Keats, John

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Poeta inglese (Londra 1795 - Roma 1821). Uno tra i più significativi poeti del romanticismo inglese, la sua opera è sostanziata dai temi della bellezza intesa in quanto valore di trascendenza e quindi animata da un profondo senso etico (Endymion, scritto 1817, pubbl. 1818; Hyperion, 1819-20) e del drammatico e incessante dissidio tra ragione e sentimento (Lamia, 1819). La poetica di K. raggiunse forse i suoi esiti più convincenti nelle odi (tra le più note Ode to a nightingale, Ode on a Grecian urn, Ode on melancholy), in cui l'idea della morte si fa dominante e la ricercatezza stilistica è magistralmente potenziata da altissimi toni evocativi. L'intensissima attività spirituale e intellettuale di K. è documentata dal suo epistolario.

Vita e opere

Orfano, fu messo dai tutori come apprendista presso un chirurgo; superati (1816) gli esami di licenza all'Apothecaries' Hall, fu nominato assistente al Guy's Hospital. Intanto le letture, e in specie The Fairie Queene di Spenser, gli rivelarono la sua vera vocazione (il suo più antico componimento a noi noto è appunto la Imitation of Spenser, forse del 1813). J. H. L. Hunt riconobbe subito il genio di K. e ne pubblicò alcuni sonetti in The Examiner; la sua influenza è evidente nel primo volume di K. (Poems, 1817). Il periodo di raccoglimento che seguì la decisione di dedicarsi esclusivamente alla poesia (1816) fu occupato da K. nello studio serio, e per lui decisivo, di Shakespeare; nello stesso tempo risentì l'influenza di Wordsworth, che è sensibile nella poesia Sleep and poetry, la più importante di Poems. Nell'Endymion volle, sotto l'allegoria di un mito, dimostrare l'unicità della bellezza che si rivela in tutte le attività umane. Giudicato dai critici come un tipico prodotto della scuola poetica di Hunt (la cosiddetta Cockney School), Endymion fu stroncato nel Blackwood's Magazine e nella Quarterly Review; ma che il dolore per queste stroncature fosse la causa prima della tisi di K. è leggenda. In Hyperion, scritto in blank verse, che mostra progresso nella concentrazione e nella forza artistica, è presente la medesima posizione di pensiero: la bellezza è forza che viene dalla conoscenza, la quale si acquista con lotta e dolore. In Lamia, sotto l'influsso delle Fables di Dryden, K. si concentrò in una presentazione drammatica del contrasto fra ragione e sentimento. Tutti e tre i poemi traggono materia dal mondo greco cui il poeta fu orientato anche da quella rinascita d'interesse per la Grecia, comune a molti romantici (Peacock, Shelley, Hölderlin, ecc.). In Hyperion echi miltoniani danno al poema un vigore e una dignità che l'Endymion non lasciava presentire. Peraltro, K. non poté sostenersi in quel tono di classica solennità e lasciò il poema interrotto (il tentativo di riprenderlo in The fall of Hyperion non ebbe successo). Meglio riuscì in soggetti romantici: Isabella, or the pot of basil (da Boccaccio); The eve of St. Agnes; The eve of St. Mark; La belle dame sans merci (da rilevare l'influsso di queste due ultime poesie sui preraffaelliti). K. scoprì nell'ode una forma lirica atta a esprimere le qualità essenziali del suo genio. Tutte le odi, a eccezione della Ode to sorrow (Endymion, IV) e del frammento della Ode to Maia, appartengono al 1819; in esse K., attraverso il presentimento della morte, sente la Bellezza che, immortale e impassibile, assiste al vanire delle vicende umane. L'Ode to autumn, con la sua perfetta serenità, chiude una carriera poetica breve quanto gloriosa. Nel sett. 1820 K. partì per l'Italia, ma troppo tardi: la consunzione lo divorava già irreparabilmente. È sepolto a Roma nel cimitero presso la piramide di Cestio. Nei tre anni scarsi che intercorsero tra il momento della sua dedizione alla poesia e il cedimento della sua salute, K. toccò le cime più alte della lirica romantica in Inghilterra.

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