JEAN de Valois, Duca di Berry

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1996)

JEAN de Valois, Duca di Berry

M. Di Fronzo

Terzogenito del re di Francia Giovanni II il Buono (v.) e di Bona di Lussemburgo e Boemia, nacque nella residenza reale di Vincennes il 30 novembre 1340 e morì all'Hôtel de Nesle a Parigi il 15 giugno 1416.Fratello di Carlo di Valois, futuro Carlo V (v.), di Filippo l'Ardito (v.), duca di Borgogna, e di Luigi d'Angiò, J. ricevette la stessa raffinata educazione dei fratelli. Prima del settembre 1356 ottenne in appannaggio dal re suo padre la contea del Poitou.

Durante la battaglia di Poitiers (19 settembre 1356) comandò una delle ali dell'esercito francese e quando, in seguito alla sconfitta, il re venne fatto prigioniero dagli Inglesi, J. divenne luogotenente generale delle province al di là della Loira (Linguadoca, Alvernia, Périgord; Lehoux, 1966-1968, I, p. 108) per conto di suo fratello il delfino Carlo, divenuto reggente del regno. Conte di Poitiers fino al trattato di Brétigny (1360), J. dovette rinunciare al titolo quando il Poitou venne ceduto agli Inglesi. Per compensarlo della perdita il re suo padre gli offrì in appannaggio l'Alvernia e il Berry, eretti a ducati, ma poco dopo, ancora in conseguenza del trattato di Brétigny, venne condotto in Inghilterra, dove rimase per sei anni (1360-1366) come ostaggio in cambio della liberazione del padre.

Nel 1360 sposò Giovanna, figlia di Giovanni I, conte di Armagnac. Tornato in Francia, egli giocò un ruolo di secondo piano durante il regno del fratello Carlo V, il quale tuttavia cedette a J. nuovamente il Poitou da poco ripreso agli Inglesi (1369). Alla morte del re (1380) J. partecipò, insieme ai fratelli, alla reggenza per il re Carlo VI, allora appena dodicenne. Benché attivo nel governo del paese, egli fu tuttavia assai meno presente sulla scena politica del fratello Filippo, il quale divenne il vero reggente di Francia.

Quando nel 1388 Carlo VI assunse il comando del regno, uno dei primi mandati del giovane re fu la repressione della politica di J. in Linguadoca e la sua destituzione dal governo di quella provincia, a causa delle sommosse per le eccessive esazioni in denaro. Morta nel 1388 Giovanna di Armagnac, J. sposò nel 1389 la dodicenne Giovanna di Boulogne. Dal 1392, anno in cui iniziò a manifestarsi la malattia mentale del re Carlo VI, J. e Filippo ripresero il potere, contendendolo a un nuovo pretendente, Luigi d'Orléans, fratello del re, il quale, appoggiato dal ducato milanese dei Visconti, dal 1400 fu a capo di una forte fazione anti-borgognona, detta armagnacca.

Nel 1407 l'assassinio di Luigi d'Orléans a opera del duca di Borgogna Giovanni senza Paura, successore di Filippo l'Ardito dal 1404, portò la Francia sull'orlo della guerra civile. J., che era passato agli armagnacchi, divenne il principale bersaglio della fazione borgognona; nel 1411 venne saccheggiato l'Hôtel de Nesle e fu data alle fiamme la sua residenza di Bicêtre, alle porte di Parigi (od. Le Kremlin-Bicêtre), che comprendeva una delle più importanti collezioni di pittura di tutta Europa. J. preferì dunque risiedere a Bourges, ma, dopo la caduta di questa città a opera di Giovanni senza Paura e in seguito alla disfatta francese ad Azincourt (1415), si stabilì definitivamente a Parigi, all'Hôtel de Nesle, dove morì. Il suo cuore fu sepolto a Saint-Denis, le viscere nella chiesa parigina di Saint-André-des-Arcs, mentre il corpo venne custodito per un certo tempo nel monastero dei Grands Augustins di Parigi e fu poi traslato nella Sainte-Chapelle di Bourges, che il duca aveva scelto come luogo della propria sepoltura.

