HAWKWOOD, John

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

HAWKWOOD, John (Giovanni Acuto)

William Caferro

Nacque in Inghilterra, nel villaggio di Sible Hedingham nella contea dell'Essex. L'anno di nascita non è noto: gli studiosi hanno generalmente indicato il 1320, ma è più probabile che egli fosse nato nel 1323. Il padre, Gilbert, era un proprietario terriero di considerevole ricchezza. L'identità della madre è sconosciuta ma si sa che morì quando l'H. era molto giovane. Dal matrimonio nacquero sette figli, tre maschi e quattro femmine. L'H. era il secondogenito tra i figli maschi e gli fu posto lo stesso nome del fratello maggiore, cosicché vi sono stati due John Hawkwood.

Il primogenito John Hawkwood ereditò le proprietà familiari quando il padre morì nel 1340. Egli accrebbe il suo patrimonio e poté insediarsi come ricco fittavolo grazie anche al denaro che ricevette dall'attività di mercenario dell'omonimo fratello. Il fratello più giovane, Nicholas, fu monaco e trascorse la sua vita in un monastero in Normandia. Tre delle quattro sorelle - Agnes, Johanna e Alice - contrassero matrimonio con rappresentanti di importanti famiglie di proprietari terrieri.

L'H. lasciò la casa natale dopo la morte del padre: aveva ricevuto una modesta eredità consistente soprattutto in denaro contante. Sembra che l'H. si sia recato a Londra e abbia lavorato per un breve periodo presso la bottega di un sarto in qualità di apprendista, anche se questa circostanza è oggetto di controversia fra gli studiosi. Nel 1342 si arruolò nell'esercito di Edoardo III, molto probabilmente in qualità di arciere, e si recò in Francia per combattere nella guerra detta poi dei Cent'anni. Fu probabilmente al seguito di John de Vere, conte di Oxford, le cui proprietà erano situate in un villaggio vicino ai possedimenti della famiglia Hawkwood.

Ci sono purtroppo poche attestazioni relative agli inizi della partecipazione dell'H. alle guerre in Francia. Gli studiosi comunque concordano generalmente sulla sua partecipazione alle battaglie vittoriose di Crécy (1346) e Poitiers (1356) e sul fatto che egli fu creato cavaliere dal figlio di Edoardo III, Edoardo, il Principe Nero, sul campo di battaglia di Poitiers. Dopo quest'ultima battaglia, l'H. e altri soldati rimasti disoccupati si disposero in libere compagnie che cavalcavano per il territorio francese saccheggiando ed estorcendo denaro.

Alla fine dell'autunno o nell'inverno 1360-61 l'H. si arruolò con la cosiddetta Compagnia grande con la quale cavalcò verso Avignone, sede del Papato, al fine di estorcere denaro. Nella notte del 28 dic. 1361 la compagnia si impadronì di Pont-Saint-Esprit, una fortezza situata a nord di Avignone utilizzata come luogo di raccolta del denaro destinato al riscatto del re di Francia che era tenuto prigioniero in Inghilterra. La banda non riuscì a impadronirsi del denaro, ma si trattenne ad Avignone per tre mesi compiendo vessazioni nei confronti del papa e della cittadinanza. Il papa Innocenzo VI assoldò alla fine la stessa compagnia e inviò diversi contingenti in varie direzioni lontane da Avignone. L'H. si inserì in uno dei contingenti inviati a combattere in Italia per Giovanni II Paleologo marchese del Monferrato, allora alleato con il papa e la città di Genova nella guerra contro Bernabò Visconti.

È in questo momento che la carriera dell'H. inizia a prendere dei contorni più netti ricoprendo il ruolo di capitano nella compagnia, che divenne nota in Italia come Compagnia bianca. Un contratto conservato presso l'Archivio di Stato di Torino, datato 22 nov. 1361, indica che la compagnia era formata per la maggior parte da inglesi: quindici dei diciassette capitani avevano infatti nomi inglesi. Il capitano generale, invece, era un tedesco, Albert Sterz, che conosceva però la lingua inglese.

