L'architettura e l'iconografia costantiniana in Serbia e Bulgaria

Enciclopedia Costantiniana (2013)

L’architettura e l’iconografia costantiniana in Serbia e Bulgaria

Miša Rakocija

L’antichità cristiana fu segnata dalle riforme attuate dagli imperatori Diocleziano (248-305) e Costantino il Grande (306-337). Forte del proprio potere, Diocleziano intraprese alcune iniziative in seguito alle quali la penisola balcanica e le regioni più orientali dell’Impero acquisirono una maggior rilevanza1. Costantino, dal canto suo, trascorse un lungo periodo di tempo a Serdica, poco lontana dalla natale Naisso – all’epoca governata da Licinio – e fondò una nuova capitale dove un tempo sorgeva l’antica città greca di Bisanzio, sullo stretto del Bosforo2. Il regno di Costantino fu di cruciale importanza per la storia dell’umanità, in particolare per la vittoria contro Massenzio e per il cosiddetto editto di Milano – secondo la tradizione promulgato assieme a Licinio nel 313 – che incluse il cristianesimo fra le religioni ufficiali dell’Impero assicurandone pari dignità rispetto alle altre3. Di conseguenza ebbe inizio la costruzione di numerose chiese riccamente affrescate e il culto cristiano divenne più fastoso, espressione di maggiore gloria e opulenza.

Il contesto storico-geografico di Naisso e Serdica in epoca paleocristiana

Due città della Penisola balcanica, Niš in Serbia, e Sofia in Bulgaria, ebbero un ruolo notevole nella vita di Costantino. Naisso (Niš) fu la città natale, e Serdica (Sofia) la roccaforte dove spesso risiedette; tale considerazione è di fondamentale importanza per comprendere i processi artistici che avranno origine sia in Serbia sia in Bulgaria.

Prima del 313 non ci sono tracce che attestino la presenza di comunità cristiane e della loro arte (ars christiana) in quest’area dei Balcani. Fu il clero latino presente a Serdica e a Naisso, a seguito dell’editto di Milano, ovvero nella prima metà del IV secolo, a intraprendere la costruzione dei primi battisteri, chiese, tombe e martyria. Una prova dell’affetto nutrito da Costantino nei confronti delle due città è riscontrabile nei loro patrimoni artistici, che al contempo si intrecciano e si completano. L’arte nata in queste regioni ai tempi di Costantino, così come gli effetti dell’editto di Milano, si propagarono nel Medioevo e oltre, fino all’invasione degli avari e degli slavi. Ecco perché è necessario soffermarsi non solo sulla storia della Chiesa dal IV al VII secolo, ma anche sulla produzione artistica di Niš e Sofia, il cui ruolo fu di estrema importanza per lo sviluppo dell’architettura sacra e dell’iconografia costantiniana in Serbia e Bulgaria.

Durante i primi secoli dell’era cristiana, Naisso e Serdica furono legate dal contesto politico e da decisioni amministrative, oltre che dalla prossimità geografica.

Naisso4, che occupava la zona centrale della Mesia Superiore (Moesia Superior), sorgeva sul crocevia fra le principali strade che collegavano le città del sud (Tessalonica, Scupi, Ulpiana) con quelle più a nord (Singidunum, Viminacium). Sempre da Naisso passava la strada più importante per Costantinopoli, che collegava l’Europa occidentale con il Medio Oriente, e lungo la quale Serdica era la città più fiorente. Secondo Tolomeo, Naisso apparteneva alle terre dei Dardani5; gli autori Olimpiodoro e Ierocle la collocano nella Dacia Mediterranea (Dacia Mediterranea)6. Serdica, invece, era il centro politico e religioso della nuova provincia, che, oltre a Naisso, comprendeva le città di Pautalia (Ćustendil) e Remesiana (Bela Palanka), entrambe sedi vescovili7. Stefano di Bisanzio la credeva una città tracia, mentre Prisco la reputava di origini illiriche (πόλις τῶν ᾿Ιλλυριῶν)8. Secondo Ierocle, le uniche due civitates sulla strada per Gerusalemme erano appunto Naisso e Serdica9.

Durante il regno di Giustiniano I, anch’egli nato vicino a Naisso (nel villaggio di Tauresio)10, l’Impero, ormai convertito al cristianesimo, assistette a una profonda riorganizzazione e a un forte sviluppo politico ed economico. Nel 535, con l’XI delle Novellae Constitutiones, l’imperatore fondò, poco lontano da Naisso, Giustiniana Prima (Iustiniana Prima)11, nuovo arcivescovado la cui giurisdizione comprendeva l’Illiria del nord e l’area orientale della Pannonia Seconda (Pannonia Secunda), limitando così l’influenza del papa su Tessalonica12. Le tensioni vennero in qualche modo mitigate dalla costituzione 131 del 545, anno in cui Costantinopoli riconobbe per la prima volta l’autorità del papa di Roma, seppure per il tramite di un intermediario13. Tale gerarchia all’interno della Chiesa balcanica rimarrà invariata fino alle invasioni degli avari e degli slavi, che nel VII secolo porteranno alla scomparsa di quelle città come della Chiesa cristiana.

L’ascesa di Costantino e le relative conseguenze sulla Chiesa di Naisso e sulla situazione politica

Costantino il Grande nacque a Naisso il 22 febbraio 272/27314. Anche sua madre visse a Naisso (lavorava come stabularia in una locanda), come ricorda l’Anonimo Valesiano: «Hic igitur Constantinus, natus Helena matre vilissima in oppido Naisso atque eductus, quod oppidum postea magnifice ornavit [...]»15. Naisso conobbe un grandioso sviluppo politico, economico e culturale durante il IV secolo, sotto il regno di Costantino: a lui si deve la gloriosa fioritura della città, ma solo in seguito alla vittoria contro Licinio, che la governò prima di lui16. Non abbiamo attestazioni scritte sull’attività architettonica promossa da Costantino, eccetto alcune generiche dichiarazioni di un biografo anonimo che gli attribuisce il merito di averla fatta costruire: «Costantino […] nato e cresciuto a Naisso, in seguito abbellì magnificamente questa città»17. Prisco si recò a Naisso nel 448 e annotò che era stata fondata dall’imperatore: «Dicono che il fondatore fu Costantino, il quale fece costruire una città anche dove una volta sorgeva Bisanzio, chiamandola Costantinopoli dal suo stesso nome»18. Il ruolo di Costantino nella costruzione di Naisso viene però eccessivamente enfatizzato da Stefano di Bisanzio, il quale afferma che l’imperatore la fondò come proprio possedimento: «κτίσμα καί πατρίς Κονσταντίνου τοῦ βασιλέος»19.

Divenuto imperatore, Costantino si recò in visita alla città natale più volte: per festeggiare il proprio compleanno o per redigere documenti legali20. Il suo arrivo (adventus) il 25 agosto del 334 è con ogni probabilità un fatto realmente accaduto, verosimilmente in occasione dei suoi tricennalia e dell’inaugurazione di una statua in bronzo a lui dedicata, la cui testa è stata ritrovata nel 190021.

Poiché Naisso fu la città natale di Costantino il Grande, la sua crescita e il suo sviluppo si legarono inscindibilmente alle vicende dell’imperatore. Niš divenne dunque luogo di comune ritrovo per i regnanti fino alla generazione successiva, tant’è vero che Costanzo, figlio di Costantino, vi si recò per il capodanno del 34122. I figli dell’imperatore Costantino, come anche altri sovrani, la scelsero intenzionalmente come luogo privilegiato per dirimere questioni politiche23 o per esercitare la funzione legislativa. Anche Giuliano l’Apostata contò sulla valenza simbolica di questa città nella lotta contro Costanzo II, facendone la sua roccaforte a metà ottobre del 361. Di qui inviò numerose lettere indirizzate ai vescovi e ai personaggi più influenti dell’Impero24.

Naisso era già una città cristiana, con una propria chiesa e una propria cripta, annoverata tra le martyriopoleis, come confermato anche da alcuni documenti letterari. I nomi dei martiri di Niš non ci sono pervenuti, ma esistono testimonianze della loro esistenza e della loro gloriosa fama25. Verso la fine del IV secolo, un importante pensatore cristiano, san Victricio (Sanctus Victricius), nel suo De laude sanctorum elencò Naisso tra le città più famose che conservavano reliquie di santi. Il vescovo Victricio la definiva una martyriopolis al pari di Costantinopoli, Antiochia, Tessalonica e Roma26. Questa è un’epoca di eccezionale attività per i vescovi di Naisso, che la Chiesa ha debitamente riconosciuto27. Un evento di grande rilevanza per la vita spirituale e per il patrimonio artistico della città fu l’arrivo di sant’Atanasio, su invito del vescovo Gaudenzio, nella Pasqua del 34428.

A quell’epoca Naisso era una fucina di cultura, centro nevralgico della vita religiosa e importante sede episcopale. Stando ai dati in nostro possesso, i vescovi che vi si succedettero sono: Ciriaco, prima del 343; Gaudenzio, nel 343 circa; Bonosio, destituito dalla carica nel 391 circa; Marziano, tra il 404-414; Dalmazio, nel 467 circa; Gaiano, nel 516 circa; Proietto, nel 553 circa. Di recente sono stati scoperti i nomi di due sacerdoti – Germanio e Rustico – e di un diacono, Lupenzio29. La valenza simbolica assunta da Naisso in quanto città natale di Costantino, e la presenza di clero di origine romana, come tradiscono i nomi dei vescovi e dei sacerdoti appena elencati, ebbero notevoli conseguenze sulla vita culturale e sul patrimonio artistico della città. Le prime chiese, martyria, battisteri e tombe di Naisso sono il frutto di tale atmosfera artistica e spirituale.

Serdica: roccaforte costantiniana e quadro storico della città

Serdica fu la capitale della Dacia Mediterranea e la città più grande e famosa sulla strada per Costantinopoli. Nel IV secolo era già un’importante sede vescovile con una forte presenza cristiana, come dimostrato dall’episodio dell’‘abbattimento degli idoli’ nel tempio di Ercole. Tale evento, che ebbe luogo nel 330-331 per ordine di Costantino, la cui residenza sorgeva nei pressi del tempio, rivela la forza e la capacità di organizzazione della Chiesa cristiana locale, appoggiata dall’autorità imperiale. Si sa che, tra il IV e il VI secolo, nove furono i vescovi di Serdica. Il fatto che Costantino abbia passato parte della sua vita a Serdica prima come Augusto e poi come imperatore, in particolare nel periodo che va dal 316 al 330, determinò lo sviluppo della città come roccaforte cristiana. Stando alle ultime ricerche, Costantino dimorò a Serdica otto volte, per lunghi periodi di tempo, e vi emanò circa 43 leggi (atti ufficiali, regolamenti e direttive). Le parole di uno storico anonimo testimoniano il suo attaccamento alla città: ῾Η ἐμή ᾽Ρώμη Σαρδική ἐστίν (Serdica è la mia Roma)30.

Già nel 326 Costantino indirizzò al vescovo Protogene (316-351) un decreto con il quale concedeva ai signori il potere di affrancare gli schiavi all’interno di una chiesa ortodossa, purché lo facessero pubblicamente e di fronte a sacerdoti cristiani, che in seguito lo avrebbero annotato per iscritto31. Protogene, vescovo di Serdica oltre che famoso teologo e autore cristiano, prese parte al concilio di Nicea (325), Tiro, Gerusalemme e Costantinopoli (335-336) e fu capo del concilio di Serdica (342/343). Lo stesso vescovo Ciriaco si trovò sotto la giurisdizione di Protogene32. Su iniziativa dei vescovi occidentali si tenne a Serdica un concilio, divenuto poi di competenza del papa romano33, e che costituì un momento decisivo per la storia del cristianesimo. Durante tale concilio Ario venne condannato per eresia, esito per il quale fu essenziale il contributo di Atanasio il Grande; quella fu l’occasione in cui si palesò per la prima volta la diversa attitudine tra vescovi d’Oriente e d’Occidente. Al vescovo Protogene seguì Silvestro (351), poi Dominione (516 circa), Leonizio (580) – che sulla base delle fonti latine fu arcivescovo – e Felice (594). Felice di Serdica, tuttavia, non volle sottomettersi alla nuova diocesi di Giustiniana Prima, nonostante l’intervento del papa Gregorio I Magno (590-604)34.

L’architettura costantiniana

L’eredità dell’architettura costantiniana

Né le fonti scritte, né i reperti archeologici dimostrano una connessione diretta tra le chiese paleocristiane di Naisso e Serdica e l’attività architettonica promossa da Costantino. Serbia e Bulgaria sono ricche di edifici che potremmo definire rovine o imitazioni dell’architettura sacra costantiniana, quale è possibile riconoscere nelle chiese che Costantino fece adattare alle nuove esigenze del culto cristiano35. Fu proprio questi a impiegare per la prima volta il termine ‘basilica’ per indicare un tempio cristiano, in una lettera a Macario, vescovo di Gerusalemme, dove ordinava la costruzione di una basilica sopra la tomba di Gesù Cristo36. Oltretutto, le opere commissionate da Costantino comprendevano dei martyria, edifici ideati dall’imperatore stesso e da lui per la prima volta costruiti37, oltre che battisteri dalla caratteristica forma denominata ‘ottagono costantiniano’38 – uno dei quali è presente nel sito archeologico di Mediana, nei pressi di Naisso. Tali strutture, facilmente riconoscibili, nei secoli successivi verranno riprodotte tanto in Serbia quanto in Bulgaria, come in tutta la penisola balcanica39. Si prendano ora in esame alcuni esempi di edifici costruiti a Naisso e a Serdica in epoca paleocristiana e in Serbia e in Bulgaria in epoca medievale.

