L'Ottocento: scienze mediche. Medicina e società

Storia della Scienza (2003)

L'Ottocento: scienze mediche. Medicina e societa

William F. Bynum

Medicina e società

La medicina è "una scienza sociale, e la politica non è altro che medicina su vasta scala", scriveva Rudolf Virchow nel 1848, l'anno della rivoluzione che percorse l'intera Europa. Il fatto che fosse anche l'anno di un'epidemia di colera non fu una semplice coincidenza, dal momento che colera e rivolta sociale si accompagnarono spesso nel corso del XIX secolo. Virchow, tuttavia, non fu il solo a osservare che la presenza della malattia epidemica rimandava direttamente agli squilibri sociali. Il colera fu soltanto uno dei catalizzatori delle riforme sociali, mediche e di sanità pubblica in quel secolo, ma la sua stessa periodicità sensibilizzò l'opinione pubblica su molti temi fondamentali, fra i quali la relazione tra malattia e condizione sociale di indigenza, il ruolo dello Stato nella prevenzione e nel trattamento delle malattie pericolose e la legittimità della classe medica nel pretendere fiducia pubblica. Questi temi saranno trattati in particolare con riferimento alla Gran Bretagna, alla Francia, alla Germania e agli Stati Uniti.

La medicina in una società in trasformazione

Nel corso del XIX sec. la società occidentale subì una trasformazione radicale. Al tempo della Rivoluzione francese, l'Europa era ancora prevalentemente rurale. Si impiegavano tre giorni per andare da Londra a Parigi, e anche di più se le strade erano infangate e il mare agitato. L'agricoltura costituiva ancora l'occupazione principale, e nonostante la rivoluzione industriale fosse solidamente radicata in Gran Bretagna il suo impatto nel resto d'Europa o oltreoceano era molto modesto. La mortalità annua poteva ancora oscillare in maniera selvaggia e l'ultima crisi di sussistenza di dimensioni europee si verificò nel 1817. I tassi nazionali di mortalità, tuttavia, non potevano essere più che semplici stime; si cominciava appena allora e tra l'altro solamente in alcuni paesi, a censire la popolazione e l'ufficio dell'anagrafe civile per la registrazione delle nascite e dei decessi non era stato ancora istituito. L'aumento della popolazione che avrebbe caratterizzato la modernità era in corso, anche se Thomas R. Malthus nell'Essay on the principle of population (1798) aveva contestato la vecchia convinzione che una popolazione più numerosa costituisse per un paese un indiscutibile vantaggio sociale e politico.

Quanti operavano nel campo della medicina occupavano in questo periodo una posizione ambivalente. La divisione gerarchica dell'ordine medico in medici, chirurghi e farmacisti ‒ o loro varianti ‒ rispecchiava le strutture che nella società erano articolate con una più netta definizione formale, nonostante la Rivoluzione francese si fosse aggregata intorno al motto Liberté, Fraternité, Égalité e negli Stati Uniti 'democrazia' non fosse ritenuta una parola riprovevole. Individualmente, alcuni medici e, meno spesso, chirurghi e farmacisti raggiunsero posizioni rispettabili e socialmente influenti. La morte del giovane Marie-François-Xavier Bichat nel 1802, per esempio, suscitò vasto cordoglio anche al di là del ristretto ambito professionale e medici come Johann Peter Frank, Christoph Wilhelm Hufeland e William Heberden riuscirono a essere ammessi nei circoli più esclusivi. Al contempo, però, quelli che riuscivano a raggiungere il successo lo dovevano spesso a una qualche forma di patronato o di nepotismo; persino la carriera di René-Théophile-Hyacinthe Laënnec fu fortemente condizionata dalle mutevoli situazioni politiche.

Nonostante la storia venerabile di molte organizzazioni professionali, come i royal colleges e le royal academies, non si riusciva a tenere sotto controllo i livelli di competenza e il comportamento dei medici nell'esercizio della professione, soprattutto al di fuori delle città principali, e spesso i malati erano costretti a scegliere da chi farsi curare sulla base di segnalazioni informali o della reputazione locale. La medicina dell'Ancien Régime è stata descritta come dominata dal paziente, tanto più che i confini fra la conoscenza dei profani e quella dei medici erano praticamente indistinti. In molti luoghi a dominare la pratica della medicina era la logica del mercato rionale, con i medici che parlavano volentieri dei loro 'affari' e i 'ciarlatani' che contendevano la clientela ai 'regolari'. Anche in un paese come la Francia, in cui l'attività dei ciarlatani era regolamentata, la Rivoluzione aveva dovuto fare i conti, sebbene per breve tempo, con la massima "ognuno è medico di sé stesso". Nelle grandi case di campagna inglesi i medici erano fatti entrare dall'ingresso riservato ai fornitori, e la satira e i caricaturisti trovavano abbondante materiale nella loro pompa e sicumera.

Con il mutare della società, cambiarono anche le sue strutture e le istituzioni mediche. L'industrializzazione trasformò il panorama umano e ambientale, accelerando la crescita delle città e creando nuovi tipi di relazioni fra i lavoratori e i loro datori di lavoro. Le navi a vapore cominciarono a comparire nel primo decennio del secolo, e l'avvento delle ferrovie negli anni Trenta ridusse i tempi di percorrenza al limite dell'incredibile; il telegrafo apparve persino più miracoloso: il giornale del mattino poteva riportare le notizie del giorno prima provenienti praticamente da ogni parte del mondo. I nuovi metodi di stampa abbassarono di molto il prezzo dei libri e delle riviste e determinarono la nascita di un nuovo vasto pubblico di lettori. L'illuminazione elettrica e l'acqua corrente erogate costantemente contribuirono a migliorare il tenore di vita delle persone.

In questi e in molti altri modi, la scienza e la tecnologia si fusero nel corso del secolo e produssero il nostro mondo moderno. Il XIX sec. è considerato il secolo dell'affermazione della borghesia, o delle professioni, oppure delle masse, ma non c'è dubbio che il mondo fisico e sociale dell'Europa, e delle sue colonie, stava cambiando radicalmente. Tali mutamenti ebbero riflessi anche all'interno della categoria dei medici che, al pari di altri rispettabili gruppi professionali, raggiunsero alla fine del secolo un'identità collettiva più precisa. L'insegnamento a essi impartito era molto diverso da quello ricevuto dalle generazioni precedenti, rispetto alle quali avevano acquisito anche nuove competenze in ambito pubblico. I loro esponenti più prestigiosi, come Virchow, Louis Pasteur, Robert Koch e Joseph Lister, erano personalità di rilievo internazionale, create in parte dai nuovi mezzi di comunicazione di massa e in parte dai successi e dalle promesse di una medicina (e di una chirurgia) fondata sull'applicazione della scienza e della tecnica. La professione medica continuava a essere generalmente sovraffollata, il che portava a una continua concorrenza al suo interno e a un'ampia disparità di reddito. Ciononostante le loro rivendicazioni venivano prese in considerazione più facilmente dalla pubblica autorità, e il posto della medicina nel tessuto sociale era più sicuro e chiaramente definito di quanto non fosse stato un secolo prima.

Monopolio e professione medica liberale

Due elementi soprattutto caratterizzano i medici professionisti dell'Età moderna: la conoscenza riservata agli iniziati e i codici deontologici di comportamento. La conoscenza dà loro il diritto all'autonomia e alla regolamentazione interna, dal momento che i 'profani' non sono competenti a giudicarli, essendo privi della formazione necessaria. Il comportamento disinteressato garantisce che la società riceva vantaggio dalla loro attività. I medici hanno a cuore l'interesse del paziente, e quindi meritano la fiducia della società; Sir William B. Osler osservava che la professione medica si distingueva da tutte le altre per la sua singolare beneficenza. Una rappresentazione alternativa della ricostruzione di tale scenario storico prende spunto dalla battuta di George B. Shaw, secondo la quale "tutte le professioni sono cospirazioni contro i profani" e sono in realtà interessate al potere. Le affermazioni sul servizio disinteressato dei professionisti sono in realtà vuota retorica e le professioni, secondo il commediografo inglese, perseguono prima di tutto il potere e i redditi dei loro membri. Da entrambe le prospettive, un'associazione professionale tende a stabilire un monopolio sull'esercizio della professione, controllato dallo Stato o meno, in quanto una clientela avvertita è propensa a riconoscere le maggiori pretese di un professionista adeguatamente qualificato.

Il controllo rigoroso sull'esercizio della professione era in contrasto con i principî del liberalismo del XIX sec., che apprezzava molto più la libertà e l'individualismo che non la regolamentazione e la centralizzazione. Come espresso in sintesi da Matthew Ramsey in The politics of medical monopoly: "In poche parole, dove fioriva il liberalismo del laissez-faire, il monopolio de jure era generalmente debole o inesistente; dove il liberalismo prevalente era fortemente impegnato a realizzare riforme dal centro, il monopolio veniva appena toccato; dove invece il liberalismo era assente, i monopoli professionali prosperavano al meglio" (Ramsey 1984, pp. 225-305).

La situazione della professione medica in Europa e nell'America Settentrionale nel XIX sec. offre un esempio illuminante della generalizzazione di Ramsey. Tradizionalmente, la regolamentazione del personale medico e il controllo degli standard di preparazione erano stati sotto la giurisdizione di un'Academy o di un Collegium. In molti Stati tedeschi ancora legati alle vecchie tradizioni, le 'professioni' dei curanti, comprese la pratica ostetrica e la farmacia, erano rigorosamente regolamentate, al pari di altre professioni. In Gran Bretagna, dove Wealth of nations (1776) di Adam Smith aveva fornito l'elaborazione teorica del laissez-faire economico, le gilde avevano perso molto del loro potere e la libertà di esercizio delle professioni era la norma. Il Royal College of Physicians e la Company of Surgeons (divenuta dopo il 1800 il Royal College of Surgeons) controllavano l'esercizio della medicina e della chirurgia a Londra, e istituzioni analoghe svolgevano la medesima funzione a Edimburgo, a Glasgow e a Dublino. Fuori delle principali città regnava il libero mercato della medicina, e anche nelle aree controllate dalla giurisdizione delle organizzazioni professionali la denuncia dei praticanti irregolari e dei ciarlatani era costosa e solo di rado veniva attivata. Un fragile sistema di autorizzazioni per i medici si sviluppò a poco a poco negli Stati Uniti nei decenni successivi alla guerra d'Indipendenza, a livello locale o di singoli Stati.