Colto e raffinato, J. intraprese parecchie iniziative artistiche. A Bourges, durante gli anni settanta del sec. 14°, fece costruire la propria residenza, trasformando il vecchio palazzo reale. L'architetto fu Guy de Dammartin, entrato al suo servizio tra il 1367 e il 1372 e restatovi fino alla morte, avvenuta nel 1398 (Lehoux, 1966-1968, I, p. 370). A differenza dei castelli concentrati intorno a una corte centrale, a Bourges si compì un passo avanti nella storia delle costruzioni palaziali poiché gli edifici si allineano sulla cresta di una scarpata (Mesqui, 1991-1993, II, p. 44). Si assistette inoltre alla ripresa di una tendenza comune all'architettura palaziale del sec. 14°: l'esteriorizzazione della scalinata, secondo l'esempio dello scalone elicoidale del Louvre di Carlo V. Questa scalinata esterna, abbondantemente decorata, si affermò come immagine di prestigio e stile; nel caso di Bourges si assistette anzi alla moltiplicazione delle scalinate in vista, non più legate indissolubilmente alla funzione d'accesso alla Grande sala, ma divenute elementi architettonici autonomi, che collegavano, a scendere e a salire, i giardini e le varie sale pubbliche e private. Il palazzo di Bourges rappresenta dunque un esempio compiuto di residenza distribuée (Mesqui, 1991-1993, II, p. 168), organizzato tanto verticalmente quanto orizzontalmente attraverso luoghi di circolazione serviti da scale più o meno in vista e gallerie. La grande scalinata principale conduceva a una galleria voltata, aperta all'esterno, zona di distribuzione tra la Sainte-Chapelle, la Grande sala, della quale sopravvivono i resti, e la torre del tesoro.Altre residenze favorite di J. in area parigina furono l'Hôtel de Nesle, che egli aveva ricevuto nel 1381 da Carlo VI, e il castello di Bicêtre, da lui acquistato e riadattato. Quando i Borgognoni vi appiccarono il fuoco nel 1411, i cronisti dell'epoca rimpiansero la perdita della preziosa serie dei ritratti di figure storiche, imperatori e re di Francia. Bicêtre aveva caratteri architettonici comuni alle residenze dopo il 1350, ovvero la giustapposizione di una Grande sala e di una torre-residenza, come ad Avignone.

