LA NEOLOGIA

XXI Secolo (2009)

La neologia

Bernard Quemada

La neologia, fenomeno linguistico e disciplina recente delle scienze del linguaggio, è un settore della lessicologia moderna che, dalla fine del 20° sec., accompagna lo sviluppo della terminologia nella costruzione di parole e di espressioni tecniche.

Contestati ancor prima di essere riconosciuti, la neologia e i neologismi hanno suscitato l’interesse degli studiosi di linguistica solo negli ultimi decenni. Per questo motivo è necessario affermarne lo statuto e precisarne gli obiettivi. I risultati controversi di una ‘neologia pianificata’ o ‘ufficiale’ esigono che venga chiarito il ruolo dei creatori di neologismi, comunicatori o esperti di uno specifico dominio, tecnici, scrittori, artisti ecc.; degli esperti neologisti, linguisti o terminologi, spesso sconosciuti; dei poteri pubblici che sostengono una neologia di cui diffidavano fino a poco tempo fa, per tentare di regolarne il funzionamento e la produzione.

Il concetto di neologia, creazione e uso di parole nuove, è rimasto per molto tempo diviso tra orientamenti puristici e pratiche lassiste. Abbandonate alle cronache aneddotiche e ai dizionari bulimici, le creazioni lessicali hanno suscitato polemiche accese e nello stesso tempo contraddittorie che ne hanno sovvertito la valutazione. Nel corso degli ultimi secoli, in Italia così come in Francia, la neologia ha suscitato soprattutto le reazioni dei cosiddetti difensori della lingua. Tali giudizi, partigiani o affettivi, occupavano tribune e mezzi d’informazione, mentre gli studi sui neologismi si limitavano spesso a osservazioni incerte. La neologia è riuscita a conseguire risultati molto positivi grazie all’opportuna considerazione delle implicazioni filologiche desunte dalla storia della cultura o dalla didattica della lingua, e grazie anche al suo ruolo strategico nella regolazione terminologica o nel trattamento automatico della lingua.

Nelle lingue naturali, la neologia risponde alla necessità di denominare le trasformazioni del mondo, i progressi della conoscenza, il venire alla luce di realtà, concetti, sensibilità o comportamenti nuovi. Essa permette inoltre di esprimere sentimenti, personali o polemici, attraverso creazioni poetiche, artistiche, ludiche, satiriche e così via, di portata affettiva, culturale oppure sociale.

Dal 20° sec. tutte le lingue europee conoscono una creatività lessicale di un’importanza qualitativa e quantitativa eccezionale. Si tratta del risultato della concorrenza di fattori sociopolitici, economici e culturali che conformano la società contemporanea: accelerazione e moltiplicazione delle innovazioni scientifiche, tecniche e sociali, sviluppo massivo degli scambi interlinguistici, intensificazione delle comunicazioni di massa in una società globalizzata dell’informazione. A ciò si aggiungono le necessità di tecnologie linguistiche, per le quali la lessicografia classica è insufficiente, e l’effetto di eventuali azioni di pianificazione della politica linguistica. Tutti questi fattori influenzano la dinamica della neologia e rafforzano l’interesse per la creazione e l’adozione di parole nuove.

Le nuove definizioni

Una parte delle difficoltà riscontrate nell’analisi della creatività lessicale è legata a un’insufficiente concettualizzazione connessa con la complessità dei dati e con le opzioni ideologiche in causa, che si traduce nelle definizioni spesso insufficienti date dai dizionari dell’uso. In un quadro di purismo ereditato dalle prescrizioni accademiche riprese dalla scuola, la neologia ha risentito delle connotazioni spregiative collegate a neologismo ed estese a neologico, neologo, neologista, neologizzare, neologizzatore. Molti repertori ne conservavano ancora tracce fino a tempi recenti.

In francese néologie è stato coniato a metà del 18° sec., poco dopo néologue (1726) e néologisme (1735). Composti da neo- («nuovo») e dal greco logos («discorso, parola»), questi termini sono stati ripresi dalla maggior parte delle lingue moderne: in inglese neological (1754) e in spagnolo neólogo (1765). Per l’italiano, neologia, neologico, neologismo, neologo si trovano registrati nel Nouveau dictionnaire françois-italien (1771) di Francesco Alberti di Villanova. Néologie, termine della critica letteraria, fu prontamente utilizzato per designare la creazione e l’uso di parole nuove, nella lingua e nello stile. Più lentamente si è introdotto nelle opere dei linguisti e nei dizionari.

Nel 1726, il termine néologique figurava nel titolo del dizionario di Pierre-François Guyot Desfontaines (Dictionnaire néologique à l’usage des beaux esprits du siècle). Attestato nel 1734, néologisme significava allora «ostentazione di certe persone a servirsi di espressioni nuove», o come precisa l’Encyclopédie di Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond D’Alembert: «eccesso nella ricerca e nell’uso». Alberti di Villanova, nel suo Nouveau dictionnaire, ne rafforzava il valore negativo: «questo termine ha quasi sempre una valenza negativa, e designa una ricercatezza scorretta».

Il termine néologie comparve nel 1759 in una riedizione del Dictionnaire françois (1680) di César-Pierre Richelet: «L’arte di inventare parole o significati nuovi seguendo il progresso delle idee»; poi nel 1762 nel testo dell’Encyclopédie, ma era assente nella nomenclatura. La prima definizione italiana della parola neologia si trova nel già citato Nouveau dictionnaire di Alberti di Villanova («Uso, ed arte di formar nuove voci») e rimanda alla definizione di néologie presente nello stesso dizionario: «Parola che deriva dal greco, che significa propriamente invenzione, uso, impiego di termini nuovi. Se ne fa un uso estensivo per designare l’impiego di parole antiche con un significato nuovo o diverso da quello abituale».

L’opposizione tra il significato positivo di néologie («invenzione di parole utili») e quello negativo di neologismo («uso ostentato, ricercato, di parole nuove») si attenuò nel secolo successivo. Con l’inflazione lessicale che accompagnò la Rivoluzione, il movimento delle scienze e delle tecniche e il Romanticismo, il neologismo divenne più lecito. Per il Dictionnaire critique de la langue française (1787) di Jean-François Féraud esso designa «le stesse parole nuove» accostate «all’abitudine d’inventarne». Alcuni lessicografi del 19° sec. lo limitarono a «uso di parole nuove», e ciò ne fece, per il Dictionnaire de la langue française (1863-1877) di Émile Littré, un «sinonimo per l’abuso di neologia». Se il supplemento (1877) del Grand dictionnaire universel du XIXe siècle (1866-1876, noto anche come Grand Larousse Universel) di Pierre Larousse diceva ancora: «il neologismo è l’abuso della neologia», si trattava in questo caso di un uso arcaico. I dizionari italiani procedono allo stesso modo. Nel Vocabolario universale italiano Tramater (1829-1840) uso e abuso non sono distinti: «Neologia: l’uso e l’arte di formar nuove voci; Neologismo: lo stesso che Neologia». Il Dizionario della lingua italiana (1861-1879) di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini precisa: «Neologia: Abito e Modo dell’usar nuove voci non usit. nel com. linguaggio. Così distinguerebbesi la Neologia dal Neologismo, la voce stessa o il modo nuovo […] secondo l’anal. di Francesismo e sim.».

Il valore spregiativo scomparve quindi nella maggior parte dei repertori e figurò solo come richiamo storico in alcuni dizionari recenti, con la marca di «desueto e spregiativo». Tuttavia, neologia avrebbe conservato per lungo tempo in italiano valori negativi o critici: «uso di novità inutili nella lingua» nella 7a edizione (1959) del Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli, «uso eccessivo», o «in quantità eccessiva», nell’11° vol. (1981) del Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, nel Vocabolario della lingua italiana (1995) di Giacomo Devoto e Giancarlo Oli, e nel Dizionario della lingua italiana (2000) di Tullio De Mauro.

L’arricchimento delle definizioni rivela l’evoluzione dei concetti. Sotto néologisme, il Trésor de la langue française (12° vol., 1986) distingue quattro accezioni: 1) un valore spregiativo evidenziato come desueto («vieilli»); 2) il sinonimo neutro di neologia, definito «creazione di parole e di espressioni nuove»; 3) una «parola nuova introdotta in una lingua (forma o significato)», la definizione più utilizzata e la sola registrata dai dizionari manuali; 4) l’uso in campo psichiatrico come creazione patologica datato 20° sec. («termine di patologia verbale, coniazione anomala da parte di pazienti psichiatrici», unico significato presente in La linguistique, 1969, di André Martinet, dove néologie non compare).

Una registrazione crescente di parole nuove, che le prefazioni annunciano con cura, ha influenzato il trattamento dizionaristico di neologia e neologismo. Ma se neologismo è sempre presente, neologia mancava ancora nel 20° sec. in repertori istituzionali, anche emblematici, come il Vocabolario degli Accademici della Crusca (5a ed. 1863-1923), o il Dictionnaire de l’Académie française (8a ed. 1932). Le definizioni interrelate, «Neologia: invenzione; uso di parole nuove. Uso di parole antiche con un significato nuovo», presentano, anch’esse, variazioni interessanti. Il Dictionnaire de la langue française di É. Littré trascura invenzione e nota solamente «Uso di parole nuove o di parole antiche con un significato nuovo». Il Dictionnaire général de la langue française (1890-1900), il più ‘linguistico’ del suo tempo, ignora la creazione ma, nella sua Introduzione, presenta una descrizione dettagliata dei processi di formazione delle parole. Il 7° vol. (1963) del Grand Larousse encyclopédique e il Dictionnaire alphabétique et analogique de la langue française (1966) di Paul Robert propongono «Introduzione, uso di parole nuove», dove Introduzione potrebbe implicare ‘invenzione’; tuttavia sorprende l’omissione di ‘prestito’.

