La grande scienza. Le origini dell'etologia

Storia della Scienza (2003)

La grande scienza. Le origini dell'etologia

Patrick Bateson

Le origini dell'etologia

L'etologia è nata per fornire un approccio biologico allo studio del comportamento. I suoi fondatori, comunemente riconosciuti in Konrad Lorenz e Nikolaas Tinbergen, per i loro studi pionieristici hanno ottenuto nel 1973 il premio Nobel per la fisiologia e la medicina insieme a Karl von Frisch, lo scopritore del linguaggio della danza delle api. Il primo uso del termine 'etologia' è spesso attribuito al filosofo inglese del XIX sec. John S. Mill, che lo adottava nel contesto di studi sul comportamento umano, ma in realtà era stato già utilizzato dal naturalista francese Étienne Geoffroy Saint-Hilaire (1772-1844) (Jaynes 1969). Non è facile, tuttavia, risalire alle origini della disciplina analizzando la storia del termine; esse vanno ricercate nell'enorme crescita di interesse per la zoologia che si andò sviluppando nel corso del XVIII sec. in tutta Europa. David E. Allen (1976) descrive il progredire delle scienze naturali in Gran Bretagna che incentivò l'iniziale passione di Charles Darwin (1809-1882) per le collezioni di artropodi e l'attenzione che egli dedicò per tutta la vita al mondo che lo circondava. L'interesse dei naturalisti del XIX sec. per le collezioni zoologiche permise di raccogliere un gran numero di dati sul campo e di fornire evidenze empiriche di fenomeni biologici inconsueti.

Il rigore necessario a descrivere le attività di un uccello in Natura, per esempio, fece emergere talenti naturalistici che si dedicarono alla descrizione del comportamento e che in Gran Bretagna formarono, agli inizi del XX sec., una nutrita generazione di ornitologi non professionisti. Tra questi vanno ricordati Henry E. Howard, per le sue dettagliate osservazioni ornitologiche raccolte, nel 1920, in un vero e proprio capolavoro, Territory in bird life, e Julian Huxley che descrisse accuratamente il comportamento sessuale di diverse specie di uccelli, tra cui il più famoso è quello di corteggiamento dello svasso maggiore (Podiceps cristatus). Nonostante fosse un giovane docente di zoologia a Oxford, e dunque un professionista, Huxley considerava il suo lavoro sul campo un'attività da svolgere nel tempo libero. In seguito David Lack, una figura che esercitò un enorme influsso sull'ornitologia scientifica britannica, scrisse, nel 1943, The life of the robin quando ancora era studente. In Germania, Oscar Heinroth ebbe un ruolo preminente nello sviluppo della disciplina adottando rigorose metodologie nei suoi studi comportamentali, mentre negli Stati Uniti alcuni dei più famosi psicologi comparati, tra cui John Watson e Karl Lashley, iniziavano le proprie attività di ricerca con studi sul comportamento degli uccelli nel loro habitat naturale. Lashley era stato un allievo di Herbert S. Jennings (1868-1947), un acuto osservatore di protozoi ben noto per la sua espressione "un'ameba è più umana di un cavallo". Sempre negli Stati Uniti Charles O. Whitman invocava l'uso dei caratteri comportamentali in tassonomia alla stregua di quelli morfologici, mentre Wallace Craig contribuiva allo sviluppo di attente analisi comparate del comportamento di differenti specie di colombi (Dewsbury 1984). Il legame intellettuale tra gli studi sul comportamento animale effettuati negli Stati Uniti e quelli condotti in Europa sarebbe stato una caratteristica del successivo sviluppo dell'etologia.