L’architettura costantiniana di epoca paleocristiana a Naisso

Battisteri a pianta ottagonale. I battisteri a pianta ottagonale possono essere considerati un genere architettonico tipicamente costantiniano. L’unico conservatosi in quest’area dell’Impero si trova a Naisso: i primi cristiani della città lo costruirono in una zona periferica, nel sito archeologico di Mediana, tra lussuose ville tardoantiche40. L’edificio consta di due sale per una lunghezza complessiva di 14,6 metri. La sala principale, contenente il basamento di una vasca (fonte battesimale), è di forma ottagonale, e sul lato occidentale è collegata a un abside semicircolare41 – tale sala venne scoperta da Felix Kanic, che la paragonò al battistero paleocristiano di Salona, in Dalmazia42. La struttura, parte di un più ampio complesso battisteriale comprendente anche alcune sale designate per il rito del battesimo43, appartiene alla tipologia a base ottagonale irregolare44, più frequente in Occidente, soprattutto a Milano e nel Nord Italia, più rara in Oriente. A partire da questa regione ne troviamo lungo la costa adriatica e nella porzione occidentale della Penisola balcanica, dove sorge Niš. Il battistero di Salona, noto come battistero degli Ariani, con pianta esterna ottagonale e pianta interna circolare, risale all’inizio del VI secolo45. L’edificio, che fa parte del complesso della basilica eufrasiana di Poreč (550), è un ottagono regolare46. L’origine e la diffusione dei battisteri a pianta ottagonale nell’Italia del nord, in Dalmazia e, come abbiamo visto, nella regione che si estende fino ai Balcani occidentali – ovvero Naisso – va ricollegata ai mausolei romani di questo tipo, ai quali essi si ispirano. La somiglianza tra i battisteri ottagonali e i mausolei di Roma è ormai nota e accettata dagli studiosi, soprattutto se pensiamo al mausoleo di Costantina (Santa Costanza), figlia di Costantino, vicino alla chiesa di S. Agnese, la cui forma si diffuse in tutto il Nord Italia e nel resto dell’Europa occidentale47. Un esempio più vicino alla Penisola balcanica, è il mausoleo di Diocleziano a Spalato48, che potremmo definire il prototipo di tutti i battisteri della Dalmazia. Lo stesso principio sotteso alla costruzione del battistero di Mediana spiega la presenza del mausoleo numero 1 a pianta ottagonale di Gamzigrad, non lontano da Niš49.

Fu Ambrogio a spiegare il significato della pianta ottagonale del battistero di Milano come simbolo di vita nuova, e la somiglianza tra i due edifici sta proprio nel fatto che entrambi evocano lo stesso concetto: il mausoleo rappresenta la resurrezione, la vittoria della vita sulla morte; il battistero è simbolo di liberazione e di rinascita a vita nuova dopo il battesimo. Tale è l’elemento che accomuna mausolei, battisteri e martyria, le cui forme architettoniche si influenzarono reciprocamente. Il mausoleo di Gamzigrad e il battistero di Mediana, del resto, ne sono ottimi esempi.

Mausolei come quello di Santa Costanza si sono diffusi in tutta Italia valicandone i confini a nord e a est. Durante il regno di Costantino assistiamo alla costruzione del battistero lateranense, la cui pianta ottagonale verrà poi definita ‘ottagono costantiniano’. Verso la fine del IV secolo, il battistero a pianta ottagonale – una tipologia di edificio divenuta ormai standard, secondo le parole di Krautheimer – si diffuse a partire da Roma e Milano fino in Provenza, a Ravenna e in Dalmazia. Tale fenomeno fu favorito anche da Ambrogio, che fece erigere a Milano un battistero ottagonale contenente un fonte battesimale sempre ottagonale, e accennò in un’iscrizione alla valenza simbolica di tale forma50.

Il battistero lateranense presenta inoltre un basamento ottagonale tipico dei mausolei romani come quello di S. Costanza. Possiamo quindi concludere che, ispirandosi originariamente al mausoleo tardoantico, l’ottagono costantiniano si diffonde verso est lungo la costa adriatica. Come il mausoleo di S. Costanza fu un modello per i battisteri di Milano e del Nord Italia, così il mausoleo di Diocleziano ispirò la costruzione dei battisteri ottagonali di Salona e Poreč. La presenza, nelle vicinanze, del mausoleo numero 1 di Gamzigrad, costruito da Galerio a imitazione di quello di Diocleziano, non fu meno determinante per la scelta della forma dei battisteri di Naisso, Salona e Poreč.

La vicinanza del mausoleo di Romuliana a Gamzigrad fu di estrema importanza tanto per i costruttori quanto per i committenti del battistero di Mediana, che, con ogni probabilità, provenivano dall’Italia, in quanto i battisteri di Salona e Poreč riecheggiano nelle forme il mausoleo di Diocleziano.

I battisteri che presentano ‘l’ottagono aureo costantiniano’51 si diffusero a partire dal Nord Italia verso la costa della Dalmazia e raggiunsero infine Naisso. Quello di Mediana è l’esempio che nei primi secoli della cristianità le forme architettoniche non si diffondevano semplicemente da est verso ovest, ma anche in direzione opposta, arricchendo i patrimoni storici e culturali delle varie città, specialmente nelle zone limitrofe. Dal Nord Italia hanno attraversato l’Istria e la Dalmazia fino ai Balcani occidentali e oltre, se consideriamo che battisteri simili sono stati ritrovati anche in Turchia e in Tunisia52.

L’inatteso ritrovamento di un battistero a pianta ottagonale a Naisso, piuttosto atipico in questa zona dell’Impero, può tuttavia essere spiegato dagli eventi storici53. Naisso era sotto la giurisdizione del papa di Roma, più precisamente del vescovo di Milano, fino al VI secolo54. A quell’epoca la città di Naisso, i suoi vescovi e i suoi sacerdoti, tutti con nome latino, guardavano molto più a Occidente che a Oriente. Non solo le idee concepite sotto il forte influsso dei cristiani d’Occidente, ma anche il loro antico patrimonio artistico sono riconoscibili negli affreschi delle tombe di Naisso55, mentre i mosaici mostrano un legame con la regione adriatica56. È probabile che queste stesse idee, attraverso vescovi e sacerdoti latini, si siano tradotte nelle forme architettoniche delle chiese, delle tombe e dei battisteri costruiti tra la seconda metà del IV secolo e l’inizio del VII. Il battistero di Mediana è una testimonianza significativa della varietà e della diffusione dell’architettura sacra di tipo costantiniano nei Balcani occidentali.

Basilica con martyrium. A Jagodin Mala, quartiere urbano di Niš, è possibile vedere un monumentale martyrium con annessa basilica sul lato orientale. Il martyrium può essere annoverato nell’insieme dei mausolei di medie dimensioni noti come memoriae57, le tombe dei martiri, ‘luoghi sacri’ (loca sanctorum) dove originariamente veniva celebrato il loro culto58. La basilica si trova vicino all’ingresso del cimitero cittadino, così come la chiesa di S. Ambrogio è vicina al cimitero di Milano59. Il martyrium ha pianta rettangolare ed è coperto da una volta a botte in mattoni. L’interno è diviso in quattro ampie nicchie (arcosoli) nelle quali venivano posti i defunti, ognuna sigillata da una grossa lastra di pietra. Sulla parte frontale di quanto rimane del parapetto troviamo incisa la figura di un pesce, mentre sul fianco compare una croce. La parete occidentale racchiude tre nicchie, di cui quella centrale è la più ampia ed è organizzata come un altare. Sopra l’abside decorato è presente una finestra (fenestella) attraverso la quale è possibile venerare le reliquie mantenendo il contatto visivo.

All’epoca della sua scoperta, fu rinvenuto al centro del martyrium un basamento rettangolare: il posto d’onore di fronte all’abside60. Sopra il basamento rivestito di pietra si nota un ciborio61. Ci si sarebbe aspettati di trovare sotto il ciborio un’urna contenente le reliquie del martire (pignoria), come nella chiesa di S. Demetrio a Tessalonica62 e in quella di Ohrid63, a Salona64 o a Roma. Cibori come quello si possono trovare anche tra le tombe e le reliquie dei martiri nelle catacombe di Roma (Catacombe di Domitilla)65. Le reliquie dei martiri o alcune iscrizioni in loro onore venivano spesso collocate nei controabsidi della basilica-martyrium; ma in Africa e in Tunisia (Santa Dormizione) le troviamo di fronte ai presbiteri66.

Una scalinata conduce dal martyrium alla basilica, attraverso un’apertura – chiusa da una lastra di pietra – nel pavimento dell’esonartece di una basilica costruita successivamente. Ai lati dell’ingresso, tra le sezioni del fregio ad archi, alcuni mattoni disegnano un romboide: la porta che conduce al giardino dell’Eden, simbolo di rinascita e resurrezione67. I martyria sono essenzialmente degli edifici che celebrano la resurrezione dei martiri68: gli interni e le decorazioni riflettono dunque questo scopo.

La basilica annessa è di tipo ellenistico69, con un naos composto da tre navate terminanti in un ampio abside semicircolare, un piccolo nartece e un esonartece, e a giudicare dalle proporzioni è di scuola greca70. L’edificio era collegato alla parete orientale del martyrium ed era allineato perfettamente al suo asse. È stata costruita alternando pietra e mattoni secondo una tecnica tipica delle chiese costantinopolitane di V secolo71. All’interno del naos, delle colonne in pietra separano la navata centrale da quelle laterali. Il nartece si divide in due camere, di fronte alle quali si trova un piccolo spazio avente la funzione di esonartece. Nella parte sud-orientale del nartece, di particolare interesse, troviamo tre arcosoli (arcosolium I, II, III), mentre la parte rivolta a sud è adiacente a una stanza quadrata, probabilmente un diaconion. Le numerose tombe all’interno della basilica ne evidenziano il carattere funebre.

Altre basiliche a Naisso. Gli scavi archeologici compiuti a Niš hanno portato al rinvenimento di una decina di basiliche, quattro delle quali nel cimitero cittadino. La più interessante è un edificio del XII secolo a nord della necropoli, sulla quale venne poi eretta la chiesa di S. Pantaleone. La basilica è composta da tre navate e da un piccolo nartece, con una stanza adiacente alla parete sud, ed è simile a una chiesa poco distante dotata di martyrium, costruita probabilmente nello stesso periodo, ovvero nella seconda metà del V secolo. Anche la basilica paleobizantina a sud della città è a tre navate, e diversi studiosi ipotizzano che si possa trattare della cattedrale di S. Procopio, che custodiva le reliquie del santo almeno finché non venne obliterata dalla chiesa di S. Nicola72. Gli scavi archeologici dimostrano che la cattedrale originale fu costruita nel IV o nel VI secolo. Si tratta di una monumentale basilica a tre navate, con un piccolo nartece e imponenti colonne in pietra tra una navata e l’altra73.

Altro edificio che merita di essere ricordato è la basilica paleobizantina di Knez Selo, un piccolo villaggio vicino a Niš, parte del sito archeologico denominato ‘la Chiesa greca’. Si tratta di una basilica a tre navate e due file di colonne che fiancheggiano l’ingresso occidentale del naos. Vicino al villaggio di Miljkovac, nel sito archeologico di Gradište, si è conservato un abside dotato di synthronon, ulteriore prova che in epoca paleobizantina gli absidi erano presenti non solo nelle chiese vescovili, ma anche in quelle più piccole dei villaggi e delle cittadine fortificate.

Recentemente è stata scoperta vicino al villaggio di Ostrovica, nel sito archeologico della chiesa di S. Arcangelo Gabriele, una basilica paleobizantina a tre navate la cui struttura comprende una tomba con volta a botte di epoca tardoantica74.

Un edificio particolarmente significativo nella storia dell’architettura paleobizantina è la monumentale basilica (37x16 metri) a tre navate rinvenuta nel 1882 nel villaggio di Ćurlina, non lontano da Niš75. Da un disegno presente in un manoscritto sappiamo trattarsi di una basilica a tre navate separate da colonne in mattoni, dotata di portico e nartece. Sul lato est, ogni navata termina in un abside, mentre quella centrale si allunga per ospitare i posti a sedere riservati ai vescovi – il synthronon. L’altare è separato dal naos da due colonne in granito grigio-verde. Costruita in mattoni, questa basilica ricorda la chiesa vescovile della città dell’imperatrice76. La basilica di Ćurlina appartiene alla tipologia di chiese con pianta a croce iscritta in un rettangolo, tipiche dell’epoca giustinianea e semigiustinianea. Questa tipologia di chiese, in genere, aveva la funzione di martyrium77.

L’architettura costantiniana di epoca paleocristiana a Serdica

A seguito della pace religiosa del 313 ebbe inizio la costruzione di chiese, martyria, battisteri e tombe, che si esaurirà nel corso del V e VI secolo. Nella parte orientale della necropoli di Serdica sono state scoperte circa una settantina di tombe in mattoni con volta a botte. Il martyrium sottostante la chiesa di S. Giorgio risale al IV secolo78. La forma simbolica dell’ottagono venne scelta dai cristiani di Serdica anche nell’adattare alle nuove esigenze l’edificio a nord della rotonda di S. Giorgio, e la rotonda stessa79. Una tappa importante per lo sviluppo delle chiese paleocristiane in Bulgaria è costituita dall’imponente basilica a tre navate, un transetto e un nartece dedicata a santa Sofia a Sofia. Sul punto in cui navate e transetto si incontrano, sorge una cupola. L’edificio presenta elementi architettonici paleocristiani e paleobizantini e, in quanto prototipo ancora imperfetto di basilica con cupola e transetto, risale probabilmente all’epoca giustinianea, ovvero al VI secolo80. La basilica numero 1 e quella in via Băkston a Sofia sono entrambe composte da tre navate, un abside e un piccolo nartece81. Fino al VII secolo Sofia assistette alla costruzione di basiliche di tipo ellenistico, simili a quelle di Niš e dell’area balcanica.

