JACOPO del Sellaio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

JACOPO del Sellaio

Cristelle Baskins

Nacque a Firenze intorno al 1441 da Arcangelo di Jacopo e monna Gemma.

Ricordato da Vasari tra gli allievi di Filippo Lippi, deriva il suo soprannome, Sellaio, dal mestiere del padre, che produceva e vendeva selle ed era un membro attivo della Confraternite di S. Maria del Carmine e di quella di S. Frediano, dove trovò contatti professionali e opportunità per i suoi affari. J. viveva con la sua numerosa famiglia nel rione del Dragone Verde, fuori piazza del Carmine, un quartiere di artigiani e commercianti.

Come il padre, anche J. entrò a far parte di varie confraternite locali, all'interno delle quali ricoprì numerose cariche; inoltre, nel 1469 divenne membro della Società dei Flagellanti di S. Paolo. Dal 1472 J. entrò a far parte della Compagnia di S. Luca, e successivamente entrò in società con un pittore più anziano, Filippo di Giuliano; i due pittori lavoravano "tra pellicciai", vale a dire in via Pellicceria (Horne). Nel 1480 i due soci aprirono una bottega, che avevano affittato dagli Strozzi, nei pressi di S. Miniato fra le Torri; dal 1490 si unì a loro un altro pittore, Zanobi di Giovanni (Pons, 1991). Ma i rapporti di lavoro di J. furono più complessi; nel corso della sua carriera collaborò anche con Biagio di Antonio, Zanobi di Domenico, Sandro Botticelli, Bartolomeo di Giovanni, e con il suo stesso figlio Arcangelo, avuto dalla moglie Francesca intorno al 1477 e morto nel 1530.

Nell'ambito della vasta produzione di dipinti di J. che comprende pale d'altare monumentali, piccole pitture devozionali e dipinti legati al microcosmo domestico, come tondi, cassoni e spalliere (Berenson, 1963), solo sette sono le opere documentate. Nonostante i tentativi di ricostruire il corpus delle opere giovanili compiute negli anni Sessanta del Quattrocento (Padoa Rizzo), il primo dipinto di cui si ha notizia è un Cristo coronato di spine realizzato per la Confraternita di S. Paolo tra il 1469 circa e il 1472 (Pons, 1996).

Sebbene il quadro non sia stato identificato tra le opere ancora esistenti di J., sopravvivono molte varianti della composizione. La figura a mezzo busto del Cristo con strumenti di tortura doveva avere senza dubbio lo scopo di invitare al rigore i flagellanti, confratelli di S. Paolo. Il modo di rendere la figura, e l'espressione del viso del Cristo sofferente rivelano la crescente influenza del suo contemporaneo Botticelli.

Le ricevute di pagamento registrate a partire dal 1472 dimostrano che J., Zanobi di Domenico e Biagio di Antonio stavano lavorando insieme a una coppia di cassoni decorati completi di spalliere, commissionata in occasione delle nozze di Lorenzo di Matteo Morelli e donna Vaggia di Tanai Nerli.

Lo sposo spese circa 64 fiorini per tutta l'opera (Lydecker, Barriault). I cassoni si trovano a Londra, presso la Courtauld Institute Gallery. Sui pannelli frontali sono raffigurati soggetti tratti dalla storia di Roma antica: Camillo che sconfigge i Galli e il Maestro di Faleri; piccole scene sulle spalliere raffigurano l'eroismo di Orazio Coclite e di Muzio Scevola. Sui pannelli laterali sono raffigurate le virtù cardinali: Prudenza, Fortezza, Giustizia e Temperanza.

L'anno seguente, nel 1473, J. e Filippo di Giuliano lavorarono alla cappella Nenti in S. Lucia dei Magnoli. I committenti, Agnolo Nicodemo e Simone Nenti, pagarono per due pannelli raffiguranti l'Arcangelo Gabriele e la Vergine Annunciata (in situ) da affiancare a un ritratto di S. Lucia (circa 1340) attribuito a Pietro Lorenzetti. Inoltre J. venne pagato dal rettore della chiesa per "rinfrescare et lavare" il pannello di Lorenzetti; mentre Filippo fu pagato per decorare un piccolo crocefisso (Giglioli).

Dopo un incendio avvenuto nel 1471 nella chiesa di S. Spirito, molte cappelle furono restaurate e poi riconsacrate nel 1484 (Markowsky, Gregori). Il paliotto della cappella Benci che mostra s. Lorenzo in piedi davanti alla graticola fiancheggiato da due angeli, datato in questo periodo, è attribuito a Jacopo. Un fedele e un mendicante sono inginocchiati ai lati del santo. Come osserva Markowsky, la composizione ricorda le spalliere Morelli-Nerli.

Nel 1483 J. collaborò con Botticelli e Bartolomeo di Giovanni alla decorazione dei pannelli della spalliera con La storia di Nastagio degli Onesti (Madrid, Prado e collezione privata) per le nozze di Giannozzo Pucci e Lucrezia Bini (Barriault).