Il duca annoverò tra i suoi possessi anche i castelli di Dourdan e di Etampes, non lontani da Parigi. Il primo, sul fiume Orge, è visibile nella miniatura del mese di Aprile delle Très Riches Heures di J. (Chantilly, Mus. Condé, 1284, c. 4v; Meiss, 1967, II, fig. 420); il secondo, di cui è ancora esistente il grande mastio, è raffigurato nel mese di Agosto dello stesso codice (c. 8v; Meiss, 1967, II, fig. 422). Del castello costruito a Riom (dip. Puy-de-Dôme) non resta che la Sainte-Chapelle, le cui vetrate risalgono peraltro al tardo 15° secolo.Dal 1382 J. intraprese la grandiosa ricostruzione del palazzo di Poitiers: nella Grande sala primitiva, di stile plantageneto (Mesqui, 1991-1993, II, p. 82), costruita da Eleonora di Aquitania intorno al 1200, venne abbattuto il muro meridionale. Al suo posto venne costruito il famoso mur-pignon con alte finestre e le monumentali cheminées. In alto J. volle collocare un gruppo di sculture comprendenti la sua effigie e quelle della seconda consorte Giovanna di Boulogne, del re Carlo VI e della regina Isabella di Baviera. La Grande sala, relativamente ben conservata (corrispondente alla Sala des Pasperdus nel Palais des ducs; Meiss, 1967, II, figg. 429, 431-432), e le sculture, ancora esistenti, testimoniano la grandiosità del palazzo, che divenne il centro amministrativo del Poitou. Ancora in relazione al palazzo di Poitiers, spetta a J. la ricostruzione della torre Maubergeon a opera di Jean Guérard, attivo dal 1384 al servizio del duca sotto la direzione di Guy de Dammartin, "maître general des oeuvres du duc" (Erlande-Brandenburg, 1980, p. 151); le antiche torri poligonali che la fiancheggiavano furono trasformate in torri rotonde e la scala diritta che conduceva alla torre Maubergeon fu rimpiazzata da due scale a chiocciola. Vennero inoltre costruiti appartamenti e camere a uso privato e di rappresentanza tra la torre e la Grande sala.Nella regione di Bourges il duca fece ricostruire a partire dal 1367 il castello di Mehun-sur-Yèvre (dip. Cher). I lavori erano molto avanzati nel 1385 e all'inizio degli anni novanta il complesso venne arricchito con sculture e dipinti (Meiss, 1967, II, fig. 419). Secondo il cronista Jean Froissart a Mehunsur-Yèvre avrebbe operato in modo assolutamente innovativo André Beauneveu (v.), ymagier del duca nel 1386 (Champeaux, Gauchery, 1894, p. 5; Pradel, 1960, pp. 6-11; ErlandeBrandenburg, 1980, pp. 177-178), tanto che Filippo l'Ardito, che in quegli anni promuoveva il rinnovamento della certosa di Champmol presso Digione, mandò nel 1392 due suoi artisti a Mehun-sur-Yèvre, e l'anno seguente vi inviò il pittore Jean de Beaumetz (v.) e lo scultore Claus Sluter (v.; Bober, 1953, p. 742; Scher, 1968, p. 3; Erlande-Brandenburg, 1980, p. 177). Del castello non resta oggi che parte della torre settentrionale (Meiss, 1967, II, fig. 425), mentre delle sculture si conserva soltanto la splendida testa d'apostolo già nella cappella castrale (Parigi, Louvre), genericamente attribuita ad André Beauneveu ma che oggi si preferisce assegnare piuttosto allo scultore Jean de Roupy, detto di Cambrai (Troescher, 1940; Aubert, 1942; Erlande-Brandenburg, 1980, p. 179).J. scelse il fratello di Guy de Dammartin, Drouet - che aveva lavorato alla ricostruzione del Louvre di Carlo V e che fu poi al servizio del duca di Borgogna -, per la costruzione di quella che in un primo tempo aveva destinato a propria cappella, tuttora esistente, annessa alla cattedrale di Bourges. In questa cappella (Erlande-Brandenburg, 1980, p. 145) il duca aveva pensato di collocare il proprio monumento funebre. A Jacques Collet probabilmente è da attribuire un cospicuo complesso scultoreo pertinente al primitivo progetto della tomba, risalente all'epoca del primo matrimonio del duca, comprendente la statua d'alabastro del gruppo scultoreo di Notre-Dame-la-Blanche (Bourges, cattedrale, cappella maggiore; Erlande-Brandenburg, 1980, fig. 1) e le due statue inginocchiate con le effigi di J. e di Giovanna di Armagnac, oggi nella cripta della cattedrale. In seguito il duca decise di costruire una cappella annessa al proprio palazzo di Bourges (il 17 agosto 1392 ottenne il permesso da Clemente VII), ispirandosi nel progetto alla Sainte-Chapelle di Parigi, come già aveva fatto suo fratello Carlo V per la Sainte-Chapelle di Vincennes. Influenzato dalla coeva esperienza di Filippo l'Ardito - che in quegli anni decise di farsi seppellire nella certosa di Champmol - anche J. scelse definitivamente la Sainte-Chapelle del palazzo di Bourges come luogo della propria sepoltura. I lavori terminarono il 19 aprile 1405, e questa data esclude André Beauneveu, morto prima del 1402, quale autore della decorazione interna (Erlande-Brandenburg, 1980, p. 157). L'edificio, danneggiato in due diverse occasioni nel 1693 e nel 1756, venne demolito nel 1757 e gli arredi superstiti furono trasportati nella cattedrale, come pure le vetrate dipinte. La tomba fu costruita da Jean de Cambrai - un artista che ebbe una carriera parallela a quella di André Beauneveu - che lasciò però la tomba incompleta, nel 1416, a causa della morte del duca. A Jean de Cambrai è da attribuire l'esecuzione del giacente (Bourges, cattedrale, cripta), del celebre rilievo con il Sonno degli apostoli (Bourges, Mus. du Berry), e di cinque pleurants (Bourges, Coll. Denys Cochin; San Pietroburgo, Ermitage; Erlande-Brandenburg, 1980, figg. 5-11). Le due statue inginocchiate del duca e della seconda consorte Giovanna di Boulogne che dal 1757 si trovano davanti all'altare maggiore della cattedrale di Bourges, ai lati di Notre-Dame-la-Blanche, nonostante abbiano subìto notevoli rifacimenti sono pure da ascrivere all'arredo della Sainte-Chapelle di palazzo e sono attribuibili anch'esse a Jean de Cambrai (Verdier, 1968, p. 103; Erlande-Brandenburg, 1980, p. 167). Quasi sicuramente provenienti dal complesso scultoreo della Sainte-Chapelle sono tre teste di apostoli a grandezza naturale (Bourges, Hôtel Jacques Coeur), autentici capolavori, nonostante le mutilazioni subìte. Alla decorazione esterna della Sainte-Chapelle appartengono forse le cinque piccole statue di profeti e la testa frammentaria di un sesto (Bourges, Mus. du Berry; Erlande-Brandenburg, 1980, figg. 24-28), che Scher (1971, p. 18) ascrive ad André Beauneveu, in base alle analogie del Prophète au tablier con l'Ezechiele del Salterio di J. (Parigi, BN, fr. 13091), mentre Pradel (1953, p. 58) ed Erlande-Brandenburg (1980, p. 172) pensano piuttosto, con convincenti motivazioni stilistiche, a Jean de Cambrai. Questo stesso scultore, "che ignora l'arte di Sluter [...] cercando effetti di sottigliezza psicologica" (Erlande-Brandenburg, 1980, p. 186), è autore anche di una Vergine con il Bambino nella chiesa di Marcoussis (dip. Essonne), dono di J. a Jean de Montagu, gran ciambellano di Carlo VI.Del complesso di vetrate della Sainte-Chapelle di Bourges non resta che l'equivalente frammentario di cinque finestre reimpiegate nella cripta della cattedrale, con figure di apostoli e profeti, parte di un programma iconografico con la concordanza del Vecchio e del Nuovo Testamento (Meiss, 1967, II, figg. 597-599; Les fastes du Gothique, 1981, nrr. 332-333). Per la cattedrale di Bourges il duca aveva commissionato anche il grand housteau, la grande vetrata inserita in facciata.Appassionato cultore di libri, J. si occupò sempre personalmente dell'accrescimento della propria biblioteca e soltanto negli ultimi anni della sua vita, stretto da incombenze politiche, assunse come bibliotecario, dal 1415, Pietro da Verona, maestro di teologia ma anche produttore e divulgatore di manoscritti: tale scelta testimonia una predilezione per la cultura italiana.Il duca possedeva una ricchissima biblioteca, composta da ca. trecento manoscritti. Tra i manoscritti che esemplificavano lo stile miniatorio dell'epoca erano in suo possesso la celebre Bibbia di Jean de Sy (Parigi, BN, fr. 15397), capolavoro dello stile aux boqueteaux, e la Bible historiale di Carlo V (Aia, Rijksmus. Meermanno-Westreenianum, 10 B 23), con la famosa miniatura di Jean de Bondol (c. 2r). Sebbene altri principi continuassero a favorire lo stile miniatorio parigino allora imperante, il duca ruppe risolutamente con questa tradizione, assistito nelle sue scelte da André Beauneveu e dall'anonimo Maestro del Paramento di Narbona (Meiss, 1967, I, p. 298). Il suo interesse e quello della sua cerchia si focalizzarono sempre più sul nuovo stile sviluppatosi intorno al 1400 soprattutto a opera dei pittori fiamminghi e boemi.Le Petites Heures di J. (Parigi, BN, lat. 18014) esemplificano al meglio il passaggio da uno stile tradizionale all'elaborazione di un nuovo linguaggio. Jean le Noir (v.), al servizio di J. dal 1372, è l'autore delle miniature del ciclo della Passione, di inquadramento ancora pucelliano, ma dal superbo temperamento drammatico, mentre altri miniatori appartenenti a una nuova generazione, Jacquemart de Hesdin (v.) e lo pseudo-Jacquemart, dal 1385 ripresero la decorazione, lasciata interrotta da Jean le Noir, mostrando un interesse nuovo per le novità italiane in materia di spazialità e naturalismo, come nell'Adorazione dei Magi (c. 42v) e nel S. Giovanni Battista davanti a Erode (c. 211r). Un altro maestro, chiamato da Meiss (Les fastes du Gothique, 1981, pp. 343-344) Maestro della Trinità per la miniatura di c. 183r, va associato a Jacquemart per ragioni stilistiche. La grande miniatura dell'Annunciazione (c. 22r) mostra il passaggio dei due stili: Jean le Noir dipinse le figure dell'arcangelo e della Vergine, mentre le parti architettoniche e il resto della pagina si devono a Jacquemart de Hesdin (Sterling, 1987, p. 124).Il Salterio di J. (Parigi, BN, fr. 13091), eseguito intorno al 1386, rappresenta un'opera unica nella carriera di André Beauneveu. L'artista eseguì le ventiquattro miniature iniziali a grisaille con profeti contrapposti ad apostoli nel ben noto tema iconografico della Concordanza del Vecchio con il Nuovo Testamento. André Beauneveu mostra una nuova concezione dello spazio e della prospettiva e una monumentalità plastica nella resa della figura umana. Il resto del salterio vede l'opera di un'équipe di collaboratori tra i quali è stato riconosciuto Jacquemart de Hesdin, autore della miniatura del Folle (c. 106r) insieme allo pseudo-Jacquemart (Meiss, 1967, I, pp. 151-155; Les fastes du Gothique, 1981, pp. 341-342).

