La responsabilità degli intermediari finanziari

Il Libro dell'anno del Diritto 2016

La responsabilità degli intermediari finanziari

Marco Rossetti

Anche nel 2012 il legislatore comunitario, quello nazionale e le autorità di controllo del settore finanziario hanno diramato un profluvio di norme destinate a disciplinare l’attività finanziaria (in senso ampio), sotto molteplici aspetti: dall’attività di vigilanza (nella quale spicca la soppressione dell’Isvap) al contenuto dei contratti; dalla disciplina di nuove regole sull’informazione precontrattuale al divieto di abbinamento “forzoso” tra mutui e polizze di assicurazione. Tuttavia è lecito quanto meno dubitare che questa bulimia legislativa sia effettivamente in grado di sortire l’effetto desiderato, e cioè il rafforzamento della tutela del consumatore-risparmiatore.

La ricognizione

Sono numerose le novità legislative in materia di attività finanziaria in senso ampio. Esse riguardano, in particolare, l’attività di vigilanza, il contenuto dei contratti, la disciplina di nuove regole sull’informazione precontrattuale nonché il divieto di abbinamento “forzoso” tra mutui e polizze di assicurazione.

1.1 Le novità concernenti la vigilanza

Sulle autorità di vigilanza del settore finanziario il legislatore è intervenuto in due direzioni: da un lato (dando attuazione alle prescrizioni del diritto comunitario), favorendo l’integrazione tra le autorità di vigilanza nazionali e quelle comunitarie; dall’altro, sopprimendo l’Isvap.

Per quanto concerne il primo punto, il d.lgs. 30.7.2012, n. 1301 ha modificato sia il testo unico bancario, sia quello sull’intermediazione finanziaria, sia il codice delle assicurazioni, in modo da assicurare una più stretta collaborazione tra Banca d’Italia, Consob ed Isvap (oggi Ivass) da un lato, ed il “Sistema europeo di vigilanza finanziaria” (Sevif) dall’altro.

Il Sevif è un pool di autorità europee di vigilanza sul sistema finanziario, introdotto dai reg. UE n. 1093/2010, n. 1094/2010 e n. 1095/2010, composto dall’Autorità bancaria europea (Abe), dall’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (Aeap), dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Aesfem), dal Comitato congiunto delle Autorità europee di vigilanza, e dal Comitato europeo per il rischio sistemico (Cers).

Quanto al secondo punto, l’art. 13 d.l. 6.7.2012 n. 95 (convertito, con modificazioni, dalla l. 7.8.2012, n. 135, recante Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini - cd. “Spending review”) ha introdotto varie novità in materia di vigilanza sugli organi preposti alla vigilanza in materia assicurativa, e sui contenuti di questa.

La più rilevante di tali novità, contenuta nell’art. 13, co. 1, d.l. n. 95/20122 è la soppressione dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private (Isvap), le cui competenze sono state devolute al neocostituito Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (Ivass).

All’Ivass sono state attribuite tutte le funzioni già devolute all’Isvap, meno alcune, e precisamente:

a) le tenuta e la gestione del ruolo dei periti assicurativi, trasferita alla Consap s.p.a. (art. 13, co. 35, d.l. n. 95/2012);

b) la gestione del Centro di informazione previsto dagli artt. 154 e 155 c. assicurazioni (avente la funzione di fornitore indicazioni alle vittime italiane di sinistri avvenuti in altri Paesi dell’UE), trasferita anch’essa alla Consap s.p.a.;

c) la tenuta e la gestione del registro unico degli intermediari assicurativi e la vigilanza sugli stessi, trasferita ad un apposito ente, che avrà personalità giuridica e dovrà essere costituito con un futuro regolamento amministrativo ed «ordinato in forma di associazione», a sua volta soggetto alla vigilanza dell’Ivass.

1.2 Novità concernenti le trattative e la stipula dei contratti

È noto come gli intermediari bancari, finanziari ed assicurativi abbiano molteplici obblighi nei confronti dei clienti nel corso delle trattative: in particolare quelli di informazione, correttezza, trasparenza, adeguatezza. Anche nel 2012 il legislatore comunitario e quello nazionale non hanno mancato di intervenire sul contenuto dell’obbligo di informazione, infoltendo ulteriormente un quadro normativo già in precedenza molto articolato.

