L'archeologia del Vicino Oriente: Anatolia

Il Mondo dell'Archeologia (2002)

L'archeologia del Vicino Oriente: Anatolia

Paolo Emilio Pecorella

Le ricerche nell'Anatolia preclassica nascono dall'interesse per le culture classiche nell'Ottocento. Il territorio anatolico della Sublime Porta vide numerosi viaggiatori ed eruditi: nel Settecento si possono ricordare, tra i francesi, J. Pitton de Tournefort e J. Otter e, tra gli italiani, l'abate D. Sestini. Tra i viaggiatori della prima metà dell'Ottocento i primi che riportarono effettivamente quello che si celava all'interno di quell'aspra regione furono C. Texier e, in misura più limitata, W.J. Hamilton. In effetti, è al primo che si deve l'accurata descrizione delle rovine di quella che sarà poi riconosciuta come la capitale hittita. La ricerca sul campo nacque peraltro sulla sponda dell'Egeo, per ragioni che si legano al patrimonio culturale tramandatoci dalla cultura classica: H. Schliemann condusse lo scavo di Hissarlik tra il 1870 e il 1878, in contrasto con le opinioni prevalenti che vedevano Troia collocata sul Ballıdağ presso Bunarbaşı; W. Dörpfeld nel 1890 collaborò con Schliemann e quindi lavorò per altri due anni, rivedendo anche i risultati precedenti. La sequenza delle "città", prima sette e poi nove, è in sostanza la prima recuperata al mondo scientifico mediante lo scavo di una collina artificiale, in turco hüyük, ed anche se l'attribuzione del cosiddetto "tesoro di Priamo" ad uno o all'altro strato e della città della "guerra" sono stati oggetto di profonda revisione, l'opera di Schliemann rimane formidabile per i suoi tempi. È proprio in quegli anni che la scoperta in Siria delle cosiddette "pietre di Hama", con una particolare scrittura geroglifica poi identificata come tipica dell'Anatolia della fine del II millennio a.C. e della prima età del Ferro, fece muovere i primi passi alla ricostruzione, corroborata dai dati ricavati dai libri biblici, di una cultura che si doveva trovare sull'altopiano anatolico e nelle sue immediate vicinanze. Nel frattempo, la comparsa sul mercato antiquario di un gruppo di tavolette cuneiformi, dette "di Cappadocia" per la loro provenienza, ed un altro lotto recuperato nella capitale hittita indicarono l'esistenza di una lingua ancora non decifrata, l'hittito. Il francese E. Chantre effettuò alcuni saggi nelle località segnalate da resti monumentali, come Alaca Hüyük e Kültepe, ma senza successo; sarà compito della spedizione che per conto della Orient-Gesellschaft dal 1907 a tutt'oggi opera a Boğazköy (l'antica Khattusha), scoprendo i grandiosi monumenti della capitale, ritrovare lo spettacolare archivio dell'ultimo periodo dell'impero hittita e aprire così la strada verso la decifrazione di questa lingua indoeuropea compiuta nel 1910 dal ceco B. Hrozný. La decifrazione del cuneiforme anatolico e il recupero archeologico delle culture anatoliche posero le basi per l'attività successiva all'interruzione dovuta al conflitto del 1915-18. Il più grande esperimento di scavo stratigrafico venne condotto dall'Oriental Institute di Chicago tra il 1927 e il 1932, ad Alişar Hüyük, dopo che una serie di ricognizioni di superficie aveva permesso un primo censimento dei siti archeologici della regione centrale: lo scavo, condotto prima da E.F. Schmidt e poi da H.H. von der Osten, anche se con alcuni fraintendimenti, pose le basi per una comprensione della sequenza archeologica. Con la fondazione della Società Storica Turca, negli anni tra il 1937 e il 1939, dopo la messa in luce da parte del Makridy Bey dei rilievi della Porta delle Sfingi, ad Alaca Hüyük, R.O. Arik e H.Z. Koşay scoprirono le spettacolari tombe dell'età del Bronzo Antico, aprendo un nuovo panorama per le culture che si ritenevano unicamente di villaggio, gareggiando quindi con i trovamenti di Schliemann a Troia, assegnati adesso al giusto contesto storico. Sia pure con qualche limitazione, tra il 1920 e il 1930, il quadro generale risulta abbastanza completo: vengono esplorate