Negli anni Trenta i tempi erano ormai maturi per la nascita di una nuova disciplina. In Europa l'emergente scienza del comportamento determinò la formazione di due filoni di ricerca, uno in Germania e uno in Gran Bretagna (Durant 1986). Lorenz e Tinbergen si distinsero nel trattare il comportamento alla stregua di un qualsiasi altro aspetto dell'organismo animale, partendo dal presupposto che i moduli comportamentali mostrano spesso una regolarità e una congruità che sono funzione delle necessità di un individuo. Inoltre il comportamento tra specie diverse spesso differisce in maniera marcata. Questa concezione rappresentò una tappa cruciale nel processo di integrazione dello studio del comportamento con la rinnovata sintesi darwiniana prodotta negli anni Venti e Trenta da Ronald A. Fisher, Sewall Wright e John B.S. Haldane.

Sebbene ciascun individuo sia differente da un altro per determinate caratteristiche, quelli imparentati sono più simili fra loro rispetto a individui non imparentati. Poiché le somiglianze familiari sono ereditate geneticamente, ciascun vantaggio riproduttivo o di sopravvivenza risultante da un particolare comportamento in un determinato contesto promuoverà, nel corso dell'evoluzione, la diffusione di questa caratteristica comportamentale nella popolazione, finché ciascun membro della discendenza la adotterà in quel contesto. Gli etologi, profondamente influenzati dal pensiero darwiniano e dalla teoria dell'evoluzione, hanno ripetutamente speculato sul significato adattativo delle differenze tra specie. L'interesse per la funzione biologica del comportamento ha prodotto una serie di studi ancor più raffinati, effettuati in condizioni naturali. Un animale in cattività è in genere troppo costretto e limitato dal suo ambiente artificiale per consentire una comprensione esaustiva delle funzioni relative alla grande varietà di attività che ciascun animale è in grado di compiere. Gli studi condotti nell'ambiente naturale hanno costituito una parte importante dell'etologia e hanno svolto un ruolo primario nello sviluppo di metodologie peculiari ed efficaci per osservare e misurare il comportamento (Martin e Bateson 1993). La necessità di comprendere la funzione di un dato modulo comportamentale espresso nell'ambiente naturale è stata una caratteristica distintiva della disciplina. Quando questo approccio fu unito ad analisi comparative interspecifiche, l'assunto semplicistico per il quale tutti gli animali risolvono lo stesso problema nel medesimo modo si rivelò ben presto falso. Nonostante questa enfasi sul comportamento spontaneo, sarebbe un errore considerare gli etologi fautori di un approccio non sperimentale e meramente descrittivo.

Tinbergen fu un maestro nel progettare ed eseguire eleganti esperimenti sul campo e la tradizione che ne seguì continua ancora oggi. Registrazioni acustiche di predatori o di individui della stessa specie (come prole o potenziali partner) venivano fatte ascoltare ad animali in libertà per studiarne le reazioni comportamentali. In maniera simile, finti stimoli di diverso tipo venivano utilizzati per valutare il tipo di risposta a una particolare forma o a un colore, come le richieste di cibo dei pulcini di gabbiano rivolte verso oggetti che somigliano ai becchi dei genitori. Numerosi altri esempi dimostrano come gli studi etologici richiedano assai più della semplice osservazione di un animale. Va comunque riconosciuto che molti etologi hanno dedicato la loro attività professionale a ricerche effettuate esclusivamente in condizioni di laboratorio, studiando i meccanismi di controllo e di sviluppo del comportamento. Alcune delle scoperte etologiche più sorprendenti, come l'imprinting (dovuta a Lorenz) e l'apprendimento del canto negli uccelli (realizzata da William H. Thorpe a Cambridge negli anni Cinquanta), sono state effettuate in laboratorio e hanno profondamente influenzato il modo di interpretare il comportamento (McFarland 1999).

È importante anche sottolineare che Lorenz, a differenza di Tinbergen, non fu un vero etologo sul campo ossia che studiava gli animali in condizioni naturali, egli preferiva tenere gli animali in casa, dove poteva osservare più facilmente quei moduli comportamentali che sembravano così appropriati nel mondo in cui si erano evoluti. Se osservata in uccelli allevati in cattività l'elaborata sequenza della costruzione di un nido non è più spiegabile come una serie di azioni apprese, ciascuna scatenata da un particolare stimolo proveniente dall'ambiente. Portare animali in casa o studiarli in condizioni seminaturali, inoltre, era tipicamente associato a un sincero amore nei loro riguardi e a una forte curiosità di scoprire cosa sarebbe successo di giorno in giorno.

