IPPODAMO di Mileto

Enciclopedia Italiana (1933)

IPPODAMO di Mileto (‛Ιππόδαμος; Hippodāmus)

Giuseppe CULTRERA
Goffredo COPPOLA
Guido CALOGERO

Architetto dottrinario, oltre che professionista, noto soprattutto per le sue teorie urbanistiche. Che fosse di Mileto non era pacifico presso gli antichi; infatti alcuni lo ritenevano milesio, altri turio e altri samio. Il riferimento a Turii non può essere dipeso che da evidenti ragioni di omonimia, mentre è del tutto priva di consistenza l'ipotesi che egli abbia preso parte alla fondazione di quella città: ipotesi appoggiata a un arbitrario emendamento di un passo di Esichio, senza dubbio erroneamente trascritto. Ma se, con altra possibile correzione dello stesso testo, si ammette un'emigrazione d'Ippodamo a Samo, si spiegherebbe anche come si sia pensato a questo altro etnico. In sostanza non ci sono serî motivi per mettere in dubbio l'esattezza dell'etnico riferito da Aristotele. Per la cronologia si è generalmente tenuto conto di due dati, quali limiti estremi dell'attività dell'architetto: il tracciato del Pireo e la fondazione della città di Rodi. E siccome la fondazione di Rodi cade tra gli anni 408 e 407 a. C., se ne è dedotto che i lavori del Pireo, da distinguersi da quelli delle fortificazioni, non si potessero ritenere anteriori all'età di Pericle. Se non che la notizia che Ippodamo abbia preso parte alla fondazione di Rodi è tutt'altro che sicura. Strabone la riferisce come una voce che correva al suo tempo; e la voce può aver avuto origine dal fatto che Rodi risultava fondata secondo i canoni ippodamei; mentre la notizia dello scoliasta di Aristofane, che espressamente riferisce i lavori del Pireo al tempo delle guerre persiane, mostra tanto maggiore consistenza, in quanto è certo che le caratteristiche del sistema edilizio detto ippodameo - sia che s'intenda limitato ai tracciati stradali, sia che s'intenda esteso anche alla disposizione degli edifici in rapporto ai tracciati stessi e agli effetti scenografici che ne derivavano - risultano apparse nella Grecia propria parecchio tempo prima di Pericle, e precisamente intorno all'epoca delle guerre persiane. E poiché queste caratteristiche - alcune, in embrione, nella stessa Grecia, tutte già sviluppate nei paesi dell'Oriente - preesistevano, e di molto, all'età di Temistocle (v. città: Città greca), ne consegue che I. in realtà non ha apportato alcunché di nuovo nell'arte edilizia. Evidentemente la sua celebrità e l'intitolazione del sistema al suo nome sono da attribuirsi al fatto che egli dell'arte edilizia, oltre che un professionista, fu un teorico, le cui teorie urbanistiche sembra fossero ispirate a concetti politici e filosofici. Cosicché la qualifica di ippodameo, data al sistema edilizio che da lui prende il nome, ha un valore puramente convenzionale. E poiché le predette caratteristiche generalmente si presentano combinate tra di loro e come prodotte da un unico indirizzo artistico, e non è perciò possibile scindere, per esempio, il sistema delle planimetrie regolari dalla sistemazione a terrazze dei terreni accidentati, o dalla disposizione scenografica degli edifici, la denominazione, sempre convenzionale, di ippodameo si conviene a tutto quell'indirizzo artistico, anche se per avventura si voglia ammettere che Ippodamo si sia occupato soltanto di ordinamenti planimetrici.

Attraverso Aristotele (Politica, II, 8, 1267 b 22 segg.) noi conosciamo I. anche come uno dei precursori di Platone nell'elaborazione di teorie politiche, e anzi come il primo uomo privato che si fosse proposto il tema della miglior costituzione statale. Era già in lui l'idea di una ripartizione del territorio dello stato, che anticipava in qualche aspetto quella platonica delle classi: dal possesso privato doveva esser distinto quello sacrale, riservato al culto, e quello di dominio pubblico, destinato al mantenimento della classe militare. Anche problemi di diritto e procedura (p. es. la classificazione delle leggi penali, l'istituzione di corti d'appello al disopra dei tribunali comuni) dovettero interessarlo. Può darsi che I. fosse pitagorico, essendosi conservati presso Stobeo frammenti di due falsificazioni neopitagoriche di un'opera Περὶ πολιτείας (De republica) attribuita a un Ippodamo "pitagorico" o di "Turii".

Bibl.: Per le testimonianze antiche v. H. Diels, Die Fragmente d. Vorsokratiker, I, 4ª ed., Berlino 1922; inoltre: C. F. Hermann, Disputatio de Hippodamo Milesio ad Aristotelis Politicam II, 5, Marburgo 1841; W. Oncken, Die Staatslehre des Aristoteles, Lipsia 1870, pagine 210-18; M. Erdmann, Hippodamos von Milet und die symmetrische Städtebaukunst der Griechen, in Philologus, XLII (1883), p. 193 segg.; P. Bise, H. de Milet, in Archiv. f. Geschichte d. Philos., XXXV (1923), pp. 13-42; A. v. Gerkan, Griechische Städteanlagen: Untersuchungen zur Entwicklung des Städtebaues im Altertum, Berlino e Lipsia 1924; G. Cultrera, Architettura ippodamea; contributo alla storia dell'edilizia nell'antichità, in Mem. dell'Acc. Lincei, s. 5ª, XVII, fasc. 9°; E. Fabricius e K. Lehmann-Hartleben, Städtebau, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., s. 2ª, III, Stoccarda 1929, col. 1892 segg.; E. Fabricius, ibid. VIII, Stoccarda 1913, coll. 1731-37.