KURDISTAN

Enciclopedia Italiana (1933)

KURDISTAN (A. T., 73-74)

Ettore Rossi

Letteralmente "paese dei Curdi", denominazione geografica non bene definita, alla quale corrisponde un'imprecisa distribuzione etnografica. Si può dire all'incirca che il Kurdistan sia costituito dalla regione montuosa dell'Anatolia orientale, che comprende il bacino superiore dei fiumi Tigri e Eufrate con inclusione dei laghi di Van e di Ūrmiyah (Riẓā'iyyeh). Come si vede, il territorio indicato con il termine Kurdistān si sovrappone, specialmente nella parte settentrionale, a quello designato dalla denominazione ormai soltanto storica di (Grande) Armenia. L'Ararat (m. 5156) è la più alta montagna di questo territorio. Dall'Ararat si staccano catene di montagne in direzione sud-ovest fin verso l'Antitauro; tra queste catene si elevano maggiormente i monti Palandöken Daǧï (a sud di Erzerum, m. 3110), i monti di Dersim, il Bingol Daǧï ("Monte dai mille laghi"), m. 3383), che fa da spartiacque tra il bacino dell'Arasse e il ramo occidentale dell'Eufrate, ivi chiamato Kara Su. A sud dell'Ararat si stende una serie di monti in direzione di sud o sudovest; i più notevoli gruppi montuosi si trovano sul confine turcopersiano (Tendürek,m. 3565, Dumanli Daǧ) e a NNO. del lago di Van (Süphan Daǧï, m. 4445). A sud della depressione del lago di Van si eleva un'altra catena montuosa (monte Cudi, m. 4000) che alimenta gli affluenti di sinistra del Tigri, come il Bohtan e lo Yuzïkarïp. La maggior parte del Kurdistān è elevato oltre mille metri s. m.; il lago di Van si trova a 1650 m. Oltre il lago di Urmiyah la regione presenta numerosi laghi, antichi crateri di vulcani (lago di Nemrut Daǧa 3000 m., Balïklï Gölü, Dipsiz Göiü, Bulanïk Gölü, Çïldïr Göl).

Il Kurdistān non forma ora e non costituì mai in passato una unità politica; la denominazione Kurdistān, molto usata dagli scrittori occidentali, ricorre raramente negli scrittori orientali (e solo dopo il sec. XI, conquista selgiuchide) per indicare il "paese dei Curdi" e non una regione a sé con particolare amministrazione; i Turchi, che più a lungo ne possedettero la maggior parte, solevano parlare di Curdi dei diversi vilâyet e non di Kurdistān; tale denominazione è usata invece da tempo a designare parte del Kurdistān soggetto alla Persia e più recentemente per indicare il tratto passato sotto il governo ‛irāqeno.

I Curdi. - Storia. - L'origine del nome e le più antiche testimonianze storiche circa la loro esistenza nella regione che da essi ha preso il nome sono oggetto di discussione; si è accostato il nome dei Curdi a quello dei Qarda nominati in iscrizioni sumeriche del 2000 a. C., dei Kardukoi che Senofonte nell'Anabasi; descrive come montanari dediti al saccheggio; secondo M. Hartmann e T. Nöldeke l'etimologia più probabile di Kürd "Curdo" deriverebbe dai Cyrtii ricordati da Strabone come abitanti della Media.

La storia dei Curdi ci è meglio nota dal sec. VII in poi, cioè dopo la conquista musulmana; gli storici arabi parlano delle loro frequenti rivolte contro i califfi di Damasco e di Baghdād. I Curdi si mantennero anche allora semindipendenti, ebbero dinastie proprie, si misero al servizio dei sovrani di Baghdād e dei Selgiuchidi di Persia e d'Asia Minore.

