Panahi, Jafar

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Panahi pà-⟩, Jafar. – Regista iraniano (n. Mianeh 1960). Autore di corto e mediometraggi per la televisione iraniana, è stato assistente del regista A. Kiārostamī. Tra le voci più interessanti e originali del nuovo cinema iraniano, ha puntato lo sguardo sul mondo dell'infanzia e sulla condizione femminile del suo Paese con toni ora drammatici ora lievi, attraverso un sapiente gioco di intreccio tra cinema-verità e finzione. Un’accesa sensibilità ai temi di critica sociale ha avvicinato P. a posizioni di dissidenza contro il regime iraniano, motivando nel marzo 2010 il suo arresto, che ha suscitato una dura condanna da parte della comunità internazionale. Della sua produzione occorre segnalare: Badkonak-e sefid (Il palloncino bianco, 1995; Caméra d’or a Cannes); Ayneh (Lo specchio, 1997; Pardo d'oro al Festival di Locarno); Dayereh (Il cerchio, 2000; Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia); Talaye sorkh (Oro rosso, 2003); Offside (2006; Gran Premio della giuria al Festival di Berlino); il documentario autobiografico In film nist (2010; This is not a film, 2011), spietata denuncia della condizione di perseguitato politico del regista, che non ha potuto presiedere alla presentazione della pellicola alla 68° edizione della Mostra del cinema di Venezia perché condannato nel dicembre del 2010 a sei anni di carcere e a venti anni di divieto di esercitare la professione e di viaggiare all'estero. Nel 2013 ha girato, in semiclandestinità e in collaborazione con K. Partovi, la pellicola Parde, presentata in concorso al Festival di Berlino dello stesso anno sotto il titolo di Closed curtain e vincitrice dell'Orso d'argento per la migliore sceneggiatura; del 2015 la regia del filmTaxi, intenso ritratto di una Teheran animata dalla semplice e ineludibile verità del quotidiano, vincitore dell'Orso d'oro al Festival di Berlino dello stesso anno, e del 2018 Three faces, insignito del premio per la migliore sceneggiatura alla 71a edizione del Festival di Cannes. Tra i suoi lavori più recenti si segnalano il documentario Celles qui chantent (2020), il corto Life (2021) e il film Khers nist (Gli orsi non esistono, 2022), che gli è valso il Gran premio della giuria alla 79a Mostra del cinema di Venezia, assegnatogli mentre il regista era in carcere, nuovamente arrestato e condannato a una pena di sei anni per avere protestato contro la detenzione del regista dissidente M. Rasoulof, e scarcerato nel febbraio 2023.

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