MAZZEI, Jacopo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAZZEI, Jacopo

Domenico Da Empoli

– Nacque a Firenze, il 17 giugno 1892, da Carlo e da Marianna Tommasi, in una famiglia di antico patriziato fiorentino. Perse il padre all’età di otto anni e fu educato dalla madre, fervente religiosa. Nel 1911 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pisa. Sospese gli studi quando fu chiamato alle armi per partecipare alla prima guerra mondiale; nel giugno 1917, dopo un anno di prigionia, fu congedato come invalido.

Ripreso l’iter di studi universitari si laureò, sempre a Pisa, in economia politica con G. Toniolo nel dicembre 1917.

Le sue prime opere ebbero soprattutto carattere storico, con una notevole apertura alle questioni di politica economica internazionale che avrebbero contraddistinto tutta la sua successiva attività scientifica. Il primo saggio impegnativo fu Della politica doganale degli Stati Uniti con speciale riguardo all’Italia (Firenze 1919), nel quale si esamina l’evoluzione della politica doganale statunitense, mettendola in relazione con il mutare delle condizioni economiche del Paese. Pubblicò, quindi, La giustizia internazionale e il trasformarsi economico e demografico delle nazioni (s.l. 1920), nonché una serie di articoli riuniti nel volume Le crisi economiche e finanziarie della Francia nel secolo XIX (s.l. 1920). Negli anni immediatamente successivi, l’opera più significativa fu Politica economica internazionale inglese prima di Adamo Smith (Milano 1924).

Il volume affronta organicamente le vicende della politica economica internazionale dell’Inghilterra, analizzandone i mutamenti nel tempo, con il progressivo sviluppo del suo impero coloniale, dagli anni della scoperta dell’America e della rivalità con la Spagna alla Rivoluzione americana. In questo quadro, il M. evidenzia come, con il venire meno della fiducia nelle regole mercantiliste, la politica inglese, protezionista in una prima fase, abbia progressivamente dato vita a un regime di complementarità intercontinentale e transoceanica fra madre patria e colonie. Tale relazione di complementarità, che prima della Rivoluzione americana si basava sulla forza militare, dimostrò la sua vitalità anche dopo la conclusione del rapporto coatto con le colonie, quando, sostituendosi la libertà degli scambi alle rigide regole mercantiliste, apparve evidente che mantenerla era nell’interesse delle ex colonie.

Dal 1921 al 1924 il M. fu docente di politica economica internazionale presso l’Università cattolica di Milano, con la quale continuò a mantenere intensi rapporti anche quando non vi insegnò più.

Qualche anno dopo, su richiesta di padre A. Gemelli, avrebbe indirizzato agli studi di storia economica A. Fanfani, che era rimasto particolarmente colpito dal volume del M. sulla politica economica inglese.

Nel 1927, secondo nella terna del concorso di politica economica presso l’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Catania, il M. fu chiamato a ricoprire la cattedra di politica economica (dal 1936 denominata di politica economica e finanziaria) dell’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Firenze, del quale fu rettore dal 1934 al 1936, divenendo, quindi, preside (1936-43) della nuova facoltà di economia e commercio e prorettore dell’Università fiorentina (1937-44).

Gli studi del periodo successivo al conseguimento della cattedra proseguirono con un costante interesse per la politica economica internazionale.

Si ricordano in particolare: La politica doganale differenziale e la clausola della nazione più favorita (Firenze 1930), I progetti di unione doganale europea e l’Italia (ibid. 1930), e alcuni scritti su etica ed economia, come i Principii etici ed economia, in Il XL anniversario dell’enciclica «Rerum Novarum», Milano 1931, pp. 305-375, saggio diretto a conciliare i principî della teoria economica con quelli della dottrina sociale della Chiesa. Il M., senza negare la validità della prima, ammoniva circa la necessità di operare in concreto sulla base di «superiori ideali extra-economici».

Il lavoro più significativo di questi anni, in quanto sintesi degli studi precedenti ma anche espressione di una evoluzione del suo pensiero, è Schema di una storia della politica economica internazionale nel pensiero dei secoli XVII, XVIII e XIX (Torino 1936).

In esso il M. procede a una rivalutazione del mercantilismo, mettendo poi in particolare evidenza come la politica commerciale degli Stati nel periodo successivo alla guerra mondiale e negli anni Trenta si fosse di molto avvicinata, «pur non dimenticando le divergenze» (p. 736), agli indirizzi mercantilisti; in questo modo, come del resto in altri lavori dello stesso periodo, il M. – che si era iscritto al Partito nazionale fascista nel 1934 – mostrava un progressivo avvicinamento alle teorie autarchiche.

Accanto agli studi di carattere prevalentemente storico, a partire dalla metà degli anni Trenta, il M., che già si era occupato di problemi economici e monetari italiani, cominciò a interessarsi con maggior frequenza alla realtà economica legata agli avvenimenti politici correnti, con particolare riferimento alle vicende che videro protagonista l’Italia in occasione della guerra d’Etiopia (La politica economica di danneggiamento, Firenze 1936, Il problema degli spazi vitali, Bologna 1937).