Per sottolineare l’estensione del concetto, il Trésor de la langue française e le riedizioni successive del Dictionnaire di Robert (detto anche Grand Robert) consacrano a néologie due entrate distinte. Nel Trésor, la prima entrata «Creazione di parole, di espressioni nuove e loro introduzione in una determinata lingua» associa i due significati conosciuti e aggiunge loro espressioni; la seconda entrata, marcata come linguistica, registra un uso assente in tutti i repertori: «Processi di formazione di nuove unità lessicali. Sin. Creatività lessicale». Questo si ritroverà nella riedizione del Grand Robert, dopo le menzioni «Metà del XX secolo» e «didascalico» (marca di un termine privo di caratteri distintivi), «Processi mediante i quali il lessico di una lingua si arricchisce».

Nonostante la presenza di bibliografie che accompagnano le voci neologia e neologismo, attestando l’interesse dei dizionari recenti per gli aspetti teorici, è tuttavia sorprendente che venga omessa la relativa estensione d’uso. La metonimia che va da «Formazione e introduzione di parole nuove» a «Processo di formazione», deve essere completata da «Studio di questi processi e dei loro risultati», che manca in tutti i repertori e nondimeno corrisponde a usi comuni come, per es., Seminario di neologia, Rivista o Manuale di neologia. Inoltre, manca anche «insieme dei neologismi propri di un settore», come, per es., la neologia politica, la neologia scientifica e tecnica, allo stesso modo degli usi paralleli di terminologia.

La neologia e le scienze del lessico

Nonostante le diverse denominazioni – innovazione lessicale, dinamica lessicale, creatività lessicale, accanto a parola nuova, uso neologico, forma neologica, procedimento neologico ecc. –, la linguistica moderna ha preferito limitarsi a considerare i neologismi come esempi idonei a documentare settori più stabili come la semantica e la morfosintassi. È per questo motivo che specialisti qualificati parlano ancora di «eclissi e goffaggine della neologia» (J. Humbley, La néologie en terminologie, in L’innovation lexicale, éd. J.-F. Sablayrolle, 2003, pp. 264-65), anche se alcuni studi recenti – ancora inadeguati – hanno contribuito a far conoscere la neologia come disciplina specifica. Per contro, la neologia terminologica e i neonimi (neologismi tecnici) hanno costituito l’oggetto di studi scientifici, di pubblicazioni e di congressi, e sono stati i primi a essere analizzati in maniera rigorosa.

Neologia del sistema linguistico e neologia del discorso

Fino alla fine degli anni Settanta del 20° sec., la maggior parte dei programmi universitari dei Paesi latini si occupava di lingua letteraria, nell’ambito di una filologia orientata agli hapax degli scrittori. L’interesse per l’innovazione lessicale era percepito attraverso l’etimologia, la semantica, la morfologia, la sintassi, o anche la fonetica, alle quali essa forniva un buon numero di esemplificazioni, posticipando così la propria valorizzazione. Da ciò deriva senza dubbio il ritardo dei dizionari a registrare l’accezione «settore di studi specialistici», anche se i redattori non potevano ignorare i lavori, sempre più numerosi, dedicati in maniera specifica all’innovazione del lessico, in particolar modo a quello dei linguaggi settoriali.

I lavori di Louis Guilbert sono stati i primi a dare maggiore credibilità linguistica alla neologia, ma a titolo di creatività lessicale. Dagli anni Ottanta, gli orientamenti ispirati dalla sociolinguistica, dalla pragmatica, dall’analisi del discorso, dalla linguistica testuale e, successivamente, la teorizzazione dei linguaggi settoriali, hanno fatto progredire lo studio della neologia. Questa crescita, sostenuta dallo sviluppo della terminologia scientifica e tecnica, ha permesso di associare la neologia ai progressi della terminologia, dal momento che la costituzione di basi documentarie terminografiche adottava un approccio simile. I manuali di terminologia sono stati i primi a concedere spazio alle metodologie di trattamento del lessico tecnico-scientifico. La nuova neologia terminologica (neonimia) censisce e studia i neologismi tecnici (neonimi), consentendo alla neologia di comparire nell’intestazione di organismi ufficiali francesi: per es., Commission générale de terminologie et de néologie, Centre de terminologie et de néologie del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique).

L’importanza strategica delle denominazioni nei settori di punta ha contribuito a dare un nuovo statuto alla neologia. Dopo il 1980, il suo ruolo nel trattamento automatico, in particolare nella traduzione assistita da calcolatore, ha comportato nuove attività universitarie (insegnamenti, organismi di ricerca, osservatori di neologia) e amministrative (per es., gli organismi ufficiali per la pianificazione linguistica).

Ciò conferma che i progressi della neologia devono meno agli studi teorici che alle attività concrete, a volte anche di grande importanza, in particolare nel settore della neologia tecnico-scientifica. Si tratta spesso di iniziative dirette da scienziati, tecnici, traduttori o redattori tecnici, il cui contributo ai linguaggi specialistici è stato sempre più determinante di quello dei linguisti. In diversi Paesi erano i dipartimenti universitari che studiavano e insegnavano la traduzione e la redazione tecnica, mentre i dipartimenti di linguistica le ignoravano. Ancora oggi la lessicologia, e dunque la neologia, restano escluse dai programmi della maggior parte delle facoltà di Lettere. Non deve dunque sorprendere l’assenza di neologismo e di neologia negli indici delle grammatiche recenti.

Identificazione e neologicità delle parole nuove

L’identificazione dei neologismi deve avvenire tenendo conto della loro fonte per distinguere i neologismi del discorso dai neologismi del sistema linguistico (langue). Confidare nella marca neol. dei dizionari comporta notevoli rischi di errore. È per questo che, nei repertori recenti, neol. è spesso sostituito dalla data della prima attestazione conosciuta (datazione). In effetti, i lemmi o entrate dei dizionari non sono che forme arbitrarie, prive di rappresentatività funzionale. La nomenclatura è generalmente composta di forme semplici e di un piccolo numero di sintagmi scelti arbitrariamente: pomme è talvolta pomme de terre, ma mai pomme de pinpomme d’Adam, nonostante siano riportati negli articoli. La neologia ‘autentica’ è la neologia del discorso, quella dei neologismi o parole native, ossia i primi usi osservati nel discorso orale o scritto, che ne costituiscono l’atto di nascita. Questa neologia deve essere distinta dalle parole nuove lessicalizzate, che sono manifestazioni della neologia del sistema linguistico, creazioni recenti abbastanza radicate nell’uso da essere registrate dai dizionari. Questi neologismi del sistema linguistico, cioè dei dizionari, se non rappresentano creazioni troppo recenti, permettono tuttavia di valutare la loro lessicalizzazione e di studiare i loro meccanismi di produzione.

Lo studio pragmatico e sociolinguistico delle creazioni lessicali si basa sulle attestazioni-testimonianze più vicine a una prima utilizzazione, raccolte da fonti primarie (testi originali, esposizioni orali, stampa). Prima dei dizionaristi, i lessicografi rilevano sul campo i neologismi del discorso, in particolare gli elementi fraseologici, dei quali deducono il grado di cristallizzazione in contesti diversi. Una delle difficoltà di questi inventari è identificare i neologismi concettuali che hanno forma di sintagmi denominativi, di espressioni e di locuzioni cristallizzate i cui componenti hanno perso la loro autonomia e spesso il loro significato proprio – per es., in francese, bain de foule («bagno di folla»), traitement par lots («elaborazione batch»), marge brute d’autofinancement («margine lordo di autofinanziamento») – e anche, in alcuni casi, ogni motivazione: vache à radioéléments («filtro», in fisica) o excursion nucléaire («aumento della potenza di un reattore»).

La neologicità, o carattere neologico di una denominazione, si fonda spesso su una percezione di novità molto relativa, che può a torto essere attribuita a parole sconosciute o non più in uso. Si tratta di una percezione che è anche effimera, poiché scompare attraverso successive tappe di divulgazione (diffusione di una denominazione in altri settori specialistici o registri), di lessicalizzazione (diffusione nella lingua generale) e di dizionarizzazione (normalizzazione lessicografica), giacché la registrazione di un neologismo in un dizionario generale rappresenta una ‘panteonizzazione’ carica di conseguenze. Le varianti grafiche (come, per es., megaevento, mega-evento, mega evento), le marche tipografiche (corsivi, virgolette ecc.), le riformulazioni, gli equivalenti, le traduzioni, le spiegazioni, da interpretare come scuse o rimpianti che le accompagnano nello scritto, come certe mimiche, che possono segnalare nel discorso orale anche un’innovazione lessicale, ma in maniera equivoca. Se tutto ciò attira l’attenzione su parole o usi nuovi, tuttavia non offre alcuna informazione sul loro grado di accettazione, né può essere intepretato con precisione.

Alcune indagini hanno tentato di misurare la neologicità, ma le statistiche ottenute sono troppo approssimative perché siano probanti. La durata della percezione del sentimento neologico è molto variabile (da 2 a 15 anni) e, nel corso di questo periodo, i neologismi possono subire cambiamenti formali e semantici, dovuti alla loro instabilità concettuale, morfologica e pragmatica. Inoltre, la neologia procede spesso per creazioni simultanee o parallele per uno stesso referente (in particolare nella stampa), e la storia delle parole (etimologia sociale) mostra che ri-creazioni, anche tardive, si associano al reimpiego di parole cadute in disuso, dette anche arcaismi. Dunque, determinare un’innovazione lessicale implica la distinzione tra la novità della parola e la novità della cosa denominata. Avion è stato creato in francese nel 1875; aéroplane ha preso il suo posto nel 1913; ma, dal 1935, avion è il termine abituale, mentre aéroplane non è più utilizzato se non per le rievocazioni storiche.