Le province dei Balcani occidentali, Serdica compresa, restarono sotto il controllo della Chiesa romana fino alla fine del V secolo, quando divenne più forte l’influsso di Costantinopoli e di Tessalonica. In quel periodo le chiese venivano costruite per rispondere alle esigenze della liturgia, come è riscontrabile in quelle erette a Serdica e a Naisso nello stesso periodo. Risale a quell’epoca la costruzione, in Bulgaria, di basiliche a tre navate (con colonne in pietra o mattoni a sostegno dell’architrave e degli archi), dotate di nartece ed esonartece, di fronte al quale non vi è più l’atrio colonnato. La superficie lignea del tetto garantiva una maggiore illuminazione mentre l’abside era sormontato da una cupola. L’abside era collegato alla navata centrale da un arco di trionfo simbolo della vittoria di Cristo. All’intero complesso basilicale è spesso annesso un battistero con pianta a croce o un tetraconco. Prevalgono le basiliche di tipo ellenico, spesso imponenti quanto quelle di Roma e Ravenna82.

Naisso (Ναΐσσος) e Serdica in epoca paleobizantina

Nel periodo di guerra, povertà e tensioni politiche e religiose che seguì, vennero compiuti sforzi notevoli per contenere le spinte distruttive. Atanasio I (513-518) cominciò per primo la ricostruzione delle fortificazioni delle città balcaniche, e nella stessa direzione proseguì poi Giustiniano (527-565)83. È proprio a questi, nato in Dardania non lontano da Naisso, che possiamo attribuire il merito della prima – e allo stesso tempo ultima – grande restaurazione di Naisso e di Serdica84. La ricostruzione delle città e delle loro fortificazioni ci è nota grazie a Procopio. Considerato lo stato di degrado delle mura cittadine85, Giustiniano decise di rinforzarle rendendole invincibili. Nota Procopio: «Avendo visto che il tempo aveva danneggiato le mura di Naisso e di Serdica, così come quelle della Germania e della Pautalia, le fece fortificare rendendole inespugnabili dai nemici»86. La restaurazione delle mura della Naisso romana è stata confermata archeologicamente dalla scoperta di una cinta muraria di minore diametro. Non abbiamo notizie inerenti la costruzione di edifici sacri da parte di Giustiniano, ma è molto probabile che egli abbia concentrato i propri sforzi nella fortificazione delle mura difensive resa necessaria dall’incombere di minacce esterne. Fino alla fine del VI secolo, le incursioni da parte di altri popoli sembravano più che altro scorribande di eserciti di passaggio, e non prevedevano azioni di assedio vere e proprie87. Ma tra il 615 e il 618 gli avari, spalleggiati dagli slavi, conquistarono Naisso e Serdica, come testimoniato nelle Meraviglie di Demetrio di Tessalonica88, che afferma che gli abitanti abbandonarono le città e cercarono rifugio a Tessalonica: «Altri, ancora, dalle popolazioni di Naisso e di Serdica (ἀπὸ Ναΐσσου καί Σαρδικής), in quanto avevano già visto l’assedio della città [da parte di avari e slavi] dissero con le lacrime agli occhi: “Siamo fuggiti da là per venire qui a morire con voi; perché basta che lancino un sasso per far crollare le nostre mura”».

Gli antichi fasti delle romane Naisso e Serdica erano venuti meno. Gli abitanti erano fuggiti e gli invasori non erano in grado di mantenere e sviluppare un ambiente urbano. Ma dopo quasi tre secoli di tenebra, una nuova spinta religiosa nacque dalle ceneri di queste antiche città, in cui gli slavi erano ora la popolazione dominante. La memoria del passato tramandata dalle rovine dei templi antichi andò intrecciandosi con gli stimoli artistici provenienti da Costantinopoli e Tessalonica. L’eredità dell’architettura costantiniana rivisse nelle province – Serbia e Bulgaria comprese – soprattutto grazie a edifici ispirati alle antiche basiliche. Mentre nei principali centri culturali queste erano ormai considerate una forma di edificio obsoleta, in Serbia e in Bulgaria continuavano a fiorire.

Fino all’ascesa al trono di Giustiniano la basilica era stata l’edificio sacro più diffuso sia in Oriente sia in Occidente. Le opere architettoniche commissionate da Giustiniano determinarono l’abbandono della basilica – e di conseguenza dell’architettura costantiniana tardoantica – e la nascita dell’architettura bizantina89.

L’architettura costantiniana di epoca medievale in Serbia

Nonostante Giustianiano prediligesse edifici a pianta centrale sormontati da una cupola, nella città da lui fondata, Giustiniana Prima (Caričin Grad), continuava la costruzione di diversi tipi di basilica, che non mancarono di influenzare l’architettura serba e bulgara. Rispetto alle chiese dei tempi di Giustino I e Giustiniano, la prothesis e il diaconion vennero spostati verso est, rispettivamente a nord e a sud del presbiterio, e la zona dell’altare venne suddivisa in tre parti, cosa che costituisce la principale differenza rispetto alle chiese costantiniane. Le forme semplici e imponenti della basilica suscitavano nella popolazione ammirazione nei confronti di Dio e dell’imperatore, e perpetuavano il ricordo di un passato glorioso. A Giustiniana Prima, all’interno dell’acropoli, è possibile ammirare la chiesa vescovile, un’imponente basilica a tre navate e tre absidi, un atrio e un nartece, collegata attraverso un portico al battistero rinvenuto a sud del diaconion. La chiesa ha pianta simile a quelle erette durante il regno di Giustiniano, come per esempio la basilica di S. Apollinare in Classe a Ravenna (532-36)90: elementi di continuità sono ravvisabili nelle tre navate, nell’abside sovrastante l’altare fiancheggiato dal diaconion e dalla prothesis, nel nartece e nell’atrio. Il battistero ha pianta tetraconca, tipica di questa regione.

La basilica con cripta presenta invece un naos a tre navate sotto al quale si apre una cripta con nartece collegato all’atrio. Tali caratteristiche la accomunano alla basilica con martyrium di Naisso, dove venivano sepolti i vescovi e i cittadini più illustri. In fondo all’acropoli si ha una basilica di dimensioni più modeste, composta da tre navate, un nartece, due pastofori, un portico aperto e delle colonne con stilobate in mattoni: questo è l’edificio strutturalmente più simile, alla basilica di Naisso. Forse la chiesa più rappresentativa della città dell’imperatrice è la basilica con transetto (45×18,5 metri). L’edificio è composto da tre navate, un nartece e un atrio con portico su tre lati. Il transetto di fronte all’abside è costituito dai bracci laterali che fuoriescono dal naos, come quelli adiacenti all’atrio appartenenti al diaconion e alla prothesis. La chiesa nel vicino villaggio di Svinjarica è una basilica a tre navate, con colonne munite di stilobate in mattoni e un nartece con attigue sale quadrate.

Le basiliche che sorgono nella città dell’imperatrice e nei territori circostanti, che potremmo definire di tipo ‘greco’, rappresentano uno stadio intermedio tra le basiliche ‘standard’ dei tempi di Costantino e quelle di tipo ‘bizantino’: queste ultime sono tipiche di Costantinopoli e dell’area di sua diretta influenza, mentre quelle di tipo ‘greco’ sono più antiche e presenti soprattutto nelle periferie dell’impero. Gli elementi distintivi degli edifici sacri di tipo ‘bizantino’ sono facilmente riconoscibili nella basilica e nella relativa acropoli sopra citate, ma anche nella chiesa di Ćurlina, come conseguenza dei mutamenti delle pratiche liturgiche91. L’eleganza delle basiliche della città dell’imperatrice si rifletterà negli edifici sacri dell’epoca e in quelli futuri di tutta la Bulgaria92.

Chiese di pianta basilicale, costruite secondo la tradizione architettonica paleobizantina, compaiono nuovamente in Serbia durante il rinnovamento del domino bizantino e, a un grado molto più elevato, nella Bulgaria preslava sotto il regno dello zar Samuele93. Tale ritorno, in tarda epoca bizantina, è da cercarsi nel desiderio del regnante di conquistare l’appoggio della popolazione proponendo una forma di edificio semplice, e, al tempo stesso, di paragonarsi ai grandi imperatori Costantino e Giustiniano94.

Dopo la restaurazione dell’impero bizantino, riprese la costruzione e il recupero di basiliche, sebbene questa regione non fosse sotto il diretto controllo di Bisanzio: lo dobbiamo al principe Stefano Nemanja, che recuperò la già citata basilica di S. Pantaleone (1185-1190). Anche quella di S. Procopio, a Prokuplje, non ancora adeguatamente studiata, risale a questo periodo95. Mentre Costantinopoli cominciava ad abbandonare le basiliche di ‘vecchio stile’ per i nuovi edifici sormontati da cupole, a Naisso e in tutta la Penisola balcanica vennero erette chiese simili a quella di S. Pantaleone, che ricalcavano in tutto e per tutto la struttura paleobizantina sulla quale erano state costruite. La volontà del principe Stefano Nemanja di spostare a Niš la capitare della Serbia96 rivela e conferma il fatto che i sovrani desideravano paragonarsi a Costantino e a Giustiniano anche attraverso la costruzione di basiliche ‘vecchio stile’.

A Prizren, Serbia, dove ora sorge la cattedrale di Nostra Signora di Ljeviš, fu costruita, nel IX secolo, sopra le rovine di un tempio paleocristiano, una basilica che divenne sede episcopale nel 1019. Si tratta di una chiesa di notevoli dimensioni, a tre navate, con un portico antistante il nartece e un naos allungato terminate a est in tre absidi. Nella sezione ovest della navata centrale troviamo un tribelon che sorregge la galleria, mentre le navate laterali sono prive di un secondo livello. Il complesso è costruito in pietra e materiali recuperati da edifici precedenti. Nel 1307, re Milutin fece costruire la chiesa di Nostra Signora di Ljeviš sopra l’edificio già esistente97.

Negli anni 1067-1071, a Staro Nagorčino, vicino a Kumanovo, venne eretta una basilica sulla quale fu costruita nel 1313, sempre dal re Milutin, la chiesa di S. Giorgio: un edificio con pianta a croce e cinque cupole. La struttura originaria era una grande basilica a tre navate e un solo abside, con un ulteriore livello sopra l’esonartece e, probabilmente, anche le navate laterali. Ciò che la distingue dalle altre chiese erette in Bulgaria in quel periodo è l’interno a volta culminante in un abside, e l’utilizzo, come materiale da costruzione, di pietre finemente cesellate. Quest’ultimo elemento tradisce gli influssi dell’arte romanica, specialmente quella proveniente dalla costa adriatica, dove si trovavano le cave che rifornivano di pietra le regioni interne dei Balcani98.

In linea generale possiamo dire che re Milutin manifestò la tendenza a erigere nuove basiliche sulle rovine di chiese paleocristiane. Alla fine del XV secolo, tuttavia, anche la Serbia abbandonò la forma della basilica e cominciò a elaborare uno stile nuovo, che caratterizzerà l’architettura medievale.

L’architettura costantiniana di epoca medievale in Bulgaria

A partire dall’811, il popolo bulgaro si espande verso ovest e verso sud al fine di scacciare gli invasori bizantini, sottomettere le popolazioni slave e formare un nuovo potente regno. Fu solo nel 1018 che Bisanzio, sotto la guida di Basilio II detto Bulgaroctono (‘uccisore di bulgari’) riuscì a conquistare il primo impero bulgaro. Quest’ultimo, convertitosi al cristianesimo nella seconda metà del IX secolo, era continuamente in lotta contro Bisanzio, ma al tempo stesso, come tutte le altre popolazioni dei Balcani, era affascinato dalla sua cultura. La sottomissione dei bulgari e delle altre popolazioni slave, assieme al processo di ‘bizantinizzazione’ e cristianizzazione, influenzò non poco la produzione artistica di questa regione99. Nel corso del VI secolo comparvero in Bulgaria basiliche dall’antica forma elegante simili a quelle della città dell’imperatrice100. Ne è la prova il fatto che la seconda fase della costruzione della basilica di Pirdop è simile a quella della basilica vescovile di Caričin Grad. Non è facile individuare degli elementi originali nelle basiliche erette in Bulgaria tra il VII e l’VIII secolo. Il primo impero bulgaro, che giunse a occupare le odierne regioni di Bulgaria, Macedonia e Serbia sud-orientale, non concepì innovazioni architettoniche per tutto il IX, X e XI secolo, e pertanto non assistette alla nascita di uno stile locale originale. L’architettura sacra si concentrò principalmente nelle due capitali dell’impero: Pliska (dal 681 al 893) e Preslav (dall’893 al 972). Ai tempi della Grande Bulgaria, la struttura architettonica più diffusa era la basilica, con colonne imponenti, archi poco elevati e tre grandi absidi101. Le più famose sono la grande basilica di Aboba-Pliska, la chiesa di S. Achille a Prespa e Santa Sofia a Ohrid.

Tra la fine del IX secolo e per tutto il X e XI secolo, la Grande Bulgaria assistette al sorgere di basiliche di dimensioni notevoli, ispirate a quelle che Giustiniano aveva costruito nelle province balcaniche e dalle quali, conseguentemente, non è facile distinguerle. Quanto detto vale anche per la magnifica chiesa di Aboba-Pliska, sede vescovile, probabilmente costruita subito dopo la cristianizzazione della popolazione locale sotto l’influenza bizantina, e ritenuta di notevole interesse per gli elementi architettonici (i pastofori) e i materiali da costruzione. A Pliska, vicino alla grande basilica vescovile, vennero costruite due chiese di corte, e altre nove a forma di basilica. Fatta eccezione per la basilica vescovile, gli altri edifici sono di pianta più piccola e piuttosto simili fra loro, con pilastri uniti da archi che non seguono la disposizione delle nicchie pseudoportanti102.

A Preslav e nelle zone limitrofe, sono state scoperte sette chiese, tutte a forma di basilica. La basilica, detta Gebeklise, composta di tre navate e dalle spesse mura massicce, è stata datata tra la fine del IX e l’inizio del X secolo. Molto simile è la basilica sottostante la chiesa di Tuzlalk, a est di Preslav, e la Chiesa numero 4 nella valle di Beli Breg. L’antica chiesa arcivescovile di Nesebăr è composta da tre navate terminanti in altrettanti absidi semicircolari, e risale probabilmente al IX-X secolo. Il gusto per la decorazione, che si traduce nell’uso di mattoni, accomuna questa chiesa alle basiliche in Castoria, Epiro, Grecia e Macedonia103.