La Compagnia bianca si distinse presto in Italia intimidendo e battendo gli avversari. Filippo Villani attribuì a questa compagnia l'introduzione in Italia della particolare formazione militare detta lancia. La lancia era composta da tre uomini: un uomo d'arme o cavaliere dall'armamento pesante, uno scudiero con armamento più leggero e un paggio, che era abitualmente un giovane. Essa si adattava meglio all'abitudine inglese di smontare da cavallo durante la battaglia e di combattere a piedi. Il cavaliere affidava il cavallo allo scudiero o al paggio e aspettava che il nemico attaccasse per primo. Questa tattica era stata usata efficacemente in Francia, a Crécy e a Poitiers.

L'H. con la Compagnia bianca saccheggiò la Lombardia per due anni e fu assoldato nell'estate 1363 dal Comune di Pisa, in quel tempo in guerra con Firenze. Nel dicembre l'H. fu nominato capitano generale della compagnia e dell'esercito pisano. La sua prima campagna fu però un insuccesso. Egli guidò i suoi uomini attraverso la neve e il ghiaccio di un inverno particolarmente rigido. Non essendo in grado di procurarsi i necessari approvvigionamenti, l'H. fu costretto a tornare indietro, perdendo uomini e cavalli durante il tragitto. Ma l'H. trasse insegnamento dai propri errori e in seguito guidò le forze pisane in molte incursioni vittoriose.

Fu mentre era al servizio dei Pisani che l'H. ottenne per la prima volta l'attenzione da parte dei cronisti italiani. Filippo Villani diede un resoconto eccezionalmente accurato di quale fosse l'ambiente di provenienza di questo inglese, descrivendolo come il figlio di un "gentile uomo mercatante e antico borghese". Villani affermava che l'H. era già un uomo maturo ed esperto, "un gran maestro di guerra", e dichiarava inoltre che l'H. era, come ogni rappresentante della razza inglese, di natura "volpigna e astuta" (Cronica, p. 699). Fu sempre il Villani, inoltre, ad apporre all'H. il soprannome Giovanni Acuto, che lo caratterizzò nel corso di tutta la sua carriera. Alcuni storici anglosassoni hanno ritenuto che questo soprannome fosse il risultato dell'incapacità del Villani e dei suoi contemporanei di rendere il cognome Hawkwood in italiano. Ciò è però solo parzialmente vero. Il nome Acuto è anche da intendere come un riconoscimento alla più grande qualità dell'H. come comandante militare: la sua acutezza.

Nel marzo 1364 l'esercito dell'H., rinforzato da numerosi contingenti di mercenari tedeschi, lanciò una più imponente offensiva contro Firenze. Insieme portarono la battaglia fino alle porte della città, ma i Fiorentini resero inoffensivo l'attacco corrompendo la maggior parte delle truppe dell'H. e inducendole ad abbandonare la causa pisana. L'H. fu l'unico fra i capi a rimanere fedele. Le defezioni lo costrinsero alla ritirata, ma l'episodio gli fece guadagnare una perenne fama di mercenario leale, proprio in una professione conosciuta per la sua slealtà.

L'H. e i Pisani ricostituirono l'esercito e nell'agosto 1364 si portarono contro i Fiorentini a Cascina. L'H. fece dei calcoli accurati e posizionò il suo esercito in modo tale da avere sia il sole sia il vento alle spalle cosicché i nemici furono abbagliati dal sole mentre il vento portava loro la polvere negli occhi. L'esercito dell'H. però, composto da irregolari pisani, era scarsamente coordinato e perse la battaglia. Poco dopo le due parti firmarono una tregua.

L'H. rimase al servizio dei Pisani lavorando per il nuovo signore della città, Giovanni Dell'Agnello, che si era impadronito del potere facendosi nominare doge durante gli ultimi giorni della guerra. L'H. lo aveva aiutato entrando in città con il suo esercito durante l'esecuzione del colpo di Stato. Fra lui e l'H. si sviluppò uno stretto legame. Il Dell'Agnello nominò l'H. padrino di suo figlio e diede al bambino l'inconsueto secondo nome di Auti, evidentemente la forma con cui il Dell'Agnello rendeva il nome dell'Hawkwood.