In Francia, la professione medica godette della massima protezione durante il XIX secolo. La legge del 10 marzo 1803 creò due ordini di medici, quelli che avevano conseguito una laurea in medicina o chirurgia presso una scuola medica, e quelli con una preparazione di tipo più pratico, gli officiers de sainté, destinati alle aree rurali e al lavoro medico di routine. Soltanto chi possedeva una di queste qualifiche era autorizzato a praticare la medicina, mentre i ciarlatani dovevano essere perseguiti. La laurea poteva essere conseguita in una delle tre scuole autorizzate a rilasciare titoli accademici sopravvissute alla Rivoluzione, e cioè quelle di Parigi, di Montpellier e di Strasburgo. Il modo più casuale in cui gli officiers de sainté ottenevano i loro diplomi da commissioni mediche dipartimentali non fu mai ben visto dagli altri medici o dai funzionari dello Stato, ciononostante sia gli officiers sia la legge del marzo 1803 rimasero in vigore fino al 1892; e questo, malgrado le reiterate critiche di stampo liberale secondo le quali era praticamente impossibile imporre il monopolio in maniera soddisfacente e la stessa legge impediva la libertà di ricerca e di scelta.

Napoleone esportò sia la legge sia l'ostilità nei confronti delle gilde dovunque si insediarono le armate francesi. Nelle annesse regioni tedesche della Renania, la professione medica era stata a lungo protetta dallo Stato e molti medici erano di fatto funzionari pubblici. Questo ordinamento, nonostante alcuni vantaggi economici, presentava qualche inconveniente, come l'obbligo di esercitare nel luogo stabilito dall'autorità statale e il Kurierzwang, ossia il dovere di soccorrere chiunque si trovasse in stato di necessità. Le voci liberali tedesche, come quelle di Alexander von Humboldt (1769-1859) e, dal 1848, di Virchow, si levarono a sfidare i vincoli restrittivi imposti dal vecchio ordine, sostenendo che la riforma sociale e l'educazione di massa avrebbero messo anche la gente comune in grado di scegliere con saggezza i propri medici, e che in ogni caso la libertà di decidere la cura (Kurierfreiheit) era fondamentale tanto per i medici quanto per i pazienti. La Gewerbeordnung (Regolamento professionale) prussiana del 1869 ‒ estesa poi a tutto l'Impero nel 1871 ‒ aprì alla fine il libero mercato della medicina. Essa permise un rapido aumento di tutti i tipi di praticanti irregolari, che spesso costituirono proprie associazioni professionali. A Berlino nel 1879, vi erano trentaquattro medici regolari per ogni empirico a tempo pieno; nel 1903 il rapporto era crollato ad appena tre a uno.

La maggior parte degli osservatori interpretò la Gewerbeordnung come un colpo contro il protezionismo medievale, pur riconoscendo allo stesso tempo che in tema di sanità pubblica e di cure mediche un completo laissez-faire poteva essere dannoso per il benessere della popolazione. In pratica, lo Stato continuò a proteggere i professionisti regolari imponendo alcuni limiti agli irregolari, ai quali non era permesso curare le malattie veneree o il cancro, praticare le iniezioni o usare narcotici. Solo con l'avvento del nazismo il sistema liberale tedesco venne abbandonato, ma non per un particolare riguardo nei confronti della medicina scientifica bensì perché alla tutela della salute della collettività fu riconosciuta una priorità rispetto alla libertà individuale.

La Gewerbeordnung assomigliava molto all'ordinamento introdotto in Gran Bretagna con il Medical Act del 1858. Questa legge, finalmente approvata dopo oltre vent'anni di discussioni e diversi disegni di legge bocciati in parlamento, fu un altro trionfo del liberalismo. Essa consacrò il sistema eclettico della formazione e delle autorizzazioni che era andato sviluppandosi a poco a poco fra le università, le scuole mediche ospedaliere e le corporazioni mediche, ma non riuscì a bandire l'esercizio irregolare della medicina. Il Medical Register annuale dei medici con titolo legale forniva al pubblico l'accesso all'informazione necessaria per scegliere in modo oculato il proprio medico curante, gli irregolari, invece, non essendovi iscritti, dovevano costantemente fornire un'immagine positiva delle proprie competenze. La legge del 1858 garantiva inoltre ai professionisti una buona autonomia attraverso il General Medical Council, cui era conferita la giurisdizione sulle negligenze nella cura e sulle 'condotte disonorevoli' (come il ricorso alla pubblicità o la collaborazione con gli irregolari), e insieme un ruolo di consulenza nel definire i corsi delle scuole di medicina e gli standard degli esami. Soltanto i medici iscritti nel Medical Register potevano ricoprire alcune cariche pubbliche, come quella di vaccinatore pubblico, di ufficiale medico di sanità, di sovrintendente dei manicomi e di ufficiale sanitario previsto dalla legge di assistenza per i poveri.

Negli Stati Uniti, le prime leggi sulle autorizzazioni si dimostrarono inefficaci, e verso la metà del secolo alcuni gruppi di medici alternativi, come omeopati, eclettici e thomsoniani (che davano credito ai poteri curativi della pianta Lobelia inflata) contendevano ai regolari l'egemonia professionale. Scuole private di tutti i tipi furono fondate in gran numero, con la conseguenza che la stessa 'laurea' fu svalutata. Dopo la guerra civile americana, nuovi regolamenti per le autorizzazioni cominciarono a essere approvati nella maggior parte degli Stati, e benché alcune di queste leggi riconoscessero legittimità di azione ai praticanti non ortodossi, i medici regolari ne furono i maggiori beneficiari. La Johns Hopkins University, fondata nel 1876, introdusse deliberatamente lo stile di ricerca di stampo tedesco nell'istruzione superiore americana e, quando nel 1889 fu aperta la Johns Hopkins Medical School, altre scuole mediche universitarie cominciarono ad alzare gli standard per l'ammissione ai corsi e a introdurre un insegnamento più sistematico della scienza e della clinica. Ciononostante, quando nel 1910 Abraham Flexner condusse la sua famosa indagine sulla formazione medica negli Stati Uniti e in Canada, la maggior parte delle scuole non superò il suo test di gold standard, che stabilì prendendo a modello le migliori facoltà mediche universitarie della Germania. Molte piccole scuole americane dovettero chiudere a seguito delle riforme attuate sull'onda dell'indagine di Flexner.

A parte la Francia, che si distingue per la continua protezione assicurata dallo Stato alla professione medica (insieme con la regolamentazione di tante altre professioni), una convergenza generale può essere individuata fra molti paesi europei e gli Stati Uniti. Gli ideali liberali non consentivano che i monopoli medici fossero inquadrati nella legge, anche se ufficialmente lo Stato affidava ai medici regolari il compito di sovrintendere alle iniziative concernenti la sanità pubblica, di affrontare le situazioni pericolose dal punto di vista sanitario, di curare il personale militare, di trattare le malattie veneree, e di fornire personale ai presidi sanitari e agli ospedali governativi. Nei decenni centrali del secolo furono istituite in molte località associazioni mediche: la Provincial Medical and Surgical Association (che in seguito diventerà la British Medical Association) nel 1832; l'American Medical Association nel 1847; la Berliner medicinische Gesellschaft nel 1860. Molte di queste associazioni perseguivano scopi educativi, professionali e politici, e contribuivano a dare voce unitaria alla professione. Lo sviluppo della scienza e della tecnologia in campo medico cambiò l'iter formativo dei medici, la diagnosi e la terapia (soprattutto chirurgica), assoggettò la medicina alle ideologie del progresso e separò i praticanti 'regolari' dagli adepti di quella che oggi si chiama medicina alternativa. In Gran Bretagna, la nascita di gruppi antivivisezione ebbe senza dubbio l'effetto di aggregare più strettamente fra loro i medici. Le polizze di assicurazione sanitaria stabilite dai governi davano la preferenza ai medici regolari, e altrettanto facevano gli enti pubblici che investivano nella cura e nella prevenzione delle malattie. Così, benché nella maggior parte delle località prevalesse la scelta dei consumatori, la professione medica si era rafforzata ed era più coesa e potente di quanto non fosse all'inizio del secolo.

Il ruolo della scienza

Le tradizionali ricostruzioni storiche dello sviluppo della professione medica moderna hanno considerato come sostanzialmente non problematico il ruolo della scienza biomedica all'interno di questo processo. La medicina fece progressi perché divenne più scientifica. In tal modo gli storici hanno accettato passivamente le affermazioni dei protagonisti del XIX sec.; in Über die Standpunkte in der wissenschaftlichen Medicin (Sulle opinioni nella medicina scientifica, 1847) Virchow sosteneva: "Il futuro appartiene alla scienza. Essa controllerà sempre più i destini delle nazioni. Già li ha nel suo crogiolo e sulla sua bilancia". Scientia est potentia, egli amava dire, citando Francis Bacon.

Più di recente, tuttavia, gli storici hanno messo in discussione l'idea che la medicina fosse diventata potente per il solo fatto di essere stata permeata dalla scienza. Alcuni hanno sostenuto che il miglioramento nelle aspettative di vita nel XIX sec. e all'inizio del XX fu dovuto molto di più a fattori sociali, economici e soprattutto nutrizionali che alla medicina curativa o a quella preventiva. Altri, pur riconoscendo il valore ideologico della scienza per la medicina, hanno sottolineato che nell'insieme essa non influì molto sulla effettiva assistenza terapeutica ai pazienti e, ancor meno, sulla guarigione. Si è inoltre mostrato come, nel quadro della ben nota divergenza della medicina ottocentesca fra scienza e arte, una certa élite e medici di grande successo continuarono a vederla piuttosto come 'arte', insistendo sull'unicità di ciascun individuo e della sua malattia e sottolineando che la pratica della medicina si fondava su una conoscenza incomunicabile che poteva essere acquisita solamente con l'esperienza.

