La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Zoologia e botanica

Storia della Scienza (2002)

La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Zoologia e botanica

Brigitte Hoppe

Zoologia e botanica

Descrizione, anatomia e classificazione di animali e piante

Nel corso del XVII sec., anche nei rami tradizionali della storia naturale, come la zoologia e la botanica, si diffusero nuove idee che modificarono le problematiche, i metodi e le interpretazioni dei fenomeni naturali. Il ricorso all'autorità degli Antichi fu sempre più soppiantato dalla lettura degli autori contemporanei, pur mantenendo un confronto critico con le dottrine del passato. Questi mutamenti derivavano sia dalla diffusione di nuove osservazioni su oggetti naturali fino ad allora sconosciuti, che riguardavano le parti costituenti degli organismi e il loro modo di vita, sia dall'invenzione di lenti di ingrandimento e microscopi sempre più perfezionati, sia infine dallo sviluppo di metodi sperimentali. Nello studio della Natura fu applicato, in maniera pianificata, il metodo comparativo. La ricerca non era più finalizzata a osservare i singoli corpi naturali isolatamente e prevalentemente in relazione all'uomo, bensì a inquadrarli come parti del loro ambiente naturale, scoprendo ampie connessioni e regolarità. Anche nella zoologia e nella botanica si fece strada l'ideale scientifico contemporaneo ‒ propagato dal cartesianesimo ‒ di un'interpretazione meccanicistica della Natura.

Continuazione della descrizione naturalistica di singoli organismi da tutto il mondo

Durante il Seicento si sviluppò ampiamente l'iniziativa dei naturalisti del Cinquecento di catalogare scrupolosamente flora e fauna delle varie regioni d'Europa e di collezionare e descrivere come curiosità esotiche gli oggetti naturali scoperti nei viaggi di esplorazione nel bacino del Mediterraneo, nel Vicino e Estremo Oriente e nel nuovo mondo. Coloro che si recarono in Estremo Oriente ‒ per esempio Andreas Cleyer (1634-1697 ca.) nel De arbore camphorifera Japonensium Kus noky dicta e Willem ten Rhijne nel De frutice thee (1678) ‒ descrissero le piante da cui si ricavavano le droghe importate come la canfora, la cannella e le foglie di tè. L'esploratore tedesco Engelbert Kaempfer (1651-1716), che aveva passato quasi cinque anni in Persia, fece conoscere in Europa la palma da datteri in una dettagliata monografia, corredata da disegni di suo pugno intitolata Amoenitatum exoticarum […] fasciculi V. Da molte regioni del mondo, esplorate per la prima volta, i viaggiatori relazionavano sulle curiosità naturali: Georg Everhard Rumpf trattava questi argomenti nella D'Amboinsche Rariteitkamer pubblicata ad Amsterdam nel 1705 e nell'Herbarium Amboinense (1741-1755); Hendrik Adriaan van Reede tot Drakestein riferiva sull'Indonesia nell'Hortus Indicus Malabaricus (1678-1693); Joseph Pitton de Tournefort raccontava del Vicino Oriente nella Relation d'un voyage du Levant, apparsa a Parigi nel 1717; Charles Plumier (1646-1704) descriveva le curiosità naturali dell'America Settentrionale in una serie di pubblicazioni confluite nel catalogo Plantarum Americanarum fasciculi X. I naturalisti si premuravano di raccogliere il maggior numero possibile di oggetti, descrivendo e raffigurando tutte le loro caratteristiche storico-naturali. Lo spingersi degli esploratori in regioni extraeuropee fino ad allora ignote favorì l'osservazione di oggetti naturali sconosciuti, le cui possibilità di impiego erano ignote o talvolta già note, come nel caso delle droghe introdotte precedentemente in Europa. Lo sviluppo degli studi naturalistici permise inoltre di chiarire l'origine di misteriosi oggetti conservati da lungo tempo nelle collezioni di storia naturale. Come riferisce il medico e collezionista Ole Worm, nel Libro III del Museum Wormianum del 1655, il leggendario 'unicorno' ‒ dotato oltretutto, a quanto si diceva, di mirabili proprietà terapeutiche ‒ risultò essere, grazie ai cacciatori di balene, una parte del cranio del narvalo. Sia gli esploratori sia i naturalisti europei che lavoravano sulle collezioni si premuravano di descrivere e raffigurare le caratteristiche storico-naturali rilevabili degli oggetti studiati. Erano annotati la conformazione degli organi principali, il modo di vita, i mutamenti che intervenivano nelle diverse fasi dell'esistenza, nonché l'habitat e la popolazione.

