La riforma del pubblico impiego: d.l. n. 90/2014

Libro dell'anno del Diritto 2015

La riforma del pubblico impiego: d.l. n. 90/2014

Daniela Bolognino

Il d.l. 24.6.2014, n. 90, conv. con l. 11.8.2014, n. 114, interviene (anche) sulla mobilità nel lavoro pubblico, apportando innovazioni in tema di mobilità collettiva/per eccedenza di personale, di mobilità volontaria ed introducendo nel d.lgs. n. 165/2001 la mobilità obbligatoria. Come è noto, gli istituti della mobilità collettiva, sino a questo momento pressoché inutilizzata, della mobilità volontaria, utilizzata in maniera circoscritta e spesso volta a venir incontro alle esigenze del personale piuttosto che a quelle gestionali della p.a. e la nuova forma di mobilità obbligatoria, saranno prossimamente di più ampio utilizzo, stante il profondo processo di riforma delle p.a., anche accompagnato da una riduzione degli organici. In questo saggio dunque si approfondiscono gli aspetti di novità connessi alla recente riforma del 2014 e si evidenziano le principali problematiche di carattere interpretativo, che sono idonee a riverberarsi sulla imminente fase applicativa.

La ricognizione

La mobilità d’ufficio o collettiva per eccedenze di personale è disciplinata dagli artt. 33, 34 e 34 bis del d.lgs. 30.3.2001, n. 1651; tale istituto mira al riassorbimento delle eccedenze di personale attraverso una procedura che si conclude – ove gli esuberi2 non possano essere impiegati diversamente nella medesima amministrazione o presso altre amministrazioni – con il collocamento in disponibilità per la durata massima di ventiquattro mesi, decorsi i quali il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto. Effettuiamo in questa sede la ricognizione dei caratteri essenziali dell’istituto e dell’iter che le amministrazioni sono chiamate a seguire in quanto oggi l’istituto è di particolare interesse in considerazione: a) della fase di profonda riorganizzazione delle amministrazioni centrali e locali che il Paese attraversa, accompagnata da una riduzione degli organici già avviata con le disposizioni in tema di spending review dell’art. 2, d.l. 6.7.2012, n. 95, conv. con l. 7.8.2012, n. 135, e proseguita anche con le modifiche al d.l. in questione con d.l. 31.8.2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla l. 30.10.2013, n. 101; b) delle modifiche apportate all’istituto con il d.l. 24.6.2014, n. 90, conv. con l. 11.8.2014, n. 114.

1.1 La mobilità per eccedenze di personale dopo il d.l. n. 90/2014

Come è noto, le situazioni di soprannumero3 o di eccedenze4 di personale che determinano l’applicazione dell’art. 33 ss., d.lgs. n. 165/2001 possono derivare da: a) esigenze funzionali5, laddove l’amministrazione debba procedere, sulla base della intervenuta modifica normativa, alla ridefinizione della propria missione, ridisegnandone competenze e funzioni; nel caso di ricognizione di cui all’art. 66, d.lgs. n. 165/2001 o nel caso in cui si proceda ad effettuare delle “esternalizzazioni” (ai sensi dell’art. 6 bis, d.lgs. n. 165/2001)7; b) dalla presenza di un deficit finanziario.

Si aggiungono, da ultime, le riduzioni delle dotazioni organiche delle amministrazioni centrali in base a quanto disposto dall’art. 2, d.l. n. 95/2012 e s.m.i. in tema di spending review. Dell’avvio della procedura di cui all’art. 33, d.lgs. n. 165/2001 occorre effettuare immediata comunicazione al Dipartimento della Funzione Pubblica (di seguito DFP) ed il dirigente responsabile dovrà dare l’informativa ai sindacati8 (ex art. 33, co. 4, d.lgs. n. 165/2001). Trascorsi dieci giorni dall’informativa in questione, nei casi in cui ricorrano i presupposti normativi, l’amministrazione darà avvio al pensionamento, in applicazione dell’art. 72, co. 11, d.l. 25.6.2008, n. 112, conv. con l. 6.8.2008, n. 1339 o al prepensionamento, in base a quanto stabilito dall’art. 2, co. 11, del d.l. n. 95/2012. In via subordinata l’amministrazione verificherà la possibilità di ricollocare gli ulteriori dipendenti in soprannumero o in eccedenza all’interno dell’amministrazione stessa, anche utilizzando le forme flessibili di lavoro10 o i contratti di solidarietà11.