Il M. metteva in evidenza in questi suoi lavori come l’esperimento sanzionista (sanzioni applicate contro l’Italia, 1935) avesse comportato una vera e propria innovazione nella politica economica internazionale, in quanto il ricorso alle sanzioni aveva come obiettivo non il benessere del Paese che utilizzava questo strumento, ma consisteva nello «studiare la tecnica per fare il massimo male agli altri facendo il minimo male a se stessi». Esaminando una situazione economica internazionale nella quale gli imperi coloniali, come l’Inghilterra, controllavano numerosi paesi ufficialmente indipendenti, il M. traeva la conclusione che «il mondo che era nel secolo scorso soltanto ipotecato o conquistato politicamente è adesso chiuso economicamente e demograficamente», con la conseguenza che «non è più possibile una espansione economica che non sia, contemporaneamente, espansione territoriale politica».

Negli anni successivi il M. si dedicò con impegno crescente alle tematiche dell’autarchia, approfondendo le implicazioni della teoria ricardiana dei costi comparati; infine, in una serie di saggi della fine degli anni Trenta, propose addirittura un ribaltamento dei risultati a favore del libero scambio cui era giunto Davide Ricardo (Deduzioni dalla teoria dei costi comparati a favore dell’autarchia, in Riv. ital. di scienze economiche, XI [1939], pp. 251-297; Autarchia e teoria dei costi comparati, Milano 1939).

Per raggiungere una conclusione favorevole all’autarchia, il M. modifica l’ipotesi iniziale di Ricardo, secondo cui due Paesi che inizialmente non hanno rapporti di scambio trovano conveniente scambiare le loro merci in base al loro vantaggio comparato. Il M., invertendo l’ipotesi, assumeva invece che Paesi inizialmente in rapporti di scambio possano trovare vantaggioso il passaggio a un regime autarchico. Le tesi del M. suscitarono un dibattito in cui intervennero G. Borgatta (Appunti sui problemi dell’autarchia, in Riv. ital. di scienze economiche, XI [1939], pp. 1082-1103) il quale osservò che le conclusioni del M. non dipendevano dalla sua inversione dell’ipotesi ricardiana, ma dal fatto che sino ad allora gli economisti si erano soffermati sulle condizioni terminali dell’equilibrio successivo allo scambio, trascurando le fasi intermedie, che invece il M. aveva preso in considerazione, e successivamente A. da Empoli (Studi sulla teoria del commercio internazionale, ibid., XIV [1942], pp. 773-800, 891-911, 962-1007), sostenendo che la metodologia del M., il quale considerava le fasi intermedie tra quella iniziale e quella finale, avrebbe potuto condurre a risultati analoghi a quelli da lui prospettati, anche senza l’inversione dell’originaria ipotesi ricardiana.

Durante la guerra il M. si rifugiò nella sua residenza di campagna di Fonterutoli, nel Chianti, dove scrisse un saggio dal titolo significativo: Finisce un’epoca?, in Studi in onore di Niccolò Rodolico, Firenze 1944, pp. 205-241. Al termine del conflitto fu sottoposto a giudizio di epurazione che si concluse in data 27 sett. 1945 con la sanzione della censura che tuttavia, per successiva disposizione ministeriale, non fu applicata. Ripreso l’insegnamento, il M. pubblicò le lezioni di Politica economica (Firenze 1946).

Nel volume, a un’introduzione di carattere generale, seguiva una parte monografica dedicata al «problema sociale nei suoi nessi con l’etica, nella sua sostanza economica e nei suoi limiti internazionali»; nell’ultimo capitolo di questa parte, dedicato ai «limiti internazionali all’impostarsi e allo svolgersi del problema sociale», il M. si concentrava sulla tematica dei costi comparati, riproponendo ancora una volta una soluzione di stampo autarchico.

Il M. morì a Firenze il 17 nov. 1947.

Fonti e Bibl.: Nel castello di famiglia di Fonterutoli, presso Castellina in Chianti, è conservato l’Archivio Mazzei. Vedi anche Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direz. gen. per l’istruzione superiore, Div. prima, f. personale. In Studi in memoria di J. M., Milano 1960, si veda in partic.: Note biobibliografiche, pp. 9-15; una raccolta di scritti di J. Mazzei, Etica, economia e politica economica, a cura di P. Roggi, Firenze 2008, contiene un saggio introduttivo di G. Michelagnoli (pp. 5-19). Vedi ancora: V. Travaglini, J. M. (1892-1947). In memoriam, in Economia internazionale, I (1948), pp. 1113 s.; A. Fanfani, J. M.: 1892-1947, in Riv. internazionale di scienze sociali, XIV (1948), pp. 251-256; D. Demarco, J. M., storico dell’economia (1892-1947), in Studi economici e aziendali, II (1949), pp. 487-492; A. Giorgetti, Ricordo di J. M., in Riv. di politica economica, XII (1958), pp. 141-148.

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