La ‘Grande chiesa’ di S. Achille (45×23), vicino al lago Prespan, differisce dalle precedenti in quanto ha una pianta ellenistica allungata, un diaconion e una ‘proscomidia’ a forma di croce, delle gallerie su colonne di pietra ai lati delle navate e un abside a volta; inoltre presenta un tetto ligneo grazie al quale sappiamo essere stata costruita nel 1002. Tali elementi architettonici la accomunano all’antica chiesa arcivescovile di Mesevrija. La basilica di Sant’Achille è un ottimo esempio di basilica ellenistica arcaica, e testimonia della capacità di sopravvivere delle basiliche paleocristiane104.

La chiesa di Santa Sofia a Ohrid, del IX secolo, è una basilica bizantina di forma compatta e dalle mura massicce, probabilmente percorse da gallerie. L’edificio non solo presenta numerosi tratti in comune con la chiesa di S. Giovanni Battista (X-XI secolo) a Nesebăr (Mesevrija), sulla costa del mar Nero, ma anche con altre chiese della Grecia continentale105.

Mentre Costantinopoli già guardava a edifici sormontati da cupole, i sovrani bulgari mostravano una certa tendenza a recuperare le basiliche come modo per paragonarsi a Costantino e a Giustiniano106. La produzione architettonica promossa dal clero latino inviato dal papa tra il IX e il X secolo è altrettanto significativa. I latini cercarono in tutti i modi di respingere il clero bizantino e ribattezzare la popolazione bulgara. Non sorprende che i sacerdoti latini abbiano costruito basiliche come segno riconoscibile della presenza dell’Impero romano d’Occidente107.

In questa regione l’architettura di epoca tardomedievale, dal XII al XIV secolo, ovvero durante il secondo impero bulgaro, assume invece un aspetto tipicamente bizantino. Ispirandosi ora alla tradizione e al patrimonio artistico di Bisanzio, le basiliche divennero sempre più rare; le più importanti sono quelle di Pliska, Preslav, Prespa e Ohrid. Questi edifici si compongono tutti di tre navate e altrettanti absidi, con mattoni a vista dipinti a creare un effetto policromo. Questi elementi si ritrovano anche nella chiesa di S. Nicola a Melnik (XII-XIII secolo), nella chiesa dei Ss. Quaranta Martiri di Trnovo e in quella nei pressi del villaggio di Ljutibrod (Vračansko)108.

L’architettura costantiniana medievale in Serbia e Bulgaria

Nel IX e X secolo, durante il processo di nascita e formazione dei regni di Serbia e Bulgaria, si sviluppano delle forti tensioni artistiche che influenzeranno l’architettura balcanica. Più precisamente potremmo dire che l’architettura serba e bulgara tra il X e la metà del XII secolo è una terra di mezzo tra Oriente e Occidente. Fino a tutto il XV secolo, l’architettura bulgara adotta stilemi tipici dell’architettura bizantina. Tra il XII e il XV secolo, comincia a delinearsi un’architettura serba originale, che prende le distanze dalla basilica costantiniana e guarda agli edifici a cupola di Bisanzio. È interessante notare che la basilica, retaggio dell’arte costantiniana, tornerà a rivivere nell’architettura serba e bulgara del XIX secolo, seguendo uno stile sostanzialmente identico a quello delle basiliche bizantine, con file di colonne che separano le navate dalle tribune.

L’iconografia costantiniana

L’iconografia costantiniana paleocristiana, in Serbia e in Bulgaria, è rappresentata emblematicamente dall’insegna di Costantino: il monogramma di Cristo. In epoca bizantina e postbizantina, invece, consiste essenzialmente nella rappresentazione degli imperatori Costantino ed Elena con in mano la croce e in rari episodi della vita di Costantino.

L’iconografia costantiniana di epoca paleocristiana a Naisso

L’arte costantiniana è l’origine da cui si svilupperanno l’arte e l’iconografia cristiane in generale. Il cambio dei tempi può essere facilmente riconosciuto nella testa della statua di bronzo dell’imperatore a Niš. La testa dell’imperatore (alta 36 centimetri) presenta tracce di vernice dorata e apparteneva a una statua a grandezza naturale eretta con ogni probabilità nel foro cittadino. I lineamenti del volto le conferiscono un aspetto nobile e paradigmatico109. Realizzata in un periodo di trasformazioni spirituali, l’opera rivela un nuovo approccio alla persona dell’imperatore, riscontrabile nel modo in cui egli è ritratto110. Costantino, riverente nei confronti del glorioso passato dell’impero, volge lo sguardo verso la nuova era che il cristianesimo aprirà.

Tra i dipinti che decorano le tombe paleocristiane di Naisso e Serdica di questo periodo è assai frequente trovare l’insegna di Costantino, come variante del monogramma di Cristo, che l’imperatore appose al proprio labaro dopo la vittoria contro Massenzio111. Devono passare alcuni decenni dal 313 perché nelle tombe di Naisso compaia il monogramma. Sulla parete orientale della Tomba con rappresentazioni figurative, sopra l’ingresso, troviamo una variante del monogramma di Cristo modificato in modo da divenire il simbolo di Costantino con le lettere apocalittiche α e ω iscritte in una corona di palme intrecciate. Sulla parete opposta, quella occidentale, tra i santi Pietro e Paolo, c’è il monogramma costantiniano con le lettere apocalittiche inscritte in una corona di fronde di palma e foglie di nimba. Il simbolo è collocato su una costruzione che somiglia alla parete occidentale di una basilica a tre navate, dalla quale fuoriescono quattro nastri colorati. Tali nastri rappresentano i quattro fiumi del paradiso (Gen 2,10-14) che sgorgano appunto dalla basilica. In questo modo scopriamo il valore simbolico dell’edificio, mentre i fiumi rappresentano al tempo stesso i quattro vangeli112: essi hanno origine da Cristo, ‘acqua viva’, il cui monogramma sorge sopra la fonte, ovvero la chiesa.

Un interessante esempio di arte costantiniana paleocristiana è il monogramma tracciato sul soffitto della Tomba con ancora scoperta di recente nella necropoli di Naisso. Il simbolo è dipinto all’interno di un medaglione, circondato da una corona, racchiusa, a sua volta, in un anello. Il monogramma è di notevoli dimensioni ed è particolarmente significativo per i vividi colori conservatisi fino ad oggi113.

Il soffitto presenta dunque un medaglione (raggio 105 cm) circondato da una corona di alloro i cui due bracci sono uniti alla base da un nastro. All’interno troviamo una versione del monogramma di Cristo con le lettere apocalittiche α e ω. Il monogramma di Costantino è inserito all’interno di una corona di palme, simbolo della vittoria e del trionfo degli eletti sulla morte, che ottengono in premio la ‘corona della gloria’114. Nel contesto delle decorazioni murali della tomba, il monogramma di Cristo, modificato per diventare, all’interno del clipeo, il monogramma di Costantino115, diviene simbolo di Cristo e della vittoria sulla morte, nonché di resurrezione, salvezza e vita eterna.

La corona di alloro è stata dipinta dall’artista in modo espressivo per offrire agli spettatori un’impressione realistica di fronde fittamente intrecciate, resa ancora più veritiera dal nastro che le unisce, mentre nel complesso la composizione ha un afflato ellenistico116.

L’iconografia costantiniana di epoca paleocristiana a Serdica

La somiglianza tra i dipinti delle tombe paleocristiane di Naisso e quelli delle coeve necropoli di Serdica è notevole. Il monogramma di Costantino all’interno del clipeo è stato scoperto non lontano dalla chiesa di Santa Sofia a Serdica nella tomba numero 4117. Sulla parete orientale, all’interno del medaglione, troviamo il monogramma con le lettere apocalittiche α e ω attorniato da una corona di alloro. La ‘corona della gloria’, proprio come quella della Tomba con ancora a Naisso, è dipinta secondo uno stile ellenistico, tipico dell’Impero romano d’Oriente. Tale stile, proveniente da Hersones, raggiunse Naisso e Serdica mescolandosi agli influssi occidentali visibili nei dipinti delle catacombe romane. Questo nuovo modo di raffigurare è databile a cavallo tra la fine del IV secolo e la prima metà del V, tra il realismo ellenistico e il simbolismo cristiano, che si traduce nella stilizzazione decorativa di fine V secolo inizio VI.

L’iconografia medievale dei santi Costantino ed Elena in Serbia e Bulgaria

L’imperatore Costantino, fondatore della ‘nuova Roma’, concesse ai cristiani il diritto di confessare la propria fede, fondò l’impero bizantino e fu canonizzato assieme a sua madre Elena dalla Chiesa ortodossa, che lo proclamò ‘uguale agli apostoli’. Ecco perché in Oriente il culto di Costantino divenne inscindibile da quello di Elena al punto che, a livello iconografico, i due santi vengono raffigurati sempre in coppia. A Bisanzio, in virtù del suo ruolo fondamentale nella storia della Chiesa e del mondo antico, il primo imperatore cristiano e sua madre giunsero a rappresentare i sovrani ideali eletti da Dio. Questo è il motivo per cui la tradizione ortodossa tentò di dimenticare gli errori da lui storicamente commessi ed enfatizzò le sue imprese più sante, per quanto non documentabili. Sua madre Elena partì per la Terra Santa dove trovò la croce di Cristo e fece erigere molti importanti edifici sacri. Venne trovata una lunga lista di chiese consacrate ai santi Costantino ed Elena è stata all’epoca del patriarca bulgaro Evtimije (1375-1393)118. Il culto dei santi Costantino ed Elena era ampiamente diffuso nell’impero bizantino, soprattutto nell’area balcanica119. Non solo divennero i patroni di numerose chiese e la loro immagine fu venerata sotto forma di icone, ma il patriarca Evtimije scrisse anche un canto di lode in loro onore120. Ai tempi di Giustiniano venne costruita una chiesa a loro intitolata vicino all’ingresso orientale di Plovdiv (antica Filippopoli, Bulgaria)121; al IX-X secolo risale la basilica di Svećani (Macedonia) dedicata a san Costantino122; di fine XIV secolo è la chiesa consacrata ai santi Costantino ed Elena di Ohrid123.

La prova dell’ampia diffusione del culto dei due santi in Serbia e Bulgaria sta tutta nelle numerose raffigurazioni all’interno delle chiese. Gli elementi iconografici comuni a entrambi e il fatto che siano presentati sempre in coppia ci permettono di considerare i due personaggi come un’unica figura. Per il momento basti elencare cronologicamente le chiese in cui essi sono rappresentati: Santa Sofia, Ohrid, metà dell’XI secolo, parete occidentale nel secondo settore; S. Giorgio, Kurbinova (Macedonia), 1191, parete nord124; chiesa del monastero di Bojana (Bulgaria), 1259, parete interna alla cupola125; S. Nicola, Prilep (Macedonia), 1298, a sud dell’ingresso occidentale126; chiesa della Vergine, Donja Kamenica (Serbia), prima metà del XIV secolo, parete occidentale127; chiesa del villaggio di Berende, 1344-1363, parete meridionale del nartece; la piccola chiesa di S. Clemente a Ohrid, 1378, parete occidentale128; S. Demetrio, Ohrid, 1470-1480 circa, parete occidentale129; Santi Costantino ed Elena, Ohrid, 1400 circa, a sud dell’iconostasi130; S. Ilija, Dolgaec, 1454-1455, parete occidentale131.

In epoca bizantina e postbizatina, i due santi vengono rappresentati solitamente nell’atto di reggere insieme la croce, generalmente nella parte sinistra della chiesa, vicino all’ingresso, oppure all’interno del nartece, posizione che rivela la loro funzione apotropaica e il rango elevato nella gerarchia dei santi. Nella loro tradizione iconografica riveste un ruolo dominante l’immagine nella quale sostengono insieme la croce – dove solitamente Costantino è a sinistra ed Elena a destra. I pochi casi in cui le posizioni sono invertite non sono riconducibili a un territorio o a un periodo specifico. Talvolta la croce è sormontata da una corona, a rimarcare lo strumento delle sofferenze del Cristo. La presenza di una terza persona accanto a Costantino ed Elena è rara e merita un’attenzione particolare.

Le vesti dell’imperatore sono solitamente molto simili a quelli dei sovrani bizantini. Nelle immagini databili tra la fine del XIV secolo e il XV secolo, tuttavia, gli abiti dei due santi cominciano a differire: in epoca postbizantina, mentre l’impero andava sgretolandosi, gli abiti dell’imperatore diventano sempre più stilizzati e opulenti, vestigia di un passato glorioso132.

In epoca paleobizantina Costantino viene rappresentato privo di barba, secondo l’iconografia del sovrano ideale133. A partire dal IX secolo egli è invece dipinto come un uomo ormai adulto, con capelli ricci lunghi fino alle spalle, barba e baffi sottili.

Elena, che in vita intraprese viaggi a Gerusalemme anche in età avanzata (a più di 75 anni, nel 326), viene dipinta come una donna anziana. Ha i capelli grigi a Kurbinovo (Macedonia) e a Berende (Bulgaria); ha il volto rugoso, come in certe chiese della Serbia (Ziča, Arilje, Dečani e Psača). Ma nonostante tutto, il più delle volte viene rappresentata con le sembianze di una donna giovane, addirittura più giovane del proprio figlio134.

Mentre è molto frequente imbattersi in dipinti raffiguranti madre e figlio, le scene che ritraggono episodi di vita dell’imperatore sono estremamente rare. Alcune di queste si trovano in Serbia nella chiesa di S. Nicola a Dabar (ricostruita nel XVI secolo) e in quella intitolata ai Santi Costantino ed Elena a Ohrid (ricostruita nel XV secolo); in Bulgaria, invece, non abbiamo nessuna raffigurazione di questo genere. Le scene tratte dalla vita di san Costantino spesso sono rappresentate in stile orientale, omettendo qualsiasi dettaglio sconveniente e inadatto alla divulgazione; esse, pertanto, veicolano a partire da eventi selezionati l’idea di un sovrano ideale. Troviamo alcuni episodi della vita di Costantino nel Ciclo della Santa croce e nell’affresco La visione in sogno di San Nicola. Il ciclo della Santa croce presenta un impianto iconografico non convenzionale135: la bellezza delle scene narrate è infatti frutto di una libertà artistica poco comune nella tradizione ortodossa. Nonostante gli influssi bizantini, le divergenze teologiche, culturali e politiche portarono l’Oriente e l’Occidente a tramandare episodi biografici diversi136.