Dopo aver terminato gli studi Lorenz rimase inizialmente disoccupato, aiutato dal ricco padre, che era un fisico. Nel 1940 ottenne finalmente un riconoscimento formale e fu nominato professore di psicologia all'Università di Königsberg. Mantenne questo incarico solo per un anno prima di essere chiamato alle armi come medico. Fu mandato sul fronte orientale e catturato alla fine della guerra; egli riuscì a tornare in Austria soltanto nel 1948.

In molti si dichiararono interessati a finanziare le ricerche di Lorenz. Una delle proposte proveniva dal Wildfowl Trust (un famoso centro per lo studio e la conservazione dell'avifauna acquatica), nel Gloucestershire, dove avrebbe potuto lavorare data la sua profonda conoscenza della biologia di oche e anatre. In seguito al trasferimento di Tinbergen a Oxford nel 1949, si diffuse anche la notizia, rimasta dubbia, che gli fosse stata offerta una cattedra all'Università di Cambridge. Infatti, con una decisione coraggiosa Tinbergen aveva lasciato i Paesi Bassi poiché fortemente attratto dalla radicata tradizione etologica scientifica inglese; in seguito riuscì a fondare uno dei più grandi centri di etologia. Nel frattempo il Max-Planck-Institut aveva offerto il suo sostegno a Lorenz che alla fine riuscì a fondare un meraviglioso centro a Seewiesen, in Baviera, con un lago dove poteva tenere le sue oche. Vi giunse insieme a esse nel 1955 e vi rimase come direttore fino al 1973 quando decise di ritirarsi.

In Gran Bretagna Thorpe fondò a Madingley, cinque miglia a sud di Cambridge, un centro ornitologico successivamente nominato Sub-Department of animal behaviour, centro focale delle note ricerche guidate da Robert A. Hinde (Bateson 1991), dove incoraggiò studi rigorosi effettuati sia in Natura sia in laboratorio. Fu il supervisore di Jane Goodall, che ottenne il dottorato di ricerca dall'Università di Cambridge per il suo lavoro sugli scimpanzé (Pan troglodytes) nonostante non fosse laureata. Anche Diane Fossey conseguì il riconoscimento del dottorato a Cambridge per il suo lavoro effettuato sui gorilla (Gorilla gorilla).

Data la nazionalità di Tinbergen non sorprende che i Paesi Bassi abbiano sviluppato una forte tradizione etologica, guidata da studiosi del calibro di Gerard Baerends. Gradualmente altri centri sorsero in tutta Europa e soprattutto negli Stati Uniti, dove era presente una solida tradizione di psicologia comparata e alcuni dei principali studiosi di questo settore, come T.C. Schneirla, criticarono le teorie sviluppate dagli etologi europei. Daniel S. Lehrman (1953) fu uno dei primi a rivolgere critiche esplicite alla teoria di Lorenz; tuttavia in seguito ci fu un riavvicinamento tra gli psicologi comparati e gli etologi e molti studiosi europei riconobbero l'importanza di considerare con maggior attenzione i meccanismi di sviluppo del comportamento (Bateson 2001).

Successivamente Tinbergen puntualizzò quattro questioni fondamentali che si pongono ai biologi del comportamento (Manning e Dawkins 1998):

1) controllo del comportamento: i meccanismi di dipendenza da fattori interni ed esterni che ne regolano l'espressione e le modalità con cui operano i processi alla sua base;

2) sviluppo del comportamento: l'integrazione di fattori genetici e influenze ambientali nell'assemblaggio dei moduli comportamentali durante il corso della vita di un individuo e le modalità di azione dei processi di sviluppo;

3) funzione del comportamento: le modalità con cui un determinato comportamento aiuta a mantenere l'animale vivo e a propagare i suoi geni alla generazione successiva;

4) evoluzione del comportamento: la storia ancestrale e le modalità con cui un comportamento si è evoluto.