Queste e altre letture relative alla questione della 'scienza in medicina' di fine XIX sec. fanno pensare a un dibattito ancora più articolato. Esse dovrebbero essere integrate con l'analisi sui vari significati che il termine 'scienza' aveva per i medici di allora. Fra l'altro, è stato dimostrato come i medici che prestavano le cure al capezzale dei malati avessero sviluppato proprie procedure e metodi scientifici, e che equiparare la 'scienza' alla sola pratica di laboratorio sarebbe storicamente riduttivo; ciò significherebbe, infatti, ignorare gli importanti cambiamenti avvenuti nella pratica ospedaliera, che i Francesi promossero strenuamente e che trasformarono Parigi in uno dei centri più avanzati delle discipline mediche durante la prima metà del secolo. Fondata principalmente sugli approcci più nuovi alla diagnosi fisica, su una concezione della malattia che metteva l'accento sulla lesione piuttosto che sul sintomo, considerandola l'elemento più affidabile ai fini della sua definizione, e infine su esami sistematici post mortem miranti a mettere in luce le correlazioni clinico-patologiche, questa medicina era definita 'scientifica' dai suoi esponenti. Uno dei medici americani formatosi alla scuola francese, Elisha Bartlett, fornì un'esposizione coerente della filosofia baconiana posta a fondamento della medicina in An essay on the philosophy of medical science (1844). Secondo Bartlett, la medicina sarebbe potuta diventare scientifica solo con la raccolta paziente e sistematica dei dati relativi alla malattia, alle sue manifestazioni e al suo trattamento, e quindi con il graduale passaggio verso generalizzazioni induttive basate sulle osservazioni registrate.

Nei paesi di lingua tedesca ci furono anche appelli a una pratica clinica più scientifica, soprattutto da parte della Naturhistorische Schule di Johann Lucas Schönlein e dei suoi discepoli, fra i quali Nikolaus Friedrich, Carl Wunderlich e lo stesso Virchow. A volte si dimentica che Virchow rimase attivamente impegnato in ambito clinico, e che la medicina clinica accademica si sviluppò nelle università tedesche accanto alle scienze mediche più specialistiche e, in ultima analisi, più influenti. La storia dei casi (Kasuistik) fu il marchio distintivo dell'approccio storico-naturalistico, grazie anche all'aumento delle riviste mediche in cui venivano riportati e discussi diagnosi e trattamenti di singoli casi ben studiati. Alle capacità diagnostiche dirette sul paziente, i clinici tedeschi univano l'esame al microscopio e l'analisi chimica dei liquidi e dei tessuti corporei, soprattutto il sangue e l'urina, e Wunderlich diffuse l'uso del termometro.

Questi e molti altri sviluppi nell'ambito della Klinik fanno parte di quel movimento della medicina verso la scienza e la tecnologia che ebbe luogo intorno alla metà del secolo, che mutò radicalmente il modo di considerare la malattia e la cura medica. In generale, la maggior parte delle innovazioni ebbe luogo negli ospedali universitari. Basti pensare che John Forbes, il traduttore scozzese del medico francese Laënnec, dubitava che la stetoscopia si sarebbe mai diffusa fuori degli ambienti chiusi ospedalieri e militari. Persino il medico personale della regina Vittoria, Sir James Reid, non vide mai la sua paziente a letto fino alla malattia che ne avrebbe causato la morte. A questo proposito va precisato che Forbes, naturalmente, si sbagliava a proposito dello stetoscopio, ma indubbiamente non si può negare che le questioni di classe, di reddito e di genere influissero molto sulla determinazione con la quale i medici esercitavano l'arte e la scienza della diagnosi fisica. Tuttavia, a mano a mano che la medicina andò identificandosi con l'ospedale e la formazione dei medici andò radicandosi al suo interno, gli atteggiamenti e le abilità cliniche che vi erano insegnati si trasferivano al mondo medico esterno all'ospedale.

È certamente riduttivo insinuare che Armand Trousseau a Parigi, Richard Bright a Londra o Josef Skoda a Vienna non facessero 'ricerca' solo perché conducevano gran parte della loro vita professionale nelle corsie d'ospedale. A partire dagli anni Trenta circa la ricerca cominciò, tuttavia, a essere sempre più associata con un'attività specifica: la scienza sperimentale. Uno dei suoi praticanti più fecondi e dei suoi sostenitori filosoficamente più sofisticati fu Claude Bernard (1813-1878). L'Introduction à l'étude de la médecine expérimentale (1865) fu tanto più efficace in quanto Bernard proveniva dal sistema ospedaliero di Parigi, ed era quindi in grado di contrapporre efficacemente all'approccio storico-naturalistico dei clinici, che continuavano a osservare la malattia così come era presentata loro, le opportunità sperimentali di cui potevano disporre gli scienziati di laboratorio. Gli ospedali non erano altro che porte aperte alla conoscenza medica. Solamente nel laboratorio era possibile determinare i precisi meccanismi della malattia o il luogo d'azione dei farmaci. Il determinismo fu la stella polare di Bernard: nulla accade senza una causa ben definita. I clinici non possono mantenere costanti le condizioni dei casi in esame, e quindi l'esperienza clinica è inevitabilmente variabile. Lo scienziato, invece, può conservare un controllo abbastanza stretto sulla variabilità biologica e interpretare quindi i risultati in maniera affidabile.

Insieme a Pasteur e Koch, Bernard fa parte di un gruppo di scienziati medici che divennero figure internazionali nel corso del XIX secolo. Qui ci si soffermerà su un solo aspetto del processo con cui gli scienziati cominciarono a creare un proprio territorio separato e influente all'interno della medicina: la formazione e il finanziamento della ricerca biomedica.

Il vero santuario della medicina scientifica, scriveva Bernard, è il laboratorio. Nonostante gli ambienti di ricerca in cui lavorò fossero confinati in piccoli spazi, le sue attività sperimentali furono coronate da un successo sorprendente.

Il suo momento più creativo, tuttavia, dal 1845 al 1860, precedette di poco il periodo nel quale viene di solito collocata la piena affermazione della scienza in Francia. Nel riconoscimento formale della scienza sperimentale, i Francesi arrivarono più tardi rispetto ai Tedeschi; in Germania, infatti, fin dagli anni Venti le università avevano cominciato a promuovere sistematicamente la ricerca scientifica (Wissenschaft) nel suo significato più ampio. Per la medicina furono molto importanti i successi di Justus von Liebig (1803-1873), prima all'Università di Giessen poi in quella di Monaco; altrettanto rilevante fu il vivace fermento intellettuale dell'Università di Berlino da poco fondata (1809), dove Johannes Peter Müller (1801-1858), a partire dalla metà degli anni Venti, ispirò tutta una generazione di giovani medici ricercatori. La forma organizzativa prevalente nelle università tedesche era quella dell'istituto, con un professore che, insieme ai suoi collaboratori, dirigeva le attività di insegnamento e di ricerca degli studenti. A questi venivano proposti temi di ricerca nel quadro di una strategia generale stabilita dal professore. Gli istituti di maggior successo, come quello di Liebig, l'Istituto di patologia di Virchow a Berlino e l'Istituto di fisiologia di Carl Ludwig a Lipsia, attiravano schiere di studenti da ogni parte del mondo. Il reperimento dei fondi per gli istituti richiedeva una negoziazione locale con gli amministratori dell'università e con i funzionari statali della pubblica istruzione; ma i professori di successo erano molto ricercati e spesso erano in grado di migliorare i propri redditi e le attrezzature per i laboratori accettando la chiamata di un'università rivale. Con l'avanzare del secolo, le scienze mediche ‒ anatomia, fisiologia, chimica fisiologica, patologia, farmacologia e igiene (che inizialmente comprendeva anche la batteriologia) ‒ trovarono un riconoscimento a livello di istituto nelle università tedesche. All'epoca dell'unificazione della Germania nel 1871, il sistema tedesco di istruzione e ricerca era ammirato in tutto il mondo.

In Francia, l'entusiasmo per l'organizzazione universitaria tedesca subì un brutto colpo dopo le umiliazioni subite nella guerra franco-prussiana del 1870-1871. D'altronde, l'istruzione superiore francese poteva contare su una vigorosa tradizione e, nell'ambito delle scienze mediche, la Francia vantava una gloria di rango internazionale nella persona di Pasteur: l'istituto che in seguito avrebbe portato il suo nome diede vita a una serie di altre simili istituzioni dovunque si estese l'influenza francese nel mondo. L'Institut Pasteur, aperto a Parigi con grande solennità nel 1888, fu sostanzialmente un prodotto della filantropia privata internazionale, cui si aggiunse qualche contributo municipale. Esso ebbe anche la possibilità di raccogliere denaro attraverso la scoperta e la produzione di vaccini e altri composti biologici, fra i quali il più famoso fu il vaccino di Pasteur contro la rabbia, che rappresenta probabilmente l'esempio più noto in tutto il secolo dei risultati raggiungibili dal connubio fra scienza e pratica.

Gli sviluppi nella microbiologia e in quella che sarebbe stata ben presto conosciuta come immunologia introdussero nella medicina tutta una serie di possibilità preventive e terapeutiche e gli istituti di ricerca biomedica più innovativi degli anni Ottanta si dedicarono a queste discipline. In Germania, esse erano associate a luminari come Koch, Emil von Behring e Paul Ehrlich; in Gran Bretagna, il Lister Institute for Preventive Medicine era stato inizialmente intitolato (1898) a un altro personaggio illustre, Edward Jenner, pioniere della vaccinazione contro il vaiolo; negli Stati Uniti, il denaro di John D. Rockefeller fu in parte utilizzato per finanziare l'istituto di ricerca che porta il suo nome a New York (1901). Né l'Institut Pasteur, né il Lister né il Rockefeller avevano dirette affiliazioni universitarie, ma la 'filantropia scientifica' contribuì a promuovere l'insegnamento della scienza medica e la ricerca in molte università e scuole di medicina. Il rapporto fra gli ideali scientifici e lo sfruttamento commerciale spesso non fu facile; Behring era particolarmente severo (e restio) rispetto ai vantaggi economici ricavabili dalle scoperte scientifiche in campo medico, che a molti sembravano essere in contrasto con le aspirazioni di benevolenza e apertura della scienza biomedica votata al "benessere dell'umanità nel mondo intero". Ciononostante, le potenzialità economiche dei vaccini, dei sieri e dei nuovi prodotti farmaceutici erano decisamente consolidate alla fine del secolo, conferendo alla vecchia espressione 'salute in vendita' un nuovo significato e creando opportunità di impiego per personale altamente qualificato in questo settore. Il rapporto fra l'università e i settori commerciali continuò a non essere facile e le società scientifiche specializzate, che erano andate costituendosi con crescente frequenza a partire dagli anni Cinquanta, furono tutte dominate da scienziati delle università. Alla fine del secolo, comunque, la scienza biomedica era inestricabilmente intrecciata sia con la pratica medica sia con gli aspetti economici della medicina.

