Herder, Johann Gottfried von

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Scrittore e pensatore tedesco (Mohrungen, Prussia Orientale, 1744 - Weimar 1803). Di modeste origini, si diede una prima formazione in casa del diacono Trescho, il quale, accogliendolo come aiutante nella trascrizione di manoscritti, gli rese accessibile la sua ricca biblioteca. Nell'estate del 1762 si trasferì a Königsberg per studiarvi medicina; ma subito si rivolse alla teologia. Animato da una insaziabile volontà di sapere, si interessava in pari tempo di problemi letterarî e filosofici. Fu allora che ascoltò Kant e conobbe Hamann, ricevendo soprattutto da quest'ultimo stimoli vigorosi in senso radicalmente antilluministico. In quegli stessi anni rimaneva particolarmente impressionato dalla lettura di Rousseau. Nell'autunno del 1764 era a Riga, quale coadiutore alla scuola del duomo e quindi anche quale predicatore, e vi rimase fino alla primavera del 1769; qui H. iniziò la sua attività pubblicistica coi Fragmente über die neuere deutsche Literatur (1766-67), cui seguirono il saggio Über Thomas Abbts Schriften (1768) e, interessanti specie per la premonitrice vivacità del tono, i Kritische Wälder oder Betrachtungen, die Wissenschaft und Kunst des Schönen betreffend (1769), di chiaro orientamento antilessinghiano. Nel giugno del 1769 intraprese per mare il viaggio fino a Nantes, in Francia, che per la prima volta lo pose a contatto con la natura nel dispiegamento delle sue forze più selvagge. Passato da Nantes a Parigi, ne frequentò musei, teatri e circoli culturali ove conobbe di persona, fra gli altri, Diderot e D'Alembert. Di questo viaggio H. redasse un diario, frammentario e pubblicato postumo, Journal meiner Reise im Jahre 1769, nel quale tracciava una specie di piano di tutto il futuro lavoro, delineando quella che sarebbe stata la sua concezione storica, teologica ed estetica. Ai primi del 1770 era a Eutin, nello Holstein, per assumervi l'incarico di predicatore-accompagnatore del figlio del locale principe-vescovo e duca. Partito col giovane principe nel luglio di quell'anno, a Darmstadt conobbe Maria Karoline Flachsland, che divenne poi sua moglie. Giunto a Strasburgo nell'ottobre, fu nominato primo predicatore della piccola residenza principesca di Bückeburg. A Strasburgo, avvenne quell'incontro fra il già noto predicatore H. e l'ancora ignoto studente Goethe, che quest'ultimo non esitò a definire decisivo per il proprio stesso sviluppo. Goethe ne ricevette, come per rivelazione, la consapevolezza che la poesia non è tanto retaggio di pochi individui raffinati quanto dono offerto a tutti i popoli, onde la cura di rintracciare le testimonianze della poesia popolare. A prova della felicità di quell'incontro un opuscolo del 1773 dal titolo Von deutscher Art und Kunst contiene scritti di H. e di Goethe che assumono un valore programmatico per tutto il movimento dello Sturm und Drang che ebbe appunto in H. il suo maggior promotore. Di H. apparvero lì il saggio su Shakespeare e l'Auszug aus einem Briefwechsel über Ossian und die Lieder alter Völker che danno nuovo risalto alla poesia dei popoli primitivi, o ritenuti tali, e all'elemento irrazionale, passionale della poesia. Intanto, trasferitosi a Bückeburg nell'aprile del 1771, H. vi rimase fino all'ottobre del 1776, svolgendovi un'intensa attività letteraria. Risale ancora ai mesi di Strasburgo il saggio Abhandlung über den Ursprung der Sprache, con cui vinse il concorso indetto dall'Accademia delle scienze di Berlino (che ne curò la pubblicazione nel 1772) sul tema dell'origine naturale o meno del linguaggio. H. vi propone una innovatrice filosofia del linguaggio, per la quale nella parola è l'anima stessa che si esprime e, viceversa, l'anima esiste solo in quanto si esprime nella parola: l'uomo sviluppa sé stesso nell'atto in cui sviluppa, di continuo ricreandolo, il proprio linguaggio. È degli anni di Bückeburg la Älteste Urkunde des Menschengeschlechts (2 parti, 1774-76), in cui, opponendosi alla riduzione illuministica del cristianesimo a pura morale, evoca il primo capitolo della Genesi in tutti i suoi significati fantastico-poetici oltreché religiosi. Alla filosofia della storia è dedicato il saggio Auch eine Philosophie der Geschichte zur Bildung der Menschheit (1774), tentativo di conciliazione fra la teologia e la storia in uno spirito antilluministico. Nella storia è vista continuamente operante la Provvidenza, che assegna a ogni popolo un proprio compito e a ogni epoca una propria funzione, in una universalità di disegno che però non mortifica l'individualità delle singole manifestazioni. Il saggio Ursachen des gesunkenen Geschmacks bei den verschiedenen Völkern, da er geblühet (1775) è una specie di premessa teorica della raccolta di canti popolari cui H. si dedicava. Infine, il saggio Vom Erkennen und Empfinden der menschlichen Seele (pubblicato nel 