Questi quattro filoni di ricerca sono ben distinti tra loro: i primi due riguardano i meccanismi e sollevano la questione del 'come'; i secondi due concernono gli aspetti adattativi, o almeno così sono considerati tradizionalmente dagli etologi, e sollevano la questione del 'perché'. Anche in questo caso la posizione degli etologi pone l'enfasi sul fatto che i due tipi di quesiti non dovrebbero essere analizzati considerandoli come distanti l'uno dall'altro (Manning e Dawkins 1998). Inserendo un qualsiasi problema in un contesto concettuale più ampio se ne ottiene una migliore comprensione, quale che sia il quesito centrale.

I due fondatori dell'etologia ottennero un successo particolare sia perché riuscirono a basare la biologia del comportamento su una teoria coerente relativa all'organizzazione dello stesso, sia perché erano interessati anche agli aspetti funzionali; fu proprio quest'ultimo punto a differenziarli nettamente dagli psicologi comparati. All'epoca del conseguimento del premio Nobel, tuttavia, l'etologia dava solo l'impressione di essere una disciplina pronta per emergere; la tanto auspicata comprensione dei legami tra comportamento e meccanismi era, infatti, ancora frammentaria. Nel frattempo una serie di studi effettuati in Natura, che metteva in relazione determinati moduli comportamentali con le condizioni sociali ed ecologiche in cui essi si osservavano normalmente, produsse l'enorme popolarità dell'ecologia del comportamento, in cui la comprensione dei meccanismi aveva soltanto un ruolo marginale (Krebs e Davies 1981). Una nuova disciplina chiamata 'sociobiologia' si collocò nella nicchia creatasi, applicando allo studio del comportamento importanti principî e metodi tratti dalla biologia di popolazione, insieme ad alcune nozioni proprie e totalizzanti (Wilson 1975). L'attenzione degli studiosi fu attirata dal modo in cui le idee della biologia evoluzionistica venivano usate. Il richiamo alla teoria dell'evoluzione, da cui la sociobiologia traeva linfa, faceva sembrare ancora una volta semplice e governabile un problema che in realtà è assai complesso.

Gli individui interagiscono l'uno con l'altro, intessono relazioni e formano società. Il comportamento sociale spesso sembra includere una vera e propria cooperazione e da Darwin in poi questo aspetto ha continuato a 'farsi beffe' dei teorici. Se l'evoluzione dipende dalla competizione, occorre perciò chiedersi come si sia evoluta questa cooperazione. A tale riguardo sono state proposte tre diverse spiegazioni:

1) kin selection (selezione di parentela): poiché gli individui sono imparentati, i benefici ottenuti nell'aiutare un cugino primo, per esempio, sono logicamente gli stessi di quelli ottenuti nell'aiutare un figlio, sebbene quantitativamente inferiori in termini di propagazione dei geni;

2) mutuo vantaggio: quando entrambe le parti traggono benefici dalla cooperazione;

3) selezione agente a livelli superiori: quando l'individuo è parte di un gruppo di individui non imparentati che avrebbero maggiori possibilità di sopravvivenza rispetto a quelli di un altro gruppo in conseguenza del comportamento adottato dagli individui all'interno di esso. Quest'ultima spiegazione è stata ampiamente criticata e ritenuta non plausibile, tuttavia potrebbe essere valida nel caso in cui gli individui muoiano più rapidamente dei gruppi e qualora l'immigrazione tra gruppi sia impedita o si verifichi in modo sporadico.

Nonostante i vigorosi dibattiti sulla funzione e l'evoluzione del comportamento sociale, l'impatto della sociobiologia su tutta la biologia del comportamento ha fatto sì che parti precedentemente considerate di importanza fondamentale per la disciplina divenissero irrilevanti o assumessero un interesse marginale. Pochi studenti interessati allo studio dell'organismo in toto vollero lavorare sui problemi riguardanti lo sviluppo del comportamento e il suo controllo. Di conseguenza, per molti anni, i suoi meccanismi furono largamente ignorati e soltanto negli anni Novanta ci si dedicò nuovamente a collegare gli studi sul 'perché' con quelli sul 'come'.