La prevenzione della malattia

Intorno al 1900, la sanità pubblica nei paesi occidentali era ormai legata alla ricerca scientifica nell'ambito medico e batteriologico, con la sua insistenza sulla specificità delle malattie causate da 'germi' e con la sua sempre più raffinata conoscenza del modo in cui ciascuna di esse si diffondeva. Lo sviluppo moderno della sanità pubblica, tuttavia, si era affermato molto prima nel corso del XIX sec., anche se era basato su una concezione diversa delle cause delle malattie epidemiche ed era stato determinato più dalla necessità di dare una risposta alle conseguenze sociali dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione che non dal semplice imperativo di applicare le conoscenze mediche. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti ciò è particolarmente evidente, poiché al movimento per la sanità pubblica aderì nella prima fase un'ampia fascia di professionisti e di altre categorie della classe media: avvocati, ecclesiastici, insegnanti e ricchi proprietari terrieri, oltre che medici. Entro la fine del secolo, tuttavia, la maggior parte di queste collaborazioni era cessata e l'attività sanitaria pubblica si era andata concentrando stabilmente nelle mani di medici professionisti.

Il concetto di 'igiene', l'insieme dei consigli sul modo in cui l'individuo potesse preservare la propria salute ed evitare la malattia, ha una lunga storia e la preoccupazione per la sanità pubblica, soprattutto in termini di controllo e prevenzione delle epidemie, risale all'Antichità. A partire all'incirca dagli anni Venti del sec. XIX cominciarono però a emergere alcuni fattori importanti determinati dalle mutate condizioni sociali: era cambiata la situazione degli operai (compresi donne e bambini) nelle fabbriche; le metropoli e le cittadine in rapida espansione presentavano problemi ambientali qualitativamente diversi da quelli delle periferie rurali; la consapevolezza di classe e la distanza fra ricchi e poveri aumentavano progressivamente. Motivazioni di tipo sia laico sia religioso indussero i riformatori, provenienti soprattutto dalla classe media, a ricercare e a proporre rimedi ai tanti problemi creati dalle nuove situazioni sociali, demografiche ed economiche. Lo sviluppo degli studi statistici all'inizio del XIX sec. mise a disposizione degli attivisti un insieme di potenti strumenti di analisi per valutare in maniera 'oggettiva' un'ampia serie di fenomeni sociali. La minaccia del colera in Europa per tutti gli anni Venti e poi il suo drammatico impatto negli anni Trenta dimostrarono come, purtroppo, l'epoca delle epidemie non fosse finita.

In Gran Bretagna la figura chiave nel primo movimento di sanità pubblica fu Edwin Chadwick, un avvocato che, come ultimo segretario di Jeremy Bentham, ne aveva ereditato l'impegno a riformare la società secondo i principî dell'utilitarismo. Secondo Bentham, bontà e felicità coincidono, per cui la società dovrebbe essere organizzata in modo da assicurare il massimo di felicità al maggior numero possibile di persone. Dopo la morte di Bentham nel 1832 ‒ anno di agitazioni politiche in Francia, del primo Reform Bill in Gran Bretagna e del dramma dell'epidemia di colera in tutta Europa ‒, Chadwick divenne segretario della Poor Law Commission, incaricata di riformare il sistema dell'assistenza pubblica, allora operante ancora sulla base delle leggi emanate nel 1597 e nel 1601. La New Poor Law del 1834 stabiliva linee guida uniformi per tutto il paese circa il modo di prestare l'assistenza ai poveri, basate sull'assunto che, applicando il principio di 'minor preferibilità' (i sussidi previsti dalla Poor Law dovevano essere meno generosi del minimo ottenibile con il lavoro), gli individui si sarebbero sentiti incoraggiati all'intraprendenza personale e a darsi da fare per provvedere da soli a sé stessi. Al contempo, Chadwick e i suoi colleghi riconoscevano che lo stato di necessità che metteva nella condizione di dover usufruire dell'assistenza sociale poteva essere determinato da malattie e incidenti, motivo per cui ogni ricovero di mendicità doveva essere dotato di un'infermeria, controllata da un medico funzionario della Poor Law.

Nel 1834 Chadwick, divenendo segretario del New Poor Law Board, fu pienamente coinvolto nella realizzazione della legge. Con il tempo egli si rese progressivamente conto del peso della malattia nel processo di impoverimento; condusse infatti personalmente numerose indagini, e altre ne commissionò, per analizzare in termini quantitativi il rapporto esistente fra povertà, malattia e morte prematura. Dal 1837, quando fu istituita la registrazione anagrafica delle nascite e dei decessi, gli fu fedele alleato William Farr, che stilò anno per anno un'analisi delle cause di morte, evidenziandone l'andamento a livello nazionale e regionale. Chadwick espose le proprie idee in forma sistematica nel Report on the sanitary condition of the labouring population of Great Britain (1843), in cui non soltanto documentò le relazioni esistenti fra povertà, malattia e morte (a Bethnal Green, un sobborgo povero di Londra, gli appartenenti alle classi medie morivano a un'età media di 45 anni, contro un'aspettativa di vita per la classe operaia di 16 anni) ma sottolineò anche quanto fosse opportuno, dal punto di vista sia sociale sia economico, eliminare la fonte di questa inutile perdita di vite umane, la 'malattia da sporcizia'.

Chadwick, fautore della teoria miasmatica, scriveva che ogni odore, se intenso, era un'immediata malattia acuta e attribuiva le malattie epidemiche alle condizioni di sovraffollamento e insalubrità in cui vivevano e lavoravano gli indigenti. Le sue soluzioni erano dirette e semplici: occorreva portare acqua pulita nelle case e rimuovere le deiezioni, sospese in acqua, mediante condutture smaltate che non permettessero alcuna infiltrazione nel terreno. Egli suggerì inoltre che le feci, ricche di guano, fossero pompate in aperta campagna per esservi lavorate e che il fertilizzante ricavatone fosse venduto ai contadini; i profitti sarebbero stati destinati a coprire in parte le spese per il miglioramento del sistema sanitario. Con la semplice aggiunta dell'acqua corrente e dei gabinetti alle abitazioni dei lavoratori poveri, Chadwick credeva che l'incidenza delle epidemie da sporcizia avrebbe potuto essere più che dimezzata, con conseguente aumento della produttività e riduzione della percentuale di indigenti. Ne avrebbero tratto beneficio contemporaneamente tutte le classi sociali.

Rivolte sociali e cattivi raccolti caratterizzarono gli anni Quaranta ‒ passati alla storia con la cupa qualifica di 'anni Quaranta di fame' ‒ e un gruppo di pressione che si era dato il nome di Health of Towns Association sostenne la necessità di una riforma, redigendo continuamente fosche statistiche sociali. Nel 1848, l'anno della seconda epidemia di colera, il Parlamento autorizzò la costituzione di un Board of Health centrale, che annoverava Chadwick fra i suoi membri. I poteri di quest'organismo erano principalmente consultivi, ma si stabilì che, in aree in cui i tassi di mortalità superavano il ventitré per mille, fossero nominati ufficiali medici addetti alla sanità pubblica (MOH, Medical Officers of Health); essi rappresentarono il punto di partenza del servizio sanitario, che alla fine avrebbe coperto l'intero paese. L'instancabile difesa di Chadwick della centralizzazione del potere in questo settore e di un più forte impegno a sostegno di leggi che attuassero misure finalizzate a cambiare la situazione della salute pubblica lo rese impopolare presso molti politici e maggiorenti locali. Nel 1854 Chadwick andò in pensione e fu sostituito, nel Comitato ricostituito, da John Simon che, dal 1848, aveva ricoperto con successo il ruolo di ufficiale medico del servizio sanitario pubblico di Londra.

Simon aveva raggiunto molti obiettivi grazie al suo ascendente personale e alla convinzione liberale che gli uomini di buona volontà potessero essere educati a operare nell'interesse pubblico. Politicamente più accorto di Chadwick, nei due decenni passati nel governo centrale (1854-1876) egli ispirò e diresse lo sviluppo di quello che negli anni Settanta sarebbe stato il sistema di servizio sanitario pubblico più completo del mondo. Chirurgo e patologo, Simon era consapevole della complessità della malattia sia negli individui sia nelle popolazioni. Mentre Chadwick sostenne la teoria miasmatica fino alla morte (1890), Simon si adeguò alle più recenti dottrine della teoria dei germi e la sua scrittura appassionata contrastava con lo stile pesantemente burocratico del suo predecessore. Egli, inoltre, arrivò a convincersi della necessità di una legislazione coercitiva per ottenere un effettivo cambiamento in campo sanitario. Un buon esempio è offerto dal graduale sviluppo del sistema della vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo, a carico dello Stato. Simon aveva esaminato la diffusione europea del vaiolo negli anni Cinquanta e, mettendo a confronto le varie statistiche, aveva dimostrato che l'unico modo per garantire protezione dalla malattia consisteva nell'adottare una politica di vaccinazione obbligatoria generalizzata per i bambini. In seguito a queste osservazioni, le leggi britanniche sulla vaccinazione furono via via ampliate e questa pratica divenne, in successione, facoltativa, gratuita, universale e, in ultimo, obbligatoria; dal 1871, il sistema, chiamato Victorian National Health Service, fu a regime; esso richiedeva l'individuazione di fonti di vaccino sicuro, la nomina di vaccinatori pubblici, la costituzione di una burocrazia che controllasse il servizio e il reperimento delle risorse per finanziarlo. I genitori che non facevano vaccinare i propri figli erano perseguibili a termini di legge; Simon sosteneva la necessità di imporre tale obbligo per motivi pragmatici ‒ era l'unico modo per proteggere l'intera comunità ‒ ma la sua opinione si scontrava con i dogmi tradizionali del liberalismo e del laissez-faire e suscitò un movimento organizzato contrario alla vaccinazione. Nel 1907, quando il vaiolo non era ormai più percepito come una seria minaccia, le normative furono rese meno rigide con l'introduzione di una clausola di obiezione di coscienza, recepita poi dalla successiva politica di profilassi britannica.

