L'Europa tardoantica e medievale. Le testimonianze islamiche nella Penisola Iberica: Cordova

Il Mondo dell'Archeologia (2004)

L'Europa tardoantica e medievale. Le testimonianze islamiche nella Penisola Iberica: Cordova

Basilio Pavón Maldonado
Maria Antonietta Marino

Cordova

di Basilio Pavón Maldonado

Metropoli (lat. Patricia Corduba; ar. Qurṭuba; sp. Córdoba) della Spagna musulmana. La sua fondazione risale al 1000 a.C.; in età romana fu capoluogo della provincia Hispania Ulterior Baetica e colonia; sin dal secondo decennio dell’VIII sec. d.C. sede e corte dei sovrani omayyadi. Durante i regni di Abd ar-Rahman II, Abd ar-Rahman III e al-Hakam II mantenne relazioni assai proficue con Bisanzio, con Baghdad e con Il Cairo, in un esemplare crocevia di culture tra Oriente e Occidente dal quale nacquero un nuovo assetto urbanistico e una nuova architettura. C. fu centro di potere, di magnificenza e di sapere che irraggiava la sua luce nel Nord Africa e negli angoli più reconditi delle marche Inferiore, Media e Superiore. Della grandezza della C. califfale (X sec.), della quale la Grande Moschea rappresenta la migliore evidenza, insieme con la città palatina di Madinat az-Zahra, si ha notizia dalle cronache arabe, i cui testi forniscono informazioni precise per consentire una ricostruzione dell’assetto urbano. La medina (il nucleo urbano) era posta al centro, con mura di pietra che racchiudevano una superficie di 88 ha; tali mura erano lunghe 4 km e includevano l’Alcazar (la residenza dei sovrani) di 2,5 ha, ben protetto a sua volta da mura di 700 m di estensione. Le porte della medina erano sette e fra queste si distinguevano quella del Ponte (Bab al-Qantara) e quella di Siviglia (Bab Isbiliyya): oggi sono tutte scomparse, ma il loro aspetto non doveva essere molto diverso dalle porte della Grande Moschea, che imitano gli archi di trionfo dell’antica Roma. Alla medina califfale furono aggiunti fin dai primi tempi vari sobborghi (rabaḍ) che non disposero di proprie mura fino agli ultimi anni dell’XI secolo, benché anteriormente fossero protetti da un fossato (faṣīl). Lungo il lato orientale si estendeva il sobborgo della Ajarquia (ash-Sharqi), di 106 ha, che comprendeva recinti successivi o piccoli quartieri (ḥawma) che dovevano essere dotati di proprie mura. Lungo il lato nord, in cui si apriva la Porta degli Ebrei (Bab al-Yahud) si sviluppò il sobborgo della Rusafa, che deve il suo nome alla omonima residenza principesca fatta costruire per l’emiro Abd ar-Rahman I, attorno alla quale si sviluppava. Questi sette sobborghi, tutti scomparsi, si collocavano nel settore occidentale della medina; i più importanti, contigui all’Alcazar, erano quello dei Pergamineros (Raqaqqin), citato già nel X secolo, e quello dei profumieri (al-Attarin), presso la Porta di Siviglia, ai cui piedi correva la strada cosiddetta “della Ruzafa” o “del Moro”. Questo ampio suburbio ospitò per ordine del califfo Abd ar-Rahman III il cosiddetto Zoco Grande, proprietà di tale sovrano.