I testi, secondo una prassi affermatasi già nei manoscritti medievali e ripresa poi dagli umanisti, erano strutturati mediante l'inserzione di titoli intermedi e note a margine. Dopo la comparsa, già in libri di zoologia e botanica del Cinquecento, di ripartizioni sistematiche di gruppi ristretti di piante e animali, raggruppati dicotomicamente (diairesis) in base a singoli caratteri peculiari, furono riprodotte sempre più spesso analoghe liste schematiche come sommario di singoli capitoli. Da queste derivarono scritti a sé stanti con tabelle sinottiche sistematiche, come quelle elaborate da John Ray (1627-1705).

La descrizione anatomica dei singoli organismi, organi e sistemi di organi animali

Contemporaneamente allo svolgersi degli studi di anatomia umana erano stati sezionati alcuni esemplari di animali, vertebrati in particolar modo, i cui scheletri, muscoli, organi e principali componenti del sistema vascolare erano esaminati e in parte comparati con quelli umani. Infatti nel 1555, nell'Histoire de la nature des oyseaux, Pierre Belon confrontò lo scheletro di un uccello con quello di un uomo; mentre il matematico e astronomo Christoph Scheiner (1573-1650), come premessa ai suoi studi sui processi visivi, nell'Oculus, hoc est: fundamentum opticum, esaminò l'anatomia dell'occhio bovino, descrivendo chiaramente il modo in cui il nervo ottico si diparte lateralmente dal bulbo. Dimostrò inoltre in maniera sperimentale che sulla retina appare un'immagine nitida e capovolta degli oggetti, stabilendo anche che i rapporti di rifrazione all'interno dell'occhio sono diversi in caso di visione ravvicinata o a distanza. Dopo che, a partire dalla seconda metà del XVI sec., erano state pubblicate descrizioni e raffigurazioni di scheletri di vertebrati sia da parte di Volcher Coïter (1534-1600) sia in libri di zoologia ‒ come nel De quadrupedibus digitatis viviparis libri tres di Ulisse Aldrovandi, dove sono riprodotti gli scheletri di una volpe, di una lepre, di un riccio, di una tartaruga terrestre e il cranio di una tartaruga marina ‒, il giurista e senatore bolognese Carlo Ruini portò a termine nel 1598 la prima monografia sull'anatomia e le patologie di un solo animale, il cavallo.