Benché il caso della vaccinazione fornisca l'esempio più chiaro delle tensioni fra la libertà di scelta individuale e il bene collettivo, esso non fu sicuramente l'unico e, al termine del regime di Simon, era stata approvata una serie di leggi sociali su argomenti come il lavoro minorile, i mestieri pericolosi, lo smaltimento delle acque reflue, la fornitura di acqua corrente, la sofisticazione alimentare e gli alloggi. Il Public Health Act del 1875 rafforzò le leggi esistenti e stabilì il quadro del servizio sanitario pubblico che rimase in vigore fin dopo la Prima guerra mondiale.

Simon aveva attuato personalmente uno slittamento dall'approccio ambientale, ingegneristico, di Chadwick a un approccio più medico e la teoria dei germi favorì la medicalizzazione della sanità pubblica. Le brillanti ricerche epidemiologiche di John Snow durante le epidemie di colera del 1848 e del 1854 avevano mostrato che non si trattava semplicemente di una delle malattie da sporcizia appartenenti a una classe indifferenziata bensì di un morbo specifico che si diffondeva attraverso l'acqua contaminata da residui fecali. A partire dal 1867 fu costituita una rete di collegamenti tra gli ospedali pubblici per le malattie infettive e con la legge del 1889 fu introdotto l'obbligo per i medici di denunciare i casi di malattie infettive importanti. Sul finire del secolo, sotto il titolo di 'Notification, isolation and disinfection', era in vigore un sistema globale di controllo di questo tipo di malattie.

L'esperienza britannica evidenzia una serie di fenomeni che possono essere riscontrati, con i dovuti cambiamenti, in tutte le società occidentali. In Francia il movimento per il servizio sanitario pubblico all'inizio del XIX sec. si identificò in pratica in un piccolo gruppo di medici. L'igiene come disciplina di studio fu legittimata con cattedre istituite nelle riorganizzate scuole di medicina degli anni Novanta del Settecento e Napoleone sostenne con entusiasmo la vaccinazione, anche se essa rimase facoltativa. Già prima che scoppiasse l'epidemia di colera, la febbre gialla a Cadice e a Barcellona aveva portato a rafforzare i controlli protettivi sui confini nazionali mediante ispezioni e quarantene. Le ricerche condotte dalla fine degli anni Dieci da Louis-René Villermé (1782-1863) sulle relazioni fra povertà, sovraffollamento e malattia fornirono un quadro quantitativo dell'inuguaglianza sociale. Il suo poderoso studio sulle condizioni di salute fra i lavoratori tessili, pubblicato due anni prima dell'opera principale di Chadwick, rappresenta un classico. Tuttavia, se le diagnosi sociali di Villermé furono solide, non si può dire altrettanto delle sue soluzioni: egli insisteva sulla risposta di tipo liberale attraverso l'educazione e invitava i datori di lavoro a offrire salari e condizioni di impiego più decenti; i lavoratori, per parte loro, avrebbero dovuto dimostrarsi sobri, onesti e frugali. Escludeva il lavoro dei bambini, visti come indifesi e bisognosi di tutela da parte dello Stato, anche se la regolamentazione del lavoro infantile introdotta nel 1840 fu piuttosto blanda e affidata al controllo di volontari non retribuiti. Una serie di commissioni centrali e municipali, fra cui un attivo Conseil de Salubrité de Paris (1802) e la Commissione Sanitaria Centrale del 1820, aveva il compito di assicurare il servizio sanitario, soprattutto in occasione di crisi epidemiche, anche se l'instabilità politica e le ampie oscillazioni nelle posizioni ideologiche dello Stato impedirono una continuità nel tempo. I médecins de quartier fornivano l'assistenza medica ai poveri e altri servizi di sanità pubblica.

Nonostante Chadwick si fosse ispirato al modello centralistico francese di servizio sociale dell'epoca della Terza Repubblica (1870), la Gran Bretagna era in realtà nettamente più avanzata della Francia in questo campo. Il prestigio di Pasteur e della sua scuola fu tuttavia di grande aiuto agli sforzi della sanità pubblica in Francia e il Comitato Consultivo di Igiene Pubblica fu riportato in vita negli anni Settanta. Henri Monod, un amministratore di carriera, fu preposto all'assistenza e alla salute pubblica e, con la collaborazione di parecchi discepoli di Pasteur, fra cui Charles-Edouard Chamberland, riuscì a rappresentarne efficacemente le esigenze negli ambienti governativi. Associazioni di professionisti della sanità pubblica e gruppi privati di pressione si fecero promotori di varie riforme, soprattutto nel campo della sicurezza perinatale e del benessere dei bambini. La vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo fu introdotta tardivamente nelle forze armate francesi nel 1876 (dopo una devastante epidemia durante la guerra franco-prussiana) e, a partire dal 1887, si cominciarono a richiedere i certificati di vaccinazione per consentire l'accesso alla scuola pubblica. Diversi temi attinenti al servizio sanitario pubblico, fra cui la denuncia di alcune malattie infettive, furono regolamentati dalla legge del 1902.

Nei paesi di lingua tedesca il concetto illuministico di polizia medica aveva trovato l'espressione più completa nel monumentale System einer vollständigen medicinischen Polizey (Sistema di polizia medica globale, 1779-1819) in cui Johann Peter Frank prendeva in considerazione praticamente tutti gli aspetti della vita umana, dalla nascita alla morte. Quella di Frank era una visione ideale più che la descrizione di una società esistente, ma la stretta associazione fra la professione medica e lo Stato nei territori tedeschi all'inizio del XIX sec. assicurò una buona accoglienza agli insegnamenti di medicina pubblica. Nonostante questa lunga tradizione del servizio pubblico fra i medici e le numerose leggi promulgate durante l'epidemia di colera degli anni Trenta, la maggior parte degli storici data il movimento tedesco di sanità pubblica moderno a un periodo leggermente posteriore. Nel 1847 Max Josef von Pettenkofer (1818-1901), un giovane medico divenuto chimico, ricevette una cattedra di chimica all'Università di Monaco. Le sue lezioni e il suo lavoro sperimentale si indirizzarono a poco a poco a ricercare le cause delle malattie e le possibilità di prevenzione, sicché nel 1865 la sua cattedra di chimica fu trasformata in cattedra di igiene, la prima in tale disciplina negli Stati tedeschi. In seguito fu creato appositamente per lui un istituto, anche per evitare che accettasse le allettanti offerte accademiche provenienti da altre università. Pettenkofer era per natura uno sperimentatore e dedicò tempo e ingegno alla ricerca delle varie condizioni che facilitavano o impedivano la diffusione di malattie contagiose. In una fase avanzata della sua carriera sostenne, in contrasto con quanto affermato da Koch, che il bacillo del colera non era la pura e semplice 'causa' di tale malattia e per dare forza alla sua argomentazione ‒ si racconta ‒ bevve da un pallone contenente i bacilli senza subire serie conseguenze. Il suo approccio alla prevenzione rimase sempre di tipo prevalentemente ambientale anche se, a suo modo, efficace. Egli fu il personaggio chiave degli imponenti miglioramenti apportati al servizio di sanità pubblica a Monaco.

A parte un breve periodo trascorso a Würzburg, la carriera di Virchow si svolse a Berlino. Basandosi sulla sua analisi delle cause dell'epidemia di tifo che si verificò nell'Alta Slesia nel 1848, egli aveva sostenuto senza mezzi termini (pur se ancora nel quadro di una posizione liberale) che soltanto un modo radicalmente nuovo di organizzare la vita sociale poteva impedire eventi del genere, ossia che erano necessarie l'istruzione, la democrazia universale, le cooperative di lavoratori e la tassazione progressiva. Il suo radicalismo giovanile si ridimensionò in parte con l'età, ma egli non abbandonò mai il suo liberalismo di fondo né il suo impegno per la riforma sanitaria. Come membro sia del consiglio municipale di Berlino sia della Dieta imperiale, mise in pratica le proprie convinzioni sulla dimensione politica della salute (e della medicina). I sistemi idrici berlinesi di erogazione e di scarico delle acque furono riorganizzati accuratamente sotto la sua attenta supervisione. Ad Amburgo, l'epidemia di colera del 1892 spinse ad attuare riforme analoghe. L'unificazione della Germania rese possibile la centralizzazione del servizio sanitario pubblico: nel 1873 fu istituito un ufficio sanitario dell'Impero, anche se furono necessari alcuni anni perché funzionasse con efficienza. L'anno successivo venne invece introdotta la vaccinazione obbligatoria per la popolazione civile, sulla scia degli ottimi esiti ottenuti nell'esercito prussiano dalla vaccinazione contro il vaiolo effettuata negli anni 1870-1871.

Negli Stati Uniti, a causa delle loro frontiere in espansione e della divisione del potere politico fra governo federale, governi statali e amministrazioni locali, il servizio di sanità pubblica fu più frammentario; tra gli Stati più attivi figurano il Massachusetts e New York, mentre New York City ha una sua specifica storia del servizio sanitario. Il classico Report di Lemuel Shattuck per il Massachusetts, del 1850, fu redatto secondo il vecchio modello sanitario statistico, anche se a più vasto raggio rispetto al volume di Chadwick del 1842. Shattuck esortava a fondare un Board of Health con ampi poteri in relazione a ospedali, fabbriche, vaccinazioni, erogazione dell'acqua e pratiche funerarie. Nella realtà, ci vollero quasi vent'anni di dibattiti prima che un simile organismo fosse istituito in questo Stato, con poteri peraltro più ristretti di quanto vagheggiato.