Per il personale ancora in soprannumero si procede nell’ordine: a) con la mobilità guidata, anche intercompartimentale (ex art. 2, co. 11, lett. d), d.l. n. 95/2012; b) con la mobilità ex art. 30, d.lgs. n. 165/2001 (ossia trasferimenti presso amministrazioni all’interno della stessa regione o fuori regione con posti vacanti in organico e nei limiti della loro possibilità di assunzione, previo accordo con le stesse)12.

Da ultimo, trascorsi novanta giorni dalla comunicazione ai sindacati di cui all’art. 33, co. 4, del d.lgs. n. 165/2001, l’amministrazione dispone il collocamento in disponibilità del personale in esubero13 (art. 33, co. 7, d.lgs. n. 165/2001).

1.2 La gestione del personale in disponibilità. Novità del d.l. n. 90/2014

A tal punto, per la gestione del personale in esubero le amministrazioni devono procedere all’applicazione dell’art. 34, d.lgs. n. 165/2001 al fine di tentarne un riassorbimento. Su tale articolo è intervenuto il d.l. n. 90/2014 apportando significative innovazioni. Procedendo con ordine, ricordiamo che sia per le amministrazioni dello Stato che per le altre amministrazioni, il personale in esubero è inserito in appositi elenchi tenuti e gestiti rispettivamente dal DFP e dalle strutture regionali e provinciali di cui al d.lgs. 23.12.1997, n. 46914, e di cui, ai sensi della novella apportata dal d.l. n. 90/2014, si procede alla pubblicazione sul sito istituzionale delle amministrazioni competenti.

L’intervento del d.l. n. 90/2014 introduce al co. 4, dell’art. 34, d.lgs. n. 165/2001, una sostanziale innovazione per il pubblico impiego privatizzato, in particolare ha previsto che nei sei mesi antecedenti alla scadenza del termine di cui all’art. 33, co. 8 – che presiede alla risoluzione del rapporto di lavoro del personale in disponibilità – il personale possa presentare, alle amministrazioni centrali dello Stato ed alle altre amministrazioni, istanza di ricollocazione nell’ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area o categoria di un solo livello per ciascuna delle suddette fattispecie.

Tale innovazione, inserita in deroga all’art. 2103 c.c. ed all’art. 52, d.lgs. n. 165/2001, ha come ratio, condivisibile, la volontà del legislatore di ampliare le occasioni di ricollocazione del personale in disponibilità per evitare la risoluzione del rapporto di lavoro.

La portata innovativa della disposizione richiede però qualche riflessione sulle possibilità reali di applicazione della normativa stessa. Come è noto, infatti, prima avviare procedure di reclutamento le amministrazioni sono obbligate a due verifiche, innanzitutto ai sensi dell’art. 34, co. 6, d.lgs. n. 165/2001 come modificato dal d.l. n. 90/2014, che stabilisce che l’avvio di procedure concorsuali e le nuove assunzioni, sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato per un periodo superiore a dodici mesi, «sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco»15. Inoltre, già ai sensi dell’art. 34 bis, d.lgs. n. 165/2001, l’amministrazione che intenda procedere con delle nuove assunzioni deve comunicare ai soggetti di cui all’art. 34, co. 2 e 3 di cui sopra16, l’area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste. Solo decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione di cui sopra, possono procedere all’avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l’assegnazione di personale. Le assunzioni effettuate in violazione del presente articolo sono nulle di diritto (art. 34 bis, co. 4 e 5, d.lgs. n. 165/2001). La profonda fase di riorganizzazione delle amministrazioni centrali e locali che il Paese attraversa, accompagnata da una riduzione degli organici di cui alle disposizioni già citate in tema di spending review, fanno si che possa presumibilmente essere elevato il numero del personale in eccedenza da riassorbire. Per altro la circolare del DFP n. 5 del 2013 ricorda che gli adempimenti di cui all’art. 34 bis, d.lgs. n. 165/2001 sono obbligatori prima di avviare le procedure di reclutamento sia ordinario17, sia speciale tanto a regime18, quanto transitorio19, con esclusione delle assunzioni per le categorie protette, della deroga prevista dall’art. 1, co. 247, l. 23.12.2005, n. 266 e della deroga prevista all’art. 24, co. 4, d.l. 12.9.2013, n. 104, convertito con l. 8.11.2013, n. 128.

