REGGIO, Isacco Samuele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

REGGIO, Isacco Samuele

Marco Grusovin

REGGIO, Isacco Samuele (Iashar). – Nacque a Gorizia il 15 agosto 1784 da Abramo Vita e da Regina Morpurgo.

Il padre, rabbino e insegnante della comunità ebraica locale, era originario di Ferrara e, benché fervido tradizionalista e di orientamento mistico, guardava con simpatia e apertura al grande fermento culturale del mondo ebraico tedesco (Haskalàh) suscitato dall’opera filosofica ed esegetica di personalità quali Moses Mendelssohn e Naftaly Herz Wessely. Per questi motivi, procurò di educare il figlio secondo criteri di eccellenza dapprima presso la locale scuola sinagogale, sotto la guida del rabbino capo Moses Hefez (Gentilli), e poi iscrivendolo al corso ginnasiale e liceale dell’istituto pubblico goriziano, affidato dall’allora governo austriaco alla gestione dei padri piaristi.

Allo studio dell’ebraico e dei primi rudimenti biblici, le cui fatiche Reggio condivise soprattutto con l’amico Samuele Vita Lolli, affiancò dunque anche un’istruzione formale soprattutto in matematica, filosofia, latino e lingua tedesca. Tra il 1803 e il 1807, svolse l’attività di precettore privato presso una benestante famiglia ebraica a Trieste e, contemporaneamente, approfondì gli studi rabbinici sotto la guida di Izhaq Mordekay (Isacco Angelo) De Cologna, fratello dell’ancor più celebre Abramo Vita, che aveva partecipato al Gran Sinedrio riunito da Napoleone. A Trieste strinse amicizia con Samuel David Luzzatto, che divenne in seguito uno dei più importanti studiosi e intellettuali ebrei italiani, e che rimase un interlocutore privilegiato ed esigente per tutto il resto della sua vita.

Tornato a Gorizia nel 1809 per sposare Rachel Levi, figlia di un facoltoso commerciante locale, nel periodo dell’occupazione francese della città, fra il 1810 e il 1813, Reggio fu invitato dal generale Auguste Marmont a ricoprire la cattedra di professore di umanità e di cancelliere presso il liceo goriziano, distinguendosi per equanimità e abnegazione. In quel periodo scrisse un’opera pedagogica introduttiva intitolata Piccola enciclopedia per uso de’ giovinetti che hanno finito lo studio della grammatica (Gorizia 1812), la quale rivela la preoccupazione per un corretto metodo di studio e un progressivo sviluppo razionale del sapere in evidente omaggio ai dettami dell’enciclopedia francese. Con il ritorno di Gorizia all’Austria, però, Reggio venne allontanato dall’incarico pubblico e si dedicò a studi esegetici e filosofici. Il primo frutto di questo notevole impegno è da ravvisare in una nuova traduzione italiana completa di commento ebraico del Pentateuco: La Legge di Dio ossia il Pentateuco (Vienna 1821) che uscì in cinque volumi preceduti da un trattato in ebraico sulla rivelazione divina: Ma’amar Torah min ha-Shamayim (Vienna 1818).

Le testimonianze sulla genesi di queste opere lasciano intendere che inizialmente Reggio volesse semplicemente tradurre in italiano l’analoga opera eseguita in tedesco da Moses Mendelssohn ritagliandosi il ruolo di mediatore e divulgatore, ma che poi invece trovasse l’energia e la confidenza necessarie per far emergere anche una propria originalità ravvisabile appunto nell’erudito commento. Questa sintesi fra rigorizzazione dell’approccio allo studio del testo sacro e valorizzazione della tradizione rabbinica espresse sia in italiano sia in ebraico in modo chiaro e comprensibile e con un’indubbia modernità, resero Reggio immediatamente celebre e ammirato in Italia e all’estero.

