sport hanno compiuto in Francia, sia dal lato numerico sia da quello qualitativo, progressi grandissimi, dovuti, più ancora che a un complesso di circostanze particolarmente favorevoli, al costante indirizzo impresso dai tecnici riuniti presso il Ministero dell'agricoltura. La produzione annua del puro sangue raggiunge oggi i 2000 puledri; non pochi suoi rappresentanti si sono già vittoriosamente affermati nelle classiche corse inglesi. Principali ippodromi sono quelli intorno a Parigi: Longchamps, Auteuil, Chantilly, Maison-Lafitte. Centri di allenamento: Chantilly, Maison-Lafitte. Zone di produzione: la regione parigina; il nord della Francia e, in linea subordinata, il sud-ovest.

Principali corse francesi sono: il Premio del Jockey Club, il Grand Prix, il Premio dell'Arco di Trionfo, il St Leger di Francia, il Royal Oak, il Gran Premio di Deauville, ecc.

Grande sviluppo hanno in Francia le corse a ostacoli, che si svolgono con caratteristiche alquanto diverse da quelle inglesi e irlandesi, perché disputate sui percorsi in genere più facili e con una andatura più veloce. Gl'ippodromi più difficili per corse a ostacoli sono quelli di Dieppe e di Pau nella provincia, e, a Parigi, quello di Auteuil, dove si disputa il grande steeple-chase detto appunto di Auteuil, che è considerato il più serio percorso di Francia.

Germania. - Un considerevole sviluppo hanno pure preso le corse al galoppo in Germania dove la produzione, che si basa su oltre 800 fattrici, ha dato nel 1930 piú di 500 puledri. Principali ippodromi, oltre a quelli di Berlino, sono ad Amburgo, Dresda, Lipsia, Baden-Baden, Colonia.

Ungheria. - La guerra mondiale ha portato un grave colpo alle corse e alla produzione del puro sangue inglese nei paesi che già costituivano l'Impero austro-ungarico. In Ungheria, peraltro, il galoppo e il trotto hanno tuttora una notevole importanza, dimostrata da circa 300 prodotti annui e dalle fiorenti riunioni di corse che si svolgono principalmente nel magnifico ippodromo di Budapest. Il centro più importante di allevamento si trova ad Alag.

Polonia, Cecoslovacchia. - Lo sport ippico tende invece a svilupparsi in Polonia e in Cecoslovacchia. In Polonia l'allevamento può contare su 560 fattrici, che nel 1930 diedero 254 prodotti. Nello stesso anno corsero 896 cavalli. In Cecoslovacchia si disputa il grande steeple-chase di Pardubice, istituito nel 1881, sulla distanza di 6400 m. con 30 ostacoli, che è, dopo quello di Liverpool, lo steeple-chase più severo che si corra.

Russia. - In Russia le corse al galoppo erano prima della guerra tenute in grande onore: l'allevamento si era esteso e aveva raggiunto un livello molto alto. Il governo sovietico ha intrapreso la ricostituzione del patrimonio equino, riaprendo taluni ippodromi e curando, fra le altre, la produzione del puro sangue.