Le Très Belles Heures de Notre-Dame di J. mostrano un caso analogo a quello delle Petites Heures, poiché furono oggetto di diverse fasi di decorazione. Del manoscritto oggi si conserva una parte a Parigi (BN, nouv.acq.lat. 3093; quattro fogli erratici sono al Louvre, Cab. Des., inv. R.F. 2022-2024) e una parte (Heures de Milan) a Torino (Mus. Civ. d'Arte Antica), dove fu trasferita da Milano per compensare Torino della perdita di un altro frammento dello stesso manoscritto, distrutto nel 1904 (Heures de Turin, già Bibl. Naz., K.IV.29). La parte conservata a Parigi comportava in origine trentuno miniature a piena pagina, delle quali se ne conservano oggi soltanto venticinque, dovute per la maggior parte al celebre Maestro del Paramento di Narbona (Meiss, 1967, II, figg. 6-28; Les fastes du Gothique, 1981, pp. 339-341; Sterling, 1987, pp. 228-244). La mano di questo miniatore e pittore si riconosce nelle otto grandi miniature delle Ore della Vergine, in quelle dell'Ufficio dei morti e delle Orazioni della Passione (pp. 104-255) e nelle prime quattro delle Ore della Croce. Questa prima campagna di illustrazioni risale agli anni intorno al 1380 e venne interrotta per motivi ignoti: la decorazione fu poi ripresa intorno al 1405-1406, quando il codice venne registrato per la prima volta nell'inventario di J., a opera di due altri maestri, il Maestro del Battesimo di Cristo (p. 162), artista di area fiamminga o renana, del quale non si conoscono altre opere, e il Maestro delle Ore dello Spirito Santo, chiamato da Meiss (1967, I) Holy Ghost Master, che presenta punti di contatto con lo stile di Jacquemart de Hesdin. Le due miniature finali del manoscritto vennero eseguite dai fratelli Limbourg e costituiscono un'aggiunta del 1412, al più tardi. Sterling (1987, p. 238) pensa che siano dovute al Maestro del Paramento di Narbona, oltre al disegno generale dell'opera, le due miniature dell'Incoronazione della Vergine (p. 76) e del Cristo in pietà (p. 155), mentre spetterebbe a un artista fiammingo il completamento del codice, in uno stile marcato dall'appassionato soffermarsi su particolari familiari di intimo realismo.Delle miniature a piena pagina delle Grandes Heures di J. (Parigi, BN, lat. 919) sopravvive solo la Salita al Calvario (Parigi, Louvre), riconosciuta da Pächt (1956) opera di Jacquemart de Hesdin. Il resto del codice non presenta oggi che ventotto piccole miniature ripartite nei tre uffici principali, in gran parte eseguite dallo pseudo-Jacquemart, in collaborazione con altri due maestri emergenti, il Maestro di Boucicaut (Discesa agli inferi, c. 84r; S. Gregorio, c. 100r) e il Maestro del duca di Bedford (S. Pietro accoglie gli eletti, c. 97r).Ancora a Jacquemart si deve la decorazione delle Très Belles Heures di J. (Bruxelles, Bibl. Royale, 11060-11061), realizzata nel 1402, che mostra evidenti influssi della pittura italiana e in particolar modo di quella senese (Meiss, 1967, II, figg. 179-215).Ai tre fratelli Limbourg J. commissionò la decorazione di due splendidi quanto famosi manoscritti: le Belles Heures (New York, Metropolitan Mus., The Cloisters, Acc. 54.1.1) e le Très Riches Heures (Chantilly, Mus. Condé, 1284). Paul Limbourg lavorava per il duca dal 1408, alla decorazione del castello di Bicêtre (The Très Riches Heures, 1969, p. 18), e dal 1410, insieme ai suoi fratelli Herman e Jean, si era stabilito definitivamente al servizio del duca. L'esecuzione consecutiva dei due codici, il primo tra il 1409 e il 1412, il secondo tra il 1413 e il 1416, rivela in J. il desiderio di un sempre più sontuoso libro d'ore, un manoscritto magnifico che superasse per lusso e decorazione tutti i precedenti. I due libri d'ore rivelano uno stile simile e un identico trattamento della figura nuda, ma esiste una sostanziale evoluzione dalle Belles Heures alle Très Riches Heures nel trattamento dei paesaggi e delle architetture, che rivelano