La competenza del giudice di primo grado. L'eccezione di incompetenza

Il Libro dell'anno del Diritto 2016

La competenza del giudice di primo grado. L'eccezione di incompetenza

Giulia Ferrari

La competenza del giudice di primo grado
L’eccezione di incompetenza

Il secondo correttivo al codice del processo amministrativo, approvato con d.lgs. 14.9.2012, n. 160, ha introdotto poche novità nel processo amministrativo. Probabilmente la più significativa è quella che interviene sul regime della competenza del giudice di primo grado, introducendo un limite temporale (quello previsto dall’art. 46, co. 1, c.p.a.) entro il quale l’eccezione può essere sollevata ed eliminando la possibilità per il giudice adito, che non è certo di avere la competenza a giudicare, di sollevare il regolamento di competenza al Consiglio di Stato perché verifichi quale è il TAR competente.

La ricognizione

L’art. 44, l. 18.6.2009, n. 69 ha delegato il Governo ad adottare, entro un anno dalla data della sua entrata in vigore, il codice del processo amministrativo, «al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte Costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele». Ha poi previsto, al comma 4, la possibilità di intervenire, con correttivi, entro due anni dalla data di entrata in vigore dello stesso Codice per apportate le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica rendesse necessarie od opportune, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi princìpi e criteri direttivi previsti per l’emanazione degli originari decreti. Il secondo correttivo è stato adottato con d.lgs. 14.9.2012, n. 1601 proprio alla scadenza del biennio.

Poche le novità e non tutte di rilievo. Tra queste merita di essere segnalata, anche perché molto attesa da una parte del foro amministrativo, quella incidente sugli artt. 15 e 16 c.p.a., e quindi sul regime della rilevabilità dell’incompetenza del Tribunale amministrativo regionale adito.

Due gli interventi più importanti: a) è stato introdotto il termine entro il quale le parti in causa costituite possono eccepire l’incompetenza del TAR; b) è stata espunta la possibilità per il giudice adito, che non è certo di avere la competenza a giudicare, di sollevare il regolamento di competenza al Consiglio di Stato perché verifichi quale è il TAR competente.

La focalizzazione

I principi fondamentali del regime dell’incompetenza, introdotti dal codice del processo amministrativo nel 2010, non sono stati dunque riveduti dalla novella del 2012. Resta infatti confermato che il difetto di competenza è sempre rilevabile d’ufficio, principio innovativo che superava il precedente regime della derogabilità della competenza territoriale. Non è stato eliminato neanche il divieto, per il giudice che si ritenga incompetente, di decidere sulla domanda cautelare. L’impossibilità per il TAR dichiaratosi incompetente di pronunciare sulla domanda cautelare non determina in ogni caso un vuoto di tutela, atteso che il ricorrente può chiedere la pronuncia al giudice indicato dal Tribunale adito come competente che, ove si ritenesse a sua volta incompetente, deve comunque decidere2.

L’art. 15 c.p.a prevede quindi che il difetto di competenza è rilevato d’ufficio finché la causa non è decisa in primo grado (co. 2)3. È rilevabile anche dalla parte, ma se il ricorrente non ha proposto la domanda cautelare il difetto di competenza può essere eccepito entro il termine previsto dall’art. 46, co. 1, c.p.a. per la costituzione in giudizio, e dunque sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso. Nel silenzio della norma è logico ritenere che l’introduzione di uno sbarramento temporale si applichi sia per l’incompetenza territoriale che per quella funzionale.

Per decidere sull’eccezione di incompetenza il presidente fissa una camera di consiglio. Si applicano i termini previsti dall’art. 87, co. 3, c.p.a. con la conseguenza che gli stessi sono tutti dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario. La decisione sulla competenza – sia che venga pronunciata all’esito della camera di consiglio fissata per la decisione della domanda cautelare o per la decisione dell’eccezione di incompetenza, sia che venga invece assunta a conclusione dell’udienza di merito (in questo caso, si è detto, solo se rilevata d’ufficio dal giudice) – è sempre adottata con ordinanza.