Italia. - Indubbiamente più importante è la posizione che, tanto dal punto di vista numerico quanto da quello qualitativo, hanno assunto in Italia la produzione e le prove del puro sangue inglese. Dopo il non breve periodo dei Gonzaga, bisogna giungere fino agli albori del sec. XIX per trovare corse del genere di quelle odierne. La prima riunione regolare della quale si ha sicura notizia è infatti quella che, per iniziativa del principe di Ottaiano, si tenne in Napoli il 6 dicembre 1837, che fu in realtà costituita da una serie di private scommesse fra gli stessi proprietarî dei cavalli in corsa. A questa seguirono altre riunioni a Torino, a Milano (1846) e in altre città; ma la prima società regolarmente costituita fu quella di Firenze dove, nel 1847, si corse il primo Premio dell'Arno, che tutt'oggi si disputa. A Roma le prime corse regolari furono indette per iniziativa del principe Giannetto Doria nel 1856, quando cioè fu corso per la prima volta il grande steeple-chase di Roma, disputatosi poi regolarmente fino alla guerra e ripristinato nel 1927. Nel 1875 veniva istituito lo Stud-Book, del quale nel 1880 veniva pubblicato il I volume. Il 19 dicembre 1880, per iniziativa di un gruppo di sportivi italiani, sorgeva infine il Jockey Club e nel 1884, per volere del re Umberto I, veniva istituito il primo Derby reale, dotato di L. 25.000. Ad esso nel 1889, per iniziativa della Società lombarda, faceva seguito il primo Grande Premio del Commercio; esso, nel 1904, si trasformava nel Gran Premio Milano, dotato di L. 500.000, che conta fra le più grandi corse europee.

Alle classiche corse inglesi, oltre al Derby, corrispondono in Italia il Premio Regina Elena ed il Premio Parioli, con condizioni presso che identiche a quelle delle "1000" e delle "2000" ghinee: corse che, come il Derby, si corrono a Roma; e il St Leger e le Oaks che si corrono a Milano.

Allo sviluppo delle corse, dovuto alla passione dei proprietarî, al favore del pubblico, alle iniziative delle grandi società che nei loro dirigenti ebbero abili e fattivi patrocinatori, ha corrisposto il progredire dell'allevamento, passato dai 37 puledri iscritti al Derby del 1884 ai 242 iscritti a quello del 1934. Principale suo promotore fu il re Vittorio Emanuele II; fra i primi allevamenti, quello del cav. Ginestrelli, trasferitosi poi in Inghilterra dove Signorinetta vinceva nel 1908 le Oaks e il Derby; la razza di San Salvà (conti Sambuy e Canevaro, marchese Torrigiani, cav. Engelfred); la razza Volta dei conti Talon; l'allevamento Scheibler, quello del principe Doria e soprattutto la razza Calderoni che ebbe il suo miglior prodotto in Sansonetto, presso che imbattuto in Italia e vincitore anche all'estero.

Risultati più brillanti ancora sono stati ottenuti nel dopoguerra da alcuni allevatori, tra i quali il De Montel, che ha avuto in Ortello il vincitore del Prix de l'Arc de Triomphe, una delle principali corse francesi; Federico Tesio, apprezzatissimo anche in Inghilterra dove Apelle, uno dei suoi migliori prodotti e 2° arrivato nel Grand Prix de Paris, funziona da più anni come stallone; i fratelli Crespi con la razza del Soldo, i conti Raggio con la razza Bellotta, ecc.

L'allevamento del puro sangue è oggi principalmente concentrato in Lombardia, e, in minor grado, nel Lazio, in Toscana e nell'Emilia. Principali centri di allenamento sono Milano, Roma e - nell'inverno soprattutto - Barbaricina presso Pisa. I grandiosi campi di corse di Milano e di Roma si possono annoverare fra i maggiori e più completi che oggi esistano. La Società d'incoraggiamento per le razze equine in Italia (S.I.R.E.), con sede a Milano, si è degnamente affermata esercendo importanti ippodromi in varie città d'Italia, disponendo di un grande campo d'allenamento a Trenno e istituendo un allevamento di puro sangue nel R. Parco di Monza.

Minor fortuna ebbero in Italia le corse ad ostacoli (rette dal 1892 dalla Societa degli steeple-chases). Il principale ippodromo per queste corse ad ostacoli è quello di Milano e, dal punto di vista equestre, quello di Tor di Quinto, dove si corre il grande steeple-chase di Roma, su 4270 m., intersecati da 18 ostacoli fissi alti da 1 m. a 1,20.

Nel 1932 hanno corso in Italia 715 cavalli in piano e 289 in ostacoli. I premî distribuiti nelle corse piane ammontarono a lire 10.929.720; quelli dati in corse ad ostacoli superarono di poco 1.589.000 lire.