Rimarcano l’obbligatorietà della procedura anche gli orientamenti giurisprudenziali, che precisano che la mobilità d’ufficio «per le finalità che assolve e le esigenze che mira a soddisfare non ammette temperamenti »20. A fronte di tale quadro normativo, in virtù della innovazione introdotta all’art. 34, co. 4, d.lgs. n. 165/2001 dal d.l. n. 90/14, le amministrazioni potrebbero trovarsi ad avere una concorrenza di domande per la ricollocazione di dipendenti appartenenti alla medesima area e qualifica del posto in organico disponibile e dipendenti con «qualifica o posizione economica o area superiore». Sembra in tal caso utile, al fine di prevenire il contenzioso, precisare quale “categoria” di dipendenti, nella medesima condizione di disponibilità, abbia diritto alla precedenza, anche in considerazione del primario interesse che i dipendenti in questione hanno, ossia la conservazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle p.a. L’art. 5, co. 1, lett. b), d.l. n. 90/2014, nel modificare l’art. 34, co. 4, d.lgs. n. 165/2001 precisa inoltre che: a) la ricollocazione non può avvenire prima dei trenta giorni anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’art. 33, co. 8; b) il personale ricollocato ai sensi del periodo precedente non ha diritto all’indennità di cui all’art. 33, co. 8, e mantiene il diritto di essere successivamente ricollocato nella propria originaria qualifica e categoria di inquadramento, anche attraverso le procedure di mobilità volontaria di cui all’art. 30. Anche in tale ultimo caso, occorrerebbe comprendere se il “diritto” di cui all’articolo in questione sia da considerarsi prioritario rispetto alla posizione giuridica dei dipendenti che facciano domanda di mobilità ex art. 30, d.lgs. n. 165/2001 non provenendo però da questo “demansionamento speciale-per ricollocazione”, o se invece, permanga in capo all’amministrazione la scelta del dipendente più idoneo alle sue esigenze a fronte delle domande di trasferimento ex art. 30, d.lgs. n. 165/2001 pervenute.

Tali nodi sono certamente da sciogliere e nei prossimi mesi sarà cruciale la contrattazione collettiva, anche in virtù della disposizione normativa stabilisce che «con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possono essere stabiliti criteri generali per l’applicazione delle disposizioni di cui al quinto e al sesto periodo» (art. 34, co. 4, d.lgs. n. 165/2001, come modificato dall’art. 5, co. 1, lett. b), d.l. n. 90/14, ultimo periodo).

La focalizzazione

Il d.l. n. 90/2014 è intervenuto anche sulla mobilità volontaria, ossia sull’istituto privatistico di gestione del personale attraverso cui l’amministrazione, in funzione di privato datore di lavoro (ex art. 5, co. 2, d.lgs. n. 165/2001) ottimizza l’allocazione delle risorse umane ed al contempo contiene la spesa pubblica, coprendo i posti disponibili in organico con dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni21. Diviene dunque importante procedere alla focalizzazione delle modifiche normative apportate dal d.l. n. 90/2014 unitamente alle principali questioni interpretative consequenziali, per ora a livello teorico, ma che, anche sulla scorta della passata esperienza, in sede di applicazione normativa, vedranno certamente impegnata la giurisprudenza, del lavoro, amministrativa e contabile.

2.1 Modifiche alla mobilità volontaria: questioni interpretative

L’istituto della mobilità volontaria, pur mantenendo i suoi caratteri fondamentali, è stato modificato in maniera incisiva dal d.l. n. 90/2014; in particolare il co. 1, prima parte, dell’art. 30, d.lgs. n. 165/2001, viene riformulato, apportando delle precisazioni al testo precedente. Pur scomparendo la dizione “cessione di contratto” ed adottando la terminologia “passaggio diretto” di personale in linea con la rubrica dell’art. 30 in questione, l’istituto non sembra subire modifiche nella sua struttura principale.