Chiedersi 'a che cosa serve' qualcosa non rivelerà mai direttamente il 'modo' in cui quel qualcosa funziona; l'approccio funzionale, tuttavia, aiuta a distinguere tra meccanismi indipendenti che controllano il comportamento e può condurre a individuare le variabili più importanti che regolano ciascun sistema. Ciò riveste un'importanza cruciale nei disegni sperimentali in cui, inevitabilmente, solo un piccolo numero di variabili indipendenti viene manipolato, mentre le altre rimangono costanti o casuali. Un esperimento si rivelerà una perdita di tempo se importanti condizioni che dovrebbero rimanere costanti non sono accuratamente controllate. Un approccio funzionale, dunque, può fornire la conoscenza necessaria per prevenire errori costosi e perdite di tempo.

Coloro che hanno lavorato sulle modalità più efficienti utilizzate dagli animali per reperire il cibo in Natura hanno sollevato importanti quesiti relativi al controllo del comportamento. Come risultato di questo rinnovato interesse sono state attivate proficue collaborazioni, in particolare tra gli ecologi del comportamento e gli psicologi interessati a un'analisi sperimentale dei processi di apprendimento. Anche nell'ambito dell'ontogenesi del comportamento analisi ispirate da approcci funzionali hanno svolto un ruolo utile nel dare un senso a quello che altrimenti sembrava un settore confuso e senza speranza di progresso. Chiedersi quale potrebbe essere l'uso corrente di un dato comportamento aiuta a distinguere le specializzazioni giovanili dal repertorio comportamentale dell'adulto e a comprendere l'impalcatura ontogenetica utilizzata nel processo di assemblaggio di comportamenti diversi. Le regole funzionali di assemblaggio sono importanti, per esempio, nel determinare in quale fase del suo sviluppo un animale raccoglie informazioni cruciali dal suo ambiente. Focalizzando l'attenzione sul problema, se ne possono analizzare i meccanismi. Questo modo di porsi, a sua volta, stimola la ricerca sui processi di sviluppo.

L'interazione tra gli esponenti dei due approcci - lo studio del 'come' e quello del 'perché' - trae beneficio da entrambi. Molti di coloro che si sono focalizzati sull'ecologia del comportamento degli animali stanno cominciando ad apprezzare la necessità di una conoscenza dei meccanismi per affrontare i quesiti evolutivi a cui sono interessati. Ciò si è verificato in particolare negli studi sui fattori percettivi e sui processi di apprendimento che influenzano la scelta del partner, e sulle implicazioni relative alle teorie evolutive della selezione sessuale a essi associate. Tuttavia ciò si sta verificando anche in filoni di ricerca che si occupano di 'strategie vitali', che hanno sollevato importanti questioni inerenti le risposte condizionate ai fattori ambientali. In generale si possono constatare questi cambiamenti nel modo di pensare perché il comportamento effettivamente messo in atto da un animale è ritenuto importante nello stimolare (e nel contempo limitare) nuove idee sulla funzione e l'evoluzione. Infatti, i meccanismi coinvolti nello sviluppo e nel controllo del comportamento potrebbero spesso avere conseguenze sui processi evolutivi, come è probabile che sia avvenuto nel caso della scelta del partner e nel controllo attivo dell'ambiente sociale.