l'arte consumata di un artista novatore, sottile conoscitore delle coeve esperienze italiane. Nei paesaggi delle Très Riches Heures vennero riprodotti i castelli amati da J.: Lusignan, Dourdan, il Louvre di Parigi, Mehun-sur-Yèvre e altri, dipinti con realistica precisione. L'uso di prospettive diverse, ottenute grazie a differenti punti d'osservazione, rende uniche queste miniature, capolavori pittorici dello stile internazionale. I fratelli Limbourg eseguirono solo una parte del codice, lasciando l'opera incompleta per la morte del duca nel 1416; il codice venne terminato in seguito da Jean Colombe per il nuovo possessore, il duca Carlo I di Savoia.Raffinato collezionista di preziose oreficerie e di svariate tavole dipinte, il duca ordinò nel 1411 a Guillaume de Ruilly, garde des joiaux, di redigere un inventario generale dei suoi beni. A costui successe Robinet d'Estampes, che completò la redazione dell'inventario, descrivendo accuratamente i singoli pezzi. Tra i pochi oggetti sopravvissuti delle collezioni di J. si ricordano la coppa di s. Agnese (Londra, British Mus.; Les fastes du Gothique, 1981, pp. 263-265) e il reliquiario della Spina (Londra, British Mus.), eseguito intorno al 1400, capolavoro di oreficeria, scultura e smalto. Tra gli oggetti pertinenti all'arredo della Sainte-Chapelle di Bourges figurava una croce con cammei (Meiss, 1967, I, p. 53); alcuni cammei, conservati a Parigi (Louvre), sono stati riconosciuti come pertinenti a essa (Meiss, 1967, II, figg. 456, 458-459, 461). La sardonica con Cristo in trono coronato da due angeli (Parigi, Louvre) sembra risalire al sec. 13° ed è forse di fattura italiana (Wentzel, 1957, p. 52; Meiss, 1967, I, p. 53). Un altro cammeo sembra invece essere stato prodotto quale copia dall'Antico, testimoniando il virtuosismo tecnico degli artisti di J. (Parigi, Louvre; Meiss, 1967, II, fig. 460).Di rara bellezza sono due coppie di medaglie raffiguranti Costantino ed Eraclio (Parigi, Louvre), anch'esse rielaborazioni all'antica, prodotte presumibilmente a Parigi, considerate una delle fonti delle medaglie di Pisanello (Meiss, 1967, II, figg. 462-465). Del ciclo di arazzi denominato dei Neuf Preux restano solo i due raffiguranti Giulio Cesare e re Artù (New York, Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters; Meiss, 1967, II, figg. 445-446; Cavallo, 1993). Altri arazzi posseduti dal duca raffiguravano motivi di caccia, il tema petrarchesco della Fama, Storie del Gran Khan e dell'eroe contemporaneo Bertrand du Guesclin, oppure soggetti naturalistici.J. possedeva anche parecchie tavole d'altare denominate nell'inventario come ouvrage de Florance e diversi dipinti su tavola. Di questi ne è stato riconosciuto uno, la tavola con la Crocifissione (Bruxelles, Mus. Royaux d'Art et d'Histoire), datata alla fine del sec. 14°, il cui autore (Meiss, 1967, I, p. 61) si sarebbe ispirato alla Crocifissione duccesca di New York (Historical Society), anche se le figure mostrano maggiori affinità con il Maestro della Passione autore di una Crocifissione nelle Petites Heures di J. (c. 89v). All'ambito, se non alla committenza del duca, Sterling (1987, pp. 251, 305) attribuisce altri due dipinti su tavola prodotti a Parigi intorno al 1400: una Deposizione (Parigi, Louvre) e una Lamentazione su Cristo morto (Bruxelles, Mus. Royaux des Beaux-Arts de Belgique). Alcune tavole prodotte per il duca vennero dipinte a grisaille, tecnica eccezionale per la pittura su tavola prima del Maestro di Flemalle o di Jan van Eyck, a dimostrazione del gusto per la sperimentazione tecnica alla corte del duca.

Bibliografia:

Fonti. - J. Chaumeau, Histoire de Berry, Lyon 1566; G. Thaumas de la Thaumassière, Histoire de Berry, Bourges 1689.Ed. in facsimile. - The Très Riches Heures of Jean, Duke of Berry, a cura di J. Longnon, R. Cazelles, M. Meiss, New York 1969.

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