JACOPO da Fivizzano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

JACOPO da Fivizzano

Serena Veneziani

Nacque a Fivizzano, in Lunigiana, nella prima metà del XV secolo.

La supposizione che fosse conte palatino e appartenesse a una nobile famiglia locale ebbe origine da un'avventata interpretazione da parte di studiosi di storia locale della sottoscrizione della sua edizione degli Opera di Virgilio (Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia [IGI], 10183): "Jacobus existens primus: Baptista sacerdos atque Alexander comites in amore benigni qui Fivizani vivunt", dove la parola "comites" venne intesa nel senso di conti piuttosto che in quello, corretto, di compagni, soci.

Se fu indiscutibilmente J. a introdurre la stampa nella nativa Fivizzano nel 1472, tale attività non fu che un intermezzo nel corso di una carriera che si svolse essenzialmente a Venezia dove aveva certamente appreso la professione di tipografo, molto probabilmente nell'officina di Clemente da Padova che, secondo tradizione, aveva reinventato la tecnica della stampa ricostruendola dall'osservazione delle prime realizzazioni dei tipografi tedeschi. Certo è che il carattere che J. impiegò all'inizio della sua attività fu proprio quello che aveva usato Clemente nell'unica edizione che sottoscrisse (De medicinalis universalibus del medico arabo conosciuto nel Quattrocento come Iohannes Mesue).

Solo due edizioni contengono il nome di J. e il luogo di stampa, Fivizzano, ma possono sussistere scarsi dubbi sul fatto che le altre tre opere, stampate con lo stesso carattere su carta recante la medesima filigrana del drago, debbano essere attribuite alla sua tipografia: la sua attività ebbe inizio con la stampa dei già ricordati Opera di Virgilio sottoscritti con il prete Battista e con un certo Alessandro, entrambi originari o almeno abitanti a Fivizzano, ma il loro nome non appare in nessun'altra edizione stampata da J., nemmeno in quella delle opere di Cicerone De officiis, Paradoxa stoicorum, Laelius, Cato maior sottoscritta nello stesso 1472, senza il nome di J. né il luogo di stampa (IGI, 2891), probabile ristampa dell'edizione romana del 1469 di Sweynheim e Pannartz. Due altre edizioni, pur datate, non recano né sottoscrizione di tipografo né luogo di stampa: la Vita della Vergine di Antonio Cornazzano, del 1473 (IGI, 3204), e gli Opera di Sallustio dell'anno seguente (IGI, 8531) che sembra concludere l'attività di J. a Fivizzano; a queste si deve aggiungere un Giovenale senza data (IGI, 5567), ma sottoscritto, e con l'affermazione di J., contenuta nel colophon in versi, di essere tornato in Lunigiana "iampridem", che ci permette di porre questa edizione tra le più tarde della sua produzione.

Il fatto che il successo non sembra aver arriso all'iniziativa imprenditoriale di J., che si concluse fin troppo rapidamente, deve essere imputato alla scarsa lungimiranza di scelte editoriali che avevano messo in crisi aziende senz'altro più solide e meglio organizzate della sua, che si trovavano ad agire inoltre su mercati più remunerativi e disponibili di quanto non potesse apparire quello di Fivizzano nei confronti di una merce - il libro - che, proprio a motivo della nuova tecnica di fabbricazione, vi era immessa in ingente quantità. La produzione infatti della tipografia di Fivizzano, o almeno quella che ci è rimasta, consiste per la quasi totalità in opere di classici latini, in linea con quella di quasi tutte le tipografie attive in Italia negli anni Ottanta del Quattrocento, e fu proprio questa linea editoriale che nel corso degli anni provocò una crisi produttiva che, a causa di un mercato inadatto ad assorbire tale genere di produzione, costrinse la maggior parte di queste tipografie a chiudere o a cambiare l'indirizzo editoriale: J. se ne tornò a Venezia, un mercato librario certo più prospero e disponibile di quanto non fosse la natia Lunigiana.