L'H. fu al servizio dei Pisani per tutto il settimo decennio del XIV secolo. La condotta per Giovanni Dell'Agnello implicò anche la fedeltà nei confronti di Bernabò Visconti, che sosteneva il signore di Pisa. In questi anni l'H. consolidò la sua fama di esperto capitano di eserciti regolari e capo sanguinario di libere compagnie che continuamente compivano saccheggi. È spesso difficile però distinguere quando l'H. agisse nell'interesse dei suoi padroni e quando invece per proprio interesse. Il Dell'Agnello e il Visconti prendevano spesso pubblicamente le distanze dalle azioni compiute dall'H., ma erano in molti casi segretamente dietro di esse. I contemporanei erano particolarmente diffidenti nei confronti dell'alleanza fra l'H. e il capitano di ventura italiano Ambrogio Visconti, figlio illegittimo di Bernabò. Durante il 1365 e il 1366 i due scorrazzarono attraverso l'Italia centrale estorcendo denaro ma anche per colpire obiettivi strategici, tra i quali Genova e le terre della Chiesa, che non erano in buoni rapporti con Milano.

Urbano V tentò di indurre l'H. e altri mercenari a partecipare alla crociata contro i Turchi, ma l'H. preferì restare in Italia. Nell'aprile 1366 il papa mise insieme una lega militare italiana destinata a eliminare il problema delle compagnie di ventura, ma i partecipanti erano in realtà d'accordo solo nel proteggersi contro la formazione di nuove compagnie. Quando Urbano V tornò in Italia da Avignone nel 1367, Giovanni Dell'Agnello inviò l'H. a incontrarlo presso Porto Pisano, ma il pontefice, per nulla sicuro delle intenzioni dell'inglese, si rifiutò di lasciare la nave.

Le attività dell'H. furono tra le cause del riaccendersi della guerra tra il papa e il Visconti. Il 21 luglio 1367 il papa preparò una nuova lega contro i mercenari, che era però in effetti una lega antiviscontea. Egli convinse l'imperatore Carlo IV a unirsi all'alleanza e a scendere in Italia. L'H. si spostò a Nord raggiungendo la Lombardia nella primavera del 1368 per congiungersi con l'esercito del Visconti lì riunito. Bernabò progettava un attacco preventivo alla città di Mantova, sperando in tal modo di ottenere il controllo del passaggio lungo i fiumi Po e Mincio. L'H. raggiunse Luzzara, dove incontrò solo una modesta resistenza e quindi si diresse verso Borgoforte per aiutare un presidio che si trovava presso la locale bastia.

Sembra che l'H. e Bernabò Visconti abbiano lasciato il campo di battaglia con un piccolo contingente di soldati per partecipare al matrimonio che si tenne a Milano tra la nipote di Bernabò, Violante, e Lionello, duca di Clarence, figlio del re Edoardo III. Il matrimonio, che rappresentava un successo diplomatico per il Visconti, ebbe luogo il 5 giugno 1367 e vi intervennero alcuni fra gli uomini più importanti del tempo, fra i quali il cronista fiammingo Jean Froissart, Francesco Petrarca e forse anche Geoffrey Chaucer. L'alleanza matrimoniale ebbe termine solo pochi mesi dopo a causa della morte improvvisa di Lionello.

Dopo il matrimonio l'H. tornò a Borgoforte e trovò la bastia cinta d'assedio dagli eserciti di Carlo IV, giunto in Italia. Secondo la tradizione, l'H. riuscì ad avere la meglio nella battaglia rompendo l'argine del Po e incanalando le acque verso l'esercito imperiale. In realtà furono gli uomini dell'imperatore che per primi ruppero l'argine, nella speranza di dirigere l'acqua verso l'H., ma, per un calcolo sbagliato, le acque si riversarono su loro stessi.