Quanto al regime dell’impugnazione, l’ordinanza che decide sulla competenza e sulla domanda cautelare può essere impugnata con il regolamento di competenza oppure nei modi ordinari se, insieme alla pronuncia sulla competenza, si impugna anche quella sulla domanda cautelare (art. 15, co. 3, c.p.a.). L’ordinanza che, invece, pronuncia solo sulla competenza è impugnabile esclusivamente con il regolamento, disciplinato dall’art. 16 c.p.a.

Ove il TAR si sia dichiarato incompetente la causa deve essere riassunta dinanzi al giudice indicato come competente entro trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza. A differenza di quanto disposto all’art. 11 c.p.a. per l’ipotesi di giudizio da incardinare dinanzi ad altro giudice dopo la declinatoria di giurisdizione da parte del giudice adito, in relazione alla quale è utilizzato il termine «riproposto», nel caso di giudizio da incardinare dinanzi al giudice di primo grado individuato competente in luogo di quello adito, il legislatore delegato ha adoperato il termine «riassunto», proprio per sottolineare la continuità del processo dinanzi ad uno stesso plesso giurisdizionale. La riassunzione preclude alla parte, che l’ha effettuata, la proposizione del regolamento di competenza. Peraltro il giudice dinanzi al quale la causa è riassunta, se ritiene di essere a sua volta incompetente, richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’art. 16 c.p.a.

I provvedimenti cautelari pronunciati dal giudice dichiarato incompetente perdono efficacia alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza che regola la competenza. La domanda cautelare può essere riproposta al giudice dichiarato competente.

Quanto al regolamento di competenza disciplinato dall’art. 16 c.p.a., si è detto che la novità di rilievo introdotta dal d.lgs. n. 160/2012 è nell’eliminazione della possibilità per il TAR di sollevare, nel dubbio sulla propria competenza, il regolamento innanzi al Consiglio di Stato.

Per il resto la disciplina ricalca sostanzialmente quanto disposto prima dell’intervento del secondo correttivo.

Il regolamento di competenza è proposto con istanza notificata alle altre parti nel termine, perentorio e non soggetto a dimezzamento, di trenta giorni dalla notificazione ovvero di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza che pronuncia sulla competenza ed è depositato, unitamente a copia degli atti utili al fine del decidere, entro il termine di 15 giorni (termine ex art. 45 c.p.a. ridotto alla metà) presso la segreteria del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato decide con ordinanza in camera di consiglio. L’ordinanza provvede anche sulle spese del regolamento, salvo il caso in cui questo sia richiesto d’ufficio. Tale pronuncia conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione contenuta nella sentenza. Al procedimento si applicano le disposizioni dettate per la camera di consiglio cautelare dall’art. 55, co. 5-8, c.p.a.

La pronuncia sulla competenza resa dal Consiglio di Stato vincola sia il giudice che le parti. Se viene indicato come competente un tribunale diverso da quello adito, il giudizio deve essere riassunto entro trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza che pronuncia sul regolamento ovvero entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

I profili problematici

Da una lettura del d.lgs. n. 160/2012 all’indomani della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, delle due novità illustrate nel §2 desta perplessità quella relativa alla previsione di un limite temporale entro cui le parti possono eccepire l’incompetenza del giudice adito, e cioè proprio la modifica tanto attesa da una parte del foro amministrativo. Prima della novella introdotta dal d.lgs. n. 160/2012 l’incompetenza del TAR adito poteva essere sollevata dalla parte in qualunque stato del giudizio di primo grado, fino alla decisione della causa.

Tale previsione era stata soggetta a critiche sul rilievo che il giudice poteva dichiarare la propria incompetenza anche dopo anni dalla proposizione del ricorso, se le parti l’avevano eccepita solo in occasione della decisione di merito o se, in mancanza di un’eccezione, era stata rilevata dal Collegio all’atto della trattazione di merito4.

Per rimediare a tale inconveniente il legislatore delegato al secondo correttivo ha ritenuto di introdurre, per le parti ma non per il giudice, uno sbarramento temporale.

La non chiara formulazione della norma dà luogo a dubbi e perplessità.