Sul piano del diritto comunitario, va ricordato il reg. UE n. 648/2012 in materia di strumenti derivati OTC, controparti centrali e repertori di dati sulle negoziazioni. Questo regolamento persegue lo scopo di garantire maggiore trasparenza ai risparmiatori nelle contrattazione aventi ad oggetto gli strumenti finanziari derivati negoziati fuori borsa (cd. «contratti derivati OTC»), introducendo l’obbligo di compensare tali contratti mediante una controparte centrale (cd. “CCP”) e segnalati a repertori di dati sulle negoziazioni. Per la realizzazione di tali fini, il suddetto regolamento ha previsto tra l’altro all’art. 39, co. 5-7, l’obbligo per le imprese «partecipanti dirette» ad una CCP (ovvero quelle che assumono la responsabilità di adempiere le obbligazioni finanziarie derivanti dalla partecipazione) di tenere sperate le attività proprie da quelle detenute per conto dei propri clienti (cd. “segregazione”), e di informare questi ultimi per iscritto sui vari livelli di protezione associati a ciascuna forma di segregazione.

Novità in tema di informazione precontrattuale sono state altresì introdotte dal reg.UE n. 486/2012, il quale ha modificato il precedente reg. CE n. 809/2004, in tema di obblighi informativi precontrattuali gravanti sull’organismo emittente uno strumento finanziario.

Per completare su questo punto il quadro del diritto comunitario, è doveroso ricordare che il 1.7.2012 è scaduto il termine stabilito dall’art. 3 della dir. 2010/73/UE (recante «modifica delle direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato»), senza che essa sia stata attuata. L’attuazione di tale direttiva è stata infatti delegata al Governo dall’art. 7 l. 15.12.2011, n. 217 (legge comunitaria 2011), con termine inutilmente scaduto il 17.8.2012 (art. 24, co. 2, l. n. 217/2011).

Novità sugli obblighi informativi precontrattuali sono state introdotte poi dal legislatore nazionale, sia con fonti di rango primario, sia con fonti regolamentari.

Quanto alle prime, vanno ricordati gli artt. 98 ter e 98 quater d.lgs. 24.2.1998 n. 58, introdotti dal d.lgs. 16.4.2012 n. 47, i quali hanno dettato nuove norme in tema di obblighi informativi precontrattuali nel caso di offerta al pubblico di quote o azioni di Oicr aperti italiani o comunitari non armonizzati ed extracomunitari, delegando la Consob ad emanare il relativo regolamento di attuazione. Tale delega è stata attuata dalla Consob con la del. 9.5.2012 n. 18210, la quale ha novellato il cd. “Regolamento Intermediari” (del. Consob 29.10.2007 n. 16190), la quale ha dettato agli artt. 65 e ss. nuove norme di comportamento e di informazione precontrattuale per le società di gestione collettiva del risparmio e le Sicav, in particolare in materia di esecuzione di ordini per conto di Oicr.

Quanto alle fonti regolamentari, oltre la delibera Consob appena ricordata, nuovi obblighi di condotta precontrattuale a carico degli intermediari finanziari sono stati inseriti dall’Atto congiunto Consob-Banca d’Italia del 25.7.2012, col quale è stato introdotto l’art. 14 bis del regolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio, adottato dalla Banca d’Italia e dalla Consob con provvedimento del 29.10.2007.

Tra le norme che hanno introdotto obblighi e divieti a carico degli intermediari finanziari nella fase delle trattative e della stipula va poi ricordata la modifica dell’art. 21, co. 3-bis, c. cons., dall’art. 36 bis d.l. 6.12.2011, n. 201 (cd. “Crescitalia”), convertito, con modificazioni, nella l. 22.12.2011, n. 214, il quale ha espressamente qualificato come scorretta la pratica commerciale della banca che, al fine di erogare un mutuo, obblighi il cliente alla stipula di una polizza assicurativa “erogata” (sic) dalla banca medesima. La banca resta libera di subordinare l’erogazione del mutuo alla stipula di un contratto di assicurazione sulla vita da parte del mutuatario, ma in questo caso il cliente «è libero di scegliere sul mercato la polizza sulla vita più conveniente che la banca è obbligata ad accettare senza variare le condizioni offerte per l’erogazione del mutuo» (art. 28 d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito in l. 24.3.2012, n. 27)3.