L’iconografia medievale dei santi Costantino ed Elena in Serbia

Le rappresentazioni serbe dei santi Costantino ed Elena ai lati della croce non si discostano molto da quelle provenienti dalle regioni limitrofe137. Tuttavia è possibile notare alcune differenze: la posizione delle mani, il modo in cui reggono la croce, le decorazioni del mantello, i capelli o la corona. Non è raro che le vesti di Costantino e di Elena richiamino quelle dei sovrani serbi rappresentati all’interno dello stesso edificio, come è possibile ammirare a Sopoćani, Staro Nagoričino e a Dečani. A Psača, i sontuosi abiti di Costantino differiscono da quelli dell’imperatore Uroš solo nel divitision. Il fatto che a Žiča Costantino ed Elena siano ritratti vicino a santo Stefano significa che il re Stefano II Nemanjić detto Prvovenčani (‘Primo incoronato’) contava sull’appoggio e sulla protezione della coppia di sovrani. È evidente, dunque, che gli imperatori serbi si paragonavano direttamente a Costantino. Spesso si chiamavano o venivano chiamati ‘nuovo Costantino’ o ‘secondo Costantino’138. Tale usanza era diffusa anche a Mileševa, dove i sovrani bizantini vennero dipinti a fianco di Costantino ed Elena. Il primo a paragonarsi al grande imperatore fu re Milutin. Nelle chiese reali di Studenica e Staro Nagoričino, la figlia e il genero del sovrano vennero ritratti accanto ai due santi139. Fu lo stesso Milutin a costruire una chiesa in onore di san Costantino a Skopje140. Poco lontano, nel monastero di Psača, troviamo l’imperatore Uroš raffigurato a fianco del primo sovrano cristiano.

L’idea che i sovrani serbi si considerassero i ‘nuovi Costantini’ diviene evidente con i successori di Milutin. Nelle antiche genealogie, Costantino viene citato come antenato del re Nemanja141. Tale potrebbe essere il concetto dell’ideologia che sottende gli affreschi nel nartece della chiesa di S. Nicola a Dabar, dove, nelle didascalie che accompagnano le immagini, il sovrano Stefano Uroš III Dečanski è paragonato all’imperatore Costantino e definito ‘nuovo Costantino’.

Il Ciclo della Santa croce con scene tratte dalla vita di Costantino, dipinto nel nartece della chiesa di S. Nicola a Dabar ha un impianto iconografico estremamente insolito. I dipinti, risalenti al XIV secolo e ritoccati poi nel XVI142, sono più antichi di quelli della chiesa dei Ss. Costantino ed Elena di Ohrid143.

Nella chiesa di S. Nicola a Dabar, all’interno del Ciclo della Santa croce, affascinante per la vividezza dei dettagli, troviamo la composizione chiamata La visione della croce in cielo. Un arcangelo indica a Costantino, seduto a cavallo e accompagnato dai suoi uomini, una grossa croce racchiusa in una mandorla sospesa nel cielo, simbolo della vittoria contro Massenzio. Il dipinto a fianco raffigura la visione che Costantino ebbe nella tenda, quando, la notte prima della battaglia, Cristo gli apparve in sogno preannunciando la vittoria. Vediamo dunque l’immagine della tenda triangolare al cui interno dorme l’imperatore, al di sopra del quale si erge il Cristo benedicente. La scena della battaglia di ponte Milvio è una tipica rappresentazione tardomedievale di scontro a cavallo. I cavalieri attraversano il fiume Tevere, che solca in basso un terreno rosso e roccioso. A sinistra vediamo Costantino in testa all’esercito vittorioso, mentre l’arcangelo Gabriele, la spada in pugno, lo guida all’inseguimento di Massenzio. È curioso notare che un soldato nemico brandisce uno stendardo con il simbolo di Costantino, cioè il monogramma di Cristo, e la didascalia colloca la vittoria di Costantino sulle rive del Danubio. La composizione successiva mostra un imperatore ormai malato che vede in sogno Pietro, il quale gli suggerisce di chiedere aiuto al vescovo di Roma, Silvestro. Nella scena seguente Silvestro è rappresentato in piedi di fronte all’imperatore assiso in trono. La cattiva conservazione del resto del ciclo non permette di coglierne la conclusione144.

Nella chiesa dei Ss. Costantino ed Elena di Ohrid la facciata è tripartita e illustrata con episodi della vita di Costantino: L’imperatore in partenza per la guerra con il suo esercito, Il concilio di Nicea e Il ritrovamento della croce o Battesimo di Costantino145. Purtroppo, essendosi conservata solo parte del ciclo, non è possibile farne un’analisi dettagliata.

L’iconografia medievale dei santi Costantino ed Elena in Bulgaria

Numerose sono le raffigurazioni dei santi Costantino ed Elena ai lati della croce, che non si discostano molto da quelle che troviamo in Serbia, anch’esse basate sulla tradizionale iconografia bizantina. I ritratti dei due santi, tanto in Serbia quanto in Bulgaria, sono simili per significato simbolico e impianto iconografico, come dimostrano numerosi dettagli. Per citarne alcuni esempi menzioniamo la chiesa di Dragalevsk, quella di Boboševsk, il monastero di Kremikovski, il villaggio di Berende, la chiesa vicino al villaggio di Bojana e la fortezza di Asen146. Nelle chiese medievali e postbizantine non troviamo scene tratte dalla vita di san Costantino. Tuttavia è opportuno menzionare il dipinto S. Nicola appare in sogno all’imperatore, parte di un ciclo su Nicola, presente anche nella chiesa di Bojana147.

In Bulgaria le immagini dei santi Costantino ed Elena ai lati della croce sono collocate generalmente nella parte occidentale del naos, vicino all’ingresso. Poche sono le eccezioni, che tra l’altro appartengono a edifici più antichi148. Costantino ed Elena sono però ritratti sulla parete della navata meridionale della chiesa di S. Stefano a Nesebăr, e a Bojana sulla parete meridionale del naos, vicino alla finestra sovrastante l’altare.

Sempre nella chiesa di Bojana (1259), le immagini dei due santi sono dipinte secondo l’ormai consolidata iconografia bizantina. I due imperatori sono raffigurati all’interno di un ornato imperiale bizantino. Costantino indossa un ampio divitision il cui loros è tempestato d’oro e di gemme. Elena ha le sembianze di una giovane donna, indossa una tunica rossa e una dalmatica grigia terminante in un maniakion ricamato d’oro e adorno di perle e pietre preziose. Sul capo indossa una pesante corona, i cui prependulia le incorniciano il volto coperto da un velo impalpabile. In questo dipinto Costantino ed Elena somigliano notevolmente alla coppia di imperatori rappresentata nel monastero di Mileševa in Serbia149. Le ricche vesti dei due santi sono quelle tipiche degli imperatori bizantini dell’XI e del XII secolo150.

Non è frequente che Costantino ed Elena siano ritratti sulla parete meridionale della chiesa, ciò potrebbe essere frutto di una libera iniziativa dell’artista o del committente. In quel punto, le immagini di Costantino ed Elena fanno da specchio all’imperatore Costantino Asen e a sua moglie Irina Laskarin, dipinti invece all’interno del nartece. A differenza dei due santi, Asen e Irina indossano vesti imperiali di quel tempo, con il chiaro intento di enfatizzare l’idea di una coppia di sovrani ideali. Siamo portati a concludere, pertanto, che l’imperatore bulgaro Costantino Asen nutriva una profonda venerazione per Costantino il Grande e lo considerava un modello politico oltre che il suo santo protettore151. Non è un caso, del resto, che i due portino lo stesso nome, ulteriore legame con l’antico sovrano che rinnovò l’impero recando benessere alla cristianità.

Anche nella chiesa di Bačkovo troviamo il ritratto dell’imperatore bulgaro Ivan Alexander di fronte alla coppia di santi dipinta all’interno del nartece, posizione che lo collega direttamente a Costantino152.

Capita spesso di trovare questa connessione tra santo e sovrano come veicolo di un messaggio politico. È raro, invece, e rappresenta una licenza artistica inconsueta, che l’artista conferisca al sovrano o al committente pari dignità rispetto a Costantino raffigurandolo nello stesso dipinto.

L’iconografia costantiniana postbizantina in Serbia e Bulgaria

Nelle chiese bulgare medievali e postbizantine non vi sono cicli dedicati a Costantino, o al ritrovamento della santa croce. L’unico dipinto pervenutoci è L’elevazione della croce nella chiesa di S. Petka Samardžijska a Sofia (seconda metà del XVI secolo). In epoca postbizantina, troviamo una rappresentazione dei santi Costantino ed Elena in tutte le chiese di Serbia e Bulgaria, di solito sulla parete occidentale. Un dipinto, tuttavia, merita un’attenzione particolare a causa del raro impianto iconografico: quello del monastero della Vergine a Sićevo (1647) nei pressi di Niš, Serbia. Tale dipinto presenta oltretutto notevoli elementi in comune con le raffigurazioni presenti nella chiesa di S. Nicola a Železna, Bulgaria (1634). Esso completa le nostre conoscenze sull’iconografia costantiniana e ci dà un’idea del clima spirituale della Serbia e della Bulgaria postbizantine, nonché della formazione artistica e del livello culturale dei loro popoli.

Anche in questo periodo, tanto in Serbia quanto in Bulgaria, l’iconografia costantiniana vede l’imperatore raffigurato assieme alla madre ai lati della croce. Ma la chiesa della Vergine nel monastero di Sićevo (1644) merita di essere analizzato. La disposizione dei dipinti e l’impianto iconografico sono così simili a quelli della chiesa di S. Nicola a Železna153 che risulta evidente una certa continuità artistica, nonché la capillare diffusione del culto del santo, il persistere della tradizione e l’unità spirituale di questa regione, originata dalla persona e dalle opere di Costantino.

Nella Bulgaria medievale, così come in Serbia, si ha la tendenza a identificare imperatori e committenti con Costantino il Grande, come è tipico della tradizione iconografica bizantina e postbizantina. Ecco perché i rari casi di iconografie che si discostano dalla tradizione, ovvero in quello in cui a Costantino e a Elena sia affiancata una terza persona, meritano di essere presi in esame.

Nella chiesa della Vergine, parte del complesso del monastero di Sićevo (Serbia), e nella chiesa di S. Nicola nel villaggio di Železna (Bulgaria)154, la zona simbolicamente più importante, ovvero la parete occidentale a sud dell’ingresso, è occupata dall’immagine di san Simeone e san Sava di Serbia155. Di fronte ai fondatori della Chiesa e del regno serbo troviamo i loro predecessori, Costantino ed Elena, fondatori della Chiesa e dell’impero bizantino. All’interno del dipinto, sant’Andronico martire, di dimensioni più ridotte, occupa inaspettatamente il posto d’onore a fianco della coppia imperiale156.

Gli imperatori reggono assieme una croce sormontata da una corona di spine157, indossano vesti imperiali rosse ornate di perle e portano una corona sul capo. Andronico, esile e privo di barba, impugna anch’egli una croce. Le tre figure formano un intero compositivo all’interno di una cornice rossa, che ne ribadisce ulteriormente l’unità. Tale libertà artistica, eccezionale tra i cristiani d’Oriente, non è frutto di ignoranza, ma un gesto intenzionale dettato da una profonda consapevolezza delle contingenze storiche e animato da un chiaro intento programmatico. L’artista, tenuto conto della limitata possibilità di espressione dovuta all’occupazione turca, decide di puntare sul concetto di unità nazionale e sulla tradizione ortodossa: al fine di risvegliare la speranza e la fede nella salvezza cristiana, dipinge un Andronico sulla parete occidentale del naos, vicino a Elena e Costantino.

In epoca postbizantina la coppia di imperatori è raffigurata generalmente di fianco l’ingresso158. Uno degli esempi più antichi si trova nella chiesa di S. Besrebrenik a Kostur, in Grecia, e risalente alla seconda metà del X secolo159. Vicino all’imperatrice Elena, proprio come Andronico a Sićevo, troviamo una figura più piccola: si tratta di un abitante di Kostur, omonimo di Costantino il Grande, ritratto nell’atto di indicare la croce con entrambe le mani. L’artista dipinge il personaggio – con ogni probabilità un defunto – accanto ai due santi, come a metterlo sotto la loro protezione. Il defunto, a sua volta, riconosce il santo omonimo come proprio custode e protettore160. Con il passare del tempo l’usanza di raffigurare una terza persona accanto ai due santi si estinguerà, e l’esempio di Kostur verrà dimenticato. Bisogna aspettare sette secoli perché lo stesso impianto iconografico, ma con l’immagine di Andronico161, venga riproposto: nella chiesa del monastero di Sićevo.

Al fine di adattare lo schema compositivo alle nuove circostanze storiche, l’artista di Sićevo sceglie di rappresentare Costantino, Elena e Andronico come protettori dei popoli sottomessi dall’impero turco. Se a ciò aggiungiamo la croce come simbolo di vittoria sulla morte e testimonianza di vero coraggio e pensiamo al significato etimologico del nome Andronico (᾿Ανδρόνικος: vincitore sugli uomini, i più vigoroso di tutti), allora la presenza del santo diviene chiara e comprensibile.

A Sićevo, Andronico, un martire poco conosciuto, analogamente al defunto Costantino a Kostur, occupa il posto d’onore accanto alla coppia di santi162. Non solo viene collocato in una posizione grazie alla quale assume pari dignità di Costantino, ma il suo ritratto è raffigurato anche all’interno di un medaglione sulla parete meridionale del naos, luogo più idoneo a un personaggio minore. Tale è l’immagine del martire Andronico che giustifica la sua presenza in quanto tale accanto a Costantino ed Elena. Tale libertà artistica, considerata in relazione alla comunità per la quale il dipinto è pensato, trova giustificazione nel fatto che Andronico martire è una rappresentazione simbolica dell’omonimo imperatore bizantino Andronico Paleologo II (1282-1328)163: ciò stabilisce un parallelismo tra i due personaggi, accomunati dai rispettivi contributi alla cristianità. Diviene allora chiaro perché proprio Andronico è stato raffigurato accanto a Costantino.