L’osservazione della neologia

I dizionari di lingua ci hanno abituato a disporre di dati diacronici, che associano la creazione di un neologismo alla citazione di una prima attestazione o alla datazione corrispondente. L’affidabilità filologica e la rappresentatività storica e sociolinguistica di quest’uso hanno spesso bisogno di controlli, precisazioni e completamenti. Il valore di un riferimento unico è relativo, come provano i correttivi introdotti nelle riedizioni che talora spostano la datazione di secoli. Inoltre, per essere significativi, i dati forniti da un repertorio attendibile dal punto di vista storico dovrebbero menzionare se si tratti di un hapax, di una parola nuova, o di un significato derivato, e attestare, a partire dalle testimonianze più antiche rilevate nel sottocodice della lingua, ognuna delle sue estensioni d’uso ad altri sottocodici, così come il riferimento al primo dizionario nel quale sia stato lessicalizzato. Una sola data non può rendere conto allo stesso tempo della nascita del neologismo, del suo attecchimento nell’uso e della perdita del suo carattere neologico. Questo vale anche per il prestito esterno (da una lingua straniera) e per il prestito interno (da una stessa lingua, ma a un livello diatopico, diastratico o diacronico differente). E ancora, può trattarsi di una parola citata tratta da un’altra lingua o registro, di uno xenismo, spesso percepito come parola straniera, o di prestito reale, adattato (naturalizzato) e lessicalizzato in un determinato settore della lingua.

Un’informazione insufficiente su tutti questi punti nuoce a una giusta percezione del fatto neologico e le difficoltà filologiche o editoriali a fornire tali dati fanno sì che i dizionaristi esitino a pronunciarsi in modo definitivo. Di qui l’attuale diffidenza a fare uso della dicitura «neologismo» o anche «parola nuova» e il conseguente ricorso a possibili sostituti. Così, nel 1971 il repertorio di Pierre Gilbert aveva per titolo Dictionnaire des mots nouveaux, ma nel 1980 ha preso il titolo più prudente di Dictionnaire des mots contemporains, e ancora più recentemente T. De Mauro ha pubblicato un Dizionarietto di parole del futuro (2006). Allo stesso modo, la marca neol., presente da quasi due secoli nei dizionari di lingua, è spesso sostituita dalla data di una prima individuazione della parola in un testo, tanto è difficile stabilire l’atto di nascita di una parola o la data d’ingresso di un prestito nella lingua, salvo nei rari casi in cui il creatore (o chi ha preso in prestito una parola) è designato, dunque conosciuto.

Le procedure soggettive dei ricercatori impegnati nell’individuazione delle prime attestazioni si basano sulla loro competenza linguistica, e ciò risulta, evidentemente, molto aleatorio. Per ridurre tali rischi, alcuni Osservatori neologici ricorrono a collaboratori in possesso di specializzazioni e di esperienze linguistiche diverse. Tuttavia, il fattore decisivo resta il confronto dei dati rilevati con un corpus di esclusione dizionaristico costituito dai repertori ritenuti rappresentativi della competenza linguistica di una comunità. Di conseguenza saranno considerate come neologiche le forme, i significati o gli usi non ancora registrati nei dizionari. Occorre però sottolineare che la validità di questa procedura è relativa, se si tiene conto delle lacune esistenti nella nomenclatura dei dizionari generali, la cui scelta si basa, a sua volta, sulla specifica sensibilità linguistica dei redattori, oltre che sulla considerazione dei limiti di spazio imposti dagli editori.

Gli strumenti informatici, poi, hanno cambiato le procedure. I programmi, concepiti per l’analisi di corpora testuali di grandi dimensioni, permettono di fondare la neologicità sul numero delle realizzazioni linguistiche osservate. Gli spogli automatici, stabiliti in relazione a una vasta banca dati costantemente aggiornata, rivelano forme e collocazioni che mostrano notevoli indizi di neologicità, prima ancora di essere sottoposte agli specialisti. La ricorrenza di questi ‘candidati neologismi’ in un corpus rappresentativo permette di valutare la loro lessicalizzazione nel discorso; soltanto in una fase successiva la loro inclusione nel sistema linguistico sarà presa in considerazione e registrata nei dizionari. L’affidabilità dei risultati dipende evidentemente dalla qualità dei corpora testuali scelti come fonte di riferimento (ampiezza, omogeneità, rappresentatività) e dalla ricchezza delle banche dati utilizzate per i controlli.

Designate dal sostantivo neologismo e dalle espressioni creazione, uso, formazione, espressione neologica, le innovazioni lessicali rinnovano costantemente la lingua che, d’altra parte, registra anche forme che diventano desuete. In questo modo si esprime una dinamica in costante evoluzione, fatta di periodi di accelerazione e di rallentamento. Ciò riguarda il vocabolario, con creazioni e prestiti di natura e forme diverse, e lo stile, attraverso costruzioni o espressioni nuove e associazioni di parole prima sconosciute.

Tutti gli elementi della lingua – pronuncia, vocabolario e grammatica – si evolvono con ritmi diversi e secondo schemi peculiari, che possono mascherare la parentela tra i fenomeni. L’immagine della neologia è essenzialmente connessa al vocabolario, laddove le creazioni e i prestiti lessicali sono a loro volta più vari e più reperibili. La percezione di queste innovazioni si innesta, per numero e visibilità, su quella dei cambiamenti di pronuncia, di morfologia verbale, d’uso delle parole grammaticali e così via. Queste ultime sono modificazioni anonime, discrete e perenni, integrate ai meccanismi della lingua, talvolta di numero limitato ma ad alta frequenza, che solo la storia della lingua mostra sul lungo periodo. Ciò non riduce assolutamente le difficoltà incontrate negli studi diacronici (storici) per identificare i neologismi, per conoscere le loro origini e i loro percorsi, per datare le loro prime apparizioni nei differenti registri, per valutare il grado e la durata della loro neologicità, o per seguire le tappe della loro diffusione nell’uso (deneologizzazione). Senza dimenticare le varianti d’uso (differenze di frequenze d’uso che seguono i registri e i livelli della lingua, le classi d’età, i linguaggi settoriali ecc.). E ancora, l’uscita dall’uso, la scomparsa totale o parziale di una parola richiedono di essere considerate come fenomeni neologici a contrario, giustificando l’analisi di parole desuete, di arcaismi e di parole dimenticate come fenomeni simmetrici inversi ai precedenti.

Le creazioni neologiche

Le principali caratteristiche della neologia sono legate all’insieme delle procedure morfologiche e semantiche che operano singolarmente, o in combinazione, al fine di:

– elaborare una parola nuova, partendo dalle risorse della lingua generale e dei suoi registri. Si tratta di costruire una nuova unità a partire dagli elementi del lessico o del discorso, seguendo le regole morfosintattiche che li governano (neologia formale), o di sviluppare un significato nuovo per una forma già esistente (neologia semantica),

– prendere in prestito una denominazione o un significato da una lingua straniera o antica, da un dialetto, da un registro diverso della lingua, mediante la traduzione, il calco o l’adattamento.

Modalità di coniazione

Mediante neologia spontanea oppure orientata. Benché abbiano un’efficacia diversa nello sviluppo del lessico registrato nei dizionari, entrambe le modalità condividono alcune caratteristiche fondamentali:

– la neologia spontanea ha un ruolo predominante nella comunicazione. Essa risponde al bisogno immediato di designare un referente nuovo o del quale si ignora il nome. È una neologia del discorso, più spesso orale, nel vivo di un enunciato (ne fanno parte anche i lapsus). Queste produzioni, generalmente effimere nei contesti professionali, di laboratori, botteghe o riviste, sono delle ‘trovate’ che portano la marca dell’immaginazione o dell’affettività del creatore. In questo meccanismo intervengono delle matrici lessicogeniche, ossia modelli morfosemantici acquisiti e arricchiti via via mediante la pratica linguistica e l’educazione, e, parallelamente, delle competenze normative che gestiscono a loro volta la produzione delle creazioni e ne assicurano l’autocontrollo;

– la neologia orientata, sia volontaria sia pianificata, mette in azione modelli simili. Entrambe queste modalità (volontaria e pianificata) scelgono i tipi di formazione e gli elementi formanti sulla base di criteri funzionali e di considerazioni razionali piuttosto che soggettive. Esse possono essere considerate neologie del sistema linguistico nella misura in cui tendono a coniazioni normalizzate, utilizzando in maniera cosciente i meccanismi morfosemantici. Caratteristiche dei domini culturali, scientifici, tecnici e professionali, esse costituiscono la realizzazione di specialisti, scrittori, inventori oppure addetti al settore del commercio. Si tratta anche della modalità neologica praticata dagli esperti per formare e riformare le terminologie, normalizzare le designazioni di concetti e di prodotti, o dai dizionaristi per scegliere le parole nuove da registrare.

La neologia pianificata o prescrittiva è il risultato di una lunga tradizione. Più ideologica, questa modalità di neologia risponde al bisogno di seguire il movimento dei gusti letterari e delle idee nelle scienze e nelle tecniche, di assicurare la fertilizzazione delle lingue (politica linguistica) a partire da motivazioni socioculturali sempre rinnovate. Essa si manifesta a partire dal Rinascimento, con le regole stabilite dai poeti per la formazione di parole nuove, e dai traduttori letterari e scientifici per francesizzare i termini greci e latini. Nel secolo dei Lumi, gli studiosi si sono assunti il compito di forgiare le nuove terminologie delle scienze moderne secondo principi razionali. La neologia tecnico-scientifica deve molto a Linneo – che iniziò la riforma delle nomenclature applicando alle piante un sistema a doppio nome – e ai chimici (Louis-Bernard Guyton de Morveau, Antoine L. Lavoisier, Claude-Louis Berthollet e Antoine F. de Fourcroy) che elaborarono, sulle sue tracce, un metodo ancora in vigore per creare nuove denominazioni.

