CENTURIONE, Ippolito

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)

CENTURIONE, Ippolito

Giovanni Nuti

Appartenente al ramo dei Becchignoni, nacque a Genova nel 1631 da Francesco, valoroso ammiraglio; a sette anni il suo nome venne inserito nel Liber nobilitatis della città; nel 1655 egli acquistava due navi da guerra armate con 60 pezzi d'artiglieria per fare vela in Levante a caccia di navigli turchi.

Il Casoni attribuisce al C. il comando di galee pontificie sotto Paolo V, alla quale carica avrebbe rinunciato proprio nel 1655. A parte l'evidente anacronismo, il Casoni con ogni probabilità confuse il C. con il padre Francesco che in effetti ottenne nel 1609, attraverso un assento, il comando delle galee pontificie, rinunziando alla carica nel 1620.

Durante la navigazione verso il Levante, al largo dell'isola di Calce, il C. venne assalito da ben quaranta galee e cinque maone turche.

Egli riuscì a tener testa alle preponderanti forze nemiche: nel corso del combattimento venne, però, ferito alla mano sinistra, che ordinò gli venisse amputata, mentre continuava ad esortare i suoi, sopportando senza gemiti la prova. Alla fine, riuscì ad evitare la manovra d'assalto che i Turchi si accingevano a mettere in atto. Direttosi male in arnese verso Rodi, fece poi rotta verso la Sicilia. Pervenuto al largo di Sciacca e Girgenti, avvistò 15 navi tunisine e algerine inviate verso il Levante: l'attacco ebbe fortuna e il C. riuscì a porle in fuga.

Dopo questa prima campagna navale, durata appena dieci mesi e conclusasi felicemente con la perdita di soli 9 uomini su 450 e con un bottino di 200.000 scudi, il C. entrò al servizio della Repubblica ligure; i Collegi infatti avevano chiesto il suo intervento contro i corsari barbareschi che negli anni 1656-57, approfittando della "grande peste", infestarono il golfo di Genova. La campagna del C. ebbe successo e numerose navi barbaresche furono catturate.

Nominato commissario di Sestri Levante, insieme a Giovanni Francesco Spinola, svolse un'intensa opera a favore della popolazione colpita dal morbo. In Levante, nel 1659, il C. inviò due suoi vascelli al comando di Simone Basadonne, che ne continuò degnamente le gesta. Nel 1661 il C. armò sette vascelli ed entrò al servizio spagnolo come generale di squadra, partecipando alla campagna contro il Portogallo. Licenziatosi dal servizio spagnolo nel 1669, passò al soldo di Luigi XIV che lo nominò generale di una squadra di galee in Tolone, appaltandogliene la costruzione. Dopo tre anni chiese il congedo, essendo sorti conflitti personali con gli altri generati della Corona, e ottenne dal re calde attestazioni di simpatia. Nel 1683, accingendosi la flotta francese a salpare da Tolone per bombardare Algeri, il C., che si trovava allora occasionalmente ad Aix presso l'amico card. Grimaldi, arcivescovo di quella città, accolse la richiesta di Luigi XIV di seguire come consigliere l'impresa. Deterioratisi nel frattempo i rapporti tra Genova e la Francia, il C. protestò con energia per le minacce di Luigi XIV contro la Repubblica e, rifiutato ogni incarico ed onore, abbandonò la Francia per porsi al servizio della sua città, essendone espressamente richiesto dal Senato.

Il 17 maggio 1684 al largo di Genova giunse la flotta francese comandata dal Duquesne e, fallito un tentativo di accordo, iniziò un tremendo cannoneggiamento che durò vari giorni. I soldati francesi sbarcarono sulla costa e a San Pier d'Arena si scontrarono con le milizie comandate dal C., commissario della Repubblica, vincendone la resistenza. Solo il 23 la flotta faceva vela per il ritorno a Tolone.

Giunto nel porto di Genova il marchese della Granja con i vascelli spagnoli, la Repubblica affidò al C. il comando della flotta genovese composta da dieci galee, di cui sei "di catena" e quattro "di libertà", più un certo numero di navi ausiliarie, e ordinò al C. di unirsi alle navi spagnole, uscendo con esse dal porto per impegnarsi nella guerra di corsa contro i legni francesi.