La guerra civile americana dimostrò in maniera drammatica il ruolo della disgregazione e della povertà sociale nella diffusione delle malattie epidemiche e, a guerra finita, con il processo di industrializzazione in pieno svolgimento, la maggior parte degli Stati cominciò a creare commissioni sanitarie. L'azione del governo federale era stata indirizzata soprattutto alla quarantena, consigliata sia dalla paura sia dalla realtà della febbre gialla e del colera. La resistenza da parte dei governi dei singoli Stati e delle amministrazioni locali nei confronti dell'interferenza federale s'infranse negli anni Settanta, quando un'epidemia di febbre gialla imperversò dalla città portuale di New Orleans fino alla valle del Mississippi. Il National Board of Health che ne seguì ebbe vita breve e infruttuosa, ma un'altra istituzione già esistente, il Marine Hospital Service, ne rilevò le competenze sulla quarantena e, poco prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, fu trasformata nello United States Public Health Service. La batteriologia vivacizzò fortemente il settore, come è dimostrato dalla carriera di Charles Chapin, il quale operò dapprima a Providence (Rhode Island) e poi, in qualità di docente di sanità pubblica, alla Harvard School of Public Health. La sua opera, Municipal sanitation in the United States (1901), dominò il campo per oltre un decennio ma, ciononostante, egli metteva in guardia gli ufficiali della sanità pubblica contro un uso troppo disinvolto dei concetti batteriologici.

La grande ondata di immigrazione, soprattutto dall'Europa orientale e dall'Asia, che si verificò nei decenni precedenti la Prima guerra mondiale accese l'interesse per le malattie 'importate' e spinse a un maggiore controllo e all'esame fisico degli immigranti. La dimostrazione che la tubercolosi poteva essere trasmessa attraverso il latte prelevato da vacche tubercolotiche convinse a sottoporre le mandrie a ispezioni e a pastorizzare il latte. Il caso di 'Tiphoyd Mary', una cuoca irlandese asintomatica, di nome Mary Mallon, che infettò un certo numero di persone con il bacillo del tifo, pose in primo piano il potenziale conflitto fra libertà individuale e salute della comunità. Il fatto che la Mallon fosse povera, irlandese e senza famiglia agevolò le autorità preposte alla salute pubblica, che chiusero il caso mettendo la donna agli arresti, lasciando tuttavia irrisolto il problema etico. L'obbligo di denuncia della malattia poneva il medico di fronte al dilemma di dover scegliere fra la responsabilità verso il paziente e quella verso la comunità nel suo insieme.

Karl Marx definì il paese 'migliore' quello con il minor tasso di malattie, di leggi e di crimini. Lo sviluppo della salute pubblica moderna mostra che malattie e leggi possono trovarsi in relazione tra loro inversa. Le malattie erano spesso identificate in un contesto di relazioni umane non regolato, all'interno del quale le leggi permissive si dimostrarono inadeguate ad affrontare questioni come quelle delle abitazioni, dell'acqua corrente, delle acque di scarico, della sofisticazione alimentare, dell'inquinamento, dell'occupazione, dell'istruzione e di una moltitudine di altri fattori che i sanitari del XIX sec. misero statisticamente in rapporto con le patologie e la morte prematura. La disponibilità di un vaccino non fu sufficiente a sradicare il vaiolo; l'aver dimostrato che il colera veniva trasmesso da acqua contaminata non produsse acqua pulita; l'aver indicato che il sovraffollamento e gli alloggi al di sotto di un certo standard potevano uccidere non convinse molti proprietari immobiliari a risanare gli appartamenti che davano in affitto o i datori di lavoro ad alzare i salari dei loro operai. Soltanto quando le leggi cominciarono ad acquistare quella che Simon chiamava "la novella virtù del modo imperativo" poté verificarsi un cambiamento più sistematico sia pure graduale e non immediato. Sul finire del secolo i tassi di mortalità cominciarono a scendere e non c'è motivo di dubitare dell'efficacia del contributo dei servizi di sanità pubblica. D'altra parte, la correlazione più diretta della malattia e della morte scoperta dagli investigatori del XIX sec. fu quella con la povertà e la medicina in quanto istituzione sociale non affrontò mai con decisione la questione fondamentale della disuguaglianza economica.

La retribuzione del medico

Virchow in Address to medical students at the Pathological Institute, Berlin scriveva che "L'istruzione medica non è destinata a fornire ad alcuni individui l'opportunità di imparare come guadagnarsi da vivere, ma a rendere possibile la tutela della salute della gente" (in Strauss 1968, p. 474). Nel corso della storia la maggior parte dei medici ha dato per scontato che il massimo delle aspirazioni fosse di curare in maniera soddisfacente un paziente nel quadro di una transazione onorario-contro-prestazione. La componente di idealismo trovava risposta nel fatto di prestare aiuto, tuttavia la pratica della medicina era in realtà il modo in cui il medico si guadagnava da vivere. Per un medico che si dedicava alla sanità pubblica, alla ricerca o al lavoro accademico a tempo pieno, ve n'erano decine che svolgevano invece la loro attività al di fuori di quegli ambiti, in un contesto che cambiò solamente nel corso del XIX sec., quando per la cura della salute emersero nuove forme di retribuzione o si trasformarono quelle consuete.

Ci sono quattro tipi principali di relazione economica fra medico e paziente: (1) onorario-contro-prestazione; (2) beneficenza; (3) prepagamento mediante associazioni di mutuo soccorso o assicurazioni private; (4) pagamento regolato dal governo locale o centrale attraverso tasse, contributi di previdenza sociale o una combinazione delle due forme. Tradizionalmente il conto delle visite mediche era saldato con il metodo onorario-contro-prestazione da parte del paziente o con la beneficenza. Per tutto il XIX sec. la maggior parte degli individui agiati pagava semplicemente le cure quando erano necessarie e i medici che esercitavano con successo la professione in tali ambienti spesso si arricchivano. Nello stesso tempo, i medici erano quasi tutti disposti a dedicare un po' di tempo alla beneficenza, visitando gratis i pazienti poveri o facendo pagare soltanto quello che il paziente poteva permettersi oppure lavorando in un ospedale, in un dispensario o in un'infermeria di carità.

In Gran Bretagna il sistema degli ospedali di carità, che si era sviluppato dall'inizio del XVIII sec., offriva cure e ricovero ai poveri meritevoli; gli istituti erano sovvenzionati da ricchi donatori, i quali godevano del privilegio di amministrarli e di poter raccomandare i pazienti giusti. I medici e i chirurghi più illustri si sentivano onorati di prestare servizio negli ospedali di questo tipo, anche se gli onorari erano molto modesti, perché portavano prestigio, offrivano possibilità di insegnamento e opportunità di ricerca clinica, nonché occasioni di consulti privati. Sino alla fine del XIX sec., quando cominciarono a essere introdotti i letti a pagamento per i pazienti più abbienti, gli ospedali di carità furono riservati esclusivamente agli indigenti, mentre le persone di ceto agiato erano curate principalmente in casa, benché i medici portassero a volte i pazienti nelle proprie case oppure utilizzassero istituti di cura privati. Gli interventi chirurgici venivano effettuati talvolta in alberghi.

La chirurgia asettica, la presenza di infermiere preparate e altri vantaggi dell'assistenza medica moderna fecero sì che in Gran Bretagna tutte le classi finissero per preferire l'ospedale. Negli altri Stati europei la distinzione di classe non fu mai altrettanto netta, dal momento che molti ospedali ammisero da subito pazienti di diversa condizione economica; anche negli Stati Uniti, gli istituti fondati sul modello dell'ospedale di carità britannico includevano letti a pagamento, sebbene in numero molto ridotto fino alla fine del secolo. In tutti i paesi, comunque, dove i pazienti ricoverati erano per la maggior parte indigenti, le donazioni caritative erano affidate all'iniziativa degli organismi religiosi, alla coscienza individuale e alla sollecitazione diretta dell'istituzione beneficiaria.

La beneficenza, tuttavia, non era mai sufficiente essendo spesso mirata a categorie selezionate: agli orfani piuttosto che ai mendicanti, ai lavoratori invalidi invece che ai pazzi deliranti, a quelli che andavano in chiesa più che agli stranieri, ai poveri meritevoli piuttosto che a quelli non dignitosi. Inoltre, essa non veniva dispensata gratuitamente: da coloro che ne beneficiavano ci si aspettava si mostrassero deferenti nei confronti delle persone in posizione economica e sociale più elevata, nonostante si predicasse la virtù della fiducia in sé stessi. Molte famiglie perfettamente in grado di sostenersi in tempi normali venivano a trovarsi in difficoltà a causa di un'infermità, dell'invalidità o della morte di chi ne costituiva la fonte di sostentamento; in casi del genere le associazioni di mutuo soccorso potevano fornire in qualche misura continuità economica e sociale. A tale scopo le gilde medievali avevano sviluppato estese reti di mutua assistenza; nei secc. XVII e XVIII furono proposte numerose soluzioni più generali e nacquero compagnie di assicurazione disposte a coprire con polizze appropriate la vita, oltre alle proprietà o alle navi.

Nel XIX sec. si verificò un aumento significativo delle associazioni di mutuo soccorso, organizzate spesso nell'ambito del posto di lavoro. Alcuni datori di lavoro vi contribuivano direttamente: Josiah Wedgwood, per esempio, aveva dato il suo sostegno alla creazione di una formula modello di assicurazione sociale fra i dipendenti della sua floridissima fabbrica di ceramica. La Société Philanthropique de Paris incoraggiò i lavoratori a costituire casse mutue. In questo settore fu anche forte l'attenzione del nascente movimento sindacale, che si proponeva tra le sue principali funzioni quella di fornire aiuto in momenti di avversità. In Gran Bretagna la severità della New Poor Law del 1834 stimolò ulteriormente il movimento del mutuo soccorso: fra il 1835 e il 1845 le varie forme di società assistenziali nacquero al ritmo di tre a settimana e nella seconda metà del secolo vennero costituite organizzazioni sanitarie al solo scopo di assicurare l'impiego a un medico che prestasse servizio agli iscritti.