Infatti, stante il contenuto della norma, che prevede che «le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all’articolo 2, co. 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell’amministrazione di appartenenza», rimangono tutti gli elementi essenziali che hanno condotto la dottrina e la giurisprudenza a qualificare tale fattispecie nell’ambito della privatistica cessione di contratto22. Rimane infatti intatto lo schema di cui all’art. 1406 c.c., per il perfezionarsi del quale è necessaria la compresenza di una triplice volontà: del lavoratore ceduto, che fa domanda; della p.a. cedente, che presta “il previo assenso” e della p.a. cessionaria. Per quest’ultima, nonostante venga meno nella nuova formulazione della normativa il riferimento espresso al «parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale (è o) sarà assegnato», è tuttavia comunque presente nella scelta espressa che effettua l’amministrazione cessionaria, chiamata a scegliere/acquisire un dipendente che ha presentato domanda di mobilità/trasferimento rispetto ad altri che hanno presentato la medesima domanda. Conseguentemente intatte tutte le caratteristiche connesse alla cessione di contratto, che vede il trasferimento soggettivo del complesso di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, con immutati gli elementi oggettivi essenziali, sicché con il rapporto di lavoro continua, senza interruzioni, con l’amministrazione di destinazione.

Si presenta invece innovativa rispetto alla struttura della fattispecie “base” (cessione di contratto), la seconda parte del co. 1, dedicata all’inserimento “sperimentale e temporaneo” – fino all’introduzione di nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di personale delle amministrazioni pubbliche – di una mobilità volontaria priva «dell’assenso dell’amministrazione di appartenenza», in particolare per la mobilità dei dipendenti pubblici tra parte delle amministrazioni centrali dello Stato23.

La formulazione della normativa intende superare uno dei possibili ostacoli al trasferimento, rappresentato in alcuni casi dal mancato assenso dell’amministrazione cedente24, facendo comunque salvi i termini di preavviso e concedendo all’amministrazione cedente un massimo di due mesi per disporre il trasferimento. Tuttavia il legislatore sembra porre un limite preclusivo al perfezionamento della fattispecie sperimentale, in quanto espressamente prevede che tale assenso può mancare solo «a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore all’amministrazione di appartenenza». Tale limitazione, in considerazione dei tagli agli organici “pieni” operati in questi anni di spending review, potrebbe di fatto precludere un uso diffuso della fattispecie. Nel caso di mancata presenza della condizione in questione, ovviamente si andrebbe ad applicare la fattispecie “base” della mobilità volontaria, con consenso tripartito.

Sempre al co. 1, il legislatore effettua una precisazione dell’iter che l’amministrazione deve seguire nella attuazione della mobilità volontaria, rafforzando la pur presente indicazione dell’obbligo per la p.a. di esplicitare i criteri/gli elementi sulla base dei quali l’amministrazione cessionaria effettuerà la scelta del dipendente più idoneo alle sue esigenze.

Siamo infatti sempre nell’ambito di una scelta privatistica della p.a. quale datore di lavoro ex art. 5, co. 2, d.lgs. n. 165/2001, che tuttavia deve essere assistita da garanzie (di trasparenza), sempre connesse alla sfera pubblica in cui si opera, sicché: a) si rafforza la previsione di fissazione preventiva dei requisiti e competenze professionali richiesti (e che dunque saranno parametro per la p.a. per la scelta del dipendente); b) si stabilisce la pubblicazione sul sito istituzionale, per un periodo di almeno 30 giorni, del “bando” dei posti che intendono ricoprire. Certamente non sfugge la defaillance del legislatore, che in piena fattispecie di stampo privatistico, per consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale, utilizza ancora il termine “bando” anziché il più appropriato termine “avviso di mobilità”. Quanto tale terminologia, accompagnata dalla scomparsa della indicazione “cessione di contratto” e alla più marcata procedimentalizzazione della procedura inciderà sull’ingolfamento della giustizia amministrativa, riaccendendo problemi di riparto di giurisdizione, potremo constatarlo solo nelle successive ed imminenti fasi applicative della disposizione normativa.