Per garantire, poi, una piena confrontabilità tra le polizze offerte da varie compagnie di assicurazione, l’Isvap – a ciò delegato dal citato art. 28 d.l. n. 1/12 – ha stabilito con regolamento quale debba essere il contenuto minimo delle polizze vita concluse in occasione della stipula di mutui immobiliari (Reg. Isvap 3.5.2012, n. 40).

La suddetta disciplina non si applica ai contratti di assicurazione stipulati in abbinamento a qualsiasi tipo di mutuo, ma solo a quelli stipulati in abbinamento a contratti di mutuo immobiliare e finanziamenti del credito al consumo. Sicché – ad esempio – il mutuo stipulato dall’imprenditore per ricapitalizzare la propria impresa non rientrerebbe nella previsione dell’art. 28 d.l. n.1/2012.

L’abbinamento tra contratto di mutuo (in questo caso di qualsiasi tipo, e non solo immobiliare) e contratto di assicurazione, tuttavia, è oggi qualificato espressamente come “condotta commerciale scorretta” dall’art. 21, co. 3 bis, c. cons. Stabilisce tale norma, in particolare, che «è considerata scorretta la pratica commerciale di una banca ... che, ai fini della stipula di un contratto di mutuo, obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca».

1.3 Qualità soggettiva degli intermediari e dei preponenti

Le novità del 2012 sotto questo aspetto hanno riguardato le società di consulenza finanziaria, gli istituti di moneta elettronica, i fondi d’investimento. Quanto alle prime, il decreto Ministero economia e finanze 5.6.2012 n. 66 (recante Regolamento di disciplina dei requisiti patrimoniali e di indipendenza delle società di consulenza finanziaria, nonché dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali delle società di consulenza finanziaria) ha dato attuazione all’art. 18 ter, co. 1, t.u.f. dettando i requisiti soggettivi che debbono essere posseduti dagli “esponenti aziendali” delle società di consulenza finanziaria per potere ottenere l’iscrizione nell’albo dei consulenti finanziari, di cui all’art. 18 bis, co. 2, t.u.f.

Quanto agli istituti di moneta elettronica, ad essi è stato consentito lo svolgimento dell’attività di intermediazione finanziaria dal d.lgs. 16.4.2012, n. 454, che ha modificato in tal senso il co. 2 dell’art. 106 d.lgs. 1.9.1993, n. 385.

In conseguenza di queste modifiche, la Banca d’Italia ha aggiornato e ripubblicato due importanti regolamenti:

a) il regolamento concernente la trasparenza nei rapporti tra intermediari e clienti, per adeguarlo alle nuove previsioni concernenti i soggetti abilitati all’emissione di moneta elettronica (provv. Banca d’Italia 20.6.2012, in GU, 30.6.2012, n. 1515);

b) il regolamento concernente la vigilanza sugli istituti di pagamento e gli istituti di moneta elettronica (provv. Banca d’Italia 20.6.2012, in GU - Suppl. ord. n. 149, 16.7.2012, n. 164).

In materia di fondi d’investimento, infine, il d. lgs. 16.4.2012, n. 47 ha dato attuazione alla direttiva 2009/65/CE6, modificando la disciplina degli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm), e novellando in molti punti il t.u.f.

1.4 Novità concernenti la responsabilità civile dell’intermediario e del preponente

Nel 2012 si è consolidato ed ulteriormente affinato il tradizionale orientamento della giurisprudenza in tema di responsabilità dell’intermediario, con qualche significativa novità. In particolare, merita di essere segnalato come la sent. Cass., 19.7.2012, n. 12448 abbia ulteriormente slargato la responsabilità della società di intermediazione mobiliare (Sim) per il fatto illecito commesso dai propri incaricati, stabilendo che la responsabilità della prima per il fatto dei secondi ha natura oggettiva, e scaturisca dalla mera esistenza d’un nesso di «occasionalità necessaria» tra l’attività del promotore finanziario ed il danno, a prescindere da qualsiasi indagine sullo stato soggettivo di dolo o colpa della società preponente, ed a nulla rilevando che la condotta truffaldina del promotore abbia avuto inizio prima ancora del sorgere del rapporto di preposizione tra Sim e promotore finanziario.

Sul piano processuale, va segnalata la sent. Cass. 19.4.2012, n. 6142, la quale ha ritenuto che la dichiarazione resa dal cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento suggerito e sollecitato dalla banca (nella specie in bond argentini) e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo d’investitore, non costituisce dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo.