Sull’esempio delle ordinanze di Francesco I, promulgate per sostenere la lingua vernacolare (provvedimento che nel 16° sec. attivò la francesizzazione progressiva di tutti i settori specialistici), importanti misure legislative hanno messo in atto alla fine del 20° sec. una vera e propria neologia istituzionale. Per le lingue neolatine, la ‘neologia politica’, nata in Italia sotto un regime autoritario, ha preso corpo soprattutto nel Québec e, successivamente, in altri Paesi o regioni autonome (Francia, Catalogna, Galizia, Paesi Baschi) con il ricorso a commissioni e a leggi e decreti, al fine d’imporre l’uso di termini equivalenti autorizzati. In Francia, questi provvedimenti sostengono le iniziative di tecnici volontari che, dal 1950, hanno creato o francesizzato termini per sostituire i controversi anglicismi. Dagli anni Settanta, le Commissions ministérielles de terminologie et de néologie hanno prodotto neologismi che, in modo maldestro, sono stati qualificati come ufficiali. Di fronte alla società civile e ai mezzi d’informazione che si manifestavano ostili per principio alle decisioni autoritarie, le disposizioni legali che rendevano obbligatorio l’uso dei neologismi ufficiali non sono state quasi mai applicate. Le misure riguardanti l’uso privato sono state giudicate incostituzionali e l’uso obbligatorio si è limitato alle comunicazioni ufficiali e amministrative.

In effetti, l’uso è l’arbitro supremo in materia di neologia, e, per le grandi lingue di cultura, non sarebbe possibile porre in essere una vera e propria pianificazione linguistica. Se ci fosse un dirigismo linguistico, dovrebbe essere molto flessibile e fondarsi su ampie campagne d’informazione. Dal 1971, c’è chi ha raccomandato di sviluppare una vera e propria assistenza alla neologia (Quemada 1971) sotto forma di banche dati lessicologiche accessibili ai potenziali creatori (giornalisti, pubblicitari, tecnici) e di mettere a punto una teoria della creatività lessicale e una rete di informazioni che risulti facilmente consultabile. Per agire a monte, era stato inoltre suggerito di introdurre l’insegnamento dei meccanismi essenziali della neologia nei programmi d’istruzione secondaria, sia tecnica sia superiore, con il preciso scopo di sviluppare la competenza lessicale dei neologi del futuro.

I pianificatori non hanno potuto evitare i tranelli insiti nella scarsa conoscenza del funzionamento della lingua, tant’è vero che la creazione di un termine, mediante qualunque tipo di procedura, non si limita semplicemente all’aggiunta di un’unità a una lista già esistente. Così come le tessere di un puzzle, un nuovo termine deve non soltanto riuscire a integrarsi con l’insieme dei termini di significato affine, dei quali viene a completare il campo semantico, ma deve anche essere accettato da utenti normalmente poco inclini a sottomettersi a ingiunzioni dirigistiche. Le competenze, i dibattiti, la diffusione di neologismi raccomandati richiedono tempo, mezzi e una pedagogia appropriata.

La Francia è fra i primi Paesi ad aver tentato di definire le caratteristiche di un ‘buon’ neologismo (L. Depecker, Un exemple d’aménagement terminologique: les Commissions ministérielles de terminologie en France (1970-1993), 1994). Le Commissions de terminologie et de néologie, protagoniste ufficiali di questa neologia pianificata, hanno stabilito che, per impiantarsi in una lingua, un neologismo deve:

– gestire le risorse morfologiche della lingua senza caricare le parole esistenti di significati supplementari (evitare la polisemia);

– preferire il prestito semantico e il calco rispetto alle creazioni artificiali;

– basarsi sulla motivazione morfo-semantica: per es., grapheur, logico che elabora i grafici, tableur, colui che apparecchia i tavoli. Per questa ragione, ordinateur, che esplicita meglio le capacità logiche della macchina, è stato preferito a calculateur più ambiguo;

– essere breve o, al limite, avere un’attitudine al troncamento o al conio di sigle;

– essere fecondo, permettere la facile creazione di famiglie derivazionali (scanneur, scanogramme, scanographe, scanoscope ecc.);

– privilegiare il carattere immaginifico che facilita la memorizzazione (baladeur invece di walkman, opaco per un non anglista);

– facilitare l’universalità attraverso il carattere internazionale delle radici o l’equivalenza d’immagini (gratta-cielo da sky-scraper), favorire i prestiti interlinguistici tra le lingue romanze e accettare gli internazionalismi (anche anglosassoni), se rendono più facile l’intercomprensione, come forno a microonde, spagnolo horno de microondas, francese four à microondes, accanto all’inglese micro-waves.

Fattori d’innovazione

Nonostante la scelta di una denominazione sia libera, questa risulta tuttavia condizionata anche dallo statuto del creatore, dalla sua attitudine nei confronti delle norme e dai modelli morfosemantici esistenti nel registro della lingua interessata. Per coniare neologismi, ognuno dispone di una competenza linguistica acquisita grazie all’apprendimento, cosciente o meno, della propria lingua, e mediante la padronanza del suo funzionamento e dei processi di creazione lessicale relativi al proprio sistema linguistico.

a) I fattori extralinguistici sono determinanti per la neologia, nella misura in cui essa esprime le evoluzioni necessarie a ogni lingua viva. L’intensificazione della creatività lessicale risponde a quella degli sviluppi culturali, tecnici o commerciali. Meglio di ogni altra cosa, la neologia rivela i legami tra la storia delle lingue e quella delle società, delle culture e delle civiltà.

Le problematiche della neologia denominativa si ricollegano oggi a quelle della terminologia, dal momento che le scienze e le tecniche si sviluppano dotandosi dei vocabolari necessari. Le designazioni specialistiche abbondano nella produzione neologica contemporanea, facendo perdere al francese, all’italiano o allo spagnolo, il loro carattere letterario, ovvero conservatore, per acquisire un carattere «tecnocratico, comunicativo e strumentalizzato» (C. Quarantotto, Dizionario del nuovo italiano: 8000 neologismi della nostra lingua e del nostro parlare quotidiano dal dopoguerra ad oggi, 1987, p. IX).

I contatti interlinguistici favoriscono il trasferimento di usi lessicali tra le diverse comunità linguistiche. I meccanismi sono simili anche sulla base di parametri diversi, che essi siano eteroglossi (da sistemi linguistici differenti) o omoglossi (tra varianti di uno stesso ceppo, per es. regionalismi o dialettalismi), e si stabiliscono contatti tra lingue comuni, linguaggi specialistici, registri o livelli d’uso. Possono entrare a far parte di questa categoria anche gli arcaismi o le parole desuete e successivamente tornate in uso: per es., fanagottone < milanese fanigutun (ital. fannullone).

Riflesso della globalizzazione, gli internazionalismi sono parole perlopiù anglosassoni, prese in prestito da alcune lingue, che tendono a diffondersi anche in altre: blog, chat, hacker, hardware, internet, ipod, reality show, snack e così via. Il fenomeno è antico (per es., club, happy end), ma è divenuto più frequente.

b) La ricerca dell’espressività è il motore della neologia e la si riscontra nelle creazioni di autori, giornalisti o pubblicitari.

Molto ricca, questa neologia letteraria è poco integrata nella lingua generale e permane sovente sotto forma di hapax. Dopo i latinizzatori del Medioevo e i poeti del Rinascimento, molte scuole, dalla fine del 18° sec., hanno praticato un’inflazione neologica. Alcuni hanno addirittura eretto a sistema le trasgressioni alle norme linguistiche e il loro ‘esoterismo’ ha reso necessario il ricorso a note o a dizionari specializzati. Privi di rappresentatività sociale e inadatti a illustrare l’uso, i dizionari generali tendono a ignorare questo fenomeno; solo alcuni autori di prestigio, determinati avvenimenti clamorosi o una particolare eco mediatica lo fanno entrare, per periodi di tempo limitati, nella lingua (come è accaduto, per es., con quarteron ‘gruppetto’ e abracadabrantesque ‘inverosimile, strampalato’, rispettivamente del generale Charles de Gaulle e di Jacques Chirac). Anche alcuni scienziati adoperano in modo geniale denominazioni metaforiche, come, per es., le catastrofi in matematica o il buco nero in astrofisica, successivamente passati nella lingua generale.

La neologia giornalistica e mediatica, molto presente e assai poco controllata, esercita oggi una forte influenza. La stampa, la radio e la televisione sono i luoghi privilegiati di una creatività lessicale aggressiva, rinforzata dall’impatto della sua diffusione. I giornalisti praticano una neologia d’urgenza, nel momento in cui non trovano disponibile la parola giusta, e una neologia di prestito dovuta alle loro condizioni di lavoro (lanci d’agenzia in inglese, assenza di revisione degli articoli). Essi usano e abusano di un vocabolario a effetto, sfalsando gli usi canonici e moltiplicando le formule orali della neologia familiare: comicoterapia, fidelizzare, gambizzare, ginnasticato, megaevento, scravattato. Facendo uso di formanti o di suffissi di moda (calciopoli, medicopoli, farmacopoli), questa neologia giornalistica e mediatica produce la maggior parte del vocabolario non registrato nei dizionari. La lingua della stampa ha sempre trovato dei censori, ma i repertori specializzati ne traggono la maggior parte dei neologismi che citano, senza che il loro attecchimento nell’uso sia tuttavia sicuro.