Paesi extraeuropei. - Le corse al galoppo si sono largamente diffuse fuori d'Europa, specialmente nelle due Americhe e in Australia. Caratteristica degl'ippodromi americani è quella delle piste in sabbia mescolata con terra, mentre quelle d'Europa sono erbose. La produzione americana, sebbene molto progredita, non è altrettanto resistente, a differenza di quella australiana.

Corse al galoppo per cavalli "di mezzo sangue". - Di assai minore entità sono le corse al galoppo per cavalli non di puro sangue inglese, o, come generalmente si dice, "di mezzo sangue", istituite in alcuni paesi per selezionare dal punto di vista qualitativo i prodotti morfologicamente migliori. Esse hanno preso un notevole sviluppo in Francia per la razza anglo-araba del sud-ovest; in Egitto e in Polonia per il cavallo arabo; in Italia dove, per iniziativa della Società del cavallo italiano, sono state fin dal 1920 istituite prove regolari per prodotti orientali in Sardegna e in Sicilia, e per prodotti non di puro sangue inglese in Toscana, in Sicilia e nel Salernitano.

Le corse al trotto nei varî paesi. - Stati Uniti d'America. - Le corse al trotto, oggi diffuse in quasi tutti i paesi del mondo, hanno un'origine piuttosto recente perché derivano da quelle iniziatesi negli Stati Uniti d'America sul principio del sec. XIX e sviluppatesi al punto da costituire per quel paese uno sport nazionale, così come il galoppo lo è per l'Inghilterra e l'Irlanda. A questo sviluppo il trottatore americano deve la sua rapida evoluzione e diffusione anche in quei paesi che già possedevano differenti e reputate razze di trottatori, come la Russia e la Francia. A differenza delle precedenti corse al trotto inglesi, che venivano disputate preferibilmente su strada e su lunghe distanze, le corse americane si svolgono quasi tutte sul miglio (1609 m.) e su piste specialmente preparate per consentire lo sviluppo delle forti velocità che infatti, dopo l'adozione del sulky a ruote munite di pneumatici, sono andate sempre abbassandosi, sicché dai 2′ e 32″ impiegati per percorrere il miglio nel 1830, si è passati nel 1859 ai 2′ e 19″, per giungere ai 2′ e 2″ nel 1926 e ad 1′56″ e 3/5 ottenuti nel 1929 dal trottatore Peter Manning.

Quasi contemporaneamente alle corse americane, incominciavano le corse al trotto anche in Europa, e in esse facevano le loro prove le buone razze di trottatori che già esistevano. Fra queste godeva di fama indiscussa la razza dei trottatori russi Orloff, robusti, ben costruiti, veloci e resistenti a un tempo. Per tutta la prima metà del secolo XIX parve anzi che l'Orloff dovesse prevalere sull'americano, al quale ancora nel 1878 si dimostrò superiore nelle corse svoltesi a Parigi. Ma da quell'anno il maggior numero di prodotti americani e l'incessante progredire dei metodi d'allevamento e d'allenamento assicurarono un vantaggio sempre maggiore ai prodotti d'oltre oceano, i quali perciò cominciarono a diffondersi in Germania, in Olanda, in Austria-Ungheria, in Italia e nella stessa Russia dove però, ricorrendo a incroci col puro sangue inglese, si erano poco prima della guerra mondiale ottenuti successi assai lusinghieri. Il trottatore americano ha finito così per prevalere in tutti i paesi d'Europa.

Germania. - In Germania, nel 1930, hanno corso più di 1300 trottatori. Ippodromi principali tedeschi sono quelli di Berlino, Amburgo, Altona, Monaco, Lipsia. Nello stesso 1930 le fattrici in razza ascendevano a circa 700, e da queste erano nati più di 450 prodotti.