La focalizzazione

Le novità (normative e giurisprudenziali) descritte nei paragrafi precedenti hanno sostanzialmente confermato i risultati di un dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulle regole di condotta esigibili dall’intermediario finanziario, e di conseguenza sull’accertamento dei casi in cui sussista una sua colpa civile per inadempimento, che può dirsi ormai assestato.

Dalle fonti comunitarie, nazionali e regolamentari che disciplinano l’attività dei «soggetti abilitati», la dottrina ha tratto la sussistenza di quattro regole principali di condotta a carico dell’intermediario:

a) la “know your customer rule”, la quale esige un flusso di informazioni inverso dal cliente all’intermediario, affinché quest’ultimo possa conoscere la situazione patrimoniale del risparmiatore e la sua propensione al rischio, scegliendo di conseguenza il prodotto più adeguato;

b) la “suitability rule”, in virtù della quale l’intermediario ha l’obbligo di accertare se il prodotto finanziario richiestogli dal cliente, od a questo proposto, sia effettivamente conveniente rispetto alla sua situazione patrimoniale;

c) la “best execution rule”, in virtù della quale l’intermediario è tenuto ad attivarsi per fornire al cliente il miglior prodotto finanziario possibile;

d) la “antichurning rule” in virtù della quale l’intermediario deve astenersi dal compiere operazioni per conto del cliente che, se pur legittime individualmente considerate, eseguite in modo seriale e ripetitivo finiscono per esporre il risparmiatore a particolari rischi.

Tuttavia, se è pur vero che, in materia di servizi di gestione individuale di un portafoglio d’investimento, tra gli obblighi gravanti sul gestore, ai sensi dell’art. 24, co. 1, lett. b), t.u.f., rientra quello di attenersi alle caratteristiche della gestione pattuita col cliente, nonché di attenersi alle istruzioni da lui impartite circa le operazioni da compiere; pertanto, in difetto di una inequivoca manifestazione di volontà, si è escluso che l’intermediario debba modifichi unilateralmente la precedente linea d’investimento, né che gli si possa imputare, a fini risarcitori, di non averlo fatto (Cass., 24.5.2012, n. 8237).

Anche la riaffermata responsabilità ex art. 2049 c.c. della Sim preponente per il fatto illecito, oltre che essere un principio ormai sancito dalla legge (art. 31, co. 3, t.u.f.), è applicato dalla Corte di cassazione con particolare larghezza, a tutela del risparmiatore. In particolare, è ormai diritto vivente che l’intermediario possa essere chiamato a rispondere dei danni patiti dal risparmiatore in tre casi:

a) quando il danno sia stato causato da un dipendente od incaricato dell’intermediario;

b) quando il danno sia stato causato da persona che, senza essere dipendente dell’intermediario, era comunque incardinata – anche occasionalmente – nella sua struttura d’impresa;

c) quando il danno sia stato causato da persona che appariva, senza esserlo, un incaricato dell’intermediario, e la situazione di apparenza sia stata colpevolmente creata o tollerata da quest’ultimo.

La prima ipotesi è di applicazione generale, e comporta la responsabilità dell’intermediario quand’anche il suo incaricato abbia causato il danno con dolo (l’esempio tipico è quello dell’appropriazione delle somme consegnategli dal cliente). Né rileva che il danno sia stato arrecato nell’esercizio delle mansioni assegnate al dipendente: è infatti ritenuto sufficiente, per principio pacifico, un semplice nesso di “occasionalità necessaria” tra danno e svolgimento dell’attività lavorativa alle dipendenze dell’intermediario.

La responsabilità del preponente sussiste poi in tutti i casi in cui, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato o dal carattere di continuità dell’incarico affidato all’intermediario persona fisica, l’attività di quest’ultimo sia stata agevolata, resa possibile o tollerata dal suo inserimento nell’attività d’impresa (tipicamente: la presenza nei locali dell’intermediario, l’utilizzo della modulistica di pertinenza e la spendita del nome), e sia stata realizzata nell’ambito e coerentemente alle finalità in vista delle quali l’incarico è stato conferito, in maniera tale da far apparire al terzo in buona fede che l’attività posta in essere per la consumazione dell’illecito rientrasse nell’incarico affidato dalla banca mandante. Per effetto di questa giurisprudenza, pertanto, l’impresa preponente risponderà dell’operato anche di procacciatori d’affari, consulenti vari, e di tutta l’infinita gamma di soggetti attraverso i quali gli strumenti finanziari, di fatto, vengono offerti al pubblico cd. retail.