Su questa problematica della modernizzazione degli studi ebraici, e in particolare rabbinici, egli offrì poi un notevole contributo provvedendo a pubblicare anonimamente un appello affinché le comunità ebraiche italiane del Regno Lombardo-Veneto creassero, secondo gli auspici delle autorità viennesi, un nuovo istituto di formazione per i rabbini sul modello delle facoltà universitarie o dei seminari teologici: Riflessioni d’un israelita sulla nomina dei futuri rabbini in tutti gli stati ereditarj della Monarchia austriaca (Venezia 1822). L’istituto venne poi effettivamente realizzato a Padova nel 1829 e può ben essere considerato non solo il precursore storico dell’attuale Collegio rabbinico di Roma, ma anche uno dei primi istituti di formazione rabbinica in senso moderno d’Europa. A molteplici difficoltà e sospetti, avanzati da settori più tradizionalisti e conservatori, Reggio rispose mostrando come anche gli studi esegetici e giuridico-rabbinici avrebbero potuto essere affrontati con metodo e razionalità intesi in senso moderno, come cioè fosse non soltanto auspicabile ma necessaria una rigorizzazione in senso scientifico degli studi religiosi senza per questo abbandonare la ricchezza della tradizione.

Specificamente dedicato a questa problematica è il volume Torah e filosofia (Vienna 1827) in cui l’erudizione, l’argomentazione piana e l’equilibrio delle posizioni espresse, convergono nell’istituzione di un modello di studi e ricerche che si affacciava allora in tutta l’Europa ebraica erudita come scienza del giudaismo (Wissenschaft des Judentums).

A Reggio fu più volte insistentemente offerta una cattedra presso il nuovo istituto padovano, ma egli sempre si sottrasse a questa incombenza giustificandosi con gli impegni familiari e gli interessi che lo legavano alla sua città natale e suggerì, al proprio posto, il nome dell’amico Samuel David Luzzatto, il quale, insieme all’altro docente poi designato, Lelio Della Torre, procurò al collegio rabbinico padovano fama e ammirazione.

Immerso nei propri studi, Reggio venne contattato da molti studiosi italiani e stranieri e invitato a contribuire, con articoli scientifici e divulgativi, alle prime riviste di studi ebraici che nel rinnovamento dell’uso della lingua biblica classica e degli studi rabbinici cercavano di recuperare e disegnare una nuova dignità moderna per il giudaismo europeo. Tra gli anni Trenta e Cinquanta dell’Ottocento scrisse e pubblicò su vari giornali decine di saggi, articoli e lettere dedicati al chiarimento di passi biblici, questioni di linguistica semitica, valorizzazione di fonti semisconosciute o inedite, biografie di importanti rabbini del passato e commenti giuridici o filosofici: Iggherot Iashar, I (Vienna 1834), II (Vienna 1836); Mazkeret Iosher (Vienna 1849); Yalkut Iashar (Gorizia 1854). Infine, su invito di interlocutori viennesi, divenne curatore della sezione letteraria dell’importante rivista Bikkuré ha-‘Ittim he-chadashim (Le nuove primizie) e fondò, per proprio conto a Gorizia, una delle prime riviste ebraiche italiane, la Strenna Israelitica, di cui riuscì a pubblicare solo quattro annate (1852-1855).

Tra gli interessi più vivi di Reggio emerge, dalle varie pubblicazioni, uno specifico interesse per la filosofia della religione, intesa in questo caso come una libera indagine razionale sui contenuti teoretici e i modi di espressione storici della religione ebraica. Reggio sembra qui rivendicare, con il Kant della Religione entro i limiti della sola ragione, la libertà e la liceità di questa ricerca, anche di fronte alle stesse autorità rabbiniche. Per questi motivi, egli è stato talvolta giudicato severamente e con sospetto dalle autorità rabbiniche più tradizionaliste che certo non vedevano di buon occhio tale liberalità di idee. A illustrare bene questa posizione concorrono due opere, entrambe edite da Reggio con proprio commento e note illustrative: la Bechinat ha-dat (La disamina della religione) del filosofo cretese Elia Del Medigo, maestro di Pico della Mirandola (Vienna 1833), e due trattati, apparentemente contraddittori, Qol sakhal (La voce dello stolto) e Sha’agat Ariè (Il ruggito del leone), attribuiti però da Reggio a un unico autore, il rabbino veneziano Leon Modena, e pubblicati sotto il titolo unitario di Bechinat ha-qabbalah (La disamina della tradizione; Gorizia 1852).