Il primo alinea del co. 3 dell’art. 15 c.p.a. dispone, infatti, che «in mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere eccepito entro il termine previsto per la costituzione in giudizio». Si prevede, dunque, espressamente che, se il ricorso non contiene anche la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, l’incompetenza può essere eccepita dalle parti al massimo «entro il termine previsto per la costituzione in giudizio». In questo caso, infatti, mancando una camera di consiglio «filtro» fissata per la delibazione della domanda di sospensiva, si è ritenuto necessario individuare un termine ultimo, ravvicinato, perché le parti sollevino il rilievo di incompetenza. Ma già questa previsione contiene un primo elemento di criticità. Il dies ad quem è stato infatti individuato nel «termine previsto per la costituzione in giudizio», e cioè sessanta giorni (ridotti alla metà nei riti abbreviati) dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, ex art. 46, co. 1, c.p.a.5. È da rilevare, peraltro, che la giurisprudenza del giudice amministrativo ha considerato il termine previsto per la costituzione in giudizio di natura ordinatoria, con la conseguenza che la parte, che si costituisce oltre il sessantesimo giorno, non incorre in alcuna decadenza, ma subisce la sola conseguenza di intervenire allo stato in cui il procedimento si trova6. Il termine previsto dal co. 1 dell’art. 46, infatti, ha una funzione dilatoria e di garanzia, nel senso che, sino a che esso è pendente, il giudizio non può essere definito in assenza del resistente, ma se questo si costituisce, pur tardivamente, ma prima che il ricorso sia stato deciso, la sua costituzione è ammissibile7. Il termine per la costituzione sembra invece dover ora assumere natura perentoria, anche se solo nel suo richiamo nel co. 3 dell’art. 15, con la conseguenza che l’eccezione di incompetenza può essere sollevata, pena la decadenza, entro e non oltre sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso. Diversamente opinando, infatti, verrebbe meno la ratio della novella, quale risulta dalla relazione di accompagnamento al secondo correttivo, cioè porre un limite temporale alla trasmigrazione di un ricorso presso altro tribunale, che potrebbe avvenire anche dopo anni dalla sua proposizione, ove l’udienza di merito tardi ad essere fissata. In effetti, la circostanza che lo sbarramento temporale sia previsto solo per le parti in causa e non anche per il Collegio – che può, come nella formulazione originaria dell’art. 15 c.p.a., dichiarare la propria incompetenza anche in occasione della decisione del merito della causa – porta a dubitare seriamente che la novella del 2012 abbia effettivamente voluto evitare che la “decisione di non decidere” intervenga dopo molti anni dalla proposizione del ricorso, aumentando così i tempi di definizione delle cause. Se così fosse, infatti, sarebbe stato logico attendersi l’individuazione di un limite temporale anche per il giudice o, meglio ancora, l’introduzione di una camera di consiglio filtro per esaminare le cause in cui manca la domanda cautelare. Occorre infatti ricordare che l’incompetenza è, dal 2010, inderogabile, con la conseguenza che il Collegio ha l’obbligo di dichiarasi incompetente, individuando il TAR dinanzi al quale si può riassumere la causa, non potendo derogare a una siffatta pronuncia neanche in considerazione del lungo tempo trascorso dalla proposizione del giudizio. E dunque, a meno di non pensare che le parti potrebbero eccepire nella fase di merito (e con ragione) l’incompetenza di cui invece il TAR adito non si è avveduto, l’intento di evitare l’eccessiva dilatazione dei tempi processuali non appare certamente risolto dall’attuale formulazione del co. 3 dell’art. 15 atteso che, se non può essere la parte a sollevare in occasione dell’udienza di merito l’eccezione di incompetenza, è (rectius, deve essere) il giudice a rilevarlo d’ufficio (giudice al quale la parte può insinuare il dubbio in udienza, pur senza sollevare una formale eccezione). In effetti l’attuale formulazione della norma lascia piuttosto trasparire la volontà del legislatore di paralizzare intenti ostruzionistici delle controparti del rapporto processuale che, pur avendo esatta ed immediata consapevolezza che il giudizio è stato instaurato dinanzi a un TAR incompetente, hanno deliberatamente deciso di sollevare l’eccezione solo nella fase di merito, per allungare i tempi della definizione della lite.