Dalle tribù curde uscirono così condottieri valorosi come Saladino (Ṣalāḥ ed-Din), che fondò la dinastia degli Ayyūbiti in Egitto e occupò Gerusalemme nel 1187. Dopo il dominio dei Mongoli, al quale non si sottrassero i Curdi (sec. XIII-XIV), il Kurdistān diventò territorio di contesa tra la Persia ricostituita sotto le diverse dinastie e l'impero ottomano formatosi nel sec. XIV e rafforzatosi nel sec. XV. I Curdi furono coinvolti nelle competizioni tra i due potenti stati musulmani, finché, decaduta la potenza dei Safawidi in Persia, la Turchia poté assicurarsi con il dominio di Baghdād e di Mossul anche quello della sovrastante regione montuosa abitata dai Curdi. La superiorità dei Turchi ottomani, affermata da Selīm I con la battaglia di Cialdirān nel 1514, si consolidò nel secolo seguente con la spedizione di Murad IV a Baghdād (1638). Da allora una parte del Kurdistān continuò a dipendere dalla Persia, ma la maggior parte appartenne, almeno nominalmente, all'impero ottomano. In realtà per tutto il sec. XVIII i Curdi mantennero una relativa indipendenza, specialmente nelle regioni di Bitlis, di Harput e Dersim nella valle del Bohtan, sui monti di Hakari e Suleimāniyyah. Invece a Van, Diyarbekir e Mardin il governo ottomano amministrò direttamente il paese. Quando i Turchi si disposero a estendere a tutto il territorio abitato dai Curdi la loro amministrazione, incontrarono la resistenza dei capi locali e dei loro dipendenti, tanto più facili a seguire l'appello alla rivolta dei capi in quanto il governo turco si presentava con la richiesta delle imposte c con l'obbligo del servizio militare. S'aggiunga che la Turchia tentò di sottomettere i Curdi quando il suo prestigio era scosso dalle rivolte avvenute in altre parti dell'impero e specialmente dal movimento autonomo e aggressivo dell'Egitto. Tra i capi curdi ribelli alla Porta si distinse nel 1843 Bedr Khān, capo di potenti tribù della Giazīrah. I suoi figli si ribellarono a loro volta dopo il 1878, cioè in seguito all'indebolimento del governo per la sfortunata campagna contro la Russia; nello stesso tempo un movimento di rivolta fu guidato dallo sceicco ‛Obeidullōh, della confraternita dei Naqshbendī.

Il sultano ‛Abd ul-Ḥamid II sfruttò il sentimento religioso dei Curdi per servirsene contro gli Armeni, che in quel tempo reclamavano riforme e provocavano interventi degli stati europei; non potendo arruolare i Curdi nell'esercito regolare, s'accontentò di formare con essi reggimenti speciali detti, in omaggio al suo nome, ḥamīdiyyeh, e armò bande di guastatori (bilshï-bozuq), che funzionarono nel 1894-95-96 nei massacri di Sāsūn e di altre località abitate da Armeni.

Il contatto con gli Armeni e il naturale amore di libertà diedero origine intanto anche tra gli stessi Curdi ad aspirazioni di autonomia. I primi segni di questo risveglio nazionale datano dalla fine dello scorso secolo; nel 1315 èg. (1898-1899) cominciò a pubblicarsi al Cairo un giornale, il Kurdistān, in curdo e in turco; il giornale fu trasferito a Costantinopoli dopo la rivoluzione del comitato "Unione e Progresso" del 1908 e vi restò fino alla guerra mondiale. Nel 1908, quando si tentò di raccogliere attorno all'ideale dell'ottomanesimo le diverse nazionalità dell'impero, si costituì a Costantinopoli un'"Associazione per l'elevazione e il progresso dei Curdi" (Kürd ta'ālī vetaraqqī gemiyyeti) con la partecipazione del generale Sherīf pascià, del senatore seyyid ‛Abd ul-Qādir (figlio del già nominato seyyid ‛Obeidullāh), e dell'emiro Amīn Bedr Khān. L'attività di questa e di altre associazioni consimili, che fondarono scuole e opere di assistenza per i Curdi, fu ostacolata e compressa bentosto dal comitato "Unione e Progresso". Durante la guerra mondiale migliaia di Curdi furono deportati dai vilâvet orientali, dove costituivano un elemento infido, alla frontiera; alcuni capi furono uccisi e tra essi lo sceicco ‛Abd es-Salām, di Barzān, al quale successe il figlio Aḥmed (ribellatosi al governo ‛irāqeno e obbligato a riparare in Turchia, dove è stato internato, nel giugno 1932). Alla Conferenza per la pace (1919) i Curdi si presentarono con una propria delegazione presieduta dal generale Sherīf pascià a reclamare la costituzione di uno stato curdo indipendente; le loro rivendicazioni si urtarono con quelle degli Armeni e degli Assiro-Caldei tendenti a includere nei loro stati la maggior parte dei territorî domandati dai Curdi; nel Trattato di Sèvres (10 agosto 1920), che regolava le sorti dell'ex-impero ottomano, le potenze si accordarono a stabilire per i Curdi un regime di autonomia suscettibile di evolversi in regime d'indipendenza. Ma si sa che il Trattato di Sèvres non fu riconosciuto dal governo kemalista di Angora, il quale, mentre era impegnato a combattere i Greci in Anatolia, teneva a bada le velleità d'indipendenza dei Curdi fomentate da stranieri e dallo stesso sultanato di Costantinopoli avverso ai kemalisti; questi riuscirono anche a ottenere l'appoggio di parte dei Curdi nella lotta per l'indipendenza. Nel Trattato di Losanna del 1923, che sistemò la questione turca, non si fece parola di autonomia o privilegi da concedersi ai Curdi. Con l'attribuzione del vilâyet di Mossul all'‛Irāq (accordo anglo-turco del 5 giugno 1925) una parte dei Curdi restò inclusa nelle frontiere del nuovo stato.