Mentre le barriere che dividevano i due punti di vista sono dunque divenute di nuovo permeabili, sono stati compiuti enormi progressi anche nella neuroetologia e nella comprensione delle basi ormonali del comportamento. Sono stati scoperti legami tra la fisiologia del metabolismo e il comportamento, così come interazioni tra stati comportamentali e sistema immunitario; le tecniche molecolari hanno quindi assunto valore e rilevanza crescenti anche in questa disciplina. Nel complesso gli studi sullo sviluppo e sul controllo del comportamento appaiono oggi, all'inizio del nuovo secolo, assai diversi da come erano venticinque anni fa. Gli sperimentatori non sono più quelli che si preoccupavano di mantenere tutte le variabili costanti eccetto una e qualora la singola variabile indipendente avesse prodotto un effetto essa sarebbe stata considerata la causa mentre tutto il resto diventava irrilevante. Ormai un approccio sistemico è ritenuto essenziale e i biologi del comportamento dispongono delle conoscenze adatte per adottarlo. Alcuni tra gli studiosi più interessati allo studio delle basi neurali del comportamento sono ben consapevoli di come i loro dati siano piuttosto simili a quelli raccolti da un meteorologo nel bel mezzo di un uragano. Hanno imparato che se si vuole ottenere una rappresentazione sensata e coerente dell'intero sistema è necessario l'equivalente di una foto satellitare e soltanto coloro che studiano il comportamento possono ottenerla. Inoltre hanno sviluppato tecniche particolari per lo studio del comportamento spontaneo (Martin e Bateson 1993).

Nell'ambiente intellettuale assai cambiato del nuovo millennio è stato ricostruito un approccio integrato alla biologia del comportamento. Grazie a un'intera gamma di nuovi, promettenti filoni di ricerca e a moderne tecniche, i biologi del comportamento hanno molte ragioni per essere fieri della loro disciplina. Ciò è importante in un mondo altamente competitivo in cui è possibile cambiare la distribuzione delle risorse finanziarie, chiudere istituti di ricerca e stravolgere radicalmente la struttura dipartimentale delle università in un lasso di tempo sorprendentemente breve. Diviene dunque importante offrire alla nuova generazione di giovani scienziati che operano in questo settore un senso di quella che sta divenendo senza dubbio una delle più affascinanti aree della biologia.

Bibliografia

Allen 1976: Allen, David E., The naturalist in Britain: a social history, London, Allen Lane, 1976.

Bateson 1991: Bateson, Patrick, The development and integration of behaviour: essay in honour of Robert Hinde, Cambridge, Cambridge University Press, 1991.

Bateson 2001: Bateson, Patrick, Where does our behaviour come from?, "Journal of biosciences", 26, 2001, pp. 561-570.

Dewsbury 1984: Dewsbury, Donald A., Comparative psychology in the twentieth century, Stroudsburg (PA), Hutchinson Ross, 1984.

Durant 1986: Durant, John R., The making of ethology: the association for the study of animal behaviour, 1936-1986, "Animal behaviour", 34, 1986, pp. 1601-1616.

Jaynes 1969: Jaynes, Julian, The historical origins of 'ethology' and 'comparative psychology', "Animal behaviour", 17, 1969, pp. 601-606.

Krebs, Davies 1981: Krebs, John R. - Davies, Nicholas B., Introduction to behavioural ecology, Oxford, Oxford University Press, 1981.

Lehrman 1953: Lehrman, Daniel S., A critique of Konrad Lorenz's theory of instinctive behavior, "Quarterly review of biology", 28, 1953, pp. 337-363.

Manning, Dawkins 1998: Manning, Aubrey - Dawkins, Marian S., An introduction to animal behaviour, 5. ed., Cambridge, Cambridge University Press, 1998 (1. ed.: London, Arnold, 1967).

Martin, Bateson 1993: Martin, Paul - Bateson, Patrick, Measuring behaviour: an introductory guide, 2. ed., Cambridge, Cambridge University Press, 1993 (1. ed.: 1986; trad. it. della 1. ed.: La misurazione del comportamento: una guida introduttiva, Napoli, Liguori Editore, 1990).

McFarland 1999: McFarland, David, Animal behaviour: psychology, ethology and evolution, 3. ed., Harlow, Longman, 1999 (1. ed.: Menlo Park, Calif., Benjamin/Commings Pub., 1985).

Wilson 1975: Wilson, Edward O., Sociobiology: the new synthesis, Cambridge (Mass.), Belknap Press of Harvard University Press, 1975 (trad. it.: Sociobiologia: la nuova sintesi, Bologna, Zanichelli, 1979).

CATEGORIE