I naturalisti del Seicento iniziarono poi a studiare l'anatomia di alcune specie animali, spesso in più esemplari, esaminando con la maggior completezza possibile tutti gli organi degli esemplari esotici più rari. Le accademie scientifiche, appena fondate a Londra nel 1662 e a Parigi nel 1666, promossero studi sulle strutture interne dei vertebrati che fossero in grado di superare le incomplete descrizioni della morfologia esterna degli animali. Tra il 1665 e il 1700, gli anatomisti parigini, tra i quali si distingueva Claude Perrault, sezionarono più di cinquanta animali, anche esotici come un camaleonte, un dromedario, una gazzella nonché un coccodrillo, un geco, un cammello e un leopardo, quest'ultimo sezionato da Thomas Gouye (Observations physiques et mathématiques pour servir à l'histoire naturelle, 1688). Lo studio sul baco da seta (Bombyx mori L.) dell'anatomista e microscopista italiano Marcello Malpighi (Dissertatio epistolica de bombyce, 1669) è un esempio di dettagliato esame anatomico di un animale invertebrato. In Inghilterra, a parte gli studi di alcuni membri della Royal Society ‒ come Allen Moulen che, nell'Anatomical observations in the heads of fowl made at several times del 1688, sezionò i crani di anatre e gallinacei ‒, emerse il contributo del medico Edward Tyson che riuscì a scoprire molte strutture anatomiche. Tyson scoprì le peculiari reti vascolari (retia mirabilia) e osservò i caratteri anatomici distintivi di un delfino femmina tramite la dissezione, descritta nella Phocaena, or the anatomy of a porpess, dissected at Gresham College, analizzandone con maggior precisione lo stomaco composito. In vari saggi e articoli esaminò anche un pecari (Dicotyles tajacu L. o D. labiatus Cuv.) soffermandosi sullo scheletro, sull'apparato digestivo e su quello genitale e alcuni sistemi vascolari (Vipera caudisona americana [...]; Lumbricus latus [...]; Lumbricus teres [...] [Ascaris]; Tajacu, seu Aper mexicanus moschiferus). Tyson fu il primo ad analizzare l'anatomia di un marsupiale femmina, un opossum (Didelphys marsupialis L., in Carigueya, seu Marsupiale americanum. Or the anatomy of an Opossum), con i caratteristici genitali, completando l'esame con la descrizione anatomica di un opossum maschio, elaborata insieme a William Cowper nel 1704. Ancora con Cowper, Tyson studiò nel 1699 un giovane scimpanzé (Pan satyrus L.), confrontandone l'anatomia con quella delle scimmie e dell'uomo. Pur credendolo un orango, notò le differenze sia con le altre scimmie allora note sia con l'uomo, ma al tempo stesso si stupì delle somiglianze che accomunavano le strutture cerebrali dello scimpanzé a quelle umane e sottolineò l'appartenenza comune a un gruppo particolare di primati, gli antropoidi.

Le interiora dei vertebrati furono esaminate in modo approfondito da più di un autore: Girolamo Fabrici d'Acquapendente, anatomista a Padova, nel 1574 dimostrò l'esistenza delle valvole venose (De venarum ostiolis), nel 1600 (De formato foetu) pubblicò le prime raffigurazioni delle strutture cardiache di un pesce (un pescecane della famiglia degli squalidi), descrisse le interiora dello squalo Mustelus vulgaris L., e nel 1618 studiò il rumine (De ruminatione); l'anatomista Marco Aurelio Severino, dell'Università di Napoli, esaminò, a partire dal 1610 ca., gli organi della nutrizione di diversi animali, anche invertebrati; Malpighi nel 1665 studiò per la prima volta con una certa precisione la muscolatura e la struttura superficiale della lingua dei mammiferi (Epistolae anatomicae de lingua) e ampliò in misura notevole le conoscenze istologiche sul fegato, i reni e la milza (De viscerum structura exercitatio anatomica); il medico Francis Glisson, che esercitava la sua attività a Cambridge e a Londra, nel 1677 dedicò un intero trattato agli organi digestivi di vari animali (Tractatus de ventriculo et intestinis), dopo aver scritto, nel 1654, una monografia sul fegato (Anatomia hepatis). Fabrici aveva esaminato anche gli organi vocali dei vertebrati (uccelli, mammiferi, e in particolare le scimmie e l'uomo); i suoi studi furono portati avanti dal suo collaboratore Giulio Casseri nell'ampia opera di anatomia comparata dal titolo De vocis auditusque organis historia anatomica del 1601. La dissezione di altri organi di percezione sensoria e degli organi della respirazione, nelle cui strutture Andrea Vesalio (1514-1564) e i suoi contemporanei non si erano ancora addentrati in modo approfondito, rientrava nei programmi di ricerca degli anatomisti successivi, come Fabrici per i vertebrati e Jan Swammerdam (1637-1689) per gli invertebrati. La struttura microscopica dei polmoni fu scoperta da Malpighi nel 1661 (De pulmonibus observationes anatomicae; De pulmonibus epistola altera), usando lenti di ingrandimento e metodi di preparazione perfezionati. Prima di lui i polmoni erano stati generalmente considerati un tessuto carnoso, egli ne riconobbe invece la struttura vescicolare e il parenchima formato da cavità membranose (alveoli). Inoltre dimostrò l'esistenza della fitta rete di vasi che avvolge gli alveoli, scoprendo, con i capillari, l'anello di collegamento ancora mancante nel sistema vascolare tra arterie e vene.