Di là dei testi redazionali, la cui lingua deve essere neutra, la neologia pubblicitaria e commerciale è tra le più inventive. Nomi di marche, prodotti o slogan devono richiamare l’attenzione. A questo scopo vengono profusi creatività o ironia: in Francia «Avec Carrefour je positive», verbo sconosciuto ma d’immediata comprensione; «Vittel l’eau qui fait du bien» tenta di ridicolizzare la formula della concorrenza «Perrier l’eau qui fait pschitt». Le risorse più utilizzate sono i tamponamenti (parole macedonia): franc. conforamabilité (< Conforama, nome di un distributore, + amabilité), o le approssimazioni: «Les fées d’hiver» (faits divers, fatti diversi); «Avec cognac on devient un grand glaçon» (garçon); «Lego développe l’ego».

Questa neologia ludica cerca di sviluppare una complicità tra emittente e ricevente del messaggio. Le sue creazioni mediante piacevoli esagerazioni (capribarbicornipede), equivoci, approssimazioni, sostituzioni o giochi di parole sono utilizzate da lungo tempo nella lingua argotico-familiare. Essa è dotata di una propria lessicografia, diventata moda, come per es. Le dictionnaire des mots qui n’existent pas (1992) di Jean-Loup Chiflet (a partire dalle stesse formule, il Distractionnaire, 1986, di Robert Galisson e Louis Porcher propone esercizi di divertente neologia per intrattenere gli studenti che intraprendono lo studio del francese come lingua straniera). Questo tipo di neologia beneficia del mescolamento dei livelli di lingua ricercato dai mezzi d’informazione, e alcuni elementi deformati rimangono comprensibili: franc. Ici l’ombre (Ici Londres, Qui Londra), Vieilles dentelles sans arsenic (Arsenic et vieilles dentelles, Arsenico e vecchi merletti), Antenne 2, morne chaîne! (Waterloo! Morne plaine!, Waterloo! Tetra pianura). Per lo scritto, il prolifico commissario San Antonio (protagonista dei romanzi polizieschi di Frédéric Dard, 1921-2000), che conta circa 20.000 creazioni caricaturali di formazioni tradizionali, ha lasciato certo un ricordo piacevole ma ben poche tracce nella lingua.

La neologia gergale, come i linguaggi dei mestieri, pratica l’abbreviazione, il linguaggio immaginifico e ha molti punti in comune con la neologia ludica. Si è estesa nel 20° sec. a una popolazione di giovani perlopiù immigrati, e spesso mal scolarizzati, la cui parlata interetnica associa creazioni morfosemantiche e prestiti nei quali la lingua nazionale si mescola all’arabo, all’inglese e a diversi dialetti africani.

La lingua delle periferie o delle città, confusa a torto con la lingua dei giovani, è una neologia identitaria destinata ad affermarsi. Essa sconvolge le regole della morfosintassi con processi di crittografia neologica in uso della lingua popolare o nel gergo tradizionale. Sfruttando anche formule di linguaggi detti segreti in disuso da più di mezzo secolo, come il giavanese (mons­tre ‘mostro’ > mavonstre) o il loucherbem (fou ‘folle’ > loufoque), questo modo di esprimersi ha riportato in voga il verlan, la lingua dei malviventi della fine del 19° sec., caratterizzata soprattutto da un’inversione delle consonanti (femme ‘donna’ > meuf, flic ‘poliziotto’ > keuf) e da risuffissazioni. Queste ‘creazioni’ conoscono oggi sporadici usi letterari, alcuni dei quali sono stati ripresi dalla stampa di estrema sinistra o dalle canzoni di protesta.

Il parlare alla moda (branché), una sorta di novlangue, ha penetrato alcuni gruppi della società borghese. Fa uso di abbreviazioni e metafore prese in prestito dal linguaggio giovanile: sclerato < (arteriosclerato), scravattato, panicato, stressato, e ha grande successo in francese: accro (accroché, amatore sfegatato), bobo (borghese bohème), cablé (alla moda), brut de décoffrage (senza affettazione, in modo naturale). E applica una semantica molto figurata: il est clair (non c’è nulla da rimproverargli), il est jeté (dà l’impressione di essere folle).

Il linguaggio texto, codificazioni sintetiche proprie della telefonia mobile e praticate in particolar modo dai giovani, condivide le caratteristiche della neologia ludica e di quella gergale.

La neologia infantile produce sostituti o doppioni per imitazione di versi (coin-coin, anatra), di rumori (teuf-teuf, automobile), o creazioni per analogia (détraquer «guastare» / retraquer «riguastare» sul modello di démonter «smontare» / remonter «rimontare»).

Processi neologici

La lessicologia censisce e studia gli elementi formanti e i processi di conio o di trasformazione delle parole nuove (lessicogenesi) in una determinata fase della storia della lingua.

L’inventario di questi processi permette di distinguere i neologismi diretti, costruiti secondo le matrici della derivazione, della composizione e della cristallizzazione, a partire da elementi lessicali, basi e affissi (raramente creati dal nulla), dai neologismi indiretti, formati a partire da quattro formule principali: estensione semantica, cambiamento di categoria grammaticale (conversione), prestito esterno (allogeno) o prestito interno (trasferimento da un sottocodice a un altro), integrale, pianificato o parziale (calco). La lingua generale applica tutte queste risorse mentre ogni linguaggio settoriale le usa in modo parziale. Ciascuno privilegia elementi formanti e modelli morfologici particolari attraverso un gioco di combinazioni multiple che, per i linguaggi tecnici, rende più complessa la tipologia dei processi neologici.

Dagli anni Ottanta del 20° sec., gli studi sulla creatività lessicale e le sue produzioni hanno riservato un posto centrale alla parola e al termine. Tali studi si basano sulle novità apportate dalla sociolinguistica, dalla pragmatica e dalla linguistica del discorso, particolarmente produttive per le analisi testuali. Queste ultime confermano anche che la neologia è, essenzialmente, una disciplina del discorso, per la quale i dati estratti dai corpora sono materiali insostituibili.

1) La neologia formale o morfosintattica concerne la costruzione di nuove unità lessicali o l’adattamento di unità esistenti. È la più visibile, se la diffusione anteriore degli stessi formanti non ne dissimula la novità. A partire da una base lessicale, inclusi i nomi propri, e seguendo i modelli morfosintattici di un determinato stato della lingua (matrici lessicogeniche, cfr. P. Guiraud, Les mots savants, 1968), questo tipo di neologia crea un segno più complesso, più ridotto, o dotato di una nuova funzione sintattica.

a) Neologia per derivazione.

Con gli affissi e affissoidi di vitalità diseguale che seguono le varietà e i registri di lingua:

derivazione prefissale: antiansiogeno, dopo-scandalo, postglobal, quasi-matrimonio, rilocalizzare, ultranazionale, pluripregiudicato.

derivazione suffissale, più produttiva; i suffissi hanno una funzione sintattica propria nella formazione di nomi, aggettivi o verbi, a partire da basi nominali, aggettivali o verbali: bambinismo, bancarottiero, mercatistico, mondialeggiare, mostrificare, paginata. Questi processi si applicano anche ai nomi propri: clintoneide, opusdeismo, wikipedista.

derivazione parasintetica (multipla): denatalizzazione, destarizzarsi, slucchettare. In francese, le terminazioni vocaliche aggiungono una consonante di raccordo (per es., -t: clou > cloutier; bistro > bistrotier) o una variante colta (Pompidou > pompidolien).

b) Neologia per modificazioni morfosintattiche.

La derivazione regressiva (o inversa) e la conversione (transcategorizzazione o derivazione impropria) modificano la funzione grammaticale di un’unità: Verbo > Nome: disossare > disosso; passare > passi; Participio > Nome: fuoriuscito > fuoriuscito, o all’inverso Nome > Verbo: bacio > baciare. Così come i cambiamenti di costruzione e gli usi assoluti della lingua familiare.

La neologia pseudo-scorretta riguarda le irregolarità considerate come colpe nei confronti della norma. Gli scarti innovativi, le forme false, i falsi generi: maschile > femminile.

La neologia per composizione si fonda su di una molteplicità di elementi, autonomi e non: americanocentrico, archeoparco; o su combinazioni sintagmatiche (plurilessemi): area di eccellenza, fiscalità di vantaggio, molto presenti nelle unità terminologiche complesse: bilancia di torsione monofilare.

Accanto ai composti endogeni che possono essere sintetici (verbo+sostantivo: attaccapanni, fare sistema, fare il punto), oppure ellittici per apposizione (sostantivo+sostantivo: allarme bomba, caro benzina, cellulare-dipendenza, per i quali alcuni secondi formanti quali -base, -chiave, -fiume, -lampo, -simbolo si rivelano particolarmente efficaci), i composti ibridi fanno ricorso, come indica il nome, a elementi misti: baby-calciatore, baby-rapinatore, web-femminismo. L’ordine romanzo analitico (determinato-determinante: buono casa, lingua ponte) si alterna con l’ordine sintetico dei modelli greco-latini (geografia, metalmeccanico) oppure anglosassoni (fotogiornale, eurozona), senza che però venga escluso l’ordine più tradizionale: embrioriduzione > riduzione embrionaria.

Le nuove invenzioni fanno volentieri ricorso ai composti colti costruiti con i prefissoidi e i suffissoidi (confissi) tratti dal latino e soprattutto dal greco (cardiocentro, idrogenodotto, neurotrasmettitore, parasimpaticomimetico), con un utilizzo molto flessibile (grafologia, sismografo), talvolta investiti di significati nuovi (archeo «antico», diventa «archeologico» in archeoparco, o cosmo «universo», diventa «spazio siderale» in cosmo veicolo), e da formanti moderni che bisogna distinguere: in isografia, iso- è un confisso colto, così come in reprografia, repro- deriva dal troncamento di riproduzione. L’informatica ha fornito nuovi elementi formanti: ciber- o cyber-, cibergergo, cyberdizionario; e- (per elettronico pronunciato [i]), e-book, e-commercio; -tica (per informatica), domotica, telematica; inter- (o internet), internauta, internetmania.