La seconda parte dell'attività di J., che non appare né più prospera né più duratura della precedente, iniziò nel 1476 e si concluse nell'anno seguente; neanche la nuova linea editoriale sembra differire di molto da quella che probabilmente aveva portato la sua azienda a una frettolosa chiusura: un'editoria di stampo umanistico con una certa presenza di opere grammaticali che erano mancate nella produzione di Fivizzano. Fra l'altro l'attività veneziana di J. non sembra svolgersi in maniera autonoma ed egli appare piuttosto come un dipendente che come il titolare della nuova azienda; la sua tipografia infatti era ospitata nella casa di Marco de' Conti, come lui stesso ci comunica nella sottoscrizione del De officiis di Cicerone (IGI, 2897), riedizione della raccolta già pubblicata a Fivizzano. Ed è lo stesso Marco de' Conti, con il socio Gerardo da Alessandria ("Impressum […] per Marcum de Comitibus Venetum: nec non Gerardum Alexandrinum Collegas") a sottoscrivere nel 1476 i Rudimenta grammatices di Niccolò Perotti (IGI, 7441) che è con ogni evidenza la prima edizione pubblicata da J. a Venezia, ancorché il suo nome non appaia nel colophon. L'opuscolo è infatti stampato con il nuovo carattere romano che J. utilizzò nelle edizioni veneziane sottoscritte, e d'altra parte non è agevole determinare le competenze produttive di coloro che appaiono nella sottoscrizione di un libro stampato nel Quattrocento. Marco de' Conti e Gerardo da Alessandria sottoscrissero da soli anche gli Opera di Prisciano, stampati sempre nel 1476 (IGI, 8050) e con lo stesso carattere, e il nome di J. appare finalmente, con quello di Marco de' Conti, nel già citato De officiis del 1477; dello stesso anno sono un'edizione delle Epistolae ad familiares di Cicerone (IGI, 2825) sottoscritte dal solo J., e un'opera poco conforme alla sua abituale produzione: la prima edizione del Liber physiognomiae di Michele Scoto (IGI, 6417) datata, ma senza nome di tipografo o editore. Con la pubblicazione del De fine oratoris di Matteo Colacci (IGI, 4049), non datato né sottoscritto, si conclude la modesta attività tipografica di J. con una produzione complessiva residua di solo undici edizioni, per lo più di genere classico-umanistico.

J. utilizzò per la stampa solo due serie di caratteri, entrambi romani, fatto che era pressoché inevitabile, considerato il genere della sua produzione; a Fivizzano utilizzò il carattere di 106 mm per venti righe di stampa, di aspetto alquanto inusuale, impiegato in precedenza a Venezia da Clemente da Padova; nelle edizioni prodotte nella sua tipografia veneziana appare un carattere diverso e leggermente più grande, 112 mm per venti righe, molto vicino nell'aspetto al primo romano di Nicolas Jenson, che con ogni evidenza aveva influenzato immediatamente il disegno di tutti i caratteri usati nelle tipografie veneziane. Il materiale tipografico di J. nello stesso 1477, al cessare della sua attività, si trova, con minime variazioni, nelle mani del tipografo Andrea Paltasichi.

Non si hanno notizie di J. dopo il 1477; sono ignote la data e il luogo di morte.

Fonti e Bibl.: M. Boni, Monumenti della tipografia genovese nel secolo XV, in Id., Lettere sui primi libri a stampa di alcune città e terre dell'Italia superiore, Venezia 1794, pp. 32-34; E. Gerini, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica e moderna Lunigiana, Massa 1829, II, pp. 99 s.; L.J. Bononi, J. da F. stampatore (1471). Quinto centenario dell'introduzione della stampa in Fivizzano, Bornato 1971; Id., J. da F., stampatore del XV secolo, in Studi lunigianesi, II (1972), pp. 35-48; P. Veneziani, Fivizzano, in Lexicon des gesamten Buchwesens, II, Stuttgart 1989, p. 602; L.J. Bononi, Libri e destini. La cultura del libro in Lunigiana nel secondo millennio, Lucca 2001; Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, VII, pp. L, LI, 955.

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