Francia. - Una diffusione minore e più lenta ha avuto invece il trottatore americano in Francia, sia per la preesistenza di un trottatore francese derivato inglese, molto apprezzato per la robustezza del suo modello, sia per il genere di pista, meno adatto allo sviluppo di forti velocità, ma soprattutto per le norme che, come si è detto per il galoppo, reggono tutto lo sport francese, e in base alle quali una parte delle corse deve essere disputata da cavalli montati con forti pesi. Tuttavia, specialmente in seguito al diffondersi degl'incontri internazionali, l'americano è venuto prendendo piede anche in Francia, dove i migliori trottatori, Uranie e Amazone, hanno un record di 1′ e 21′′ sul chilometro.

Italia. - È difficile stabilire quando in Italia siano cominciate le corse al trotto, ma già prima del 1850 si era corso in parecchie città del Veneto, della Lombardia, dell'Emilia, regioni dove il trottatore ha sempre avuto le maggiori simpatie. A Udine si correva nel 1842, nel 1844 a Faenza, nel 1845 a Milano, nel 1847 a Bologna; ma soltanto nel 1885 i rappresentanti delle principali società, riuniti in Bologna, costituivano la Consociazione ippica italiana del trotto, divenuta poi Unione ippica italiana, tuttora esistente come Federazione delle società di corse al trotto. Nel 1909 veniva pubblicato il primo registro dei trottatori italiani, nel quale sono raccolte le origini e le migliori prove fornite fino a quella data da tutti i cavalli che in Italia avevano percorso il chilometro in non più di 1′ e 40′′. Il registro dei trottatori è oggi giunto al sesto volume, aggiornato a tutto il 1931. Esso contiene i nomi di tutti i cavalli trottatori, distinti a seconda dell'età, che abbiano superato determinate prove. Il settimo volume recherà i dati relativi al 1932.

Notevolissimo è lo sviluppo che il trotto ha preso in Italia, specialmente dopo la guerra. Da meno di 80.000 lire di premî distribuiti nel 1889 a 76 cavalli si è passati a circa 10 milioni di lire di premî disputati nel 1930 da 576 cavalli. Dal Derby del trotto del 1889, corso su 2000 m. da cavalli di 4 anni e vinto da Conte Rosso alla media di 1 ′ e 37″ sul km., si è passati al 1° Derby reale del trotto, dotato di 100.000 lire, corsosi nel luglio 1932 da cavalli di 3 anni, su 2.100 metri e vinto da Mario Fellows alla velocità di 1′ e 28″ sul km: Il miglior record italiano è sinora quello di 1′ e 21′′ sul km., ottenuto da Arion. Si è senza dubbio ancor lontani dal 1′ e 12″ sul km. del record del mondo; ma, indipendentemente dal fatto che i record americani, per le condizioni nelle quali sono ottenuti, si debbono valutare di qualche secondo inferiori a quelli europei, è fuor di dubbio che il trottatore italiano diviene sempre più veloce anche se il suo progresso non sia costante e uniforme, ma vi si notino invece periodi quasi di sosta accanto ad altri in cui si ha una vigorosa ascesa.

Tra questi va ricordato quello rappresentato dalle iniziative dei cospicui allevamenti fioriti intorno al 1890; fra gli allevatori primeggia il sen. Breda, che dopo aver per primo introdotto in Italia eletti riproduttori americani, e aver fatto trionfare i prodotti ottenuti sui migliori cavalli d'Europa, lasciò morendo una Fondazione Breda, destinata a conservare la razza di trottatori da lui fondata. Un altro periodo d'indubbio progresso è quello odierno, nel quale, insieme con trottatori della più alta classe, vediamo importare ottime fattrici e puledre.

Il numero delle fattrici adibite oggi alla produzione del trottatore in Italia è di circa 600, delle quali circa 30 pure. I maggiori allevamenti sono quelli dei fratelli Bandiera, Triossi, Randi, Calderoni, Bersani, Smeraldi nell'Emilia; Borasio in Lombardia; della scuderia Lazio nel Lazio.