A cingere la medina sui suoi quattro lati restarono vecchie residenze di campagna intramurarie del IX secolo, come quella di Abd Allah e quella di al-Mughira, che precedettero i numerosi poderi califfali dell’area occidentale, tutti scomparsi, che animavano le rive del fiume Guadalquivir. La medina, posta sulle fondazioni della città romana (urbs quadrata), ma superandola in estensione, descriveva un rettangolo da nord a sud, con la via principale tra le porte degli Ebrei e del Ponte, che passava per la Grande Moschea, l’Alcazar, le piccole moschee e i bagni (ḥammām). La fitta densità della città nel X secolo è testimoniata dall’estensione della Grande Moschea (quasi 2 ha) e dalla moltitudine di bagni e di piccole moschee che vi si addensavano. Il bagno più ragguardevole era l’ḥammām della Plaza de los Martires, nell’Alcazar, attualmente sostituito dal palazzo arcivescovile. Delle moschee dei sobborghi si conservano i minareti annessi alle attuali chiese di S. Giovanni (IX sec.), di S. Lorenzo e al monastero di S. Chiara (X sec.). Presso la Grande Moschea si trovavano i mercati (sūq), un importante deposito di cereali (fundūq) o ospizio e la Alcaiceria (al-qayṣariyya), bottega statale di ogni tipo di oggetti di lusso che veniva chiusa durante la notte.

Ampiamente descritto ed esaminato dai cronisti arabi, l’Alcazar di C. era un complesso architettonico che ospitava edifici dalle svariate funzioni di tipo amministrativo e regio ed era situato nell’angolo sudoccidentale della medina, di fronte alla Grande Moschea con la quale era in contatto tramite un passaggio coperto sostenuto da un arcone (sabat) fatto costruire dall’emiro Abd Allah. Circondato da mura turrite, la sua porta principale era la Bab as-Sudda che permetteva di accedere agli edifici della cancelleria dall’Arrecife (strada principale che correva parallela al fiume Guadalquivir); di fronte a essa si trovava la famosa ruota idraulica (Albolafia) che i re cristiani conservarono. I testi arabi menzionano i padiglioni regi che occupavano l’Alcazar: le leggendarie residenze califfali erano costituite da giardini lussureggianti, dalle planimetrie a croce, in cui erano disseminati padiglioni cupolati (qubba) con raffinate sale di ricevimento (maǧlis); la struttura più alta era la qubba o turba del Cimitero Reale (Rawda) nella quale fu sepolto Abd ar-Rahman III. Il luogo occupato dall’Alcazar era ideale, presso il fiume e la Grande Moschea, e sostituiva un palazzo (o una fortezza) visigoto da quando Abd ar-Rahman I decise di istallarvisi; i suoi successori Abd ar-Rahman II e Abd ar-Rahman III lo convertirono in residenza abituale, impegnando nella costruzione architetti e giardinieri fatti venire da Bisanzio e da Baghdad. La città riceveva acqua dalla Sierra grazie ad acquedotti monumentali che la conducevano all’Alcazar e alla Grande Moschea.

Sull’altro lato del ponte era una moschea all’aperto (musallā) che presiedeva il sobborgo detto “della Secunda”. Dopo la conquista della città da parte di Ferdinando III il Santo (1236) i Mori che avevano chiesto di vivere a C. occuparono il quartiere della moschea poi divenuta chiesa di S. Giovanni, nel quale sono rimaste le strade dette “dei Moros” e “della Moreria”. Per gli Ebrei venne costruita nel XIV secolo, presso la Porta di Almodovar, una sinagoga composta da un unico ambiente a pianta quadrata con bellissimi stucchi realizzati da maestri mudejari di Toledo. Con la dominazione cristiana la città si arricchì di nuove chiese, di fattura romanica o gotica intrecciata con i tratti stilistici dell’architettura califfale.

La vecchia cattedrale di S. Vincenzo, di fondazione visigota, venne utilizzata sotto il regno di Abd ar-Rahman I come chiesa e insieme come moschea, divisa in due spazi fino a quando l’emiro non offrì ai cristiani un altro luogo di culto fuori della medina (785). Così ebbe inizio la storia della moschea più ampia e maestosa dell’Occidente, al pari di quella di Kairouan di Tunisia e di quella di Abu Dulaf di Samarra. Il tempio fu ampliato da Abd ar-Rahman II (848), Abd ar-Rahman III (951), al-Hakam II (961-970) e Almanzor (987), sotto il quale arrivò ad avere 19 navate e l’amplissimo Patio de los Naranjos, dominato dal minareto posto lungo il muro settentrionale. Le magnifiche porte dell’oratorio si rifanno al modello delle più antiche di S. Stefano (855).