Le cristallizzazioni sono insiemi fraseologici lessicalizzati (neologismi sintattici) che funzionano come unità lessicali e sono presenti in tutti i registri: campo di accoglienza, padre di tutte le inflazioni, vorrei ma non posso, alle quali si devono aggiungere i conglomerati: per es., guarda e compra (vendita diretta), gratta e sosta (biglietto).

c) Neologia per riduzione (accorciamenti, abbreviazioni e troncamenti).

I troncamenti di parole costituiscono un procedimento di economia rafforzato dai modelli angloamericani. Caratteristici dell’oralità, essi sono frequenti nel linguaggio familiare (tele < televisione) e coinvolgono tutti i registri, sul modello di cinematografo > cinema > cine. Si riscontra un numero limitato di aferesi (bus < autobus, scopia < oscilloscopia), ma i troncamenti sono ottenuti soprattutto per apocope: corto < cortometraggio.

Nel linguaggio della stampa e in quelli professionali, i troncamenti si applicano spesso a denominazioni tecnico scientifiche: francese clim(atisation), diapo(sitive), labo(ratoire), réa(nimation), séro(positif), synthé(tiseur), bloc(-opératoire). La moda dei troncamenti in -o si conferma ancora con: birrofilo < birra, macro < macroistruzione, narco < narcotico, socio < sociale; e ancor più favorisce le costruzioni con formanti multipli: audiovideografico, autoferrotranviere, cartolibreria, ispanofrancoitaliano, metanossimetano, foto-moto-plastica, tintolavanderia.

La polisemia di alcuni elementi tratti da troncamenti può essere fonte di ambiguità: auto- (di sé stesso) > autodifesa; auto- (automobile) > autocustode; gastro- (stomaco) > gastroduodeno; gastro- (gastronomia) > gastroignorante; info- (informazione/informatizzato). La telescuola e il telelaser operano a distanza. Nella telebiografia il richiamo è alla televisione, mentre nella teleconferenza si fa riferimento al telefono e in telechirurgo alla telematica.

Per ellissi, le riduzioni di locuzioni e di sintagmi nominali si limitano perlopiù all’elemento subordinato: compensato < legno compensato, in franc. un tabac < un bureau de tabac; più recentemente, a una nozione nominale: une voiture à traction avant > une traction avant > une traction.

I tamponamenti (parole macedonia, in franc. mots-valises) esprimono un concetto unico fondendo l’elemento iniziale e l’elemento finale di due parole, più raramente di tre: diversabile (diversamente abile); grammabolario (grammatica vocabolario), nipogino (nipote cugino). I tamponamenti si prestano bene a designare ibridi di piante o animali: pecapra (pecora capra), shebra (Shetland zebra).

Le sigle e gli acronimi sono la giustapposizione di lettere o di sillabe iniziali di un sintagma denominativo. Le sigle sono composte da lettere compitate: AD (Amministratore Delegato), CCS (Contratto di Convivenza Sociale); gli acronimi sono formati da sillabe (parole grammaticali escluse): CERES (Centre d’Études et de Recherches Socialistes); tuttavia, le due formule possono anche combinarsi tra loro: CD-Rom (Compact Disc Read only memory). Possono anche includere dei numeri: per fare un esempio, in francese IN2P3 (Institut National de Physique Nucléaire et de Physique des Particules).

Queste forme abbreviate facilitano l’uso di denominazioni complesse: ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), COAVISOC (Commissione d’Appello per la Vigilanza e il controllo delle Società di Calcio professionistiche). Se necessario, alcuni aggiustamenti ne facilitano la pronuncia: radar (Radio Detecting And Ranging); GRADIT (Grande Dizionario Italiano dell’Uso), Mose (Modulo Sperimentale Elettronico). Talvolta la forma omonima o paronomica ne facilita la memorizzazione: SAGITTAIRE (Système Automatique de Gestion Intégrée par Télétransmission de Transaction avec Implantation des Règlements Étrangers); TARGET (Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer). Sigle e acronimi sono spesso presenti nelle nomenclature tecnico-scientifiche: FIVET (Fertilization In Vitro and Embryo Transfer, fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione), ECU (European Currency Unit), anche a rischio di eventuali equivoci in alcuni contesti: in franc. IVG (Interruption Volontaire de Grossesse, ‘interruzione volontaria di gravidanza’, oppure Insuffisance Ventriculaire Gauche, ‘insufficienza ventricolare sinistra’).

La derivazione da sigle e acronimi testimonia la loro lessicalizzazione (fivetteria, pacsato) e, al contrario, la loro deacronimizzazione ne fa delle denominazioni comuni (come nel caso di essemmesse < SMS < Short Message Service; digi < DG < Direttore Generale; diesse < DS < Direttore sportivo; Esse Bì < SB < Silvio Berlusconi).

La creazione ex nihilo, quella in cui forma e significato non hanno relazioni etimologiche con unità lessicali già esistenti, è rara, tranne che per i marchionimi o nomi propri nel settore del commercio e della pubblicità. Questo tipo di neologia sfrutta anche le combinazioni fonologiche di onomatopee, rumori naturali o versi di animali. L’esempio italiano di pat-pat (pacca sulla spalla) non ha equivalenti, e il procedimento è poco usato al di fuori dei linguaggi tecnici (bip-bip) e dei fumetti.

La norma e l’uso limitano le possibilità di formazione di parole offerte dal sistema morfosintattico. A partire da un numero finito di basi lessicali e di elementi formanti, e seguendo i modelli della lessicogenesi (applicazione delle regole morfosemantiche), la lingua potrebbe produrre un gran numero di neologismi ma, senza la necessaria approvazione che si riscontra nell’uso, essi restano virtuali e al margine dei dizionari. I repertori recenti maggiormente basati su criteri linguistici offrono tuttavia contributi sugli elementi formanti più produttivi per aiutare la comprensione, o eventualmente, la creazione di neologismi.

2) La neologia semantica (neosemia, termine utilizzato da T. De Mauro).

Meno produttiva della neologia formale (1/5 del francese contemporaneo), questo tipo di neologia carica di nuovi significati le forme esistenti seguendo sue proprie matrici. Trasforma le unità monosemiche (quelle che hanno un solo significato) in parole polisemiche, creando sia omonimie sia nuove accezioni: per es., in franc. défiler = 1. défaire ‘disfare’, 2. marcher en file ‘sfilare’; fortune = 1. chance ‘sorte’, 2. richesse ‘ricchezza’; bureau = 1. tapis de table ‘copritavolo’, 2. table de travail ‘scrivania’, 3. cabinet de travail ‘studio’, 4. lieu de travail ‘ufficio’, 5. établissement ‘ufficio’, 6. ensemble du personnel ‘ufficio’, 7. comité directeur ‘consiglio, commissione’. L’analisi di questi cambiamenti è talvolta difficile da datare, poiché la relazione tra i percorsi delle cose e quelli delle parole non è sempre percepibile.

Meglio conosciuti nella retorica classica come figure di parole, i principali tipi di neologia semantica sono sempre fecondi. Le metafore, immagini riprese per somiglianza, sono frequenti nei settori di attualità (audiovisivi, sport, medicina, droga, informatica, politica ecc.): campana (contenitore per i rifiuti di forma simile a una campana), campo (in fisica, oftalmologia, linguistica), gamba (componente partitica di una coalizione politica), scala (struttura architettonica, scala sismica, scala armonica o melodica, scala metrica, scala termometrica). Così anche le metonimie, termini uniti da una relazione necessaria (cavallino, la casa Ferrari; Eurotower, la Banca centrale europea); le iperboli (battaglia di dizionari, guerra commerciale); gli eufemismi e le attenuazioni (informatore medico, rappresentante di prodotti farmaceutici; operatore ecologico, spazzino); le estensioni di significato (in franc. fragiliser, indebolire; frileux, indeciso; phagocyter, assorbire; écrémage, scelta degli elementi migliori); le immagini (in franc. serpent monétaire, serpente monetario; laisser sur le bord de la route, abbandonare); le antonomasie (Calimero, chi è ingiustamente oggetto di scarsa considerazione; Cavaliere, Berlusconi < Cavaliere del Lavoro); le restrizioni o specializzazioni ellittiche (in franc. pilule, pillola anticoncezionale; portable, telefono cellulare).

3) I prestiti e i calchi.

A dispetto di un’etichetta comune, lo statuto dei prestiti varia secondo la loro natura (prestiti lessicali o di parola / prestiti referenziali o di cose), la loro origine, il loro adattamento e il loro attecchimento nella lingua che li riceve. In base alla loro utilità e alla loro frequenza d’uso, si distinguono i prestiti necessari, o difficilmente sostituibili (break, flash, marketing, raid, top secret, trader dall’angloamericano; duende, parrillada dallo spagnolo); i prestiti utili (dégriffé, velotaxi dal francese; skipper, pop art, coach dall’inglese) e i prestiti di lusso denominati anche prestiti superflui (abstract, all inclusive, back-up, brochure, hardware, help line, pace-maker, prime time, remote sensing, reprint) per i quali esistono equivalenti sostitutivi.