Nel primo lavoro Reggio sostenne con l’autore l’esigenza fondamentale, non per il semplice credente ma per il teologo, ossia per l’uomo religioso istruito, di un’indagine razionale della religione, la sua essenza e i motivi dei precetti biblici, e ciò sia per motivi critici di ricerca della verità, sia apologetici, ossia per poter sostenere con cognizione di causa le proprie posizioni di fronte a un eventuale oppositore. Reggio accolse qui le specifiche critiche dell’autore ad alcune correnti della tradizione mistica ebraica e tuttavia sorvolò invece sugli intenti polemici dello scritto nei confronti del cristianesimo, tanto che per non incorrere in eventuali censure, egli stesso si premurò di pubblicare un testo evidentemente mutilo rispetto all’originale. Nel secondo caso, attribuì a Leon Modena una posizione molto critica nei confronti della tradizione scritta e orale dell’ebraismo sostenendo però che, per occultare la verità, egli avrebbe poi scritto anche una blanda e incompleta confutazione.

Tratti di indubbia originalità mostrano anche i suoi lavori specificamente esegetici, in particolare l’edizione poetica in italiano del libro di Isaia (Udine 1831) nella cui prefazione sostenne, fondandosi sull’autorità del commentatore medievale Abram Ibn Ezra, la diversa attribuzione della seconda parte dell’opera a un autore vissuto dopo l’esilio babilonese (il cosiddetto Deutero-Isaia) in linea con la critica biblica protestante dei suoi tempi, e l’introduzione al libro di Ester, Mafteah el-meghillat Ester (Vienna 1841), nella quale cercò di collocare più precisamente da un punto di vista storico la vicenda narrata dal libro all’epoca dell’imperatore persiano Dario I.

Alla morte del padre, nel 1842, Reggio accettò di svolgere gratuitamente l’ufficio di rabbino maggiore della comunità ebraica di Gorizia, incarico che egli ricoprì per quasi dieci anni e che gli permise di dedicarsi completamente allo studio e all’insegnamento di cui rimane a testimonianza la Guida per l’istruzione della gioventù israelitica (Gorizia 1853) pubblicata in seguito anche in inglese, e soprattutto l’edizione dell’imponente commento alla Genesi di Naftaly Her Wessely (Gorizia 1855). Fra i suoi giovani studenti dell’ultimo periodo si ricorda in particolare il linguista Graziadio Isaia Ascoli, per le nozze del quale Reggio scrisse un componimento poetico e che sempre serbò affetto nei suoi confronti. Infine Reggio fu padre di dieci figli e bisnonno del filosofo Carlo Michelstaedter che però non conobbe. Si spense a Gorizia il 29 agosto 1855 colpito dall’epidemia di colera e sepolto nel cimitero ebraico di Valdirose attualmente in Slovenia, presso Gorizia.

Fonti e Bibl.: A. Geiger, Isaac Samuel Reggio, in Deutscher Volks-Kalender un Jahrbuch Insbesondere zum Gebrauch fur Israeliten, Brieg 1854, pp. 128-132; E. Lolli, Alla veneranda memoria di I.S. R., Gorizia 1855; J. Furst, Reggio Isaac Samuel, in Bibliotheca Judaica, II, 3, Hildesheim 1960, pp. 139-142; G. Tamani, I.S. R. e l’illuminismo ebraico, in Gli ebrei a Gorizia e a Trieste tra Ancién Régime ed emancipazione, a cura di P.C. Ioly Zorattini, Udine 1984, pp. 29-40; S.G. Cusin, Filiazione patrilineare, legami di sangue, alleanze e affinità tra illuminismo e tradizione nell’inedito Ilan Ha-Jachash di I.S. R., ibid., pp. 71-89; D. Malkiel, New light on the career of Isaac Samuel Reggio, in The jews of Italy: memory and identity, a cura di B.D. Cooperman - B. Garvin, Bethesda 2000, pp. 276-303; F. Israel, Graziadio Isaia Ascoli: gli studi ebraici in Italia e il suo rapporto con I.S. R., in Materia giudaica, XV-XVI (2010-2011), pp. 229-249; G. Tamani, I.S. R. e A. Geiger editori di due opere di Leon Modena in difesa della legge orale, ibid., pp. 251-257.

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