Il C., dopo aver concordato coi generali spagnoli il trattamento reciproco di eccellenza, fece vela verso il Tirreno, spingendosi poi verso la Provenza. Durante la navigazione di conserva, la flotta si imbatté in un vascello nemico che, nonostante le condizioni del mare gli fossero sfavorevoli, attese l'attacco. La flotta si dispose a mezzaluna con l'ordine di avanzare con estrema cautela, ma la manovra non riuscì, permettendo al vascello, favorito anche dal sorgere del vento, di passare a sua volta all'attacco. Il marchese della Granja ordinò la ritirata, ma a questa decisione si opposero il duca di Tursi, generale delle galee dei particolari, e il C., i quali preferirono avanzare insieme; il marchese, tuttavia, rifiutò di seguirli e i due generali, dopo avergli inviato per iscritto una intimazione in tal senso, furono obbligati a un poco decoroso ritorno a Genova. In seguito, il Consiglio di Stato di Madrid condannò il comportamento tenuto dal marchese ed elogiò il Tursi e il Centurione.

Il re cattolico ordinò poi alla sua flotta di ritornare in Spagna per difendere le coste catalane invase dai Francesi e chiese alla Repubblica di inviarvi anche la sua flotta. Il governo genovese fu costretto ad accettare e assegnò il comando di ciascuna galea a un nobile scelto tra i signori del Consiglietto. La flotta, agli ordini del C., fece vela verso Porto Mahon, compiendo durante il percorso azioni di rappresaglia contro vascelli francesi.

Nel luglio e nell'agosto le galee si unirono alla flotta spagnola a Barcellona e nelle Baleari, per passare l'inverno nelle acque di Minorca. Mancando, però, alle ciurme e alle soldatesche imbarcate come guarnigione sulle galee le provvigioni di panni per la stagione invernale, scoppiò a bordo della flotta genovese una violenta epidemia influenzale. Il C. dovette far ricorso a tutta la sua energia e alla sua competenza organizzativa e finanziaria: grazie all'aiuto spagnolo, riuscì a far ricoverare gli ammalati a Minorca, Barcellona e poi in Corsica. Solo l'anno seguente, nel marzo, tutta la flotta decimata faceva ritorno a Genova; secondo il Casoni le vittime furono 1.200, gettando nel lutto e nella disperazione l'intera città.

Stanco, il C. si ritirò a vita privata. Morì a Genova il 15 sett. 1685.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Magistrato delle Galee, serie Contente, filze 55 (1683-1684), 56 (1685); Ibid., serie Registro mensile perla Provvista da Bocca delle Galee, reg. 397 (1684), 398 (1685), 399 (1686); Catalogo XXIII del Archivo Gen. de Simancas. Papeles de Estado. Milan ySaboya, a c. di R. Magdaleno, Valladolid 1961, pp. 371, 374 s., 440; F. M. Accinelli, Compendiodelle storie di Genova dalla sua fond. sino all'a. 1750, I, Lipsia [ma Lucca] 1750, pp. 211 s., F Casoni, Annuali della Repubblica di Genova, VI,Genova 1799-1800, pp. 57 s., 224, 247-251; C. Varese, Storia della Repubblica di Genova dallesue origini..., VII,Genova 1835, p. 149; F. Casoni, Storia del bombard. di Genova nell'a. 1684, a c. di A. Neri, Genova 1877, pp. 208, 220-226; F. M. Levati, I dogi biennali di Genova dal 1528 al 1699, II, Genova 1930, pp. 157, 189; O. Pastine, La polit. di Genova nella lotta veneto-turca...,in Atti d. Soc. ligure di storia patria, LXVII (1938); pp. 56 ss.; G. Caneva, L'ultimo comandoin mare di I. C. e l'epidemia delle galee genovennel 1684-1685, in Boll. ligustico per la storia ela cultura regionale, XV(1963), 1-3, pp. 61-72; G. Guelfi Camajani, Il "Liber nobilitatis genuensis" e il Governo della Repubblica fino all'anno1797, Firenze 1965, p. 126.

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