I peregrinismi o parole di relazione (occasionalismi), per es. whistleblower, sono parole straniere inserite nei discorsi come citazioni, e che, come indica il loro nome, non fanno che passare in alcuni enunciati. Gli xenismi (forestierismi) indicano realtà straniere – per es., kibbutz – oppure importate – per es., bookshop, happy hour, game show – e mantengono le loro caratteristiche originarie (forma, grafia, pronuncia, contenuto semantico). I prestiti propriamente detti sono parole di un sistema linguistico differente la cui forma, e spesso il significato, sono stati più o meno adattati nella lingua che li riceve: ecotecnologia < ecotechnol­ogy; performare < to perform, presi dall’inglese; altermondialista < altermondialiste; messinscena < mise en scène, presi dal francese. In questo modo, ‘naturalizzati’ e usati da numerosi parlanti, essi cessano molto presto di essere neologismi.

I prestiti semantici sono formati mediante traduzione o trasferimento di significato da una parola straniera a una parola o a un’espressione della lingua che li riceve: navigare (anche in informatica). Le similitudini formali che li facilitano possono essere anche fonte di ambiguità o di errori: versatile (fig. indeciso, incerto) < amer. (duttile, docile); realizzare (prendere coscienza di) < ingl. to realise; controllare (dominare) < ingl. to control.

I calchi traduzione esprimono il significato di una parola straniera riproducendone il suo modello formale: carta velina < franc. papier vélin; finanza creativa < amer. creative finance; etaismo < amer. ageism; politicamente corretto < amer. politically correct. Questo accade anche per gli insiemi fraseologici: patto civile di solidarietà < franc. pacte civil de solidarité. I calchi traduzione sono diversi dai prestiti referenziali che a loro volta riconcettualizzano il significato di origine con una forma differente: elaboratore, franc. ordinateur < amer. computer.

La neologia per prestiti ha contribuito allo sviluppo di tutte le lingue europee. In Francia, il bilinguismo degli eruditi, unito al prestigio delle lingue antiche, ha segnato il vocabolario tecnico e ha favorito l’impianto di coppie eterogenee, come, per es., école ‘scuola’ / scolaire ‘scolastico’; lettre ‘lettera’ / littéral ‘letterale’; jeu ‘gioco’ / ludique ‘ludico’; champignon ‘fungo’ / fongicide (lat.) ‘fungicida’ / mycologie (gr.) ‘micologia’. Allo stesso modo, la presenza presso la corte francese di un’importante colonia italofona e ispanofona agli inizi del 17° secolo ha decisamente segnato, per un certo periodo, il parlare alla moda.

È dalle lingue dei Paesi con i quali si entra in contatto, o la cui cultura, economia e forza militare sono dominanti, che le lingue mutuano i prestiti più significativi. Dalla metà del 20° sec., la superiorità tecnico-scientifica degli Stati Uniti e la loro cultura hanno rappresentato un punto di riferimento per i giovani, e ciò si riflette nella quantità imponente dei prestiti, al punto da formare sistemi lessicali ibridi come il franglais (francese e inglese) o l’italiaricano ‘italiano e americano’ (scannerizzare, softwerizzare, lowcostismo, annuncio choc). Fatta eccezione per i termini che si riferiscono a precisi avvenimenti di Paesi coinvolti (glasnost´, Intifāda, perestrojka), anche percentuali minime tratte da altre lingue hanno spesso transitato dall’inglese, per es. ombudsman < svedese; kitsch < tedesco; macho < spagnolo.

Neologia e società

L’esplosione della neologia nel 20° sec. non è stata priva di conseguenze. Nei Paesi latini che si trovano in condizioni sociali, economiche e culturali più o meno equivalenti, la situazione della neologia è assai simile, a meno di alcune differenze storico-culturali. Così, gli italiani colti hanno reagito meno vivacemente dei francesi all’‘insicurezza linguistica’ e, malgrado le riluttanze dell’Accademia della Crusca, accettano più volentieri che i prestiti angloamericani assicurino l’arricchimento necessario della lingua. In Francia, e anche in Spagna, l’atteggiamento tollerante dei linguisti è stato molto spesso tacciato di lassismo. I dibattiti sul ‘franglais’, sull’‘italianese’ o sullo ‘spanglish’ denotano alcune esitazioni nell’apprezzamento della neologia e testimoniano una certa incomprensione dei suoi apporti positivi come manifestazione essenziale della vitalità della lingua.

Per giustificare la portata sociale degli studi riguardanti la neologia, è necessario ricordare alcuni importanti argomenti appartenenti a tre ordini: ideologico, lessicografico e tecnologico.

Gli argomenti ideologici si basano sul ruolo della neologia per la costruzione dell’immagine della lingua e per la preservazione delle qualità che la società le attribuisce. Nelle varie epoche, i principali obiettivi evidenziati sono stati:

– assicurare l’omogeneità della lingua e garantirne l’unità, sostituendo i prestiti allogeni con formazioni endogene. In Francia ne sono testimonianza le lotte condotte contro i calchi dei latinizzatori nel 13° sec., contro gli italianismi durante il Rinascimento, contro i regionalismi nel Sei e Settecento, o contro gli anglicismi nel Novecento. Alcune posizioni estreme, in favore di una francesizzazione totale, hanno anche permesso di parlare di neologia nazionalista. In Italia, in una situazione linguistica diversa, è l’Accademia della Crusca che dal Settecento ha assunto questo ruolo. Essa ha moderato gli eccessi del fiorentinismo letterario e si è aperta alla lingua d’uso, a quella delle arti e delle scienze, e ai prestiti provenienti da culture vicine. Se nell’Ottocento un’influenza straniera talvolta eccessiva – in particolare francese – ha risvegliato l’opposizione purista di alcuni intellettuali, altri si sono invece mostrati più tolleranti verso la neologia. Questi movimenti si sono associati agli sforzi per l’unificazione linguistica della penisola attraverso la promozione di una lingua nazionale. Attualmente, con la collaborazione di altri specialisti di grande valore, è sempre l’Accademia della Crusca che veglia sul consolidamento dell’omogeneità dell’italiano contemporaneo contro la moda degli americanismi (ne sono testimonianza le domande-risposte pubblicate nel periodico «La Crusca per voi», che si rivolge a un largo pubblico);

– contribuire alla ricchezza della lingua (in contraddizione talvolta con l’opinione precedente), dotarla di strumenti che le permettano di esprimere i progressi del mondo delle idee, e dare ai settori chiave della modernità il vocabolario necessario al loro sviluppo. In tal modo, una lingua universale non sarebbe soltanto una lingua utilizzata in tutte le regioni del globo, ma anche una lingua capace di esprimere l’insieme dei concetti e delle conoscenze (nel senso di dizionario universale).

Se alcuni dati ufficiali stimano intorno a 3000 il numero annuale di neoformazioni registrate in una lingua di cultura, i sondaggi realizzati per l’insieme delle terminologie specialistiche raggiungono oggi cifre dieci volte superiori. Per soddisfare tali necessità, alcuni specialisti hanno valutato che la neologia dovrebbe disporre di formanti lessicali supplementari, per es. di parole-capostipiti (mots-ancêtres; cfr. A. Sauvageot, Portrait du vocabulaire français, 1964), forme madri non utilizzate nel lessico e destinate a completare le basi di derivazione esistenti;

– assicurare la libertà della lingua. Si è riservato agli scrittori un ruolo privilegiato che è opportuno temperare. Se Victor Hugo si vantava di «aver messo un berretto rosso al dizionario» (Les contemplations, 1856, 1° vol., 51), egli non acconsentiva all’innovazione lessicale, tranne nel caso in cui «la parola è plasmata artisticamente, […] se risponde a una necessità precisa che sopraggiunge nel momento in cui si scrive in prosa o in poesia». Egli la condannava «se la parola si apparenta al neologismo, a una parola nuova nata dalla fantasia verbale e dunque superflua, futile, inutile» (prefazione a Littérature et philosophie mêlées, 1834, cit. in L’innovation lexicale, éd. J.-F. Sablayrolles, 2003, p. 173). Al contrario, altri hanno sostenuto la causa delle parole selvagge o delle parole di zolfo, anche se rimangono hapax. Anche le creazioni effimere contribuiscono alla dinamica della lingua, e tutte le parole nuove, anche contestabili, rinforzano la sua attitudine alla sopravvivenza.

Tra gli argomenti linguistici conviene distinguere le applicazioni lessicologiche e i trattamenti lessicografici o dizionaristici.

La lessicologia diacronica ha contribuito a determinare fenomeni importanti, e spesso non vistosi, che segnano la storia delle culture e delle mentalità. I neologismi e i loro contesti forniscono alle ricerche sociostoriche una documentazione difficilmente sostituibile. Alcuni studi sviluppati nell’Istituto per il lessico intellettuale europeo e la storia delle idee del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ne costituiscono esempi degni di rilievo.

L’interesse per la neologia semantica, che ha accompagnato lo sviluppo della lessicologia sociostorica, riattivata in Francia alla fine degli anni Quaranta del 20° sec da filologi moderni, come Georges Matoré, Algirdas J. Greimas, Bernard Quemada o Peter Wexler, formati da Jean Dubois e Louis Guilbert, ha mostrato l’importanza della neologia per chiarire la storia delle idee e delle cose a partire dai movimenti del vocabolario. Alcuni neologismi parole testimoni hanno permesso loro la costruzione di strutture o ontologie lessicosemantiche da cui sono derivate le parole chiave, rivelatrici di fenomeni socioeconomici e socioculturali importanti.

Le applicazioni lessicografiche e quelle dizionaristiche conferiscono un’attualità permanente alle problematiche della neologia.