Il cervello era un organo esaminabile solo superficialmente con i metodi di dissezione di allora. Gli anatomisti del Cinquecento avevano situato nel cranio la morbida massa cerebrale, rappresentando solo strutture molto approssimative in poche sezioni trasversali e longitudinali. Fino alla metà del Seicento dare una descrizione del cervello non era una pratica ovvia per gli anatomisti. Le rozze rappresentazioni di quest'organo essenziale per le spiegazioni di fisiologia sensoriale, pubblicate nell'opera di Descartes, indussero a un riesame critico. Raffigurazioni più chiare delle parti principali del cervello umano furono fornite dall'anatomista olandese Govert Bidloo nel magnifico atlante di anatomia umana, Anatomia humani corporis, del 1685. Il medico Thomas Willis, operante a Oxford e a Londra, nel 1664, presumibilmente grazie all'apporto di abili collaboratori, dedicò un apposito esame anatomico comparato al cervello e ai nervi, intitolato Cerebri anatome, cui accessit nervorum descriptio et usus. In quest'opera si sofferma in prevalenza sulle strutture superficiali, riuscendo però a individuare, in una serie di vertebrati, le parti principali della massa cerebrale, distinguendole sia per grandezza sia per posizione. Tuttavia furono ben presto criticati sia il suo tentativo di situare l'origine delle fibre nervose in determinati strati cerebrali, sia la localizzazione di funzioni fondamentali ‒ come quelle legate all'attività intellettuale e alla fantasia ‒ in determinate parti del cervello. Le evidenti lacune nella conoscenza delle strutture di quest'organo fondamentale spinsero l'eminente medico e naturalista danese Niels Steensen (Stenone, 1638-1686) a descrivere le singole parti del cervello umano più correttamente dei suoi predecessori e a indicare le linee programmatiche di un'indagine comparata sull'anatomia cerebrale, in un discorso tenuto agli studiosi riuniti intorno a Melchisédech Thévenot a Parigi. Stenone consigliò di sezionare il maggior numero possibile di animali in vari stadi di sviluppo, dato che i loro cervelli differivano fortemente tra loro e da quello umano. Criticò la rozzezza dei metodi di dissezione, esigendo una procedura pianificata, un miglioramento dei metodi di preparazione, nonché delle raffigurazioni grafiche e delle precisazioni terminologiche. Esortò anche a seguire il percorso delle fibre nervose nel cervello e a interrogarsi sul significato fisiologico delle strutture anatomiche soltanto dopo averle individuate. Questo accurato e vasto programma di ricerca si ispirava a una visione di portata talmente ampia da poter essere realizzato solamente verso la fine dell'Ottocento, mentre l'indagine sulle funzioni cerebrali continua ancora oggi.

Procedendo nella dissezione di animali diversi, gli anatomisti scoprivano una varietà di strutture differenti anche negli organi fondamentali. Già Fabrici aveva stabilito che gli stomaci dei vertebrati si differenziano da una classe all'altra per il numero e la natura dei tessuti, "tum substantia differunt". Si riproponeva così ancora una volta la questione, già posta da Galeno e dai suoi successori, circa il funzionamento delle diverse strutture. Fabrici riuscì a spiegare chiaramente la funzione del ruminare in base all'interpretazione delle strutture anatomiche. Gli anatomisti focalizzarono la loro attenzione sull'analisi della funzione di un tipo di tessuto, i muscoli dello scheletro, esaminandoli in innumerevoli dissezioni, e si trovarono d'accordo sulla loro natura fibrosa. Nella seconda metà del Seicento si tentò di fornire una spiegazione della loro funzione solamente in base alla struttura, con l'obiettivo di rendere superflua l'ipotesi dell'effetto di invisibili, sottili materie (spiritus) o addirittura di forze immateriali (vires). Per molti autori, da Walter Charleton, a Giovanni Alfonso Borelli e Richard Lower, fino a Stenone, il fondamento dei modelli esplicativi era costituito dalle geometriae et mechanicae leges. Il modello di Stenone, che ipotizzava che i muscoli dello scheletro fossero composti da fibre in forma di parallelepipedo, sembrò talmente persuasivo ai contemporanei che l'anatomista olandese Govert Bidloo nel 1685 lo fece raffigurare nel suo atlante di anatomia umana insieme a uno dei suoi eccellenti preparati muscolari. Le interpretazioni dell'anatomia funzionale fornirono nuovi punti di vista per comprendere il funzionamento delle diverse 'macchine corporee', tanto da far sentire i loro effetti fino all'Ottocento. Non era però possibile trarne teorie fisiologiche compiute, che avrebbero dovuto attendere l'arrivo di un'apposita disciplina specialistica.