anche aree di interesse apparentemente minore, come la Licia, mentre, tra il 1937 e il 1940, J. Garstang scava Mersin, esponendo una sequenza che va dal periodo di Halaf in poi. L'esplorazione di Tarso, condotta da H. Goldman tra il 1934 e il 1939, e l'esplorazione topografica della Cilicia piana da parte di M.V. Seton-Williams, all'inizio degli anni Cinquanta, completeranno i dati in maniera soddisfacente. L'area occidentale a mezzogiorno della Troade ha visto, alla fine dell'Ottocento, il saccheggio indiscriminato delle necropoli di Yortan; le indagini vennero riprese con qualche successo nel 1939 da K. Bittel a Babaköy e poi da E. Akurgal a Ovabayındır nel 1958. L'altopiano, a partire dalla fine degli anni Quaranta, è ormai un campo aperto alla ricerca archeologica: due sono i siti principali intorno a cui ruota la ricerca: Boğazköy e Kültepe. A Boğazköy sotto la guida di K. Bittel e di P. Neve si completano e si approfondiscono le indagini del grande centro. Nel campo delle culture del II millennio a.C., T. Özgüç indaga alcuni siti minori, come Karahöyük presso Elbistan (1947), poi riprende (dal 1947) metodicamente, coadiuvato da N. Özgüç e da K. Emre, l'esplorazione di Kültepe, definendo la città e la stazione mercantile (kārum) nei suoi rapporti reciproci e in quelli con la Mesopotamia settentrionale. Con lo scavo di un sito apparentemente secondario, Maşat Hüyük, si recupera finalmente la pianta di un palazzo d'epoca hittita, unitamente ad un lotto di tavolette che integrano quelle della capitale. In anni recenti importanti scoperte sono state fatte a Inandık e a Ilgın (Yalburt) da R. Temizer e infine a Ortaköy, identificata con l'antica Shapinuwa (A. Süel, dal 1990). Tra le altre indagini si ricordano quelle effettuate da T. Özgüç ad Horoztepe e gli studi sui materiali di Eskiyapar, che completano le informazioni sulla cultura del Bronzo Antico; lo scavo di Inandık illustra un centro religioso di grande importanza nell'antico regno hittita. Dal 1955 S. Alp esplora il grande centro della pianura di Konya, Karahöyük, e pubblica un corpus di sigilli dell'età del Bronzo Medio, arricchendo quanto, sul versante dei regni indigeni e delle stazioni commerciali assire, va facendo N. Özgüç ad Acemhöyük, nella piana di Konya (dal 1962). Sempre al Bronzo Medio va ascritto il palazzo di Beycesultan, scavato da S. Lloyd e J. Mellaart, che colma una lacuna vistosa per le conoscenze dell'Anatolia occidentale; tra il 1955 e il 1959 i membri della British School of Archaeology portano anche alla luce una sequenza di vitale rilevanza per il Calcolitico e per il Bronzo Antico iniziale, pur senza riuscire a chiarire la situazione storica dell'alta valle del Meandro durante il Bronzo Tardo. La Frigia ha costituito a lungo una regione di grande fascino, specie per i grandiosi monumenti rupestri, noti sin dalla fine del secolo. Dopo il saggio dei fratelli G. e A. Körte nel 1900 a Gordion, solamente nel 1950 la missione americana diretta da R.S. Young ha iniziato l'esplorazione dell'abitato e dei tumuli, con scoperte straordinarie, riportando d'un colpo la cultura frigia alla sua vera complessità e ricchezza. L'esplorazione del ricco territorio è stata effettuata da E. Haspels negli anni Sessanta, derivando l'interesse dai lavori della missione francese diretta da A. Gabriel alla città di Mida negli anni Cinquanta. L'area occidentale, specie il territorio tra la Frigia e la Bitinia, era stata esplorata da K. Bittel con lo scavo di Demirci Hüyük nel 1939; la missione tedesca, diretta da M. Korfmann, tra il 1975 e il 1978 ha ripreso lo scavo su vasta scala, inserendo i vecchi e i nuovi dati in un contesto di documentazione ormai ampio e collegandolo alla importante direttrice oriente-occidente verso la costa; questi interessi hanno spinto la ripresa dello scavo dei siti dell'area di Troia, chiarendone gli aspetti anteriori alla fondazione (Beşik Tepe dal 1983) e poi riprendendo dal 1987 con ampia prospettiva l'esplorazione del sito principale. A