I più numerosi campi da corsa sono nell'Emilia; i più grandi sono quelli di Milano e di Roma.

Concorsi ippici. - Parte importante dello sport ippico è rappresentata dai concorsi ippici; essi designano "quell'insieme di prove pubbliche atte a premiare e provare la qualità o il modello o il grado di addestramento dei cavalli e l'abilità dei cavalieri" (Regolamento per i concorsi ippici della Federazione nazionale sports equestri). Sorti con lo svilupparsi dell'equitazione di campagna nella seconda metà del sec. XIX, i concorsi ippici hanno potentemente contribuito al progresso dell'equitazione e a far meglio conoscere i mezzi del cavallo e la possibilità di servirsene per superare ostacoli naturali o artificiali.

Come la corsa, così anche i concorsi ippici si son venuti via via trasformando e perfezionando. Limitati dapprima a una gara su di un solo ostacolo, in seguito fatta precedere da una gara preliminare su pochi e semplici ostacoli di altezza non superiore a un metro, dopo la quale i cavalieri migliori si disputavano il premio saltando un muro o una barriera, successivamente rialzati a un'altezza che per molti anni non superò m. 1,40-1,50, videro poi svilupparsi gradatamente le gare di elevazione nelle quali, già prima del 1900, si era raggiunta l'altezza di m. 2. Il concorso internazionale di Torino del 1902, nel quale il capitano Caprilli superava i 2 metri e 8 cent. di altezza, segnava l'inizio di una trasformazione graduale dei concorsi, nei quali venne sempre più a diminuire l'importanza accordata alle gare di elevazione - appannaggio il più delle volte di vecchi cavalli mestieranti - a tutto vantaggio delle gare su percorsi di parecchie centinaia di metri, inframezzati da numerosi ostacoli di diversa natura ed entità.

Manifestazioni internazionali si vennero via via indicendo in tutti i paesi, col successo sempre maggiore dei cavalieri italiani che si affermavano specialmente nei concorsi internazionali di Londra (1908 e seguenti) in quello di San Sebastiano (1909) e in quello di Vienna (1914). La guerra interrompeva queste manifestazioni che, sebbene numerose e fiorenti, mancavano però di uniformità di criterî informativi e organizzativi e non di rado anche d'ordine e disciplina. Nel 1919 i concorsi riprendevano, indetti dapprima dalle supreme autorità militari interalleate, poi da comitati o società che agivano però senza coordinazione e senza uniformità d'indirizzo. Perciò in Italia, il 15 maggio 1920, si ricostituì la Società per il cavallo italiano da sella, sorta poco prima della guerra, con lo scopo di disciplinare le manifestazioni ippiche del cavallo di mezzo sangue e specialmente i concorsi e le prove di selezione. Enti analoghi, se anche con facoltà meno estese di quelle della Società del cavallo italiano, sorgevano in altri paesi. Poco dopo si costituì la Federazione equestre internazionale, alla quale aderirono otto nazioni, fra le quali l'Italia. Alla Società del cavallo italiano, venne nel 1927 attribuito dal Comitato olimpico nazionale italiano la qualifica di Federazione italiana degli sports equestri. Questa organizzazione ha indubbiamente giovato ai concorsi, portando a uniformare i criterî del giudizio, i quali si sono venuti via via avvicinando sempre più al regolamento della Società del cavallo italiano, che ha servito, si può dire, di base a tutti quelli degli altri paesi, e persino a quello emanato per le gare di ostacoli dei giuochi olimpici dalla Federazione equestre internazionale.

I concorsi si sono oggi diffusi in tutti i paesi d'Europa e principalmente in Germania, in Francia, in Svizzera, in Italia. Anche fuori d'Europa i concorsi incontrano favore, e specialmente negli Stati Uniti d'America.