Fortemente innovativo si presenta invece il contenuto dell’art. 30, co. 2, d.lgs. n. 165/2001, come modificato dal d.l. n. 90/2014. Come istituto, la mobilità volontaria presuppone la domanda e dunque il consenso del dipendente ceduto. Il nuovo co. 2, introduce invece nell’art. 30, d.lgs. n. 165/2001 una fattispecie di “trasferimento d’ufficio”, laddove «i dipendenti possono essere trasferiti all’interno della stessa amministrazione o, previo accordo tra le amministrazioni interessate, in altra amministrazione, in sedi collocate nel territorio dello stesso comune ovvero a distanza non superiore a cinquanta chilometri dalla sede cui sono adibiti». Si tratta dunque di un trasferimento subito dal lavoratore per venir in contro ad esigenze di migliore gestione del personale.

Ciò emerge con chiarezza dalla previsione normativa in base alla quale «ai fini del presente comma non si applica il terzo periodo del primo co. dell’articolo 2103 del codice civile», ossia non si applica la disposizione in base alla quale il lavoratore «non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive». Dunque il nuovo istituto si propone di accentuare il carattere di strumento di gestione del personale in mano alla p.a. per esigenze di migliore allocazione delle risorse umane, preservando la richiesta di assenso del dipendente per i dipendenti con figli di età inferiore a tre anni, che hanno diritto al congedo parentale, e ai soggetti di cui all’art. 33, co. 3, l. n. 104 del 1992 (co. 2, ultima parte). A ben vedere il legislatore del d.l. n. 90/2014 ha intitolato la rubrica dell’art. 4Mobilità obbligatoria e volontaria, dunque presupponendo e nei fatti realizzando una modifica della mobilità volontaria e l’introduzione della mobilità obbligatoria, sicché stante le evidenti diversità dell’istituto rispetto alla fattispecie della “mobilità volontaria”, sarebbe stato probabilmente utile introdurre un articolo nuovo per individuare questa nuova fattispecie senza “forzare” le caratteristiche proprie dell’istituto di cui all’art. 30, d.lgs. n. 165/2001. Da ultimo si ricorda l’istituzione del fondo presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze per favorire il miglioramento dell’allocazione del personale presso le p.a. (art. 30, co. 2.4, d.lgs. n. 165/2001, inserito dal d.l. n. 90/2014).

I profili problematici

Come già in passato abbiamo avuto modo di sottolineare, le problematiche connesse all’applicazione degli istituti di mobilità nel lavoro pubblico sono molteplici e, senza poter essere esaustivi, spaziano dalla corretta interpretazione del principio di economicità sulle scelte di (macro) organizzazione per la copertura dei posti vacanti nel rapporto tra concorso pubblico, scorrimento delle graduatorie emobilità25, alla precisazione dei limiti connessi alla neutralità finanziaria dei trasferimenti per mobilità. Tuttavia, ancora oggi è irrisolto e si impone quale elemento determinate per il funzionamento della mobilità intercompartimentale e per la riallocazione del personale in esubero il tema delle tabelle di equiparazione delle posizioni professionali nei comparti del lavoro pubblico, la cui mancanza ha sino a questo momento influito negativamente sull’attuazione della mobilità.

3.1 Ancora su le tabelle di equiparazione del personale

Come è noto, in considerazione della collocazione di tale equiparazione nell’ambito del sistema di classificazione del personale, la sede più idonea per la predisposizione delle stesse sarebbe stata la stipula di un accordo quadro. Tuttavia l’inattività sul punto, derivante da problematiche non approfondibili in tal sede, ha già in passato condotto il legislatore del d.lgs. n. 150/2009 ad inserire l’art. 29 bis nel d.lgs. n. 165/2001 dedicato alla mobilità intercompartimentale, affidando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la redazione della una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti.