In seguito la guerra in Lombardia subì una fase di stallo e le operazioni militari si spostarono a Sud, in Toscana e in Umbria. Nella primavera del 1369 l'H. fu incaricato dal Visconti della difesa di Perugia, recentemente ribellatasi alla Chiesa. Questa campagna non ebbe successo e, per la prima e unica volta, l'H. fu preso prigioniero in battaglia nei pressi di Arezzo. Fu trattenuto per due mesi e rilasciato nell'agosto 1369; da qui si spostò di nuovo verso Nord, per consultarsi con Bernabò Visconti.

L'H. ritornò nell'Italia centrale con un esercito di 3000 cavalli e lanciò un attacco contro le città papali di Viterbo e Montefiascone; si diresse poi verso San Miniato (novembre 1369) cercando successivamente di svincolarsi dall'autorità fiorentina. Sui Fiorentini ottenne un'importante vittoria nel dicembre 1369 a Cascina, dove era stato sconfitto nel 1364. Non fu comunque in grado di dare seguito alla vittoria e alla fine si ritirò dalla Toscana e smobilitò la compagnia per tutto l'inverno. Nella primavera del 1370 l'H. tornò di nuovo in Toscana, questa volta per portare aiuto a Giovanni Dell'Agnello che nel frattempo era stato deposto da signore di Pisa. Il progetto non ebbe però successo e il Dell'Agnello terminò i suoi giorni in esilio e in disgrazia a Genova.

L'H. continuò comunque a prestare servizio per Bernabò Visconti e, dal 1370 al 1372, combatté per il signore di Milano contro il papa: la guerra era episodica, caratterizzata da frequenti tregue e periodi di inattività. Fu mentre conduceva l'assedio ad Asti nella primavera del 1372 che l'H. abbandonò il padrone per la prima volta nella sua carriera. La defezione fu causata dagli impedimenti ad attaccare il nemico che all'H. provenivano dagli emissari milanesi e da controversie economiche. Il nuovo papa, Gregorio XI, nella speranza di proseguire la guerra in modo più rigoroso e finalizzato al successo offrì all'H. migliori condizioni e una maggiore quantità di uomini.

Al servizio del pontefice l'H. riportò vittorie sui Visconti a Crevalcuore, nelle vicinanze del Panaro, il 21 genn. 1373, e a Montichiari a sud di Brescia il 7 maggio. In quest'ultima battaglia l'H. catturò i capitani nemici, tra i quali Johannes (Anichino) Baumgarthen, importante mercenario tedesco. Gian Galeazzo Visconti, futuro duca di Milano, fu disarcionato e fuggì. Gregorio XI sperò di ottenere dei vantaggi da queste vittorie mettendo insieme l'esercito dell'H. con quello di Amedeo VI conte di Savoia, capitano delle forze papali nel Norditalia al fine di portare un massiccio attacco ai Milanesi. Ma ciò non accadde, anzi il papa trovò crescenti difficoltà a pagare le sue truppe e l'H. trascorse la maggior parte del 1374 negoziando il pagamento degli arretrati per sé e per i suoi uomini. Nell'estate 1375 l'H. recuperò ciò che aveva perso conducendo una vantaggiosa scorreria in Toscana, estorcendo denaro alle città di Siena, Pisa, Firenze e Arezzo. L'incursione suscitò la reazione di Caterina da Siena, che scrisse intorno al 27 giugno una lettera all'H. chiedendogli di abbandonare la Toscana e di partire per la crociata.