I Curdi dell'Īrāq hanno continuato per conto loro e talora con l'appoggio dei compagni situati nei confini turchi e persiani ad agitarsi per l'indipendenza o almeno ad opporsi allo stabilimento di amministrazioni regolari; fiaccata la resistenza dello sceicco Maḥmūd di es-Suleimāniyyah (arresosi nel 1923) e fallita la recente rivolta dello sceicco di Barzān, il governo ‛irāqeno sembra essere riuscito a imporre la sua amministrazione nel territorio curdo; esso concede peraltro ai Curdi alcuni privilegi, di cui non godono i compagni della Persia e della Turchia, cioè l'uso del curdo nelle scuole e nei tribunali.

Dei Curdi della Persia si può dire che vivono abbastanza tranquilli sotto il governo di Tehran; anch'essi però sono recalcitranti all'imposizione dell'autorità centrale, specie per quanto riguarda il disarmo delle tribù; spesso capi ribelli si rifugiano sui monti verso il confine turco o mesopotamico, combattendo contro le truppe persiane.

In Turchia il movimento curdo ha avuto più tragici sviluppi negli ultimi anni, in seguito alla decisione del governo di Angora di stabilire nelle provincie orientali p0p0late dai Curdi ordinamenti atti a facilitare la loro assimilazione e a far cessare il sistema fcudale di privilegi lasciato sussistere dal regime ottomano. Sotto l'impulso dei capi che sfruttarono specialmente il sentimento religioso delle popolazioni, aizzandole contro il governo di Angora reo di aver abolito sultanato e califfato e di aver introdotto in Turchia usi occidentali, i Curdi si sollevarono nella primavera del 1925 in tutti i vilâyet orientali, specialmente in quelli di Diyarbekir, Elâziz (Harput), Muş (Bitlis), Siirt, Hakâri, occuparono la città di Diyarbekir, resistettero per alcuni mesi alle forze turche (febbraio-maggio 1925). La rivolta fu domata; molti capi come il senatore seyyid ‛Abd ul-Qādir, che da Costantinopoli dirigeva il movimento, furono arrestati e condannati a morte. Lo sceicco Sa‛īd, anima della rivolta, fu impiccato a Diyarbekir la notte sul 29 giugno insieme con quaranta compagni. Ancora nel 1930 una rivolta curda nel territorio dell'Ararat, estesasi con pr0p0rzioni allarmanti ai vilâyet di Van e di Bayazït, obbligò il governo turco a spedizioni militari e diede motivo a trattative con i Persiani per la definizione di quel tratto di confine, trattative concluse mediante il trattato turco-persiano del 23 gennaio 1932.

La rivolta del 1930 fu guidata da Iḥsān Nūri, ex ufficiale ottomano, e ispirata dall'associazione Khōybūn (khiai, khoi, in curdo "padrone", buon "essere", con il significato di "indipendenza"), fondata nel 1927. L'associazione ha varie sedi all'estero (Damasco, Cairo); ne fanno parte Sherīf pascià, gli emiri Bedr Khān, i figli di Kör Husein; i giornali turchi l'accusano di agire d'accordo con gli Armeni del partito rivoluzionario Tash nak.