Ancora più delicata è l’ipotesi – che in effetti si evince solo indirettamente dalla formulazione della norma – in cui il ricorrente abbia fatto istanza di sospensione cautelare. La norma non detta infatti una disciplina puntuale, limitandosi a prevedere che «in mancanza di domanda cautelare, il difetto di competenza può essere eccepito …». Manca cioè l’espressa disciplina dell’ipotesi in cui c’è la domanda cautelare. Si deve ritenere che se tale domanda è formulata il rilievo deve essere sollevato subito. Dalla norma non si evince, però, se l’eccezione deve essere formulata nei termini previsti dall’art. 55, co. 5, c.p.a. per il deposito, in occasione della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, di memorie e documenti (id est, due giorni liberi prima della camera di consiglio, dimidiati nei riti ex artt. 119 e 120 c.p.a.) o può essere dedotta anche nella stessa camera di consiglio, salvo poi il Collegio valutare la necessità di un rinvio della trattazione della causa per dare termini al ricorrente di difendersi sul punto.

Altro dubbio, suscitato dalla non esaustiva formulazione del primo alinea del co. 3 dell’art. 15, è se la presentazione di un’istanza cautelare non unitamente all’atto introduttivo, ma in epoca successiva, possa rimettere in termini le parti per proporre l’eccezione di incompetenza. Il testo letterale della norma farebbe propendere per una risposta affermativa, atteso che, verificandosi questa evenienza, non si può parlare di «mancanza di domanda cautelare ». La ratio sottesa alla novella porta invece a dare una risposta negativa, atteso che risulterebbe del tutto vanificata la volontà di evitare la trasmigrazione della causa dopo anni che la stessa è stata proposta dinanzi ad un TAR. A diversa conclusione deve invece pervenirsi nell’ipotesi in cui, nel corso del giudizio, il ricorrente presenti atto di motivi aggiunti avverso nuovo provvedimento, con istanza cautelare. Trattandosi, in effetti, di un nuovo ricorso insinuato in quello pendente (e non di motivi nuovi dell’atto introduttivo del giudizio), deve ritenersi che le controparti possano eccepire l’incompetenza del TAR, salvo poi porsi l’ulteriore questione se il giudice possa o debba verificare anche la competenza in relazione all’atto introduttivo. È infatti difficilmente ipotizzabile che i motivi aggiunti, sui quali c’è stata l’eccezione e quindi la pronuncia di incompetenza, passino al TAR individuato come competente, mentre l’atto introduttivo resta incardinato dinanzi al TAR originariamente adito8. Non si tratterebbe, in ogni caso, di una remissione in termini perché la possibilità di sollevare l’eccezione è sorta con la proposizione dell’atto di motivi aggiunti.

I profili di criticità evidenziati inducono a ritenere che la novella apportata dal d.lgs. n. 160/2012 agli artt. 15 e 16 c.p.a., tanto attesa da una parte del foro amministrativo, che vedeva con preoccupazione la possibilità che il ricorso potesse trasmigrare anche dopo anni che dalla sua proposizione, non solo non ha fatto venire meno tale evenienza, restando al Tribunale il dovere di rilevare la propria incompetenza fino a quando la causa non è decisa, ma potrà ingenerare una serie di dubbi applicativi, legati alla non sempre felice formulazione della norma, finendo per incidere negativamente su un sistema che aveva invece dato ampia prova – nei due anni di vita – di funzionare bene. Resta dunque il dubbio (rectius, la certezza) se non fosse stato più opportuno non intervenire, anche alla luce della consapevolezza, espressa nella relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 160/2012, che «il passaggio dalla tradizionale “derogabilità” della competenza territoriale del giudice amministrativo all’attuale inderogabilità (con la conseguenza dell’impossibilità di concessione di misure cautelari eventualmente richieste da parte del giudice adito, ma che si ritenga territorialmente incompetente) ha dato ottima prova, anche grazie alla attività coerente e professionalmente valida degli operatori. L’esperienza di circa due anni di applicazione dimostra che il nuovo regime della competenza per territorio non ha provocato alcun disorientamento o problema applicativo di qualche rilevanza. E ciò è confermato dal numero sostanzialmente invariato delle istanze di regolamento di competenza».