Descrizione degli organi delle piante ed elaborazione degli elementi fondamentali della morfologia

Già nel IV sec. a.C. Teofrasto di Ereso distinse gli organi fondamentali delle piante superiori: le parti sotterranee, i germogli (formazione e ramificazione), le foglie, i frutti e alcune forme di fiori, iniziando a descriverli e in parte anche a denominarli. In seguito Plinio il Vecchio aggiunse le denominazioni degli organi interni del fiore chiaramente visibili. Quando, nel Rinascimento, molte piante furono per la prima volta descritte comparativamente, botanici come Hieronymus Bock (Tragus), Leonhart Fuchs, Mathias de Lobel (Lobelius), Charles de L'Écluse (Clusius) e Jacob Diether Tabernaemontanus scoprirono ulteriori tipi di forme di germogli, di infiorescenze, di fiori e di frutti nonché di organi vegetativi, che denominarono in modo parzialmente coerente. Giovanni Costeo, nel trattato De universali stirpium natura libri duo, scritto sul modello dei due testi botanici fondamentali di Teofrasto, nel 1578 aggiunse una serie di organi delle piante superiori, indicando caso per caso le specie vegetali che ne erano provviste. Negli stessi anni l'aristotelico Andrea Cesalpino si concentrò sugli organi delle spermatofite, in cui l'anima vegetativa diventava attiva durante la riproduzione, con particolare riguardo ai frutti, che distinse tra l'altro in base al numero degli elementi (ritenendo tali in parte anche i ventagli dei fiori, ossia le infiorescenze a forma di ventaglio) e dei semi in essi contenuti. Nel 1592, nelle sue considerazioni di botanica generale, il boemo Adam Zaluziansky à Zaluzian esortava a esaminare mediante sezionamento le parti osservabili delle piante. Adriaan van den Spiegel (Spigelius), professore a Padova, nella Isagoge in rem herbariam del 1606, sottolineò l'importanza delle forme visibili degli organi fondamentali per caratterizzare i generi e le specie vegetali. Benché molti botanici già applicassero questo procedimento, le loro diagnosi e descrizioni delle specie rimanevano spesso incomplete e poco coerenti. Infatti, oltre ai termini basilari generici usati per designare gli organi principali delle piante superiori (radix, caulis, truncus, ramus, folium, spica, umbella, calix, flos, stylus, stamen, fructus, pericarpium, bacca, nux, nucleus), non si avevano a disposizione vocaboli universalmente riconosciuti per indicare la grande varietà delle tipologie di tali organi. Per questo ogni botanico tentava di caratterizzare i differenti tipi morfologici con l'aggiunta di aggettivi oppure, com'era usuale nell'Antichità, mediante il riferimento a termini di paragone considerati noti.