Lo stesso anno, J. iniziò a ricevere pagamenti per una pala d'altare raffigurante la Pietà con i ss. Frediano e Gerolamo (già Berlino, Kaiser-Friedrich Museum, distrutta nel 1945); si tratta di uno dei due dipinti della chiesa di S. Frediano citati da Vasari.

J. era membro della Confraternita nota come le Brucciate, che aveva commissionato l'opera (Baskins, 1989). I pagamenti per la pala d'altare andarono avanti fino al 1487, ma il conto non venne saldato che parecchio tempo dopo la morte di Jacopo. Nel 1506 venne chiesto al figlio Arcangelo di completare l'opera commissionata a J.; ma solo nel 1517 Giuliano Bugiardini e Ridolfo Bigordi (del Ghirlandaio) determinarono il saldo finale per la pala d'altare. Un piccolo frammento della predella, con S. Girolamo inginocchiato in preghiera (Firenze, Museo Horne), risale probabilmente ai tempi dell'intervento di Arcangelo al progetto.

Nel 1486 Lorenzo del Passera stanziò 100 fiorini per la costruzione di una cappella, un sepolcro e una pala d'altare in S. Frediano, la Crocifissione con s. Lorenzo e santi (in situ); si tratta del secondo dipinto citato da Vasari in questa chiesa. Un frammento della predella (Arezzo, Museo statale di arte medievale e moderna) mostra S. Lorenzo che riceve i beni della chiesa e li distribuisce ai poveri (Pons, 1990). Nel 1490 era stata completata solo la pala d'altare e alla vedova di Lorenzo spettò di dar seguito alle disposizioni testamentarie del marito.

Mentre era impegnato nell'opera commissionata dal Passera, J. si accordò anche con la Confraternita di S. Maria Assunta e S. Sebastiano, nota come Poponcino, per la realizzazione di una pala d'altare per la chiesa di S. Maria del Carmine. Il dipinto, che rappresentava l'Assunta, s. Sebastiano e altri santi, è il terzo citato da Vasari; due frammenti della composizione sono stati identificati tramite fotografie, ma l'attuale collocazione è sconosciuta (Pons, 1990).

Oltre a queste opere documentate, J. e i suoi soci produssero dozzine di dipinti devozionali, raffiguranti il Cristo, la Vergine con il Bambino, la Pietà e S. Gerolamo.

Una caratteristica, comune sia alle pitture sacre sia a quelle profane, è l'inserimento di scenette narrative sul verso delle composizioni. Per esempio, in un non documentato Trono della Misericordia con santi e donatori (Tokyo, Museo nazionale d'arte occidentale), le scene sul retro includono Mosè, Abramo e Isacco, Giovanni Battista, Gerolamo, Agostino e Francesco (Heydenreich). Benché le composizioni di J. siano state spesso criticate per la presenza di scene tanto marginali e aneddotiche, va sottolineato che esse richiamano di fatto elementi del monumentale ciclo degli affreschi quattrocenteschi della cappella Sistina in Vaticano, e le opere del Ghirlandaio (Domenico Bigordi), di Botticelli, di Cosimo Rosselli e del Perugino (Pietro Vannucci). E, seppure lo stile di J. è stato spesso considerato eccessivamente dipendente da quello di Filippo Lippi, di Botticelli e del Ghirlandaio, la ripresa di volti e di tipi fisici è evidentemente il risultato di brevi, ma intensi, rapporti di lavoro, oltre che di flessibili legami tra botteghe ben avviate (Pons, 1991). I volti severi e le figure estatiche nei dipinti a carattere religioso di J. non solo richiamano le opere pietistiche di Botticelli, ma vanno messe in relazione con lo stesso milieu culturale e con l'influenza di Girolamo Savonarola nella vita politica e spirituale di Firenze.

Nei suoi numerosi cassoni e nelle spalliere dipinti per ambienti domestici, J. si servì sia della narrazione simultanea sia dell'inserimento di piccole scene, allo scopo di ritrarre storie complesse basate sul Vecchio Testamento, sulla storia antica, sulla mitologia e sulla poesia. Questi dipinti, com'era consuetudine, spesso ritraggono in situazioni particolarmente drammatiche donne e uomini famosi, che vengono presentati come modelli esemplari a cui riferirsi. Fanno parte di questo tipo di produzione di J., tra gli altri, Cupido e Psiche (Boston, Museum of fine arts; Cambridge, Fitzwilliam Museum; Riggisberg [Cantone di Berna], Abegg-Stiftung); Orfeo e Euridice (Kiev, Museo statale d'arte occidentale e orientale; Rotterdam, Boymans - Van Beuningen Museum); Storia di Esther (Firenze, Uffizi; Parigi, Louvre; Budapest, Museo nazionale ungherese); Giuditta e Oloferne (Dayton, OH, Art Institute); la Riconciliazione dei Romani con i Sabini (Filadelfia, Museum of art); Tarquinio e Tanaquilla (Cleveland, Museum of art); Storia di Lucrezia (Dublino, National Gallery of Ireland); Bruto e Porzia (San Francisco, M.H. de Young Museum).

J. morì a Firenze il 12 nov. 1493.

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