Le più grandi prove internazionali sono oggi: in Italia il concorso di Roma, uno dei più importanti e meglio organizzati del mondo, in Francia il concorso internazionale militare di Nizza, in Germania i concorsi di Berlino e di Aquisgrana, nel Belgio quelli di Bruxelles e di Spa, in Svizzera quello di Lucerna, in Polonia quello di Varsavia, in Spagna quelli di Madrid e di San Sebastiano. Concorsi importanti, ma ispirati sinora a criterî particolari di organizzazione e di giudizio che li rendono tecnicamente inferiori agl'italiani, sono i concorsi di Londra, di Dublino, di Toronto, di New York.

Dopo quello di Roma, i principali concorsi italiani sono quelli di Napoli, Firenze, Stresa, San Remo; oltre al campionato militare del cavallo d'arme, che si svolge a Roma.

In Italia nel 1931 si sono disputati 27 concorsi ippici con un totale di L. 1.323.000 di premî, distribuiti fra 311 cavalli premiati. Fra i 14 cavalli che contano più numerose vittorie se ne trovano nove nati in Italia contro cinque importati, indice non discutibile della bontà del cavallo italiano. Nello stesso 1931 i cavalieri italiani vincevano all'estero ben 31 delle 55 gare individuali disputate, riuscendo secondi in altre 25, e guadagnando tre delle sei Coppe delle Nazioni disputate insieme con i rappresentanti di altri nove paesi stranieri.

V. tavv. LXXXIII e LXXXIV.

Bibl.: Per l'antichità: L. Friedländer, presso J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 511 segg.; A. Mommsen, Feste der Stadt Athen im Altertum, Lipsia 1898, passim; Jüthner, Dromos, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., V, ii (1905), col. 1716 segg.; M. P. Nilsson, Griechische Feste von religiöser Bedeutung mit Ausschluss der Attischen, Lipsia 1906, passim; L. Friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, II, 8ª ed., Lipsia 1910, p. 323 segg.; E. Norman Gardiner, Greek athletic Sports and Festivals, Londra 1910, pp. 251-294, 451 segg.; Bussemaker, Cursus, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiquités grecques et rom., I, ii (1918), p. 1643 segg.; Bussemaker e Saglio, Circus, ibid., p. 1187 segg.

Per l'epoca medievale e moderna: G. Levi, Origine e storia delle corse dei cavalli, Firenze 1858; A. De Antonis, Corse e barberi in Roma dal 1400 in poi, Roma 1884; D. Sbardolini, Le corse ippiche, Brescia 1894; P. V. Cabé, Historique des courses de chevaux, Pau 1900; L. Mercier, Aly ben Abderrahman ben Hodeïl el Andalusy. La parure des cavaliers et l'insigne des preux, II, Parigi 1925; id., La chasse et les sports chez les Arabes, Parigi 1928; E. Chiari, Trattato d'ippologia, Torino 1897-1901; T. A. Cook, History of the English Turf, New York 1904; A. E. Watson, The Racing World and its Inhabitants, Londra 1904; Saint-Georges (pseud.), Les courses de chevaux, Parigi 1912; H. E. Lee, Historique des courses de chevaux, Parigi 1914. Per l'Italia v. particolarmente: Annuario ufficiale delle corse di cavalli, a cura del Jockey Club italiano, Roma; Annuario ufficiale delle corse al trotto, a cura dell'Unione ippica italiana, Roma; Annuario ufficiale delle corse ad ostacoli, a cura della Società degli steeple-chases d'Italia, Roma; Annuario ufficiale delle corse e concorsi ippici, a cura della Società per il cavallo italiano, Roma; Stud Book, a cura del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, Roma; Indice dei cavalli italiani, a cura della Società per il cavallo italiano, Roma; Registro dei cavalli trottatori, a cura della Società per il cavallo italiano, Roma; Le grandi prove ippiche. Annuario internaz. di sport ippico, Milano; e le varie riviste.