Il primo a porre rimedio alla mancanza di una terminologia morfologica unitaria fu Joachim Jungius (1587-1657), matematico e medico, rettore del Gymnasium Illustre di Amburgo. Egli sostituì ai principî della scienza aristotelica il proprio sistema di logica e iniziò un rinnovamento delle singole discipline scientifiche empiriche, basato contemporaneamente sull'esperienza e sulla ricerca induttiva. Nelle sue interpretazioni e spiegazioni delle osservazioni botaniche, cui si dedicò con particolare assiduità dal 1610 fino alla morte, Jungius fu uno dei primi a introdurre il metodo geometrico-meccanico (mos geometricus). Da numerose annotazioni pervenuteci risulta che esaminò gli organi di molte piante dell'Europa centrale, osservate sia nei campi sia nel giardino dove le coltivava.

I risultati delle osservazioni di Jungius e le sue proposte terminologiche ‒ che circolarono tra i più autorevoli botanici europei in copie manoscritte, mentre egli era ancora in vita, prima di essere pubblicati nel 1678 ‒ colmarono con tale precisione le lacune esistenti che eminenti botanici, come John Ray e in seguito Linneo (Carl von Linné), le usarono nelle loro opere. Per questo motivo molti termini morfologici basilari coniati da Jungius sono in uso ancora oggi, oppure sono stati solo in parte modificati. La grande varietà degli organi delle spermatofite, nonché le loro trasformazioni durante la crescita, lasciarono comunque aperto il campo alle ricerche empiriche di Marcello Malpighi, che ampliò le conoscenze sulla morfologia delle piante e a partire dal 1671 inviò i suoi risultati alla Royal Society, pubblicandoli nel 1675. Nella seconda metà del Seicento, furono altrettanto significativi, anche se tenuti in minor conto dalla storiografia, gli studi sull'organografia delle piante superiori di Nehemiah Grew, membro della Royal Society, cui a partire dal 1671 sottopose i propri risultati, poi raccolti nel volume The anatomy of vegetables begun.

Malpighi e Grew portarono avanti studi sullo sviluppo dei germogli e sulla struttura dei tessuti vegetali, prendendo in considerazione un gran numero di oggetti e arrivando a catalogare le strutture fondamentali degli organi e i distinti tipi morfologici delle spermatofite. In mancanza di conoscenze chimiche adeguate e di ricerche sperimentali, i tentativi di interpretazione delle funzioni dei singoli organi rimasero però lacunosi.

In seguito agli studi morfologici sui componenti del fiore, fu scoperta una funzione organica fondamentale delle spermatofite: la diversificazione sessuale di stame e pistillo. Grew aveva supposto che l'organo maschile del fiore fosse l'ovario, mentre Ray aveva giustamente interpretato in alcuni esemplari le funzioni di stami e pistilli, ma fu il medico e botanico Rudolph Jacob Camerarius a giungere nel 1694 a una corretta comprensione della funzione delle singole parti del fiore, osservandole accuratamente anche al microscopio insieme allo sviluppo di embrioni, ed eseguendo inoltre esperimenti sull'effetto del polline in numerosi tipi di fiore. Con ciò si aprivano nuovi orizzonti basilari per la futura ricerca botanica sia per la storia evolutiva sia per la sistematica delle piante.

Il trionfo dell'anatomia e dell'organografia comparata in zoologia e botanica

Sin dall'Antichità, il fine ultimo degli studi anatomici e delle dissezioni dei vertebrati superiori era stato la conoscenza della struttura del corpo umano. A partire dal Cinquecento, dopo le prime esperienze risalenti a Leonardo da Vinci, nella dissezione dei vertebrati superiori si distinsero Pierre Belon, Guillaume Rondelet e Ulisse Aldrovandi. Quanti più animali si sezionavano e quanto maggiore era l'esattezza dell'esame, tanto più ci si imbatteva sia nelle loro strutture peculiari sia nelle somiglianze più o meno rilevanti che intercorrevano tra queste. Se si voleva capire la conformazione strutturale dei corpi animali, le loro capacità e prestazioni, bisognava esaminare anche le parti interne e confrontarle con quelle dei rappresentanti di altre classi di vertebrati e di invertebrati. Benché l'ipotesi tradizionale dell'identità strutturale di tutti i vertebrati fosse stata abbandonata, i primi anatomisti animali dell'Académie des Sciences di Parigi, su iniziativa di Claude Perrault, mantennero l'uomo come misura per le proporzioni dei vertebrati. Contemporaneamente, intorno al 1655, il medico Johann Sperling di Wittenberg sottolineò l'importanza di una zoologia in quanto tale, da lui chiamata 'zoologia physica' ‒ come il titolo di una sua opera del 1669 ‒, da affiancare a una zoologia che tenesse conto delle problematiche mediche.

