BENTHAM, Jeremy

Enciclopedia Italiana (1930)

BENTHAM, Jeremy

Ugo Spirito

Filosofo, giurista ed economista inglese, nato a Londra il 15 febbraio 1748 e morto il 6 giugno 1832. Fu fanciullo d'ingegno precocissimo, tanto che a tre anni leggeva correntemente e a sette era in grado di esprimer giudizî sul Télémaque di Fénelon, che aveva letto nel testo francese. Dopo aver studiato nel Collegio di Westminster, il 28 giugno 1760 entrò nel Queen's College di Oxford: nel 1763 era bachelor of arts, e master of arts nel 1766, a soli 18 anni. Seguendo l'esempio del nonno e del padre volle iniziare la professione dell'avvocato, ma dopo le prime cause l'abbandonò definitivamente, disgustato dell'incertezza delle leggi e degli abusi della procedura. Ma la breve esperienza valse a rafforzare in lui la passione per gli studî giuridici e il bisogno di procedere a una sistemazione scientifica dei principî della legislazione: nel 1776 pubblicò A Fragment on Government, in cui si oppose decisamente alle teorie del suo maestro Blackstone e delineò la sua concezione filosofica e politica, ponendo l'origine e il fine del diritto nel principio utilitaristico. Il Fragment, attribuito dapprima a varî autori del tempo, gli diede occasione di conoscere il primo ministro lord Shelburne, che gli fu amico e guida fino alla morte. Dopo aver imparato il tedesco, l'italiano, lo spagnolo, il russo e il cinese, dal 1785 al 1787 fece un lungo giro in Europa, fermandosi in Francia, in Italia, a Costantinopoli e poi in Russia, dove era il fratello Samuel, architetto e ingegnere navale al servizio di Caterina II. Visse in Russia quasi due anni, e là scrisse la Defence of Usury, la cui tesi, ardita e perentoria, sollevò molte discussioni. Ritornato in Inghilterra, dopo aver visitato la Polonia, la Germania e l'Olanda, pubblicò nel 1789 la Introduction to the principles of Morals and Legislation (già stampata nel 1780), che aveva meditato per quindici anni e in cui espose nel modo più sistematico le sue dottrine fondamentali. A Londra conobbe Étienne Dumont di Ginevra, esiliato politico e uno dei direttori del Courrier de Provence, che per molti anni fu poi assiduo collaboratore del B., fino al punto da redigerne egli stesso le opere sulla traccia di appunti fornitigli da lui.

Il B., che era entrato in relazione con Morellet e D'Alembert, seguì con molto entusiasmo la Rivoluzione francese, alla quale volle dare il suo contributo con varî scritti, tra cui quattro lettere al Courrier de Provence, fondato dal Mirabeau. Come segno di riconoscimento l'Assemblea legislativa il 23 agosto 1792, su proposta di Brissot, lo acclamava cittadino francese.

Intanto l'interesse per i problemi relativi ai sistemi penitenziarî andava assumendo nel B. una tale importanza da rasentare i limiti di una vera fissazione. Aveva escogitato un tipo di prigione modello, battezzato Panopticon, in cui ogni parte fosse costruita in modo da risultare visibile a una persona posta al centro dell'edificio. Scrisse moltissimo su questo argomento e nel 1792 riuscì a far discutere il suo progetto in parlamento. Nel 1794 la legge fu approvata e già si stava ponendo mano alla costruzione del carcere, allorché sopravvenne il divieto dì Giorgio III. Al B. fu concessa una cospicua retribuzione, ma nondimeno egli rimase inolto amareggiato e deluso.

Nel 1808 conobbe James Mill che divenne il suo migliore scolaro. Fondata nel 1823 la Westminster Review, a spese del Bentham, il Mill e suo figlio John ne divennero i più notevoli collaboratori, e le idee del filosofo inglese poterono essere diffuse in un più largo pubblico.

Per quanto il B. sia considerato uno dei più importanti teorici dell'utilitarismo, le sue dottrine non hanno certo una grande originalità. Prima ch'egli scrivesse il Fragment, le idee da lui sostenute erano già di dominio comune ed erano state introdotte nello stesso campo degli studî più tecnicamente giuridici da Cesare Beccaria, al quale il B. confessa lealmente di essersi ispirato. Criticata come fantastica l'ipotesi di un patto originario, il B. vede il principio informatore del diritto, come della vita umana in generale, nella ricerca della felicità, che socialmente corrisponde al maggior utile possibile del più gran numero di individui. Egli volle estendere questo principio dal campo del diritto penale, al quale lo aveva circoscritto il Beccaria, a tutti gl'istituti politici e giuridici, i quali sono legittimi o illegittimi a seconda dei risultati della loro esperienza.

Una critica molto energica il B. rivolse alla legislazione inglese che appariva ai suoi occhi come una massa caotica di disposizioni non conciliabili sistematicamente. A tal fine egli sostenne vigorosamente la necessia d'un ordinamento formale oltreché sostanziale delle leggi e fu il più importante teorico della codificazione moderna (la parola codification fu coniata da lui).

Nella Introduction to the principles of Morals and Legislation il principio di utilità è illustrato nei suoi particolari, dando spesso luogo a una casistica artificiosa e ad una graduazione arbitraria dei piaceri e dei motivi delle azioni umane.

Le opere principali del B., oltre quelle già citate, sono il Traité de la lágislation civile et pénale, pubblicato da É. Dumont (Parigi 1802), e la Deontology or the Science of Morality, pubblicata postuma da J. Bowring nel 1834. Il Bowring pubblicò anche l'edizione completa delle sue opere (Edimburgo 1838-1843, in 11 voll., con introduzione di J. Hill Burton; il X comprende la biografia e l'epistolario).

Bibl.: S. L. Stephen, The English Utilitarians, Londra 1900; E. Albee, A history of Engl. Utilitarism, Londra e New York 1902; J. C. Montague, Introduction, nell'edizione da lui curata di A Fragment on Government, Oxford 1891, pp. 1-90; C. M. Atkinson, J. B., Londra 1905; W. R. Sorley, Bentham and the early utilitarians, Londra 1914; Graham Wallas, J. B., Londra 1922.

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