mezzogiorno, a Limantepe presso Clazomene, è stata scoperta una fortezza da connettere con le fasi più antiche di Troia (Erkanal, 1983). La Licia è il campo di indagine di M.L. Mellink, che nella piana di Elmalı, con il sito di Karataş-Semayük ha riempito un vuoto nella documentazione, specie per quanto attiene al Bronzo Antico. I periodi più antichi dell'altopiano sono stati indagati da J. Mellaart, la cui attività ha rivoluzionato la conoscenza della preistoria dell'Anatolia: prima lo scavo di Hacılar, tra il 1957 e il 1960, poi quello di Çatal Hüyük, seguito dall'indagine di Can Hasan da parte di D. French. L'esplorazione della regione centrale ha condotto all'individuazione di siti preistorici importanti, quali Köşk Hüyük presso Bor (U. Silistreli, dal 1987), di Aşiklı Hüyük (I.A. Todd), di Suberde (J. Bordaz), di Kuruçay Hüyük (R. Duru), di Nevalı Çori (che ha rivelato complessi rituali funerari neolitici ad opera di H. Hauptmann); questi mostrano lo straordinario sviluppo delle culture indigene a partire dall'VIII millennio a.C., reinterpretate da C. Renfrew come la base della diffusione dell'agricoltura verso l'Occidente e quindi come possibile sede originaria dell'elemento indoeuropeo. Gli anni Cinquanta del XX secolo hanno visto una ripresa delle indagini nell'Anatolia orientale. Dopo l'esplorazione a largo raggio di C.F. Lehmann-Haupt e W. Belck agli inizi del secolo e lo scavo dei Russi durante l'occupazione della regione, T. Özgüç ha portato a compimento alla fine degli anni Cinquanta lo scavo di Altıntepe, rivelando una cittadella fortificata urartea con una necropoli monumentale e una apadāna persiana, mentre Ch. Burney ha perlustrato il territorio e ha registrato le località fortificate urartee (tra cui Zernaki Tepe), prima di portare alla luce il complesso monumentale di Adilcevaz alla metà degli anni Sessanta. Da queste imprese si svilupperanno le ricerche sul regno di Van, al di qua e al di là dei monti Zagros, fino al Lago di Urmia, cercando anche di identificare le componenti delle culture del III (Koşay a Karaz) e del II millennio a.C., poco attestate in territorio anatolico e più evidenti in quello persiano (Ch. Burney). Si ricordano ancora le esplorazioni di A. Erzen a Çavuştepe (dal 1961) e poi della rocca di Van (T. Tarhan e V. Sevin dal 1990) e di quella di Toprakkale, nonché quelle di E. Bilgiç a Kefkales e di K. Balkan a Aznavurtepe presso Pastnos; più tardi C. Işık ha scavato nel 1987 una necropoli urartea ad Habıbuşağı, nell'invaso della diga Atatürk, e poi A. Çilingiroğlu ha indagato l'insediamento di Dilkaya (dal 1987) e di Ayaniş (dal 1991). Lo studio dei dati testuali, così come erano stati interpretati da E. Forrer negli anni Venti anche con la revisione del territorio, è stato ripreso da P. Meriggi, che accanto alla decifrazione del geroglifico anatolico, in parallelo con E. Laroche, ha compiuto una serie di esplorazioni ricavandone numerosi dati utili per la geografia storica e aprendo allo scavo il sito di Malatya (già spogliato dei monumenti della Porta dei Leoni, ora ad Ankara), investigato parzialmente da L. Delaporte negli anni Trenta e da C.F.A. Schaeffer nel 1948. Lo scavo italiano, iniziato nel 1960 da S.M. Puglisi, al quale è succeduta A. Palmieri e ora M. Frangipane, ha portato in luce, oltre ai livelli dell'età del Bronzo Tardo e del Ferro, già noti, un'imponente testimonianza del Bronzo Medio e ancor più del Bronzo Antico e del Calcolitico, con strutture e materiali che attestano l'altissima qualità delle culture di questo periodo e le relazioni con l'ambiente siro-mesopotamico. Un altro sito con una imponente stratigrafia, nell'altopiano centrale, è quello di Topaklı, presso Kayseri (L. Polacco, 1967-73), purtroppo ancora poco noto. Le novità nella regione orientale sono state poi confermate da una serie di iniziative legate alla costruzione della diga del Keban presso Elaziğ negli anni Sessanta: accanto a ricerche particolari, come quelle di K. Kökten sugli insediamenti