Prima ancora, tra il 1560 e il 1575, Volcher Coïter aveva portato avanti con successo un programma per l'esame comparato dell'anatomia dello scheletro e dei muscoli dei vertebrati, cercando di tenere conto di questi risultati per la classificazione degli animali. Nei primi decenni del Seicento, Girolamo Fabrici d'Acquapendente, benché si attenesse alle dottrine anatomiche tradizionali e alle teorie fisiologiche di Galeno, riuscì a estendere i suoi studi anatomici agli animali, compresi gli invertebrati. Con osservazioni comparate, pubblicate con accurati disegni dei risultati, scoprì molti elementi prima ignorati, soprattutto per quanto riguarda l'anatomia dei muscoli dello scheletro, il rivestimento corporeo degli animali, nonché la regione laringale dell'uomo e di vari vertebrati. Giulio Casseri, collaboratore di Fabrici, compì ulteriori studi anatomici comparati degli organi uditivi e della laringe su gallinacei, aironi, rane, cicale, grilli e cavallette. Un altro allievo di Fabrici, William Harvey (1578-1657), non solo basò la sua nuova teoria della circolazione sanguigna sulla scoperta delle valvole venose fatta dal maestro, ma analizzò in modo comparativo la struttura e l'attività del cuore in una serie di animali. Richard Lower, seguace di Harvey, nel Tractatus de corde del 1669, sviluppò analoghe considerazioni comparative sulle strutture cardiache dei quadrupedi. Il suo maestro Thomas Willis era stato uno dei primi a usare la definizione 'anatomia comparata' nella prefazione al De anima brutorum, del 1672. La Zootomia Democritaea (1645), dell'antiaristotelico Marco Aurelio Severino non spiccava tanto per l'innovazione nelle osservazioni, quanto per l'esortazione programmatica a praticare l'anatomia animale comparata come disciplina naturalistica fondamentale. La tendenza a ricondurre persino lo schema corporeo di invertebrati, come i cefalopodi, a quello dei mammiferi diede però adito a interpretazioni errate.

È importante sottolineare il ruolo svolto dai programmi in sostegno alle scienze empiriche delle accademie di Londra, Parigi e Schweinfurt nel promuovere l'anatomia comparata degli animali, l'organografia comparata delle piante, nonché la vera e propria anatomia vegetale. A Parigi, accanto agli anatomisti animali già menzionati, il botanico Denis Dodart si dedicava a ricerche sull'anatomia delle piante superiori, distinguendo tra "une structure intérieure", vale a dire le parti solide come fibre, vasi e parenchima, e "la structure intime", comprendente le inclusioni cellulari liquide, oleose, balsamiche o cristalline (Mémoires pour servir à l'histoire des plantes, ed. 1679, p. 154). Stimolato dagli accademici parigini e dai lavori inviati da Marcello Malpighi alla Royal Society, Edward Tyson stabilì un programma di ricerca sull'anatomia comparata degli animali, che andava ben oltre le precedenti descrizioni di storia naturale, per realizzare il quale era previsto anche il ricorso al microscopio e a esperimenti chimici (Orang-outang sive homo sylvestris, 1699).

