GRÈVY, Jules

Enciclopedia Italiana (1933)

GRÈVY, Jules

Mario Menghini

Terzo presidente della repubblica francese, nato a Mont-sous-Vaudrey (Giura) il 15 agosto 1807, morto ivi il 9 settembre 1891. Esercitò dal 1837 l'avvocatura a Parigi, e professò principî repubblicani. Dopo la rivoluzione del febbraio 1848 fu commissario del governo provvisorio nel suo dipartimento, e subito dopo fu eletto rappresentante all'Assemblea costituente, della quale ebbe la vice presidenza. Appartenne all'estrema sinistra, e prevedendo che l'elezione diretta del presidente della Repubblica da parte del popolo, avrebbe portato alla nomina di Luigi Napoleone, propose che la suprema autorità dello stato fosse il presidente dei ministri, eletto e revocabile dall'Assemblea nazionale. L'elezione di Luigi Napoleone (10 dicembre 1848) alla presidenza della Repubhlica, egli votò contro la spedizione di Roma e la politica dell'Eliseo. Dopo il colpo di stato del 2 dicembre 1831, il G., rimasto fedele all'idea repubblicana, si ritrasse dalla vita politica e attese all'esercizio dell'avvocatura. Solo il 17 agosto 1868, in un'elezione parziale, fu inviato all'Assemblea con votazione significante, per il fatto che, per la prima volta dal 1852, il governo imperiale era completamente battuto nelle campagne; e la vittoria fu tale che nelle successive elezioni generali (24 maggio 1869) non gli fu opposto alcun candidato ufficiale. Riuscito nelle elezioni dell'8 febbraio 1871, fu nominato presidente dell'Assemblea, destreggiandosi con avvedutezza e con spirito conciliativo nelle tempestose discussioni di quel principio di regime repubblicano. Dimessosi per una questione di regolamento, fu riconfermato alla quasi unanimità, ma egli mantenne il suo gesto e tornò nelle file del partito della sinistra repubblicana (3 aprile 1873). Quando il Thiers dovette abbandonare il potere, il G. pubblicò un notevole opuscolo (Le gouvernement nécessaire, Parigi 1873), contrario alla coalizione monarchica che tentava di ripristinare il potere regio; fu avverso all'adozione del settennato (19 novembre 1873) e si astenne dal votare la costituzione del 25 febbraio 1875, perché non aveva mai riconosciuto nell'assemblea il potere costituente. Dopo le elezioni del 20 febbraio 1876 il G. fu rieletto (8 marzo) presidente dell'Assemblea; e quando il maresciallo MacMahon si dimise da presidente della repubblica (30 gennaio 1879), il G. fu chiamato a succedergli con 563 voti su 713. Nel suo messaggio del 6 febbraio dichiarò solennemente che non sarebbe mai entrato in lotta contro la volontà nazionale, che tutte le cure del governo sarebbero state rivolte all'esercito, all'amministrazione, ai buoni rapporti che la Francia era desiderosa di avere con le potenze estere. Lasciando larga indipendenza ai ministri nelle questioni militari e amministrative, egli si occupò di preferenza di questioni di politica estera, nelle quali, ad esempio in quella per l'incidente Schaebelé, diede prova di grande tatto e avvedutezza. Rieletto il 28 dicemhre 1885, si dimise il 2 dicembre 1887, di fronte al gravissimo scandalo procurato dal genero Daniel Wilson, implicato nel commercio delle decorazioni.

Bibl.: E. Zevort, Histoire de la troisième république. La présidence de J. G., Parigi 1898.