Molti medici non accettarono favorevolmente questi sviluppi, perché le retribuzioni offerte erano considerate modeste e il fatto di essere impiegati presso la classe operaia difficilmente consolidava la loro autostima professionale. D'altro canto la concorrenza derivata da una professione così sovraffollata favoriva la cura dei pazienti e rendeva possibile alle organizzazioni sanitarie trovare medici volontari, anche se soltanto agli inizi della carriera e interessati piuttosto, sul lungo periodo, all'esercizio privato della professione. Durante questi anni si verificò un cambiamento importante: le associazioni di mutuo soccorso cominciarono a retribuire i medici non più secondo il modello onorario-contro-prestazione, ma in base a un criterio di 'capitazione' per cui il medico veniva pagato per il numero di pazienti dei quali era responsabile e non per il numero delle visite effettuate a ogni singolo paziente. Dal momento che le associazioni sanitarie e le altre forme di società di mutuo soccorso differivano nei loro statuti ed erano autonome nello stabilire gli accordi contrattuali, è difficile stimare a livello nazionale il numero delle persone che pagavano in questo modo la cura della loro salute, né è facile valutare la qualità delle prestazioni fornite: le affermazioni secondo cui essa sarebbe stata scadente provengono generalmente da medici esterni, che diffidavano dell'intera struttura di base. L'uso del contratto si diffuse notevolmente in Gran Bretagna, in Francia, in Germania e altrove in Europa, durante la seconda metà del secolo, mentre ebbe un impatto più modesto negli Stati Uniti.

Queste forme di contratto costituirono anche un elemento di continuità con il quarto tipo di relazione economica fra paziente e medico, ossia quello dell'assistenza sociale a carico dello Stato. Foucault ha sottolineato che l'attività dello Stato ‒ che da tempo aveva cominciato a fornire servizi sanitari e di assistenza agli indigenti attraverso le Poor Laws e l'assistance publique ‒ era interessata più all'ordine pubblico che ad alleviare il disagio sociale, e molti storici hanno analizzato i processi attraverso i quali la massa indistinta di mendicanti, vagabondi, orfani, vedove, anziani e malati di mente fu a poco a poco differenziata, con la nascita di una serie di istituzioni specializzate che sostituirono gli hôpitaux généraux e i loro equivalenti, con il processo che Foucault ha chiamato il "grande confinamento".

A uno sguardo superficiale, i primi sistemi di previdenza sociale possono apparire semplicemente come un ulteriore allargamento dell'attività statale nel campo della medicina e dell'assistenza ma è invece evidente piuttosto la continuità con le associazioni di mutuo soccorso anche se, in questo caso, una delle parti in gioco era lo Stato stesso.

Il prototipo di assicurazione nazionale per le malattie fu quello che Otto von Bismarck fece approvare al Reichstag nel 1883. Vi erano state in precedenza industrie, per esempio nel settore minerario, cui la legge prussiana aveva chiesto di istituire l'assicurazione obbligatoria per malattie, infortuni e morte a favore dei minatori. La legge di assicurazione per le malattie del 1883, combinata poi con altre assicurazioni per gli infortuni (1884) e con le pensioni di anzianità (1889), fu predisposta da Bismarck allo scopo di garantirsi la fedeltà dei lavoratori, sempre più esposti alle lusinghe delle idee socialiste. Il Partito socialdemocratico dei lavoratori era decisamente sgradito al 'cancelliere di ferro', benché la legislazione antisocialista dello stesso periodo non fosse riuscita a tenere i socialdemocratici fuori dalla Dieta imperiale. La legge rese obbligatoria l'assicurazione sanitaria in un certo numero di attività lavorative di ambito industriale e, negli anni successivi, fu estesa a molti altri settori occupazionali; essa comprendeva le prestazioni ospedaliere e dei medici e, insieme, anche un reddito di compensazione in caso di infermità di lunga durata. Per quanto possibile, furono utilizzate le strutture amministrative delle società di mutuo soccorso già esistenti e introdotte le opportune modifiche di dettaglio a seconda della consistenza e della ricchezza dei programmi assicurativi. La forma di pagamento più usata era quella pro capite, anche se in alcuni casi prevaleva un onorario specifico per la prestazione. All'inizio erano coperti solamente i lavoratori ma, a mano a mano che il piano andò ampliandosi, furono incluse a volte anche le persone a carico. Benché avesse provveduto a emanare leggi al riguardo, lo Stato non dava alcun contributo economico diretto a simili assicurazioni, che dovevano invece finanziarsi con i versamenti effettuati dai lavoratori e dai datori di lavoro.

Bismarck fece approvare la legge senza consultare gli organi rappresentativi della classe medica. All'inizio non ci furono grandi proteste, sia perché i medici non disponevano di una forte organizzazione centrale, sia perché la legge riguardava soprattutto industrie che avevano già solide tradizioni di mutua assistenza. Quando il programma assicurativo cominciò a diffondersi, la pratica dell'assicurazione divenne sempre più importante per i medici, che iniziarono a manifestare insoddisfazione nei confronti del sistema di pagamento per numero di mutuati, dei livelli degli onorari e dei termini delle prestazioni. Nel 1900 fu fondata per iniziativa di Gustav Hartmann l'Associazione dei medici tedeschi per la tutela dei loro interessi economici, nota come Leipziger Verband. Si è stimato che nel 1900 le prestazioni mediche fossero ancora private per l'80%, secondo il modello dell'onorario-contro-prestazione, ma tale percentuale tendeva a diminuire.

In Francia la mutualité ebbe nel XIX sec. una storia movimentata. Lo status giuridico delle società di mutuo soccorso era condizionato dal Codice penale napoleonico, che proibiva le associazioni di più di venti persone e che le spinse tendenzialmente verso la clandestinità; ciononostante, si stima che nel 1846 soltanto a Parigi ve ne fossero non meno di 262. Una certa liberalizzazione subentrò durante il Secondo Impero, anche se le attività politiche delle società di mutuo soccorso erano fuori legge, e un'ulteriore espansione si ebbe nella Terza Repubblica, quando la legalizzazione degli scioperi e la nascita del sindacalismo avevano nettamente separato il radicalismo politico dal mutualismo.

Il sistema francese e quello tedesco influenzarono notevolmente la medicina sociale in Italia, soprattutto nel periodo successivo all'unificazione del paese e dopo la riforma sanitaria del 1888, avviata dalla legge Crispi-Pagliani.

Le diverse esperienze nazionali mettono in luce alcuni temi generali. In primo luogo, la cura della salute non può essere separata da altri aspetti della vita sociale, come la disoccupazione, gli infortuni sul lavoro e la dipendenza economica degli anziani. In secondo luogo, i sistemi di assistenza sociale erano legati storicamente alla vita e alle lotte nel mondo dell'industria, inclusi il sindacalismo e altre forme di mutualismo, verso le quali i governi avevano un atteggiamento ambivalente, a seconda delle dimensioni politiche delle attività mutualistiche. La previdenza sociale si occupò quindi inizialmente soprattutto dei lavoratori dell'industria e soltanto gradualmente arrivò a interessare anche altri gruppi. Infine, a parte notevoli eccezioni singole, i medici nel loro insieme vi si opposero piuttosto che favorirla; l'assunto secondo cui l'esercizio privato della professione basato sul principio dell'onorario-contro-prestazione produce l'assistenza migliore sopravvisse per tutto il XIX sec. ed è forte ancora oggi.

Il nazionale e l'internazionale

Gli Stati nazionali occidentali si trovarono ad affrontare cambiamenti fondamentali durante il XIX sec., sia pure con differenze nei tempi, nell'intensità e nella risposta. L'industria e il commercio divennero più internazionali, un processo che si manifestò concretamente nella serie regolare di fiere mondiali inaugurate dalla Great Exhibition di Londra del 1851. A fronte delle ripetute guerre che coinvolsero le potenze europee nel corso di tutto il secolo, questi momenti di cooperazione internazionale (o di pacifica concorrenza) furono prove tangibili del progresso sociale e materiale.

L'approccio 'scientifico' connotava internazionalmente la medicina. Una nozione di scienza non confinata al laboratorio, ma che poteva comprendere la pratica medica concreta o l'indagine statistica delle condizioni sociali e, soprattutto, era basata su una conoscenza pubblica e oggettiva accuratamente acquisita con lo studio. Nella prima metà del secolo richiamò un gran numero di studenti stranieri alla Scuola di medicina di Parigi, e nella seconda metà presso le università tedesche; tale processo fu agevolato anche dai progressi nel settore dei trasporti che facilitarono i viaggi e le comunicazioni.

Se la rapidità dei viaggi fece apparire il mondo più piccolo, la pandemia di colera ricordò alla gente che le epidemie non rispettano i confini nazionali. Nonostante le esperienze storiche delle epidemie di peste bubbonica e di quelle, ripetute, del vaiolo nel XVIII sec. e i contatti del nuovo mondo con la febbre gialla, l'impatto del colera sulla sensibilità del XIX sec. non dovrebbe essere sottovalutato. La pandemia che si verificò negli anni Venti e all'inizio degli anni Trenta dell'Ottocento fu seguita con ansia nel suo cammino inesorabile attraverso l'Asia e il Medio Oriente fino all'Europa e all'America Settentrionale. La sua comparsa in Europa coincise con un momento in cui in Gran Bretagna i principî commerciali del libero scambio e l'evidenza medica e sociale, che propendeva per spiegare con i modelli miasmatici la diffusione delle epidemie, facevano ritenere che la quarantena fosse un provvedimento sorpassato arcaico, senza giustificazione nel mondo moderno. Disponendo della più fitta rete di trasporti internazionali di merci e di persone via mare, la Gran Bretagna ‒ con la sua flotta mercantile ‒ era la nazione che più di altre sarebbe stata danneggiata dai costi e dalle interruzioni di attività imposte dalla quarantena; d'altra parte, come isola relativamente piccola, potenzialmente essa avrebbe tratto particolare vantaggio dai controlli sulla malattia. I porti mediterranei, compresi quelli francesi e italiani, avevano da tempo familiarità con le regole della quarantena e, per tutto il secolo, coloro che si recavano in Medio Oriente rischiavano di dover trascorrere del tempo in un lazzaretto, qualora provenissero da una zona colpita da un'epidemia pericolosa.