Il governo di Angora intanto persegue nel programma di assimilazione dell'elemento curdo; in alcuni casi ha provveduto alla deportazione di tribù verso le provincie occidentali: i vilâyet orientali sono inoltre sottoposti, per un miglior coordinamento, a un Ispettorato generale.

Distribuzione attuale, lingua, usanze. - Da quanto precede appare che i Curdi sono ora distribuiti in tre stati confinanti (Turchia, Persia, Irāq, ciò che spiega la frase che ricorre talora in scritti recenti e designa il Kurdistān come la Polonia del vicino Oriente). Una piccola quantità di Curdi vive entro gli attuali confini della Siria. Non si hanno dati statistici sicuri sulla loro entità numerica. Nel censimento del 1927 in Turchia 1.841.446 persone dichiararono che il curdo era la loro lingua madre. Secondo il censimento del 1922-1924 in Mesopotamia i Curdi sarebbero stati 494.007. Le pubblicazioni di propaganda dei Curdi all'estero esagerano l'entità della popolazione curda facendola arrivare a più di otto milioni, di cui 3.897.000 in Turchia, 3.300.000 in Persia, 749.380 in Mesopotamia, 289.940 in Siria. Secondo le conclusioni della commissione che fece ricerche a nome della Società delle Nazioni per la delimitazione del confine tra la Turchia e la Mesopotamia (questione di Mossul), sembra vicina al vero la cifra di circa tre milioni (un milione e mezzo in Turchia, 700.000 in Persia, mezzo milione in Mesopotamia, un certo numero in Siria e altrove). In Turchia essi sono in numero notevole nei vilâyet di Hakâri, Van, Bitlis, Bayazït, Kars, Erzerum, Erzincan, Elâziz, Muṣ, Diyarbekir, Mardin, Urfa, Siirt. In Mesopotamia i Curdi sono distribuiti a nord di Mossul, ai confini verso la Persia e la Turchia; in Siria vivono specialmente nel territorio a nord-est di Aleppo fino ai configni con l'Anatolia turca; in Persia prevalgono nella parte occidentale dell'Azerbaigian persiano, specialmente a Khōi e a Mākū, intorno al lago di Ŭrmiyah ora chiamato Riẓā'iyyeh, nel territorio di Sawǵbulaq, a sud di esso lungo la frontiera con la Turchia nel territorio propriamente chiamato Kurdistān persiano (medievale Ardilān, territorio di Sennah e a Kirmanshāh). Affini ai Curdi, ma per certi aspetti distinti, sono i Lur, nomadi del Luristān.

La parlata o le parlate dei Curdi appartengono alla famiglia delle lingue iraniche, come il persiano moderno. Nel lessico sono entrate molte parole arabe direttamente o per tramite del persiano moderno e del turco. La maggior parte dei dialetti curdi sono noti con la denominazione indigena di Kurmāngī (Kurmānǵ in molti luoghi sono detti i Curdi stessi); gli studî fatti finora portano a classificare i dialetti curdi in tre gruppi principali: orientale o persiano (Senneh e varî); Kurmāngī orientale (es-Suleimāniyyah in Mesopotamia, Mukrī in Persia); kurmāngī occidentale e settentrionale (Urmiyah ora Riẓāiyyeh, in Persia, Hakâri, Bohtan, Bahdinan, Mardin, Diyarbekir in Turchia). I dialetti zāzā di Dersim (vilâyet di Elâziz) e gurāni dei monti Zagros in Persia differiscono notevolmente dai dialetti propriamente chiamati curdi e costituiscono gruppi indipendenti (recenti studî postumi di Oskar Mann).

Non esiste una vera letteratura curda all'infuori della letteratura popolare parzialmente nota per gli studî di orientalisti europei; non mancano però opere manoscritte in curdo di poesia e d'argomento religioso (ad es., sulle credenze dei Yezīdi). Alcune opere sono state pubblicate; nel 1919 a Costantinopoli fu pubblicato il poemetto Mem u Zin di Aḥmad Khānī (sec. XVII); lo stesso anno a Costantinopoli il curdo Amīn Feiẓī stampò un'antologia Edebiyyāt-i Kürd "Letteratura dei Curdi". Molti Curdi hanno scritto in turco e più in persiano moderno, come il loro storico Sharaf Khān ibn Shams ed-Dīn di Bitlis, che compose nel 1596 un'importante storia del Kurdistān intitolata Sharaf-nāmeh, pubblicata a Pietroburgo nel 1860-62 da V. Véliaminof-Zernof e tradotta in francese pure a Pietroburgo nel 1868-1875 dallo Charmoy.

