Winckelmann, Johann Joachim

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Archeologo ed erudito (Stendal, Prussia, 1717 - Trieste 1768). Stabilitosi a Roma, divenne soprintendente alle antichità (1764) e poté dedicarsi allo studio dell'arte classica. Attraverso i suoi scritti (Geschichte der Kunst des Altertums, 1764) promosse l'estetica del neoclassicismo, esercitando una enorme influenza sull'arte e sul gusto del suo tempo, e formulando un nuovo approccio metodologico che è alla base della moderna storia dell'arte.

Vita e opere

Studiò nelle univ. di Halle e di Jena. Attratto dagli studi classici, ebbe agio di approfondirli mentre era bibliotecario del conte Enrico di Bünau (dal 1748). Perfezionatosi poi nel disegno accademico a Dresda, con l'aiuto del nunzio in Polonia, mons. A. Archinto, che lo aveva indotto a convertirsi al cattolicesimo, fece il primo viaggio a Roma (1755). Entrato subito in amicizia con alte personalità della Chiesa e delle scienze, tra cui il card. A. Albani, poté avere a disposizione le maggiori collezioni artistiche e dedicarsi allo studio dell'arte classica greca attraverso le copie romane. Viaggiò poi nell'Italia centrale e meridionale, mentre conduceva a termine la sua maggiore opera, Geschichte der Kunst des Altertums; qualche anno prima (1760) aveva pubblicato la Description des pierres gravées du feu Baron de Stosch. Soprintendente alle antichità di Roma (1764), pochi anni dopo uscirono (1767) i suoi Monumenti antichi inediti di collezioni romane, preceduti da un Trattato preliminare del disegno e delle bellezze (riassunto della parte teorica della Geschichte). Nel 1766 fu ricevuto con grandi onori da Maria Teresa a Vienna; in una sosta a Trieste, sulla via del ritorno a Roma fu assassinato. L'influenza di W. sull'arte e sul gusto del tempo fu grandissima; il senso dell'armonia, del "composto", della passione dominata che costituiscono, secondo W., i motivi fondamentali dell'arte greca si ritrovano, pienamente attuati, nella lirica settecentesca; in Italia (oltre che nei poeti dell'Arcadia) in Parini, il quale, tra l'altro, nei suoi programmi di pitture tenne largamente presenti i motivi ercolanensi e gli ideali estetici di W. e, più tardi, anche nel Foscolo delle Grazie.

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