A fronte della persistente inattuazione della disposizione normativa, il d.l. n. 90/2014 all’art. 4, co. 3, ha stabilito un termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, per l’adozione della tabella di equiparazione, «decorso il suddetto termine, si procederà con decreto del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze». Tale strumento è imprescindibile per favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle p.a. e l’esigenza è avvertita in modo sempre più stringente a fronte dei processi di riorganizzazione in corso, sicché è condivisibile, a fronte di tanti anni di inerzia, una scelta di accelerare, anche in via unilaterale, sulla predisposizione della stessa, nell’ottica della tutela stessa dei dipendenti pubblici chiamati a interpretare, anche attraverso nuove allocazioni, il principio del servizio alla Nazione, di cui all’art. 98, co. 1, Cost.

1 Sul tema e con particolare attenzione alle differenze con la disciplina nel settore privato e sul diverso peso degli artt. 41 e 97 Cost.: Viscomi, A., Eccedenze di personale e pubbliche amministrazioni, in Lavoro e diritto, 1999, 3, 379; Mainardi, S., Passaggio diretto, eccedenze di personale e mobilità collettiva nelle amministrazioni pubbliche, in Argomenti di diritto del lavoro, 1999, 2, 429; Esposito,M., La mobilità del lavoratore a favore del terzo, Napoli, 2002; Natullo, G., Il licenziamento collettivo. Interessi, procedure e tutele, Milano, 2004, 223-244; Sordi, P., La mobilità collettiva, in La Mobilità nel lavoro pubblico, Gestione delle risorse umane Strumenti e orientamenti, Formez, 2005, 6, 143; Miscione,M., Dialoghi di diritto del lavoro,Milano, 2010, 185-187; Frugis,M., La nuova disciplina della mobilità collettiva nel pubblico impiego, in Lavoro e previdenza, 2012, 2.

2 L’esubero è la individuazione nominativa del personale soprannumerario o eccedentario, da porre in prepensionamento, ove ricorrano i presupposti normativi o da mettere in disponibilità ai sensi dell’art. 33, d.lgs. n. 165/2001 (così circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica (circolare DFP n. 4/2014).

3 Il soprannumero è la situazione in cui il personale in servizio supera la dotazione organica in tutte le qualifiche, le categorie e le aree, sicché l’amministrazione non presenta posti vacanti utili per la riconversione del personale o una diversa distribuzione dei posti (circolare DFP n. 4/2014).

4 L’eccedenza è la situazione in cui il personale in servizio (inteso quantitativamente e senza individuazione nominativa) supera la dotazione organica in una o più qualifiche, categorie, aree o profili professionali di riferimento. Si differenzia dalla soprannumerarietà in quanto la disponibilità di posti in altri profili potrebbe consentire la riconversione (circolare DFP n. 4/2014).

5 Come da modifica intervenuta con l. 12.11.2011, n. 183.

6 Come è noto, le disposizioni in tema di mobilità collettiva sono da leggere unitamente alle previsioni di cui all’art. 6, d.lgs. n. 165/2001, che prevede: a) l’obbligo annuale per tutte le p.a. della rilevazione delle eccedenze di personale in relazione alle esigenze organizzative e funzionali dell’ente; b) l’obbligo di ridefinire le dotazioni organiche con cadenza triennale (o in ogni caso in cui risulti necessario a seguito di processi riorganizzativi dell’ente).

7 Casale, D., Le esternalizzazioni nelle pubbliche amministrazioni fra trasferimento di funzioni e gestione delle eccedenze, in LPA, 2003, 5, 945).

8 Si notino le differenze sull’ampiezza della informativa nel settore pubblico, rispetto a quella del settore privato di cui all’art. 4, co. 3, l. 23.7.1991, n. 223.

9 Tale personale ha maturato il requisito di anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento, come rideterminato a decorrere dall’1.1.2012, dall’art. 24, co. 10 e 12, d.l. 6.2.2011, n. 201, conv. con l. 22.12.2011, n. 214.

10 Si ricorda che l’art. 22, co. 4, della l. 12.11.2011, n. 183 ripristina, incentivandole, le disposizioni in tema di clausole elastiche e flessibili nel lavoro a tempo parziale, di cui al d.lgs. 25.2.2000, n. 61.