Note

1 Il d.lgs. 14.9.2012, n. 160 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 18.9.2012, n. 218. La delega scadeva il 16.9.2012 (essendo il c.p.a. entrato in vigore il 16.9.2010) ma, ai sensi dell’art. 14, co. 2, l. 18.8.1998, n. 400, la delega si considera legittimamente esercitata se entro tale data il decreto legislativo è emanato dal Capo dello Stato, a nulla rilevando che la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avvenga successivamente.

2 Ha ritenuto invece che tale disciplina determini un vuoto di tutela TAR Campania, Napoli, sez. I, ord., 7.12.2011 (e, prima, 18.11.2010, n. 800), secondo il quale l’art. 15, co. 5, c.p.a., nella parte in cui inibisce al giudice adito di pronunciare sull’istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, è in contrasto con gli artt. 24, co. 1, e 111, co. 1, Cost.; la tesi svolta è infatti che la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l’oggetto del giudizio, richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni sicchè è da evitare che il tempo necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha ragione; pertanto, la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale, risulta contraria ai principi costituzionali di effettività e tempestività della tutela giurisdizionale e del giusto processo. Nella specie la causa proposta dinanzi all’incompetente TAR Napoli aveva ad oggetto l’azione di gestione del ciclo dei rifiuti, che l’allora vigente art. 135, co. 1, lett. e), c.p.a. devolveva alla competenza funzionale del TAR Lazio, sede di Roma. Il TAR Napoli aveva rimesso al giudice delle leggi anche la valutazione della costituzionalità degli artt. 133, co. 1, lett. p), e 135, co. 1, lett. e). Con ordinanza 11.7.2012, n. 180 la Corte costituzionale ha restituito al giudice remittente gli atti affinché rivaluti, alla luce dello ius superveniens, la persistente rilevanza delle questioni di costituzionalità dell’art. 135, co. 1, lett. e), c.p.a., che attribuiva alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. p), del medesimo decreto (ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5, co. 1, l. 24.2.1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti).

3 Nell’ordinanza il Collegio deve sempre indicare il TAR che ritiene competente. Nell’eccepire l’incompetenza del giudice adito, invece, la parte può anche non indicare il giudice competente. È questa una disposizione già introdotta dal c.p.a., nella sua versione originaria prima dell’intervento dei due correttivi, che modifica il regime della l. 6.12.1974, n. 1034, che prevedeva invece l’obbligo della parte di indicare nel regolamento di competenza, a pena di inammissibilità, il giudice ritenuto competente.

4 Per un excursus dei rilievi sollevati al regime della competenza introdotta dal c.p.a. sia consentito rinviare a Ferrari, Gi., Il regime transitorio dell’incompetenza territoriale inderogabile, in Il libro dell’anno del diritto 2012, Roma, 2012, 835. V. anche Villata, R., Spigolature “stravaganti” sul nuovo codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2011, 2; Contessa, C., Art. 13 in Garofoli, R. -Ferrari, G., a cura di, Codice del processo amministrativo, I, II ed., Roma, 2012, 177; Police, A., Competenza in Quaranta, A. -Lopilato, V., a cura di, Il Codice del processo amministrativo (Commentario al d.lgs. 104/2010), Milano, 2011, 167.

5 La formulazione originaria dell’art. 15 c.p.a., prima dell’intervento del secondo correttivo, non prevedeva per la parte alcun limite temporale, nel corso del giudizio di primo grado, per sollevare il rilievo di competenza.

6 TAR Lazio, Roma, sez. I ter, 7.4.2011, n. 3108.

7 Cons. St., sez. IV, 2.3.2012, n. 1203.

8 Un esempio può essere di aiuto. Se il ricorso è stato proposto dinanzi al TAR Napoli competente per territorio e nel corso del giudizio è impugnata, nella via dei motivi aggiunti, una delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le controparti possono sollevare l’eccezione di incompetenza pur essendo decorso il termine per la loro costituzione ex art. 46, co. 1, c.p.a., ed eccepire che la competenza (funzionale) a decidere questo ultimi è, ai sensi dell’art. 135, co. 1, lett. b), c.p.a. del TAR Lazio, sede di Roma.

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