1778 ma composto già nel 1774-75) combatte il dualismo intellettualistico fra pensiero e sensazione, in rispetto della inscindibile unitarietà dell'essere umano nel quale si riflette una superiore unitarietà. Così, in cinque anni di intenso lavoro, H. operava su tutta la scacchiera dei suoi interessi, fornendo una summa a suo modo organica che, pur prendendo più del voluto dall'avversata concezione illuministica, proponeva una concezione dell'uomo e della storia di spirito chiaramente stürmeriano. Da Bückeburg H. si allontanò sul finire del 1776, per assumere la carica di sovrintendente generale ecclesiastico a Weimar, ottenuta per interessamento di Goethe. Così i due amici di un tempo furono ancora vicini, anche se i rapporti non furono sempre buoni e alla fine si guastarono irreparabilmente. H. finì col rimanere un isolato, scontroso e rattristato, ciò anche per il deteriorarsi delle sue condizioni di salute. La sua attività letteraria continuò tuttavia a essere a lungo fiorente, anche se non sempre le innovazioni furono di peso pari alle proposte precedenti. Man mano con l'andare degli anni la sua produzione letteraria acquistò un pesante tono sentenzioso e predicatorio. Il saggio di estetica Plastik. Einige Wahrnehmungen über Form und Gestald aus Pygmalions bildendem Traum (1778) vede nella plasticità, prerogativa essenziale dell'opera d'arte, una specie di corrispettivo della ricchezza del sentimento; lo scritto Über die Wirkung der Dichtkunst auf die Sitten der Völker in alten und neuen Zeiten (1778) convalida la concezione della spontanea poeticità del linguaggio in quanto espressione di sentimenti autentici; entrambi i saggi si riallacciano al periodo di Bückeburg, come pure la raccolta di Volkslieder (1778-79, poi riproposta con il titolo Stimmen der Völker in Liedern), destinata a divenire l'opera più celebrata di Herder. La raccolta doveva essere una vasta esemplificazione della teoria sulla poesia popolare; sua caratteristica è quella di recepire testimonianze anche presso popoli posti o ritenuti a margine dei grandi filoni culturali. Come un completamento dei Volkslieder sono da considerare i dialoghi Vom Geiste der ebräischen Poesie (2 parti, 1782-83), che nei riguardi della cultura ebraica assumono la stessa funzione rivelatrice che gli scritti di Winckelmann assunsero nei riguardi della cultura greca. L'opera più complessa del periodo weimariano di H. furono però le Ideen zur Philosophie der Geschichte der Menschheit (1784-85 e 1791), che mirano a riprendere spunti e pensieri già sparsamente espressi in precedenza, con l'intento di tracciare le linee dell'intera storia dell'umanità, quale si sviluppa secondo leggi immanenti che corrispondono a un disegno divino, che ha di mira il progressivo instaurarsi di un'umanità sempre più vera, sintesi di illuminata moralità cristiana e di humanitas di classicistico recupero. H. insiste su tutte le forze specifiche di ogni popolo ai fini della sua individuata evoluzione, ciò in quanto pur nel piano universale di sviluppo rimane preponderante in lui l'interesse per il singolo popolo quale irripetibile unità organica. Una specie di continuazione delle Ideen sono i Briefe zur Beförderung der Humanität (10 raccolte, 1793-97), che esaltano il collegamento esistente fra tutti i popoli al di là di ogni tempo in vista di quella humanitas che è scopo dell'umana natura storicamente instaurare. Più possibilistico, in particolare dopo aver subito l'influsso di Spinoza per mediazione indiretta di Lessing e per quella diretta di Goethe, H. divenne in questioni teologiche, come si rileva dai dialoghi dal titolo Gott (1787). Tanto più vivo contrasto fanno gli ultimi scritti polemici, astiosamente indirizzati contro Kant: Eine Metakritik zur Kritik der reinen Vernunft (1799) aggredisce il criticismo kantiano, mentre Kalligone (1800) combatte l'estetica kantiana. Erano testimonianze quasi ultime di un'operosità ancora assai intensa, come provano anche le 6 raccolte di Zerstreute Blätter (1785-97), specie di zibaldone dai contenuti assai diseguali, e le poche annate della rivista Adrastea (a partire dal 1801), redatta da H. solo, senza collaboratori. H. scrisse anche in buon numero poesie, oratorî, cantate, drammi per musica, ma non fu mai felice in questi tentativi di una sua originale produzione. L'opera di H. contribuì notevolmente a una nuova valutazione dell'uomo con l'appello a tutte le sue energie, anche a quelle irrazionali; insieme egli promosse l'attitudine a intendere simpateticamente una civiltà anche a noi estranea, a vedere storicamente i fatti della cultura e in particolare quelli della poesia; ancora incise fortemente sulla formazione dell'idea di nazione posta in rapporto all'individualità di una cultura quale storicamente si era sviluppata in corrispondenza alla peculiare spiritualità di un popolo.

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