ROBERTS, Julia

Enciclopedia del Cinema (2004)

Roberts, Julia (propr. Julie Fiona)

Monica Trecca

Attrice cinematografica statunitense, nata a Smyrna (Georgia) il 28 ottobre 1967. Ottenuto un improvviso e travolgente successo con la commedia romantica Pretty woman (1990; Pretty woman ‒ Una ragazza deliziosa) di Garry Marshall, che l'ha resa una diva di fama internazionale, ha rinnovato negli anni successivi la popolarità raggiunta imponendosi come una delle attrici più amate dal pubblico che particolarmente ne apprezza il bel volto espressivo, spesso illuminato dall'irresistibile sorriso, e la particolare combinazione di naturalezza, seducente esuberanza, appassionata determinazione, non priva di contraddizioni e fragilità, su cui risultano costruiti i suoi personaggi. Affascinanti contrasti che hanno spesso indotto i critici ad avvicinare il suo nome a quello dell'indimenticabile Audrey Hepburn (alla quale la accomuna anche l'impegno come ambasciatrice dell'UNICEF). Perfettamente a suo agio nella commedia, ha però voluto mettersi alla prova in altri generi e in ruoli emotivamente complessi come quello della protagonista di Erin Brockovich (2000; Erin Brockovich ‒ Forte come la verità) di Steven Soderbergh, che nel 2001 le ha consentito di vincere l'Oscar e il Golden Globe come migliore attrice protagonista.

Trascorsa un'infanzia segnata dal divorzio dei genitori e dalla morte del padre Walter (scrittore e, come l'ex moglie Betty, attore), dopo aver frequentato la Campbell High School a Smyrna, abbandonato il progetto di diventare veterinaria, si trasferì a New York nel 1985 per tentare la carriera di attrice, ottenendo l'anno successivo, grazie al fratello maggiore Eric (n. 1956, che era già apparso all'epoca in film come Star 80, 1983, di Bob Fosse, e Runaway train, 1985, A 30 secondi dalla fine, di Andrej Michalkov Končalovskij, e che in seguito avrebbe lavorato con continuità sul grande e piccolo schermo), un piccolo ruolo nel film Blood red (Legami di sangue) di Peter Masterson, distribuito solo nel 1989. Risale invece al 1988 la sua prima parte importante, quella della volitiva e orgogliosa Daisy Arujo, nella piccola opera indipendente Mystic pizza di Donald Petrie, cui ha fatto seguito l'interpretazione della dolce ma determinata Shelby nella commedia al femminile con punte di melodramma Steel magnolias (1989; Fiori d'acciaio) di Herbert Ross, che le ha consentito di ottenere la nomination all'Oscar come migliore attrice non protagonista e il Golden Globe nel 1990.

Ma la grande occasione è infine giunta con Pretty woman, favola calibrata sui collaudati meccanismi della commedia romantica, giocata sulla sintonia tra la carica seduttiva e la padronanza dei tempi comici della R., perfetta nella parte della prostituta dagli intatti sogni romantici, e il fascino con cui Richard Gere interpreta un cinico uomo d'affari infine conquistato dall'amore. Aggiudicatasi con questo ruolo un secondo Golden Globe e una seconda nomination all'Oscar nel 1991, la R. ha scelto di cimentarsi in opere decisamente drammatiche (Flatliners, 1990, Linea mortale, in cui alcuni studenti forzano i confini tra la vita e la morte, e il mélo sentimentale Dying young, 1991, Scelta d'amore ‒ La storia di Hilary e Victor, entrambi di Joel Schumacher; Sleeping with the enemy, 1991, A letto con il nemico, di Joseph Ruben, ove è una moglie maltrattata), prima di confrontarsi con il mondo fantastico di Steven Spielberg, nella parte dell'eterea Campanellino, in Hook (1991; Hook ‒ Capitan Uncino), con il serrato ritmo del thriller in The Pelican brief (1993; Il rapporto Pelican) di Alan J. Pakula, e con il cinema complesso e polifonico di Robert Altman, apparendo in un cammeo in The player (1992; I protagonisti) e nel ruolo di una giornalista in Prêt-à-porter (1994). È poi tornata alle atmosfere più lievi della commedia con I love trouble (1994; Inviati molto speciali) di Charles Shyer e Something to talk about (1995; Qualcosa di cui… sparlare) di Lasse Hallström. Ma nel 1996 né l'interpretazione fortemente voluta e intensa della cameriera dimessa, dolorosamente attratta e respinta da Jekyll-Hyde in Mary Reilly di Stephen Frears, né la partecipazione defilata a Michael Collins di Neil Jordan, né quella alla commedia musicale Everyone says I love you (Tutti dicono I love you) di Woody Allen le hanno garantito il consueto favore del pubblico, che ha però ritrovato con un altro ruolo brillante, rinnovato con punte di cattiveria, quello della giovane donna di successo disposta a tutto pur di riconquistare l'uomo che ama e che sta per sposare un'altra, in My best friend's wedding (1997; Il matrimonio del mio migliore amico) di P.J. Hogan. L'attrice ha quindi alternato a commedie sentimentali che hanno per lo più segnato record di incassi (Notting Hill, 1999, di Roger Michell, al fianco di Hugh Grant, in cui disegna l'ironico autoritratto di una star del cinema assediata dai media; Runaway bride, 1999, Se scappi, ti sposo, tentativo di replicare il successo di Pretty woman con lo stesso regista e lo stesso partner; America's sweethearts, 2001, I perfetti innamorati, di Joe Roth) frequenti incursioni in altri generi, come nel caso del thriller venato di humour Conspiracy theory (1997; Ipotesi di complotto) di Richard Donner, con Mel Gibson, del melodrammatico Stepmom (1998; Nemicheamiche) di Chris Columbus, dell'incerta commistione di road movie, film d'azione e commedia The Mexican (2001; The Mexican ‒ Amore senza la sicura) di Gore Verbinski, offrendo la sua prova più impegnativa in Erin Brockovich (ispirato a una reale causa giudiziaria intentata dagli abitanti di una cittadina californiana contro una grossa compagnia statunitense), in cui è la sfrontata e vitale protagonista (modellata sulla vera Erin Brockovich), instancabile anima della battaglia civile e legale. In particolare sintonia con Soderbergh, ha poi accettato di ricoprire l'unico ruolo femminile di rilievo nel cast all-star di Ocean's eleven (2001; Ocean's eleven ‒ Fate il vostro gioco), remake dell'omonimo film del 1960 diretto da Lewis Milestone, e di interpretare l'esercizio di stile Full frontal (2002). Dopo essere stata un'inquietante e spietata dark lady in Confessions of a dangerous mind (2003; Confessioni di una mente pericolosa), esordio nella regia di George Clooney, ha impersonato un'emancipata insegnante di storia dell'arte di un college femminile in Mona Lisa smile (2003) di Mike Newell, ambientato nei primi anni Cinquanta.

Bibliografia

F. Sanello, Julia Roberts, London 2000.

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