Il più illustre pensatore bizantino di quei tempi, Niceforo Callisto Xantopulo164, in una delle sue Dedicatio riconosce l’impegno di Andronico II per la ricostruzione di Costantinopoli, definendolo il ‘nuovo Costantino’165. Andronico II, in quanto ‘vera immagine di Costantino il Grande’ e sostenitore della fede autentica166, per usare le parole di Niceforo, oltre e a completamento del suo ruolo nella storia universale si adoperò con ogni mezzo per conservare l’ortodossia167. Proprio come Costantino aveva difeso la fede vera durante il concilio di Nicea, altrettanto fece Andronico II con la chiesa ortodossa contro quella latina, evento che gli encomi rivolti al sovrano non mancarono di menzionare168. Ecco perché l’artista di Sićevo dipinse proprio Andronico al fianco di Costantino ed Elena, per sottolineare la necessità di difendere la fede ortodossa, all’epoca minacciata dalla presenza turca.

L’importanza che Costantino il Grande ebbe per il cristianesimo durante il primo secolo di libertà di culto è pari a quella che ebbe Andronico II nell’ultimo secolo per la Chiesa ortodossa e per le comunità monastiche. Andronico II riportò l’impero sotto l’ortodossia stabilendo un solido legame tra Stato e Chiesa o, più precisamente, tra autorità e culto. Profondamente devoto alla Vergine e protettore degli ordini monastici, fece sì che i monasteri bizantini, specialmente quello sul monte Atos, in Terrasanta, fiorissero materialmente e spiritualmente, rafforzando al contempo il loro potere politico169. Possiamo quindi concludere che gli scritti di Niceforo Callisto Xantopulo fornirono all’autore del dipinto un primo spunto, presentando Andronico come ‘immagine vera di Costantino il Grande’. L’intento dell’artista di Sićevo era di sottolineare l’importanza e la necessità di ricostruire le chiese e di difendere la fede cristiana durante l’occupazione turca. A tale fine si concesse la libertà di ritrarre Costantino, Elena e Andronico in un unica composizione, dove il martire nasconde nel proprio nome l’omonimo sovrano Andronico Paleologo II, protettore dei popoli sottomessi e difensore della Chiesa proprio come lo era stato Costantino prima di lui.

Durante la dominazione turca, in condizioni di diffusa povertà, è comprensibile una certa nostalgia della pace che Costantino il Grande prima e Andronico II poi avevano assicurato alla Chiesa. La presenza di Andronico accanto alla coppia di sovrani esprime proprio questo. L’imperatore Andronico II170 divenne simbolo di rinnovamento e al tempo stesso di restaurazione. Ciò spiega la libertà teologica presa dall’artista nei confronti dell’iconografia ortodossa. Assieme ai loro discendenti, i santi Simeone e Sava, fondatori del regno e della Chiesa serba, i tre santi costituiscono un tutt’uno iconografico171, esteticamente e logicamente coeso nel mantenere viva la fede ortodossa e la speranza in giorni migliori.

L’analisi iconografica dei ritratti dei santi Costantino ed Elena ci offre dunque uno spaccato dell’arte postbizantina in Serbia e in Bulgaria. Nonostante il giogo dei sovrani turchi, che cercarono in ogni modo di imporre il loro credo, dalle ceneri della tradizione iconografica cristiana nacque una forma di arte internazionale comprensibile a tutti i popoli balcanici, che contribuì alla formazione di un’unità stilistica oggi facilmente riconoscibile. In queste regioni l’architettura e l’arte pittorica furono il risultato di diversi influssi, eredità, imitazioni e tentativi di perfezionamento delle forme già esistenti ispirate da Costantino il Grande e dalle sue opere. Per 1700 anni le gesta del grande imperatore stimolarono la produzione artistica di tutta la cristianità. L’arte costantiniana contribuì a unire i cristiani di tutto il mondo, dai tempi dell’editto di Milano ai nostri giorni; l’eredità di Costantino è pertanto profondamente radicata nell’arte e nella cultura europee, rappresentando dunque una solida base d’appoggio per la nostra civiltà172.

1 M. Mirković, Централне Балканске области у доба позног царства (Le regioni centrali della penisola balcanica in età tardoimperiale), in Историја српског народа књ . (Storia del popolo serbo I), ed. by S. Ćirković Beograd 1981, pp. 90-91.

2 G. Ostrogorskij, Историја Византије (Storia di Bisanzio), Beograd 1969, p. 64.

3 Lact., mort. pers. 48; Eus., h.e. X 5,2-14; V. Aiello, La Vittoria di Costantino su Massenzio e il cosiddetto “Editto di Milano”, in Ниш и Византија IX/Niš & Byzantium IX, Симпозиум (Ниш 3-5 јун 2010) (Convegno – Niš 3-5 giugno 2010), ed. by Miša Rakocija, Niš 2011, pp. 23-32.

4 Tabula Imperii Romani Naissus-Dyrrachion-Scupi-Serdica-Thessalonike, Ljubljana 1976, pp. 89-90.

5 G. Tomović, Територија Србије на картама до 1600. Године (La regione serba nelle mappe geografiche fino al 1600), in Србија и суседне земље на старим географским картама (La Serbia e i territori limitrofi nelle antiche mappe geografiche), ed. by D. Srejović, Beograd 1991, pp. 21-23.

6 G.A. Škrivanić, Monumenta cartographa Jugoslaviae, Beograd 1974, pp. 16, 37, 45.

7 J. Zeiller, Les origines chrétiennes dans les provinces danubiennes de l’Empire romain, Paris 1918, pp. 216-218; V. Popović, Грчки натпис из Царичиног Града и питање убикације Прве Јустинијане (L’iscrizione greca della Città dell’imperatrice e il problema dell’ubicazione di Giustiniana Prima), in Glas SANU (Rivista dell’Accademia serba delle Scienze e delle Arti), 360,7 (1990), pp. 80, 87.

8 F. Barišić, Приск (Prisco), in Византијски извори за историју народа Југославије I (Le fonti bizantine per una storia del popolo jugoslavo I), Beograd 1955, p. 12.

9 J. Zeiller, Les origines chrétiennes, cit., p. 45.

10 G. Ostrogorskij, Историја Византије (Storia di Bisanzio), cit., pp. 87-96.

11 V. Petković, Les fouilles de Tsaritchin Grad, in Cahiers archéologiques, 3 (1948), pp. 40-48; F. Barišić, Досадашњи покушаји убикације града Јустинијане Приме (I tentativi di localizzare Giustiniana Prima compiuti fino ad ora), in Zbornik filozofskog fakulteta (Raccolta degli scritti della facoltà di filosofia), 7 (1963), pp. 127-140; V. Popović, Грчки натпис из Царичиног Града, cit., pp. 53-108; V. Kondić, V. Popović, Царичин град - утврђено насеље у византијском Илирику (La Città dell’Imperatrice. Un insediamento fortificato nell’Illiria bizantina), in Galerija SANU (Rivista dell’Accademia serba delle Scienze e delle Arti), 33 (1977), pp.163-171; N. Duval, M. Jeremić, L’église J au sud de la ville, dit basilique - une neuf à une nef, in Caričin Grad, I, Beograd-Rome 1984, pp. 91-146; B. Bavant, Les petits objets, in Caričin Grad, cit., II, Beograd-Rome 1990, pp. 19-257.

12 B. Grandić, Оснивање архиепископије у граду Јустинијана Прима 535. године после Хрисата (La fondazione dell’arcivescovado di Giustiniana Prima nel 535 d.C.), in Гласник Скопског научног друштва (Rivista della società scientifica di Skopje), 1 (1925), pp. 114-125, 126-128.

13 F. Barišić, Досадашњи покушаји убикације, cit., p. 127.

14 Una nuova, importante fonte bibliografica è C. Snively, 1670° Anniversary of the death of St. Emperor Constantine the Great, 337-2007, in Ниш и Византија VI/Niš & Byzantium VI, Симпозиум (Ниш 3-5 јун 2007) (Convegno – Niš 3-5 giugno 2007), ed. by M. Rakocija, Niš 2008, pp. 17-29, in partic. 21.

15 Anon. Vales., I 2,2; P. Petrović, Naissus-задужбина цара Константина (Naisso: la donazione dell’imperatore Costantino), in Galerija SANU (Rivista dell’accademia serba delle scienze e delle arti), 73 (1993), p. 60.

16 M. Mirković, Нека питања владе Константина и Лицинија (Alcune questioni riguardo al regno di Costantino e Licinio), in Zbornik filozofskog fakulteta (Raccolta degli scritti della facoltà di filosofia), 12 (1974), pp. 145-150.

17 Anon. Vales., I 2,2: «Constantinus [...] natus in oppido Naisso atque eductus, quod oppidum postea magnifice ornavit».

18 F. Barišić, Приск, cit., p. 11.

19 P. Petrović, Ниш у античко доба (Niš in età Antica), Niš 1976, p. 37; P. Petrović, Медијана ризница римских царева (Medijana, la stanza del tesoro degli imperatori romani), Beograd 1994, p. 14.

20 Il 25 luglio del 317, nel 319, 321, 322, 323, 326, in maggio-luglio 329 e il 25 agosto dello stesso anno, e dal 334 al 335: M. Vasić, Prolasci i boravci rimskih imperatora u Nišu krajem III i IV veka (Gli imperatori romani passati e soggiornati a Niš tra la fine del IV e il V secolo), in Naissus, I, ed. by M. Vasić, Niš 2008, pp. 13-14; I. Popović, Дијадема на Константиновом портрету из Ниша, настанак и развој нове царске инсигније (Il diadema nel ritratto di Costantino a Naisso: origine ed evoluzione di una nuova insegna imperiale), in Ниш и Византија III/Niš & Byzantium III, Симпозиум (Ниш 3-5 јун 2004) (Convegno – Niš 3-5 giugno 2004), ed. by M. Rakocija, Niš 2005, pp. 103-118, in partic. 107.

21 P. Petrović, Naissus-задужбина цара Константина, cit., p. 77.

22 I. Popović, “Fidelity rings” to the emperors of the Constantinian house, in Starinar (Starinar, rivista annuale di storia, archeologia ed etnologia dell’istituto di archeologia di Belgrado), 50 (2000), pp. 187-199, in partic. 195.

23 Vetranione venne incoronato imperatore a Sirmio nel 350, ma il 25 dicembre dello stesso anno dovette consegnare le insegne reali a Costanzo II, a Naisso. Il valore simbolico della città natale di Costantino il Grande e un discorso pubblico ivi tenuto, che ne ricordava i meriti, spinsero Vetranione ad abdicare e Costanzo a perdonare il suo tradimento. L’autore sconosciuto del Chron. Pasch., del VII secolo, notò che il 1° marzo 349/350 Vetranione fu dichiarato imperatore ‘ἐν Ναϊσωτής ‘Ιταλίας (‘Ιλλυρίας)’. F. Barišić, Ускршња хроника (Chronicon Paschale), in Византијски извори за историју народа Југославије I, cit., p. 145.

24 A.V. Popović, Књижевна делатност Јулијана Апостате у Нишу (La produzione letteraria di Giuliano l’Apostata a Naisso), in Ниш и Византија III/Niš & Byzantium III, cit., pp. 79-86.

25 Tra gli scritti di Giovanni Cinnamo, XI secolo, troviamo detto che le reliquie di Procopio erano conservate a Niš. J. Zeiller, Les origines chrétiennes, cit., p. 122; J. Kalić, Јован Кинам (Giovanni Cinnamo), in Византијски извори за историју народа Југославије II (Le fonti bizantine per una storia del popolo jugoslavo II), Beograd 1971, p. 74.

26 Vitric. 11 (PL 11, c. 453): «An aliter in Oriente, Constantinopoli, Antiochiae, Thessalonicae, Naiso, Romae in Italia miseris porrigunt medicinam?»; J. Zeiller, Les origines chrétiennes, cit., p. 122; M. Rakocija, Cultural treasures of Niš, Niš 2000, pp. 42, 51-52.

27 M. Rakocija, Нова сазнања из ранохришћанске прошлости Ниша (Nuove prospettive sulla Naisso paleocristiana), in Ниш и Византија VI/Niš & Byzantium VI, cit., pp. 53-57.

28 J. Zeiller, Les origines chrétiennes, cit., p. 226.

29 M. Rakocija, Cultural treasures; Id., Das frühe Christentum in Naissus/Niš, Serbien, in Mitteilungen zur christlichen archäologie, 17 (2011), pp. 9-50, in partic. 11-15. Cfr. J. Coleto, Ecclesia scopiensis, Venetiis 1819, in D. Farlati, VIII, p. 39.

30 Anonymus qui Dionis Casii historias cotinuavit Fragmenta Historicorum Graecorum, ed. C. Müller, IV, Paris 1885, p. 199; A. Dančeva-Vasileva, Сердика (Триадица, Средец) – епископски и митрополитски център IV-XII нт (Serdica – Treaditsa, Sredets: centro episcopale e metropolitano, IV-XII secolo), in Християнската култура в средновековна България (La cultura cristiana della Bulgaria medievale), Veliko Tărnovo 2008, p. 24.

31 V. Velkov, Робовладението в Сердика от начелото на IV в. в светлината на Константиновото законодателство (Lo schiavismo di Serdica al inizio del IV secolo visto attraverso la legislazione costantiniana), in Изследвания в част на Марин С. Дринов (Le ricerche nell’opera di Marin S. Drinov), Sofija 1960, p. 346.

32 R. Popovi, Le christianisme sur le sol d’Illyiricum oriental jusqu’à l’arrivée des Slaves, Thessaloniki 1966, pp. 85-91, 101-107.