Dal 18° sec., la presenza di parole nuove nei dizionari generali costituisce un argomento d’immagine, dunque di vendita, e comporta un accrescimento regolare delle nomenclature, in particolare per i repertori universali. A seguito dei grandi dizionari bilingui, i monolingui hanno evidenziato il numero di neologismi registrati per definirsi completi e aggiornati, ambizioni difficili da soddisfare se si tiene conto dei limiti imposti dallo spazio tipografico. E ciò di fronte a una produzione in continua crescita di repertori specializzati come, per es., in Francia il Dictionnaire de mots nouveaux des sciences et des techniques 1982-2003 (2005) di Colette Murcia, o in Italia Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio 1998-2003 (2003) di Giovanni Adamo e Valeria Della Valle e Il Vocabolario Treccani. Neologismi. Parole nuove dai giornali (2008), o in Spagna il Nuevo diccionario de voces de uso actual (2003) di Manuel Alvar Ezquerra e così via.

La dizionaristica informatizzata ha modificato la prassi tradizionale nei confronti della neologia. Le opere di consultazione a stampa possono essere riviste e ripubblicate molto più spesso e, nelle nuove edizioni, ogni ristampa è accompagnata da una lista di entrate che sono state aggiunte o eliminate rispetto all’edizione precedente. Questi aggiornamenti permettono di rendere meglio conto della lessicalizzazione dei neologismi, ma sono comunque limitati dallo spazio disponibile e accade anche che alcune aggiunte possano perfino comparire in una sola edizione. Tutte queste difficoltà sono state superate dalle edizioni digitali (su CD-Rom o DVD) e dai cyberdizionari consultabili in Internet. Rimangono, tuttavia, alcune domande sulla rappresentatività dei neologismi, sulle procedure di inventariazione e di verifica, oltre che sulla valutazione della loro diffusione nei diversi registri e nei linguaggi settoriali.

Il lavoro più consistente si colloca a livello lessicografico, e in particolare nella fase di raccolta e selezione dei neologismi, a monte della loro registrazione nei dizionari. Quest’attività se ne distingue solo per il fatto di non essere finalizzata alla redazione di un dizionario. Il suo compito è quello di inventariare le unità denominative, di identificarle, di descriverle e di costituirne archivi aperti simili a quelli degli organismi che mantengono aggiornata la documentazione terminologica. A questa attività competono la ricerca delle parole nuove e l’osservazione della loro diffusione, della loro circolazione e del loro attecchimento nell’uso. Spesso è a partire da un’osservazione neologica informatizzata, affidata ai rilevatori di neologismi, che è possibile inventariare le candidate parole nascenti. Ancor prima di registrare i dati presi in considerazione in una banca dati di neologismi, come fanno i grandi editori di dizionari, la loro fondatezza viene controllata facendo riferimento a un corpus di esclusione rappresentativo. Con la prima attestazione vengono annotati i dati linguistici e quelli extralinguistici che consentono di analizzare la formazione di una parola, il suo valore semantico e le diverse occorrenze significative che tracciano le tappe della sua diffusione e della sua lessicalizzazione. L’esplorazione dei corpora disponibili sul web fornisce anche preziose informazioni complementari.

I dizionari a stampa non danno, infatti, che un’immagine parziale della nomenclatura neologica, con evidente rammarico dei traduttori, per i quali ogni neologismo, anche non diffuso, può rappresentare un equivalente prezioso di espressioni che devono tradurre. I repertori informatizzati, virtualmente illimitati, sono i testimoni della vitalità, della varietà e della produttività degli elementi formanti e dei loro modelli. A monte dell’attività di compilazione dei dizionari, la lessicografia, così come le scienze della vita, deve interessarsi a tutte le creazioni che si producono nel discorso, anche a quelle meno conformi ai modelli regolari, tant’è vero che la teratologia lessicale (vale a dire lo studio delle malformazioni riscontrate nelle unità lessicali) risulta indispensabile per conoscere i meccanismi neologici delle neoformazioni destinate a rimanere nell’uso così come di quelle più effimere, di modo che il lavoro dei dizionaristi dovrà integrare in misura sempre crescente quello dei lessicografi neologisti. E capovolgendo la situazione, come accade abitualmente nella storia, le lacune dei repertori cosiddetti completi dovranno essere ricercate nel versante delle parole del passato.

Gli argomenti tecnologici riguardano gli aspetti più direttamente politico-economici, che danno alla neologia una dimensione strategica.

È ormai ampiamente riconosciuta l’utilità di inventari estensivi della neologia e dei neologismi per le industrie della lingua. Considerati come ‘risorse linguistiche’, i dati relativi ai neologismi tecnici (neonimi) si rivelano indispensabili come contributo ai trattamenti automatici, tanto che l’aggiornamento permanente dei dizionari di macchina e delle basi di dati presuppone che ciascuno possieda una sua banca di neologismi in grado di far fronte alle variazioni del lessico proprie di un settore oppure di un determinato gruppo di specializzazioni.

È necessario inoltre aggiungere la neologia di prospettiva. Alcuni algoritmi informatici consentono di creare neologismi virtuali con la funzione di rendere disponibile una provvista denominativa, in modo tale da compilare in anticipo le liste dei neologismi disponibili. Si tratta, essenzialmente, di forme derivate e composte destinate a completare le basi lessicali utilizzate dagli analizzatori di testi e fondate sul riconoscimento delle parole.

A partire dal medesimo principio, vi sono laboratori di comunicazione specializzati in cui vengono creati neologismi utilitari (prefabbricati o a richiesta) destinati all’uso commerciale e industriale, in tutti i settori, dai profumi alle automobili. La loro proprietà è assicurata nello stesso modo dei marchionimi e di altre denominazioni legalmente depositate.

Dimensioni internazionali

Nelle nostre società, presso le quali il ruolo delle lingue è diventato sempre più importante, il multilinguismo deve essere salvaguardato, per preservarne la diversità, autentico patrimonio comune. Ma bisogna anche che tutte le lingue siano adatte a creare forme nuove per soddisfare le necessità espressive e denominative. Senza i vocabolari adeguati, gli europei non potrebbero né pensare la modernità, né innovare nella loro lingua. L’uso di parole prese in prestito accresce il lessico della lingua e costituisce un fenomeno normale, che però cessa di esserlo quando diviene troppo frequente o sostituisce troppo spesso le risorse proprie del sistema linguistico. Limitata alle discipline di punta, la neologia è nelle mani dei neologizzatori (o, secondo il termine utilizzato da Bruno Migliorini, onomaturghi), innovatori o linguisti, che hanno spesso abbandonato l’uso scritto (e talvolta anche orale) della loro lingua a vantaggio quasi esclusivo dell’inglese. L’esuberante creatività lessicale dei mezzi d’informazione non è in grado di mascherare il disordine e talvolta l’insufficienza che colpiscono alcuni livelli terminologici avanzati, mettendo così in pericolo il plurilinguismo europeo.

Di fronte alla tendenza all’unilinguismo e alla quantità di prestiti angloamericani, conseguenti alla globalizzazione, e di fronte all’impotenza dimostrata dagli strumenti legislativi o accademici (che hanno come unica arma il dizionario), le lingue neolatine, le cui strutture ereditarie sono molto vicine tra loro, hanno deciso di cooperare. Da alcuni decenni sono state coordinate diverse iniziative che hanno il fine di comparare e condividere le loro esperienze. L’Unione latina, organismo internazionale fondato nel 1954 e legato alla vitalità e alla qualità di queste lingue, sostiene i loro lavori con la partecipazione di accademie, università e amministrazioni nazionali. Essa le aiuta in particolare a cooperare in quelle strutture il cui programma «favorisce la creazione e la diffusione di neologismi di buona qualità nell’insieme delle lingue romanze» e «aiuta l’unificazione delle terminologie scientifiche e tecniche nei diversi Paesi», mettendo a punto processi di creazione paralleli o comunque similari. Successivamente alla Rete panlatina di terminologia (Realiter) e al Réseau international de néologie et de terminologie (RINT) – quest’ultimo per lo più francofono –, la rete Neorom, costituita da qualche anno, coordina i contatti e gli scambi tra i diversi osservatori di neologia: Observatori de neologia (ObNeo, Università Pompeu Fabra, Barcellona); Observatorio de neoloxía (Università di Vigo); Osservatorio neologico della lingua italiana (ONLI, Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee [ILIESI]-CNR, Roma); Observatoire de néologie du français de France (ONeoFran, Università Paris-VII); Observatório de neologismos do português contemporâneo do Brasil (Università di São Paulo); Observatório de neologia do Português (ONP, Instituto de linguística teórica e computacional [ILTEC], Lisbona); Observatoire de néologie du français du Québec (Università Laval e Office québécois de la langue française); Observatoire de néologie du français de Belgique (Istituto Marie Haps, Bruxelles); Observatorul neologic român (ONeRom, Istituto di linguistica Iorgu Iordan, Bucarest). Senza tentare di effettuare previsioni a lunga scadenza, è già ora possibile apprezzare in modo positivo i primi risultati conseguiti. Le esigenze che spingevano all’unificazione dei concetti e dei termini si sono progressivamente attenuate e si prende ormai in maggiore considerazione la variazione socioterminologica; inoltre, allo scopo di favorire l’intercomprensione, si ammette che l’armonizzazione terminologica conduca a preferire un termine rispetto a un altro o a riconoscere ufficialmente le relazioni di equivalenza.

Eccezion fatta per gli usi estremi o patologici della creatività lessicale, si riscontra al riguardo una sensibile diminuzione degli atteggiamenti ostili e dei pregiudizi, grazie all’influenza congiunta di una flessione della sensibilità normativa nella nostra società – in cui l’oralità occupa un posto predominante – e di un’accettazione consensuale della diversità in tutti i suoi diversi aspetti. Vengono inoltre riconosciute le finalità multiple della neologia, che rappresentano gli elementi di punta della dinamica delle lingue. La neologia accompagna le innovazioni in tutti i settori della vita sociale, economica, culturale o scientifica, permettendo in tal modo a ogni lingua di essere, in senso proprio, una lingua viva.

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