I Curdi in maggioranza conducono vita nomade o seminomade; sono dediti alla pastorizia e all'agricoltura, attaccati alla casa (māl), che di solito è la tenda e in qualche regione una capanna di pietre a forma d'alveare, e alla tribù (‛ashīret, termine arabo entrato nel turco, in qualche posto in Persia īl, termine turco); l'espulsione dalla tribù è considerata come grande onta. Le tribù sono numerosissime, sottoposte all'autorità di capi (agha, seyyd, sheikh); le più numerose e note nell'Anatolia orientale sono i Gelāli, Ḥaidarānlī, Shādillia, Sheikh Hasanlī, Lāčin, Bālābān, Lōlān, ecc.

Vige in molte tribù il sistema feudale (derebey lik in turco), favorito in antico mediante l'attribuzione ai capi delle rendite di intere regioni con diritto ereditario (ogiaqlīq e yurtluq in turco). Le donne non usano andare velate; la poligamia si riscontrava specialmente tra i capi (in Turchia è ora vietata ma non sembra del tutto scomparsa); come in tutte le popolazioni primitive, è insito nei Curdi il sentimento della vendetta del sangue (tola).

La gran maggioranza dei Curdi sono musulmani sunniti di rito sciafeita, pochi di rito ḥanafita; in Anatolia e Persia vivono anche Curdi sciiti (molti qïzïlbash). Fino al 1925 erano molto diffuse tra i Curdi le confraternite, specialmente quella dei Naqshibendī, e il culto dei santi si confondeva e si confonde ancora con resti di credenze naturistiche. Curdi sono anche i Yezīdi (v.), circa 50.000, che ora si trovano quasi tutti in territorio mesopotamico sul Gebel Singiar, a sud della Turchia, verso i confini della Mesopotamia con la Siria.

V. tavv. XXV e XXVI.

Bibl.: Oltre le opere ricordate nel testo e le opere generali sulla Turchia e la Persia, si vedano i numerosi viaggi e i lavori fondamentali del Lerch, Forschungen über die Kurden und iranischen Nordchaldäer, Pietroburgo 1857-58, e del Jaba, Recueil de notices et recits kourdes, Pietroburgo 1860; tra le descrizioni di viaggi vanno ricordate quelle di G. Campanile, Storia della regione del Kurdistan e delle sette ivi esistenti, di A. De Bianchi (capitano nell'esercito italiano e poi ufficiale ottomano), Viaggi in Armenia, Kurdistàan e Lazistàn, Milano 1863, del Deyrolle, del Layard, del Leclercq, del turco Evliyā Celebi (Siyāhetnāme, III, IV, Costantinopoli 1314-15 èg.). Tra i lavori turchi cfr. Fā'iq Sabrī, Türkiye Coǧrafyasï, Costantinopoli 1929, e Nāshid Haqqī, Derebey re Dersim, Angora 1932. Si veda anche la relazione presentata dalla Commissione speciale per la questione di Mossul (Question de la frontière entre la Turquie et l'Iraq, Soc. des Nations, Rapports, Ginevra 1925). Per la lingua si veda, il Grundriss der iranischen Philologie, I, ii (A. Socin, Die Sprache der Kurden); P. Beidar, Grammaire kurde, Parigi 1926; tra i lavori italiani si ricordi la Grammatica e vocabolario della lingua kurda di M. Garzoni, Roma 1787.

Sui più recenti sviluppi della questione curda è da consultare Oriente moderno, I-XI (A. Giannini, La questione curda, in La Questione orientale alla Conferenza della Pace, I, 1921-22, pp. 72-75); articoli varî in riviste (B. Nikitine, Quelques observations sur les Kurdes, in Mercure de France, I-II (1921), pp. 662-674), e, nonostante il carattere di propaganda, le pubblicazioni della Lega Khoibūn, ad es. Bletch Chirgouh, La Question Kurde, ses origines et ses causes, Cairo 1930.