11 Perplesso sull’utilizzo dei contratti di solidarietà Mainardi, S., Gestione delle eccedenze di personale e collocamento in disponibilità, in Carinci, F.-D’Antona, M., a cura di, Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, Milano, 2000, 997 ss.

12 L’art. 1, co. 29, del d.l. n. 138/2011, richiamato dall’art. 33, co. 5, d.lgs. n. 165/2001, è stato abrogato dall’art. 4, co. 2, d.l. n. 90/2014.

13 Individuazione nominativa del personale in soprannumero o in eccedenza (Circolare DFP n. 4/2014).

14 Recante: Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro.

15 Inoltre i dipendenti iscritti negli elenchi di cui all’art. 34 possono: a) essere assegnati, nell’ambito dei posti vacanti in organico, in posizione di comando presso amministrazioni che ne facciano richiesta o presso quelle individuate ai sensi dell’arti. 34 bis, co. 5 bis; b) avvalersi della disposizione di cui all’art. 23 bis (Mobilità tra pubblico e privato). Per il periodo in cui i dipendenti sono utilizzati con rapporto di lavoro a tempo determinato o in posizione di comando presso altre p.a. o si avvalgono dell’art. 23 bis, il termine di ventiquattro mesi cui all’art. 33, co. 8, è sospeso e l’onere retributivo è posto a carico dall’amministrazione o dell’ente che utilizza il dipendente.

16 DFP e strutture regionali e provinciali di cui al d.lgs. n. 469/1997 e s.m.i.

17 Ossia il reclutamento di cui all’art. 35, co. 1, 2 e 3, d.lgs. n. 165/2001, tenuto conto dei principi di cui all’art. 4, co. 3, d.l. n. 101/2013, e a partire dal 2014, dalla disciplina del concorso unico (così la Circolare DFP n. 5/2013).

18 Art. 35, co. 3 bis, d.lgs. n. 165/2001 (Circolare DFP n. 5/2013).

19 Art. 4, co. 6, d.l. n. 101/2013, conv. con l. n. 125/2013 (Circolare DFP n. 5/2013).

20 TAR Lazio, Roma, 18.1.2012, n. 610 e 611; Cons. St., 17.1.2014, n. 178.

21 Mainardi, S.-Miscione, M., La mobilità del personale nella pubblica amministrazione, in Riv. giur. lav., 1994, 459 ss.; Sordi, P.,Mobilità, Pubblico impiego privatizzato, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2003, 1 ss.; Pasqua, S., Le norme sulla mobilità, in Amministr@tivamente, 11, 2009; Esposito, M.- Santagata, R., La mobilità del personale tra “autonomia negoziale” ed “evidenza pubblica”, in Zoppoli, L., a cura di, Ideologia e tecnica nella riforma del lavoro pubblico, Napoli, 2010, 335 ss.;Mainardi, S., Il pubblico impiego nel collegato lavoro, in Giur. it., 2011, 2447 ss.; Riccobono, A., Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni tra innovazione e nostalgia del passato (d.lgs. n. 150/09). Uffici, piante organiche, mobilità, accessi, in Nuove leggi civ. comm., 2011, 1152 ss.

22 Per una analisi del panorama dottrinale e giurisprudenziale, Bolognino, D.-D’Alessio, G., in Enc. giur. Treccani, Roma, 2013, 225-230.

23 Tale fattispecie riguarda il trasferimento tra le sedi centrali di differenti ministeri, agenzie ed enti pubblici non economici nazionali.

24 Sul tema del diniego della p.a. della domanda di trasferimento del dipendente, Esposito,M.-Santagata, R. La mobilità del personale tra “autonomia negoziale” ed “evidenza pubblica”, in Zoppoli, L., a cura di, Ideologia e tecnica nella riforma del lavoro pubblico, Napoli, 2009, 347.

25 Talamo, V., Lo scorrimento delle graduatorie concorsuali, in Giorn. dir. amm, 2013, 920-925; Bolognino,D., L’influenza del principio di economicità sulle scelte di (macro) organizzazione per la copertura dei posti vacanti: tra concorso pubblico, scorrimento delle graduatorie e mobilità, in Lav. pubbl. amm., 2012, 5, 876-900.

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