I profili problematici

Le novità di cui si è dato conto nei paragrafi precedenti hanno posto agli interpreti vari problemi, che le dimensioni del presente scritto non consentono di affrontare compiutamente. Tra questi, due in particolare meritano di essere segnalati.

Il primo concerne la tecnica di produzione normativa in tema di intermediazione finanziaria, e la sua qualità intrinseca. La disciplina dell’attività finanziaria infatti risulta ormai frastagliata e dispersa in norme diverse, non sempre coordinate, le quali costituiscono membra disiecta di un insieme disorganico. E questo fenomeno deve essere divenuto ben grave e diffuso, se lo stesso legislatore comunitario, al fine di garantire uniformità di disciplina dei mercati e dei servizi di intermediazione finanziaria, ha vietato agli Stati membri, con la direttiva 2006/73/CE, di «aggiungere regole vincolanti supplementari» rispetto a quelle dettate alle direttive comunitarie: divieto apparentemente rimasto senza esito.

Questo stato di cose dipende principalmente dal fatto che il legislatore (sia comunitario che nazionale) nel disciplinare i mercati, l’attività degli intermediari e le procedure a tutela del consumatore ha scelto la strada della normativa di dettaglio, minuziosa ed analitica (cd. standard rule), preferita a quella della formazione per principi (cd. principles rule). In questo modo ha sì evitato il rischio di contrasti derivanti dal soggettivismo degli interpreti, ma è incorso in altri e forse ben più gravi rischi: in particolare quello della burocratizzazione eccessiva degli adempimenti preliminari alla stipula dei contratti. Gli intermediari, infatti, dinanzi alla straordinaria messe di adempimenti formali cui sono tenuti, tendono ad adempierli sommergendo il risparmiatore di moduli da riempire e sottoscrivere (dichiarazioni di consenso all’investimento, dichiarazioni di cd. “profilazione del rischio”, dichiarazioni di rinuncia a fornire informazioni, ecc.), così trasformando il dovere di informazione, cuore dell’attività di intermediazione, in un mero passaggio di carte.

La scelta di dettare normative di dettaglio si è rivelata tanto più inefficace, quanto più il settore dei mercati finanziari è soggetto ad una perenne trasformazione ed evoluzione, il che costringe il legislatore ad “inseguire” affannosamente in mutamenti della realtà dei traffici commerciali. Ben più efficace sarebbe stata, invece, una accentuazione dei poteri di indagini e di sanzione in capo all’autorità di vigilanza, giacché inutile è moltiplicare gli adempimenti degli intermediari, se poi la loro violazione resta priva di conseguenze.

Un secondo problema riguarda il nuovo divieto per gli istituti di credito di divieto di imporre ai clienti, in occasione della stipula di contratti di mutuo, di imporre al cliente la stipula di una assicurazione sulla vita con l’impresa indicata dalla banca stessa.

Ma quid iuris se la banca mutuante rifiuti la stipula del mutuo, a fronte della richiesta del mutuatario di volere stipulare una polizza assicurativa con una compagnia diversa da quelle “suggerite” dalla banca stessa?

Poiché l’art. 28 d.l. n. 1/2012 afferma espressamente che la banca “è obbligata ad accettare” la richiesta di mutuo, deve ritenersi che la norma in esame abbia introdotto un vero e proprio obbligo di contrattare a carico della banca. In caso di violazione, pertanto, il mutuante dovrà ricorrere all’azione costitutiva di cui all’art. 2932 c.c.

Note

1 Recante «Attuazione della direttiva 2010/78/UE che modifica le direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell’Autorità bancaria europea, dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati».

2 La legge di conversione ha, invece, abrogato la norma che prevedeva la soppressione anche della Commissione di vigilanza sui fondi pensione privati (Covip).

3 Sulle tre modifiche normative appena ricordate nel testo si veda Riva, I., Polizze connesse a mutui tra regolazione Isvap e “legislazione Monti”, in Assicurazioni, 2012, I, 277.

4 Recante «Attuazione della direttiva 2009/110/CE, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE».

5 Recante «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari - Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti - Recepimento della direttiva sugli Imel».

6 «Concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm)».

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