Malgrado la presa di posizione di Caterina da Siena, intorno alla metà del decennio l'H. era il più richiesto capitano di ventura in Italia. Egli era ammirato per la sua capacità di mantenere la coesione fra le sue truppe, di manovrare gli eserciti sul campo, di ottenere informazioni e di liberarsi dei nemici diffondendo informazioni sbagliate. Mentre agiva per tenere alta la sua reputazione di capo militare, l'H. accumulava anche terre e benefici. Ottenne proprietà in diverse parti d'Italia: nelle vicinanze di Bologna, Perugia, Milano e Cremona. Giovanna I d'Angiò, regina di Napoli, gli concesse un vitalizio e lo stesso fecero i Fiorentini; nel 1373 il papa arrivò ad assegnare un beneficio ecclesiastico al figlio illegittimo dell'H. al posto di un pagamento dovuto. L'H. inviava denaro in Inghilterra, dove acquistò terreni e ottenne il patrocinio della chiesa parrocchiale di S. Pietro a Sible Hedingham. Dopo la missione del 1375 si disse che l'H., avendo messo da parte un'ingente somma di denaro, stava seriamente prendendo in considerazione la possibilità di ritornare in Inghilterra, ma l'H. rimase in Italia.

Con la campagna in Toscana dell'estate del 1375 i rapporti tra la città di Firenze e il Papato raggiunsero il culmine della tensione, che portò alla guerra degli Otto santi (1375-78). L'H. combatté inizialmente per il papa e partecipò a due fra i più cruenti episodi del periodo: il sacco di Faenza e il sacco di Cesena. A Cesena il suo esercito e i mercenari bretoni uccisero una gran quantità di cittadini inermi, compresi donne e bambini.

Poco dopo questo massacro - e alcuni ritengono proprio a causa di questo - l'H. abbandonò il servizio per il papa e riprese a combattere per i Fiorentini e i loro alleati. Questo passaggio di condotta dal Papato ai Fiorentini fu mediato dai Milanesi, che sostenevano Firenze contro il pontefice. Bernabò Visconti mise un sigillo sull'affare combinando il matrimonio tra l'H. e Donnina, sua figlia illegittima, alla quale fu destinata una dote molto generosa.

Per l'H. si trattava del secondo matrimonio; era stato infatti sposato con una donna di cui non si conosce il nome, probabilmente una inglese, dalla quale aveva avuto una figlia. Donnina Visconti si dimostrò una buona compagna per l'H. e si occupò degli interessi economici del marito, al quale diede quattro figli, tre femmine, Janet, Catherine e Anne, e un maschio, John.

I risultati conseguiti dall'H. nella guerra condotta per i Fiorentini non furono però incisivi. Egli mostrò una scarsa disposizione al combattimento e deluse il suo padrone dando avvio, di propria iniziativa, a negoziati di pace. I suoi sforzi servirono alla preparazione di una tregua con il Papato che si concretizzò nel luglio 1378.

L'H. si spostò allora verso Nord per combattere per Bernabò Visconti contro Verona. Egli assunse anche un incarico diplomatico per conto del re d'Inghilterra Riccardo II, che stava tentando di combinare il matrimonio con Caterina, una delle figlie legittime del Visconti. Le trattative però si fermarono a un punto morto, come a un punto morto era la guerra contro Verona. Bernabò, scontento dell'H., lo licenziò nel febbraio 1379 riprendendosi anche una parte della dote assegnata a Donnina.

Temporaneamente l'H. si ritirò nei suoi castelli romagnoli di Cotignola e Bagnacavallo donatigli dal papa come compenso agli inizi della guerra degli Otto santi. Ma il tentativo di vivere come un signore italiano fu frustrato dai suoi vicini, specialmente Astorre Manfredi di Faenza, che sferrò un attacco contro l'Hawkwood. Nel 1381 l'H. vendette le sue proprietà a Niccolò (II) d'Este e tornò in attività come capitano al servizio dei Fiorentini. Il lavoro per Firenze coincise con la rivolta contro il governo instauratosi dopo il tumulto dei ciompi.

Nel 1383 l'H. lasciò Firenze per mettersi di nuovo al servizio del papa allora impegnato nella guerra contro il Regno di Napoli. La campagna fu ostacolata dalla peste e dalla carestia che limitarono i movimenti di entrambi gli schieramenti. L'H. si riportò allora verso Nord alla testa di un gruppo di mercenari e fra il 1384 e il 1385 si rifece della perdita di denaro a spese di città umbre e toscane.