33 J. Zeiller, Les origines chrétiennes, cit., p. 424.

34 A. Dančeva-Vasileva, Сердика, cit., pp. 26-29.

35 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, Baltimore-Maryland, 1975 = R. Krauthajmer, S. Ćurčić, Ranohrišćanska i vizantijska arhitektura, Beograd 2008, pp. 39-67.

36 Eus., v.C., II 51. L’autore afferma che anche prima di costruire la basilica sulla tomba di Cristo ne esistevano altre in alcune comunità cristiane.

37 A. Grabar, Martyrium. Recherches sur le culte des reliques et l’art chrétien antique, I, Architecture, Paris 1946, p. 204.

38 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 230.

39 I.D. Varalis, Reverend prototypes? Constantinian churches and their later imitations in the Balkans, in Ниш и Византија VI/Niš & Byzantium VI, cit., pp. 99-111.

40 M. Rakocija, Early christian baptisterium in Mediana, nearby Niš, in Collection of Works from the Symposium ‘Water, Life and Pleasure’ in 2008, Strumica 2009, pp. 169-179; M. Rakocija, Ancient Christian Baptistery Complez in Mediana, nearby Niš, in Ниш и Византија VIII/Niš & Byzantium VIII, Симпозиум (Ниш 3-5 јун 2009) (Convegno – Niš 3-5 giugno 2009), ed. by M. Rakocija, Niš 2010, pp. 61-97; M. Rakocija, Das frühe Christentum, cit., pp. 48-49.

41 L’Istituto archeologico di Belgrado condusse degli scavi dal 1979 al 1983. L. Zotović, Медијана сакрални објекат – Баптистеријум (Mediana come oggetto sacro: il Battistero), Дневник са археолошких ископавања (Diaro degli scavi archeologici), Beograd 1980-1983.

42 F. Kanic, Србија-земља и становништво (La Serbia e la sua popolazione), Beograd 1985, p. 174.

43 M. Rakocija, Старохришћански баптистеријални комплекс на Медијани у Нишу, cit., pp. 83-84; M. Rakocija, Das frühe Christentum, cit., pp. 48-49.

44 M. Rakocija, Старохришћански баптистеријални комплекс на Медијани у Нишу, cit., p. 76.

45 A. Khatchatrian, Les baptistéres paléochrétiens, Paris 1962, pp. 125-126; I. Nikolajević, Ранохришћанске крстионице у Југославији (Battisteri paleocristiani in Jugoslavia), Beograd 1966, p. 233; F. Bulić, Po ruševinama stare Salone (Tra le rovine dell’antica Salona), Split 1986, pp. 94-99.

46 M. Prelog, Poreč-grad i spomenici (Parenzo – la città e i monumenti), Beograd 1957, p. 98-99; A. Khatchatrian, Les baptistères paléochrétiens, cit., p. 116.

47 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 188.

48 E. Marin, Starokršćanska Salona (Salona paleocristiana), Zagreb 1988, pp. 20-21.

49 D. Srejović, Č. Vasić, Imperial Mausolea and Consecration Memorials in Felix Romuliana - Gamzigrad, East Serbia, Beograd 1994, pp. 72-81; M.J. Johnson, From Paganism to Christianity in the Imperial Mausolea of the Tetrarchs and Constantine, in Ниш и Византија V/Niš & Byzantium V, Симпозиум (Ниш 3-5. јун 2006), ed. by M. Rakocija, Niš 2007, pp. 115-123.

50 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., pp. 176-177.

51 Ivi, p. 230.

52 M. Rakocija, Старохришћански баптистеријални комплекс на Медијани у Нишу, cit., pp. 75-76.

53 M. Rakocija, Нова сазнања из ранохришћанске прошлости Ниша (Nuove prospettive sulla Naisso paleocristiana), in Ниш и Византија VI/Niš & Byzantium VI, cit., pp. 45-58.

54 R. Grujić, Нишка епархија (L’eparchia di Naisso), in Enciklopedija SHS 3 (Enciclopedia del regno serbo, croato e sloveno 3), Zagreb 1928, p. 95; R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 118. A partire dalla fine del V secolo. L’influenza di Costantino sull’Illiria sembra essersi accresciuta: N. Čeneva-Dečevska, Ранохристиянската архитектура в България IV-VII в. (L’architettura paleocristiana in Bulgaria, IV-VII secolo), Sofija 1999, p. 31.

55 L. Mirković, Старохришћанска гробница у Нишу (Una tomba paleocristiana a Naisso), in Starinar (Starinar. Rivista annuale di storia, archeologia ed etnologia dell’istituto di archeologia di Belgrado), 5-6 (1954-1955), Beograd 1956, p. 69.

56 G. Trovabene, Mosaici pavimentali della villa di Mediana (Niš): analisi e confronti, in Ниш и Византија IV/Niš & Byzantium IV, Симпозиум (Ниш 3-5 јун 2005) (Convegno – Niš 3-5 giugno 2005), ed. by M. Rakocija, Niš 2006, pp. 127-144, in partic. 144; M. Rakocija, О парапетној плочи из Ниша, пореклу и типологоји палеовизантијских преграда (Il parapetto di pietra ritrovato Niš: origine e tipologie di parapetti paleobizantini), ivi, pp. 95-112, in partic. 101.

57 A. Oršić-Slavetić, Археолошка истраживања у Нишу и околини, (Ricerche archeologiche a Niš e dintorni), in Starinar (Starinar. Rivista annuale di storia, archeologia ed etnologia dell’istituto di archeologia di Belgrado), 8-9 (1933-1934), p. 304; M. Rakocija, Das frühe Christentum, cit., pp. 19-27.

58 A. Grabar, Martyrium, cit., pp. 29-30.

59 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., pp. 174-175.

60 A. Nenadović, Мартиријум у Нишу (Il martyrium di Niš), Report of the manuscript from July 23, 1962, Documentation of the Institute for Cultural Monuments Protection Niš.

61 M. Rakocija, Paleobyzantine Churches of Niš. Preliminary Survey, in Ниш и Византија V/Niš & Byzantium V, cit., pp. 125-148, in partic. 133.

62 A. Mentzos, The Bema and Altar Crypt of the Church of St. Demetrius, Atti del convegno Early Christian Martyrs and Relics and their Veneration in East and West, International Conference (Varna 20-23-novembre 2003), Varna 2006, pp. 259-269.

63 V. Bitrakova-Grozdanova, Старохристијански споменици во Охридско (Monumenti paleocristiani a Ohrid), Ohrid 1975, p. 36.

64 A. Grabar, Martyrium, cit., p. 98; F. Bulić, Po ruševinama stare Salone (Tra le rovine dell’antica Salona), cit., pp. 140-141.

65 L. Spera, Distribution and Monumental Typologies of the Sanctuaries in the Suburbs of Rome in Late Antiquity and in the Early Medieval Period, in Early Christian Martyrs, cit., pp. 14-21.

66 N. Duval, Reflexions sur l’architecture à plan rayonnant et ses rapports avec le culte des martyrs à propos de Manastrine (Salone), de Kelibia ed d’Uppenna (Tunisie), Split 1970, pp. 86-87; R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., pp. 190, 195.

67 P.A. Underwood, The Fountain of Life in Manuscripts of the Gospel, in Dumbarton Oaks Papers, 5 (1950), pp. 91-92; A. Grabar, Christian Iconography: A Study of its Origins, Princeton (NJ) 1980, p. 124; J. Jeličić, Ikonografija ranokršćanske lunete iz Gata (Iconografia della Lunetta paleocristiana di Gata), Split 1985, p. 6.

68 A. Grabar, Martyrium, cit., p. 351.

69 La documentazione dal Museo nazionale di Belgrado (il diario di Đ. Mano-Zisi, Dnevnik sa arheoloških radova (Diario degli scavi archeologici) illustrato dall’architetto V. Tomašević nel 1953) ci è pervenuto grazie alla cortesia di colleghi, ai quali va espressa ogni gratitudine.

70 N. Spremo-Petrović, Пропорцијски односи у базиликама илирске префектуре (Proporzioni architettoniche nelle piante delle basiliche della provincia dell’Illiria), Belgrado 1971, p. 13.

71 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 248.

72 V. Marković, Православно монаштво и манастирu u средњевековној Србији (Il monachesimo ortodosso e i monasteri della Serbia medievale), Sremski Karlovci 1920, pp. 39, 48. Menzionato per la prima volta nel 1072 e per l’ultima nel 1386, poco prima della conquista di Niš da parte dei turchi.

73 M. Rakocija, Цркве Св. Прокопије и Св. Пантелејмон у Нишу и Стефан Немања (Le chiese di S. Procopio e S. Pantaleone a Niš e Stefano Nemanja), in Ниш и Византија IX/Niš & Byzantium IX, cit., Niš 2011, pp. 283-296.

74 МM. Rakocija, Das frühe Christentum, cit., pp. 32-34.

75 M.Đ. Milićević, Краљевина Србија (Il regno di Serbia), Beograd 1884, pp. 19-20; F. Kanic Србија-земља и становништво, cit.

76 R. Hodinott, Early Byzantine churches in Macedonia and Southern Serbia, London 1963, p. 195; V. Kondić, V. Popović, Царичин град, cit., p. 155.

77 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., pp. 199-200.

78 I. Venedikov, T. Petrov, Църквата "Св. Георги“ в. София (La chiesa di «San Giorgio» di Sofia), in Сердика. Археологически материали и проучвания (Serdica. Il materiale archeologico e gli studi), I, Sofija 1964, pp. 101, 106.

79 M. Stančeva, Археологическото наследство на София. Формиране, състояние, проблеми (Il patrimonio archeologico di Sofia. Formazione, stato, problemi), in Сердика. Археологически материали и проучвания (Serdica. Il materiale archeologico e gli studi), II, Sofija 1989, pp. 45-46.

80 D. Dimitrov, Изкуството во Тракия през епохата на римското владичество, in История на българското изобразително изкуство (L’arte della Tracia nell’epoca romana, la storia dell’arte bulgara), I, Sofija 1976, p. 51; N. Čaneva-Dečevska, Раннохристиянската архитектура в България IV-VI в (L’arte paleocristiana di Bulgaria), Sofija 1999, pp. 290-293.

81 N. Čaneva-Dečevska, Ранохристиянската архитектура, cit., p. 294.

82 D. Dimitrov, Изкуството во Тракия, cit., pp. 48-52; N. Čaneva-Dečevska, Изкуството во Тракия, cit., pp. 35-39.

83 G. Ostrogorski, Историја Византије (Storia di Bisanzio), cit., p. 77; K. Jireček, Историја Срба (Storia del popolo serbo), I, Beograd 1981, pp. 83-87.

84 F. Barišić, Досадашњи покушаји убикације града Јустинијане Приме (I tentativi di localizzare Giustiniana Prima compiuti fino ad ora), in Journal of the Faculty of Philosophy, 7,1 (1963), p. 133.

85 S. Bojadziev, Сердик (Serdica), in Римски и ранновизантииски градови в България (Città romane e paleobizantine in Bulgaria), Roman and Early Byzantine Cities in Bulgaria: Studies in Memory of Prof. Teofil Ivanov, ed. by R. Ivanov, I, Ivray-Sofija 2002, pp. 125-138.

86 F. Barišić, Прокопије (Procopius), in Византијски извори за историју народа Југославије, I, cit., pp. 57-58.

87 Su questo argomento: L.J. Maksimović, О хронологији словенских упада на византијску територију крајем седамдесетих и полетком осамдесетих година VI века (Sulla cronologia delle invasioni slave in territorio bizantino tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta del VI secolo), in Зборник радова Византолошког института (Documenti dell’Istituto degli studi bizantini), 8 (1964), pp. 263-270; Id., Северни Илирик у VI веку (L’Illiria del nord nel VI secolo), in Зборник радова Византолошког института (Documenti dell’Istituto degli studi bizantini), 19 (1980), pp. 17-53.

88 Qui si riferisce al 615-617. Cfr. F. Barišić, Čuda Dimitrija Solunskog kao istorijski izvori (Le Meraviglie di Demetrio da Tessalonica come fonte storica), Beograd 1953, p. 98; Id., Miracula S. Demetrii II, in Vizantijski izvori za istoriju naroda Jugoslavije (Fonti bizantine per la storia dei popoli iugoslavi), I, Beograd 1955, p. 196.

89 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 203.

90 F.W. Deichmann, Ravenna. Geshichte und Monumente, Wiesbaden 1969, p. 257; R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 274.

91 V. Kondić, V. Popović, Царичин град, cit., p. 172.

92 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 311.

93 V. Kondić, V. Popović, Царичин град, cit., p. 174.

94 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., p. 336.

95 G. Millet, L’ancien art serbe, Les églises, Paris 1919, p. 44, fig. 31.

96 V. Marković, Православно монаштво и манастирu u средњевековној Србији, cit., p. 58.

97 D. Panić, G. Babić, Богородица Љевишка (Nostra Signora di Ljeviš), Beograd 1988, pp. 28-29.

98 V.J. Đurić, Дубровачки градитељи у Србији средњега века (Costruttori da Dubrovnik nella Serbia medievale), Novi Sad 1967, pp. 87-103; B. Todić, Старо Нагоричино (Staro Nagoričino), Beograd 1993, pp. 35-42.

99 Đ. Bošković, Архитектура средњег века (Architettura medievale), Beograd 1976, pp. 123-131.

100 V. Kondić, V. Popović, Царичин град, cit., pp. 31-32.

101 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, pp. 311-312.

102 V. Mavrodinova, Кулура и изкуството през време на първата българска държава (Cultura e arte nel primo stato di Bulgaria), in История на българското изобразително изкуство (La storia dell’arte bulgara), Sofija 1976, I, pp. 67-69; N. Čaneva-Dečevska, Църковната архитектура на първата Българска държава (L’architettura sacra nel primo stato di Bulgaria), Sofija 1984, pp. 19-35, 41-47.