preistorici e in numerosi siti minori, spiccano gli scavi di Cafer Hüyük (O. Aurenche), di Değirmentepe, (R. Duru e U. Esin), di Han Ibrahim Şah (H. Ertem), di Ikiztepe (U. Esin), di Imamoğlu (E. Uzunoğlu), di Imikuşaği (V. Sevin), di Korucutepe (M.N. van Loon), di Norşuntepe (H. Hauptmann), di Pulur (H.Z. Koşay), di Şemsiyetepe (M. Darga), di Tepecik e Tülintepe (U. Esin). Ne è seguita un'accurata conoscenza delle culture succedutesi in quest'area dell'alto Eufrate. Le ricerche sono quindi continuate con la costruzione della diga Atatürk, sempre sul medesimo fiume ma più a valle, al di sotto di Samosata. Si possono citare a diverso titolo i siti di Ancoz (S. Alp), di Şehremuz (G. Albrecht), di Gritille (R.S. Ellis), di Hassek Hüyük (M.R. Behm-Blancke), di Hayaz Hüyük (J.J. Roodenberg), di Lidar Hüyük (H. Hauptmann), di Kurban Hüyük (G. Algaze) e di Samsat (N. Özgüç), che ancora una volta hanno fortemente modificato le conoscenze della regione e aumentato gli elementi di collegamento con le culture delle pianure siro-mesopotamiche a partire dall'espansione di quella di Uruk. Più oltre, presso Diyarbakır, a Girikhacıhan, P.J. Watson ha rintracciato testimonianze del periodo di Halaf. Negli anni Settanta è stato attivato il progetto di ricerche preistoriche tra le Università di Istanbul e di Chicago: sul campo è tornato J. Breasted, primo animatore delle imprese archeologiche statunitensi nel Vicino Oriente, insieme ad H. Çambel, dapprima nell'area di Aksaray- Nevşehir-Niğde, poi a Çayönü Tepesi presso Diyarbakır, con straordinarie informazioni sulle prime comunità di villaggio, sulla messa a coltura dei cereali e sull'addomesticamento degli animali. Le ricerche nell'Anatolia sud-orientale, al di qua e al di là dell'Amano, hanno portato nel secondo dopoguerra alla scoperta di palazzi con decorazioni scolpite, di grande rilievo per la storia degli stati neohittiti, come è stato il caso di Karatepe (H. Bossert, U.B. Alkım e H. Çambel, dal 1947) e poi di Tilmen Hüyük e di Yesemek, quest'ultimo un grande laboratorio di sculture all'aperto che serviva i palazzi tra Anatolia e Siria settentrionale (U.B. Alkım, dal 1956). Ancora nell'interno lo scavo del Göllüdağ, saggiato da Arık nel 1934, ha permesso a B. Tezcan nel 1969 di scoprire un palazzo che dovrebbe essere uno dei pochi noti nell'importante regione del Tabal, dove si trova il grande rilievo di Ivriz. Recentemente alcune indagini sono state avviate nelle aree a ridosso del confine, a Girnavaz (A. Erkanal, dal 1982), ad Oylum (E. Özgen, dal 1988), a Harran (K. Prag, nel 1959, N. Yardımcı, dal 1983), pur asseverando la pertinenza di queste testimonianze alle culture siriane. Minore impulso hanno avuto le indagini sulla costa della Ionia; tra le località che hanno colmato la lacuna che aveva condotto nel 1948 a descrivere la costa tra Mileto e Fethiye come priva di insediamenti classici va citata quella di Iasos (D. Levi, dal 1960), dove, a parte l'insediamento minoico e miceneo, si trovano una grande necropoli del Bronzo Antico e tracce di un insediamento del Neolitico Tardo che si riallaccia a quello di Hacılar e di Chio (Haghios Gala). Livelli del Bronzo Antico provengono anche dal monticolo del sito classico di Afrodisiade (B. Kadish). Le esplorazioni per i livelli del Tardo Bronzo, a parte quelli noti sin dai primi decenni del secolo di Mileto e di un gran numero di altri siti costieri, tra cui Panaztepe (A. Erkanal, dal 1987), rivelano qualcosa di più di approdi occasionali e mercantili; il legame con le prospicienti isole del Dodecanneso e con Creta si salda al più grande problema della presenza degli Achei in Asia Minore, a Cipro e, in certa misura, anche sulle coste del Levante. Infine, anche le ricerche sottomarine sulla costa del Mediterraneo hanno dato risultati importanti: si ricordano in particolare i ritrovamenti di relitti di navi a Capo Gelidonya (G.F. Bass, 1960) e a Uluburun (C. Pulak, 1987).

Bibliografia

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