Nonostante l'occasionale battuta d'arresto l'H. continuò ad accrescere le proprie ricchezze sia in Italia sia in Inghilterra. Egli possedeva ora castelli e terreni in Umbria, nel Sud della Toscana e nelle città di Firenze e Lucca. Lucca lo aveva insignito della cittadinanza e di un vitalizio e Riccardo II richiedeva spesso all'H. di compiere missioni diplomatiche per conto della Corona inglese.

Nel 1386 l'H. entrò al servizio della città di Padova, che era in quel periodo in guerra con la vicina Verona. L'11 marzo 1387 l'H. ottenne il suo più importante successo dal punto di vista tattico sui campi di battaglia. Apparentemente spinto dall'esercito veronese contro gli argini del fiume Adige, effettuò una efficace manovra di accerchiamento simile a quella degli Inglesi a Poitiers, e riuscì a fare prigioniero quasi tutto l'esercito nemico.

Trovandosi in disaccordo con la città di Padova subito dopo la vittoria, l'H. tornò al servizio dei Fiorentini, interessati al suo assoldamento come parte di un più vasto disegno di incremento militare finalizzato al contenimento del crescente potere di Gian Galeazzo Visconti, che nel 1385 aveva deposto lo zio Bernabò. Alcuni studiosi dipingono l'H. come entusiasta della guerra contro Gian Galeazzo che gli consentiva di vendicare la morte del suocero. Ma la guerra non ebbe un rapido avvio e l'H. lasciò Firenze nell'inverno 1388-89 per mettersi di nuovo al servizio del papa Urbano VI. Egli si alternò tra condotte per i Fiorentini e per il Papato fino all'inizio formale delle ostilità tra Firenze e Milano nell'aprile 1390.

L'H. aveva circa settanta anni quando ebbe inizio il conflitto contro Milano. Durante i mesi iniziali della campagna, l'H. condusse con successo alcune incursioni nei territori milanesi nella Lombardia meridionale. Nella primavera e nell'estate del 1391 avanzò verso Milano per sferrare un attacco congiunto alla città con il conte francese Giovanni di Armagnac che stava scendendo da Nord. L'esercito dell'Armagnac si mosse però lentamente e l'H. si ritrovò eccessivamente impegnato e a corto di approvvigionamenti. Con l'Adige ingrossato dalle piogge primaverili alle spalle, l'H. sembrò essere in trappola, ma riuscì a fuggire grazie a un inganno: ufficialmente sfidò a battaglia il capitano nemico Iacopo Dal Verme, ma di notte abbandonò il campo lasciandovi accesi i fuochi. La ritirata dell'H. fu impegnativa, comportando l'attraversamento di tre fiumi. Il Dal Verme si pose al suo inseguimento, ma presto tornò indietro per scontrarsi con l'Armagnac che era nel frattempo arrivato.

L'impresa dell'H., e in particolare la sua audace fuga dal Dal Verme, fece di lui un eroe a Firenze. Durante la campagna le autorità gli conferirono la cittadinanza e aumentarono il suo vitalizio da 1200 a 2000 fiorini l'anno; destinarono inoltre cospicue doti per le tre figlie. L'H. organizzò allora il suo ritiro dalla vita militare e il ritorno in Inghilterra. L'11 marzo ottenne di poter convertire le sue proprietà fiorentine e i compensi che gli erano dovuti in un'unica somma di denaro contante. L'H. però non fece mai ritorno in patria. Morì a Firenze il 14 marzo 1394.

Le autorità organizzarono un solenne funerale a S. Maria del Fiore e commissionarono un affresco in suo onore nella cattedrale che fu realizzato da Agnolo Gaddi e Giuliano Arrighi e più tardi rifatto da Paolo Uccello.

Riccardo II richiese le spoglie dell'H. a Firenze, che il 3 luglio diede il parere favorevole al loro trasferimento anche se non vi è nessuna prova che esso sia effettivamente avvenuto. L'H. fu comunque ricordato in Inghilterra con un monumento che fu eretto lungo il muro meridionale della navata meridionale della chiesa parrocchiale di S. Pietro a Sible Hedingham.

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