103 V. Mavrodinova, Кулура и изкуството, cit., pp. 71-72; N. Čaneva-Dečevska, Църковната архитектура, cit., p. 48.

104 V. Mavrodinova, Кулура и изкуството (Cultura e arte), cit., p. 73; R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, p. 318; N. Čaneva-Dečevska, Църковната архитектура, cit., pp. 36-38; Đ. Bošković, Архитектура средњег века, cit., p. 134; V. Korać, M.МŠuput, Архитектура византијског света (Architettura del mondo bizantino), Beograd 1998, pp. 209-213.

105 R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture, cit., pp. 312-315.

106 Ivi, p. 336.

107 N. Čaneva-Dečevska, Църковната архитектура, cit., p. 17.

108 D. Paiajotova, Изкуството по време на втора българска държава (L’arte durante il secondo stato di Bulgaria), in История на българското изобразително изкуство, cit., pp. 179-180.

109 P. Petrović, Ниш у античко доба (Niš in eta Antica), Niš 1976, p. 152; M. Rakocija, Cultural Treasures of Niš, cit., pp. 38-39; M. Vasić, Још једном о датовању бронзане главе Константина Великог из Ниша a (Ulteriori riflessioni sulla datazione della testa di bronzo di Costantino il Grande rinvenuta a Niš), in Glasnik Srpskog arheološkog društva (La Gazzetta dell’associazione degli archeologi serbi), 24 (2008), pp. 110-111.

110 D. Srejović, A. Cermanović-Kuzmanović, Римска скулптура у Србији (Sculture romane in Serbia), in Galerija SANU (Rivista dell’Accademia serba delle Scienze e delle Arti), 60 (1987), p. 46.

111 Rappresenta il monogramma di Cristo, ma viene chiamato anche monogramma di Costantino in quanto lo fece apporre al proprio labaro. Si veda: L. Mirković, Православна литургика (Liturgia ortodossa), I, Beograd 1982, p. 172.

112 M. Rakocija, Das frühe Christentum, cit., pp. 39-41.

113 M. Rakocija, Painting in the Crypt With an Anchor in Niš, in IX/Niš & Byzantium IX, cit., pp. 87-106.

114 F. Cumont, Rechérches sur le symbolisme funéraire des romains, Paris 1966, p. 483.

115 I.M. Đorđević, Imagines clipeatae dans la peinture monumentale serbe du XIIIe siècle, in Зборник за ликовне уметности, 16 (1980), pp. 13-23.

116 L’origine delle corone ellenistiche non deve cercarsi nelle tombe romane, ma in Oriente, donde giunsero in Italia e nei Balcani. K. Mijatev, Декоративан живопис во софиския некропол (I dipinti murari della necropoli di Sofija), Sofija 1925, pp. 24-25.

117 Ivi, pp. 24-25.

118 E. Kalužniacki, Werke des patriarchen von Bulgarien, Euthymus 1375-93, Wien 1901, pp. 131-134.

119 Grazie alla disponibilità del dott. Dragan Vojvodić si è stati in grado di ottenere la tesi di laurea: Portrayals of Female Saints of Christian History in the Fresco Paintings of Medieval Serbia, discussa alla facoltà di filosofia di Belgrado.

120 E. Kalužniacki, Werke des patriarchen von Bulgarien, cit., pp. 103-146.

121 M.P. Karavslov, Св. Константин и Елена. Храм паметник (I santi Costantino ed Elena. Tempio commemorativo), Plovdiv 1957, pp. 5-9.

122 P. Miljković-Pepek, Црквата Св. Константин од село Свећани (La chiesa di S. Costantino a Svećani), Симпозиум 1100 годишнина од смрта на Кирил Солунски I (Simpozium 1100 godišnina od smrta na Kiril Solunski I) (Convegno a 1100 anni dalla morte di Kiril Solunski I), Skopje 1970, pp. 149-161.

123 G. Subotić, Свети Константин и Јелена у Охриду (I santi Costantino ed Elena a Ohrid), Beograd 1971, pp. 4-29.

124 R. Ljubinković, Стара црква села Курбинова (L’antica chiesa nel villaggio di Kurbinovo), in Studije iz srednjevekovne umetnosti I kulturne istorije (Studi dell’arte medievale e la storia della cultura), Beograd 1982, p. 12.

125 A. Grabar, Боянската църква (La chiesa di Bojana), Sofija 1924 (1978), p. 66.

126 G. Millet, La peinture du Moyen âge en Yougoslavie, III, Paris 1954-1962, tav. 29.

127 M. Ćorović-Ljubinković, Црква у Доњој Каменици (La chiesa di Donja Kamenica), in Starinar (Starinar. Rivista annuale di storia, archeologia ed etnologia dell’istituto di archeologia di Belgrado), 1 (1950), p. 58.

128 C. Grozdanov, Охридско зидно сликарство од XIV век (Dipinti murari a Ohrid a partire dal XIV secolo), Ohrid 1980, p. 152.

129 Ivi, p. 156.

130 G. Subotić, Свети Константин и Јелена у Охриду, cit., p. 51.

131 G. Subotić, Охридска сликарска школа XV века (La scuola pittorica di Ohrid dal XV secolo), Beograd 1980, p. 54.

132 D. Vojvodić, Portrayals of Female Saints, cit., pp. 514-550.

133 A. Grabar, Christian Iconography, New York 1968, pp. 39-41.

134 D. Vojvodić, Portrayals of Female Saints, cit., p. 538.

135 S. Pejić, Манастир Свети Никола Дабарски (Il monastero di S. Nicola a Dabar), Beograd 2009, p. 172.

136 D. Valenti, L’iconografia di Costantino nell’arte medioevale italiana, in Ниш и Византија V/Niš & Byzantium V, cit., pp. 331-356.

137 Raffigurazioni dei santi Costantino ed Elena sono presenti in Serbia nelle chiese dei seguenti paesi: Žiča, Mileševa, Sopoćani, Arilje, Chiesa della Vergine di Sušica, Santi Apostoli a Peć, Staro Nagoričino, Santa Nikita, la chiesa reale a Studenica, Gračanica, Kučevište, San Nicola a Prizren, San Nicola Bolnički a Ohrid, chiesa di Gornji Kozjak, a Pološko, San Nicola a Baljevac, monastero di Lesnovo, Dečani, chiesa di Mali Sveti Vrači a Ohrid, Mateić, San Pietro a Prespa, Santa Perivlepta a Ohrid, Mal Grad a Prespa, Rečani, monastero di Marko, chiesa della Vergine di Vražji Kamen, Nova Pavlica, Palež, Ramaća, Veluća, Rudenica, e Kalenić.

138 G. Babić, Краљева црква у Студеници (La Chiesa reale di Studenica), Beograd 1987, p. 191.

139 Ivi, p. 190.

140 M. Purković, Попис црква у старој српској држави (Elenco delle chiese nell’antico regno di Serbia). Skopje 1938, p. 29.

141 S. Petković, Зидно сликарство на подручју Пећке патријаршије 1557-1614 (Dipinti murari nel patriarcato di Peć 1557-1614), Novi Sad 1965, p. 93.

142 S. Radojčić, Фреска Константинове победе у цркви Св. Николе Дабарског (L’affresco raffigurante la Vittoria di Costantino nella chiesa di S. Nicola a Dabar), in Glasnik Skopskog naučnog društva (Journal of the Science Society of Skoplje), 29 (1938), pp. 87-88, 98-99. (= Id., Odabrani članci istudije 1933-1978 – Articoli e studi scelti, 1933-1978), Novi Sad 1982, pp. 43-52).

143 G. Subotić, Свети Константин и Јелена у Охриду, cit., pp. 84-85.

144 S. Pejić, Манастир Свети Никола Дабарски (Il monastero di San Nicola a Dabar), cit., pp. 168-169.

145 G. Subotić, Свети Константин и Јелена у Охриду, cit., pp. 86-89.

146 M. Bičev, Монументална живопис (Pittura monumentale), in История на българското изобразително изкуство, cit., pp. 209-255.

147 L.N. Mavrodinova, Стенната живопис в България до края на XIV век (I dipinti murari in Bulgaria fino alla fine del XV secolo), Sofia 1995, pp. 46-48.

148 G. Gerov, L’image de constantin et Hélène avec la croix :étapes de formation et contenu symbolique, Ниш и Византија II/Niš & Byzantium II, Симпозиум (Ниш 3-5 јун 2003) (Convegno – Niš 3-5 giugno 2003), ed. by M. Rakocija, Niš 2004, pp. 227-239.

149 S. Radojčić, Милешева (Mileševa), Beograd 1963.

150 Sulle vesti degli imperatori bizantini si veda: D. Vojvodić, Укрштена диjадима и "торакион”. Две древне и неуобичаjне инсигниjе спрских владара у XIV и XV веку (Il diadema intrecciato e il ‘thorakion’: due paramenti insoliti e antichi dei sovrani serbi del XIV e XV secolo), Treća jugoslovenska konferencija vizantologa (Kruševac 10-13 maj 2000) (Terza conferenza iugoslava degli studiosi di Bisanzio – Kruševac 10-13 maggio 2000), Beograd-Kruševac 2002, pp. 249-272.

151 B. Penkova, Les saints apôtres Constantin et Hélène dans les fresques de l’église de Boïana, in Ниш и Византија VIII/Niš & Byzantium VIII, cit., pp. 273-282.

152 E. Bakalova, Бачковската костинца (L’ossario di Bačkovo), Sofjia 1995; L.N. Marvodinova, Кулура и изкуството, cit., pp. 33-34.

153 I. Gergova, Цьрквата Св. Никола в с. Железна Xипровско (La chiesa di S. Nicola nel villaggio Železna, comune di Čiprovsko), in Ниш и Византија IV/Niš & Byzantium IV, cit., Niš 2006, pp. 343-364.

154 Ivi, pp. 349, 358.

155 МM. Ćorović-Ljubinković, Уз проблем иконографије српских светитеља Симеона и Саве (A margine del problema di iconografia dei serbi santi Simeone e Sava), in Starinar (Starinar, rivista annuale di storia, archeologia ed etnologia dell’istituto di archeologia di Belgrado), 7-8 (1956-1957), p. 81.

156 M. Rakocija, Манастир Св. Богородице у Сићевачкој клисури (Il monastero della Theotokos sulla gola di Sićevo), Niš 2007, pp. 67-74.

157 G. Gerov, L’image de constantin et Hélène avec la croix, cit., pp. 227-239.

158 D. Medaković, Графика српских штампаних књига XV-XVII века (Le arti grafiche dei libri stampati in Serbia da

159 ΣS. Pelekanidis, M. Chatzidakis, Καστοριά, Αθήνα 1984, p. 29.

160 G. Gerov, L’image de Constantin et Hélène avec la croix, cit., p. 236.

161 Durante il regno dell’imperatore Arcadio (395-408) sono stati rinvenuti a Eugenia, vicino a Costantinopoli, i resti di numerosi martiri, tra i quali anche quelli di Andronico e di una giovane donna, Giunia, citati da Paolo nella sua Lettera ai Romani: «Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia [...]» (Rm 16,7). L’‘insigne’ Andronico credette a Cristo ancora prima di Paolo (Rm 16,7). Fu vescovo di Pannonia e morì da martire. Dove giacevano i resti di Andronico, l’imperatore Andronico I Comneno (1183-1185) fece erigere un tempio. Da Енциколoпедија Православља (Enciclopedia ortodossa), Евгенијски мученици (Martiri di Eugenia), Beograd 2002, p. 629.

162 V.J. Đurić, S. Ćirković, V. Korać, Пећка патријаршија (Il patriarcato di Peć), Beograd 1990, p. 212.

163 Nell’arte bizantina i casi di omonimia tra persone comuni e santi non sono rari, come dimostrano i dipinti di Kostur e Bojana. Questo è uno dei motivi per cui Andronico I Comneno fece costruire un tempio proprio dove giacevano i resti di Andronico.

164 L. Breje, Vizantijskacivilizacija (La civiltà bizantina), Beograd 1976, p. 319.

165 S. Radojčić, Узор и дела старих српских уметника (Modelli e opere degli artisti serbi antichi), Beograd 1975, p. 183. Il padre di Andronico II, Michele VIII Paleologo, fu il primo ad attribuirsi ufficialmente il titolo di ‘nuovo Costantino’ (sebbene tale appellativo fosse diffuso già nel V secolo) e in questo venne imitato dagli imperatori che lo seguirono. A proposito si veda: N. Radošević, Константин Велики у византијским царским говорима (Costantino il Grande nei basilikoi logoi bizantini), in Zbornik radova Vizantološkog Instituta (Raccolta degli scritti dell’istituto per gli studi di Bisanzio), 33 (1994), pp. 15-16.

166 G. Ostrogorski, Историја Византије (Storia di Bisanzio), cit., p. 454; L. Breje, Vizantijskacivilizacija (La civiltà bizantina), cit., p. 319; E. Fenster, Laudes Constantinopolitanae, München 1968, p. 222.

167 Andronico II, capo militare di poco successo ma uomo di grande spessore culturale e spirituale, circondato da un entourage di intellettuali, divenne famoso per essere tornato ancora una volta all’ortodossia, abolendo l’unione delle Chiese stabilita da suo padre Michele VIII. Si veda: N. Radošević, Похвална слова Андронику II Палеологу (Lettere di elogio ad Andronico II Paleologo), in Zbornik radova Vizantološkogi nstituta (Accademia delle Scienze Serba), 21 (1982), pp. 61-67.

168 Ivi, pp. 61-81; N. Radošević, Константин Велики у византијским царским говорима (Costantino il Grande nei basilikoi logoi bizantini), cit., p. 17.

169 G. Ostrogorski, Историја Византије (Storia di Bisanzio), cit., p. 454.

170 S. Radojčić, Узор и дела старих српских уметника, cit., p. 163; N. Radošević, Константин Велики у византијским царским говорима (Costantino il Grande nei basilikoi logoi bizantini), cit., p. 15.

171 M. Ćorović-Ljubinković, Уз проблем иконографије српских светитеља Симеона и Саве, cit., p. 81.

172 L’autore desidera esprimere uno speciale ringraziamento per la traduzione dal serbo all’inglese del presente saggio a Milica Zagorac e a Ivan Stamenković.

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