Bibliografia

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Madinat az-zahra

di Maria Antonietta Marino

L’edificazione della città-palazzo fu ordinata da Abd ar-Rahman III al-Nasir (912-961), primo sovrano della dinastia omayyade di Spagna a fregiarsi del titolo di califfo, e intrapresa nel 936. In breve tempo divenne la residenza preferita del sovrano che qui trasferì la sede del governo e il tesoro; vi si svolgevano, oltre alla vita privata del califfo e della sua affollatissima corte, le cerimonie ufficiali e le udienze, come il ricevimento delle ambascerie straniere. La grandezza della città fu descritta da visitatori e cantata da poeti: secondo leggende tardive il nome stesso sarebbe un omaggio del califfo alla sua favorita che si chiamava appunto az-Zahra, “la risplendente”. La costruzione proseguì durante il regno del suo successore al-Hakam II fino alla morte di questo nel 976. La città si estende su un terreno scosceso che si affaccia sul fiume Guadalquivir e occupa uno spazio rettangolare circondato da mura di circa 1500 x 800 m, disposto su tre grandi terrazzamenti: è costituita, secondo la tradizione delle città-palazzo islamiche già sperimentata in ambito abbaside, da una serie di abitazioni collegate da corridoi e inframmezzate da cortili e giardini. Gli scavi archeologici ebbero inizio nel 1910 e sono proseguiti con lunghe pause e alterne vicende fino ai nostri giorni.

Il terrazzamento più alto ospitava il quartiere residenziale del califfo e della sua corte. La struttura più interessante dal punto di vista architettonico è la sala denominata Salon Rico, fatta edificare tra il 953 e il 957 dal califfo Abd ar-Rahman III nella zona meridionale. La facciata si apre con un portico a cinque arcate su colonne, che immette in un ambiente rettangolare allungato trasversalmente terminante ai lati con due piccole stanze quadrate; la sala retrostante presenta un impianto basilicale a tre navate separate da colonne fiancheggiato da due sale della stessa lunghezza e ampiezza delle navate, a esse collegate da due porte. La struttura della sala basilicale preceduta da un ambiente trasversale viene a disegnare una pianta a T, in questo caso rovesciata, già nota all’architettura islamica. Il Salon Rico conserva ancora gran parte della fastosa decorazione originaria. Gli archi sono a ferro di cavallo e l’utilizzo della policromia, come avviene d’altro canto nella Grande Moschea di Cordova, è particolarmente accentuato. Erano utilizzate alternativamente colonne in marmo rosa e nero, mentre la pietra e lo stucco che rivestivano le pareti erano intagliati con grande finezza ed eleganza soprattutto a motivi vegetali, a volte dipinti con colori sgargianti come il rosso e l’oro. Una seconda sala a pianta basilicale si trova nella zona settentrionale ed è detta Dar al-Jund: decorata con minore ricchezza era forse adibita a quartier generale. A ovest di questa sono stati riportati alla luce abitazioni e cortili che si sviluppano verso occidente per una lunghezza di circa 150 m. Il terrazzamento mediano era prevalentemente occupato da giardini con padiglioni, orti e bacini d’acqua, mentre quello più basso ospitava il mercato e la moschea congregazionale, dedicata dal califfo nel 941: gli scavi hanno rivelato una sala di preghiera a 5 navate perpendicolari al muro della qibla (direzione della Mecca) preceduta da un cortile porticato. Nell’XI secolo Madinat az-Zahra fu abbandonata e cadde presto in uno stato di abbandono aggravato dai ripetuti saccheggi che nel corso dei secoli spogliarono la città di gran parte delle sue ricchezze.

Bibliografia

Vedi bibliografia relativa a Cordova.

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