Se l'epidemia si diffondeva attraverso l'aria, come ritenevano i sostenitori della teoria miasmatica, la quarantena risultava un provvedimento inutile o addirittura controproducente, in quanto creava le condizioni per un'ulteriore propagazione del morbo a causa della concentrazione di persone che comportava. Gli Inglesi adottarono comunque la misura della quarantena negli anni Trenta, nonostante l'orientamento generale fosse quello di non accettare l'idea di contagio, a causa della profonda preoccupazione suscitata dal colera, apparendo evidente il ruolo di tramite avuto dalle città portuali nella diffusione del morbo dall'India all'Europa. Benché il colera fosse entrato nel paese inizialmente attraverso un porto della costa nordorientale, Sunderland, in seguito quasi tutti riconobbero che la quarantena non era stata efficace durante la prima epidemia e, nel tempo, fu perciò elaborata una procedura sanitaria marittima per i suoi porti che insisteva sull'ispezione e sull'isolamento occasionale, piuttosto che sulla quarantena come provvedimento abituale e su vasta scala.

In questa strategia la Gran Bretagna si trovò a essere tendenzialmente in disaccordo con la comunità internazionale. I tentativi sistematici moderni di controllare la malattia cominciarono con il primo Congresso Sanitario Internazionale, riunito a Parigi nel 1851, e non fu un caso che in quello stesso anno si tenesse, a Bruxelles, il primo incontro medico internazionale generale dedicato alla statistica. I congressi sanitari internazionali si occuparono quasi esclusivamente del colera e del suo controllo sino alla fine del secolo, quando una nuova piaga pandemica impose l'ampliamento degli argomenti trattati.

Negli anni Settanta l'apertura del Canale di Suez introdusse una nuova variabile nell'equazione, dal momento che l'India britannica era considerata generalmente (ma non dagli Inglesi) come la fonte del colera epidemico, che molte delle navi che attraversavano il Canale erano dirette in India o provenivano da tale paese e che in Egitto dominava l'influsso di Gran Bretagna e Francia, con il governo francese che, molto più di quello britannico, credeva nell'efficacia sanitaria della quarantena. Neanche la scoperta del bacillo del colera a opera di Koch nel 1884 permise di risolvere le questioni scientifiche e quelle politiche in tempi relativamente brevi.

I congressi sanitari rappresentarono la punta di diamante dell'internazionalismo medico ufficiale e ottennero come risultato teorico importante lo scambio delle convenzioni sanitarie fra i paesi partecipanti. Ciononostante, verso la fine del secolo, dopo dieci congressi (uno dei quali durò più di sette mesi), i progressi erano stati comunque modesti. Su altri fronti, si affermò la cultura dell'intervento umanitario: Henri Dunant fondò la Croce Rossa Internazionale nel 1863, dopo aver assistito alle atrocità della battaglia di Solferino, e l'anno seguente fu firmata da dodici nazioni la prima Convenzione di Ginevra, concernente la neutralità di coloro che curavano i feriti in guerra. Parallelamente a queste manifestazioni ufficiali e umanitarie di internazionalismo va poi considerato il contributo sociale e intellettuale dato dalle serie di congressi clinici e scientifici internazionali che si tennero con sempre maggiore regolarità a partire dagli anni Cinquanta. Tale movimento internazionale cominciò in sordina e alcuni dei primi congressi furono di modeste dimensioni, con pochi delegati provenienti da paesi diversi da quello ospitante. Parigi e Bruxelles si contendevano l'onore di essere sede del maggior numero di sessioni inaugurali e, in molti casi, un primo incontro apriva un ciclo che si sviluppava in seguito solitamente con un intervallo di quattro anni fra un congresso e l'altro. I congressi medici generali che iniziarono a Parigi nel 1867 divennero manifestazioni particolarmente importanti; il settimo, tenuto a Londra nel 1881, attirò più di 3000 partecipanti provenienti da settanta paesi in cui era praticata la medicina scientifica. In ogni congresso, anche su argomenti clinici, la 'scienza' era al primo posto nell'agenda dei lavori e la crescente specializzazione tanto all'interno della disciplina clinica quanto di quella scientifica è testimoniata dall'elenco sempre più ricco di argomenti affrontati, fra i quali l'igiene (dal 1852), l'oftalmologia (1857), l'otologia (1876), la tubercolosi (1888), la dermatologia (1889), la fisiologia (1889) e la psicologia (1890).

La diffusione delle conoscenze fu promossa dalla traduzione di testi e saggi in varie lingue, un processo agevolato dall'espansione del mercato librario e delle riviste mediche e reso più utile anche grazie alla scomparsa del latino come lingua franca degli studiosi. I dizionari medici contribuirono a standardizzare il significato delle parole; in particolare negli Stati Uniti, il grande National medical dictionary, pubblicato a cura di John S. Billings (1838-1913), riportava i corrispondenti termini francesi, tedeschi, italiani e latini a fianco di quelli inglesi; anche l'Index medicus (1879) fu approntato da Billings. Furono operati tentativi per uniformare le classificazioni internazionali delle malattie e l'aumento dei prodotti di natura biologica ‒ vaccini e antisieri ‒ creò urgenti problemi di standardizzazione. La tassonomia microbiologica ed entomologica acquistò una crescente importanza nel momento in cui fu sviluppata la teoria dei germi e furono scoperti con regolarità nuovi vettori di malattie.

Lo spirito scientifico dell'internazionalismo era in concorrenza con la competitività generata dal nazionalismo in questo periodo di espansione imperiale. Quando la Germania e gli Stati Uniti cominciarono a sorpassare la Gran Bretagna nella produzione industriale e si scatenò la corsa alla conquista dell'Africa, l'orgoglio nazionale o la preoccupazione per il proprio paese accesero le tensioni personali e collettive. La ben nota antipatia fra Pasteur e Koch non era semplicemente la manifestazione di una idiosincrasia tra due forti personalità che stavano creando una nuova e potente disciplina, ma anche il frutto della reciproca diffidenza tra un francese e un tedesco. Le stupefacenti conquiste di quella che era chiamata 'medicina tropicale' offrirono nuove possibilità alle nazioni che cercavano di rendere i paesi tropicali sicuri per le razze bianche. La scoperta a fine secolo del coinvolgimento delle zanzare nella trasmissione della malaria e della febbre gialla suscitò particolare emozione ma accese il conflitto fra Ronald Ross (1857-1932) dall'Inghilterra e dall'India e Giovanni Battista Grassi (1854-1925) dall'Italia, i quali se ne contesero il merito. Gli Spagnoli amavano ricordare agli Americani che Carlos Juan Finlay aveva sostenuto che la febbre gialla era trasmessa attraverso la zanzara Aedes Aegypti ben prima che Walter Reed e i suoi compatrioti arrivassero all'Avana. I premi Nobel, istituiti nel 1901, furono cosmopoliti per quanto riguarda i vincitori, ma esacerbarono le gelosie personali e nazionalistiche fra i non premiati.

Tali animosità raramente crearono seri disturbi alla diffusa percezione che la scienza fosse insieme progressista e internazionale e fu grazie all'assimilazione dei suoi metodi e dei suoi risultati che la pratica della medicina si sviluppò in senso moderno. La velocità con cui si diffusero le notizie riguardo al vaccino antirabbico di Pasteur, alla tubercolina di Koch, al siero antidifterico di Behring e ai raggi X di Röntgen, sia presso i medici sia presso il pubblico, testimonia le conquiste dell'epoca nel campo della scienza, della medicina e delle comunicazioni.

L'individuo, lo Stato e la medicina

Durante il XIX sec. lo Stato e la professione medica si trovarono a essere sempre più legati fra loro, in particolare nel settore della sanità pubblica e di quella militare in un rapporto privo di soluzione di continuità. Quanto alla riforma della sanità pubblica, essa non fu mai, naturalmente, monopolio esclusivo dei medici in quanto faceva parte, già all'inizio del XIX sec., di un processo molto più ampio, che è stato descritto come 'la scoperta del povero'. Anche dopo lo sviluppo della batteriologia, che conferì alla sanità pubblica un carattere più esplicitamente medico e le impose di prestare attenzione a malattie specifiche, essa si affidava ancora a una molteplicità di competenze: fra le altre l'ingegneria, la statistica, l'architettura e la chimica. Lo Stato, tuttavia, non scelse mai di tutelare la salute pubblica operando come 'acquirente' sul libero mercato medico; omeopati, erboristi o sostenitori di rimedi naturali non furono peraltro mai in competizione in questo ambito, neanche quando si riaffermò il diritto individuale di rivolgersi per la cura a professionisti alternativi; anche in ambito militare erano i medici regolari a fornire i servizi sanitari.

È forse interessante notare come né la sanità pubblica né la medicina militare costituissero branche particolarmente prestigiose dell'attività medica, e altrettanto si deve dire della psichiatria o della medicina dell'assistenza pubblica. Lo Stato tendeva infatti a occuparsi delle funzioni mediche trascurate dalla medicina privata, che sembrava ignorare i campi di minore interesse e quelli meno remunerativi. Lo stesso sviluppo dei sistemi di assistenza sociale rafforzò verso la fine del secolo le distinzioni di classe fra pubblico e privato.

Tracce di queste eredità del XIX sec. sono rimaste, anche se il moderno Stato sociale ha sostituito in qualche misura all'enfasi sul dovere un'impostazione in cui rivestono un ruolo più ampio i diritti dei cittadini e la loro titolarità all'assistenza.

Nel corso del XIX sec. i profondi cambiamenti che hanno investito sia il mondo fisico sia quello medico, hanno permesso di modificare radicalmente l'atteggiamento dell'uomo verso la sofferenza, hanno indotto a maturare convinzioni differenti rispetto al passato circa la sopravvivenza dei figli e hanno consentito di nutrire aspettative diverse nei confronti dei medici professionisti. Questo processo è stato variamente descritto come medicalizzazione della vita o nascita dello Stato terapeutico. Tali sviluppi, come anche le istituzioni della medicina, comunque siano valutati dagli storici, sono spiegabili solo all'interno di un quadro socioculturale e la loro comprensione non sminuisce, nella nascita della medicina moderna, il ruolo costitutivo essenziale della scienza e della tecnologia, che sono il marchio distintivo della moderna società occidentale.

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