Dall'inizio degli anni Sessanta del XVII sec., si andò rafforzando in Malpighi la convinzione che il metodo comparativo fosse l'unica via per conoscere le multiformi strutture morfologiche e anatomiche degli esseri viventi. Questo metodo, che esortava a estendere anche agli invertebrati, doveva conferire all'anatomia un rango scientifico. Malpighi, il cui ingegno era certamente versatile, sperava inoltre di migliorare la conoscenza delle piante superiori adottando lo stesso approccio per l'analisi strutturale dei loro organi. Questo metodo gli permise di discernere le strutture interne, allora pressoché ignote, delle piante. La mancanza di una terminologia botanica specifica lo portò, però, ad applicare termini zoologici al mondo vegetale. A causa della somiglianza di forma con le trachee degli insetti egli denominò in questo modo i vasi linfatici delle piante e basandosi su una corrispondenza di funzioni, chiamò l'ovario delle piante uterus e il germoglio foetus. Inoltre applicò il metodo comparativo, nel senso moderno di un'organografia comparata delle spermatofite, identificando di volta in volta gli organi tra loro corrispondenti per forma e funzione in molte specie esaminate singolarmente. Allo stesso modo Joachim Jungius si era avvalso in precedenza del metodo comparativo per stabilire, nel maggior numero di generi e specie di piante, i caratteri morfologicamente corrispondenti tra loro e per poterli suddividere in tipi.

Fu Nehemiah Grew, nella sua opera sull'organografia e sull'anatomia delle spermatofite, a evidenziare con maggiore chiarezza il procedimento comparativo. Nel 1673, illustrando il contenuto di uno dei suoi primi scritti, An idea of a phytological history propounded, egli stabilì che per prima cosa avrebbe effettuato 'un esame comparativo' dei caratteri osservabili esternamente nelle piante. Sempre nel 1673 (prima di quanto ritenuto in precedenza da Cole 1949, che indica a questo riguardo il 1674-1675), sul frontespizio della parte anatomica della medesima opera appare il titolo The comparative anatomy of roots. In The anatomy of plants (1682) Grew descrisse i risultati delle osservazioni (effettuate anche mediante una lente di ingrandimento) relative ai componenti e alla struttura dei semi delle dicotiledoni, alle diverse strutture di radici e rizomi, di tronchi lignificati e steli erbacei. Scompose nei singoli elementi diversi tipi di frutti, fiori e infiorescenze. Tentò di spiegare per via geometrica in base alle loro proporzioni e mediante combinazioni di archi di cerchio, le forme di lamina, la base e la cima della foglia, nonché la disposizione di nervature e pinne nelle foglie composte. Di analoghe simmetrie si avvalse anche per caratterizzare diversi tipi di perianzio partendo dal principio secondo cui "l'aritmetica della Natura sarebbe sempre confacente alla sua geometria" (p. 163). Anche se nell'edizione del 1682 il termine comparative è scomparso dai titoli dei singoli trattati, l'attenzione del lettore è però attirata dal riferimento al metodo comparativo in molte parti del sommario e dei testi. Grew, come altri studiosi della Royal Society, era ormai consapevole dell'importanza di questo procedimento per conoscere gli organi e l'anatomia delle piante.

Classificazione in base all'organografia e anatomia comparata in botanica e zoologia

La conoscenza delle piante si era notevolmente estesa, come dimostra il fatto che l'erbario di Otto Brunfels del 1532 comprendeva circa 240 specie, quelli di Leonhart Fuchs del 1542 e di Hieronymus Bock del 1552 ne contavano oltre 800, mentre quello di Gaspard Bauhin del 1623 raccoglieva oltre 6000 specie; a questo punto nasceva l'esigenza di classificarle. Mentre Andrea Cesalpino nel 1583 aveva inteso risolvere questo problema, secondo la filosofia naturale aristotelica, in base agli organi di fruttificazione, altri osservatori, focalizzando l'attenzione su caratteristiche diverse, scoprirono piccoli gruppi di specie del medesimo genere. In particolare Bauhin nel 1623 segnalò un gran numero di specie, assegnando a molte di esse nomenclature binarie, intese nel senso di categorie tassonomiche. Tuttavia non sviluppò un sistema generale onnicomprensivo, ma si limitò a costituire singoli gruppi di estensione maggiore, al cui interno si trovavano più generi, che però coincidevano solo in parte con i gruppi naturali, come quello delle Umbelliferae, delle Arbores Coniferae e delle Herbae Bulbosae (che comprendeva piante bulbose, liliacee e amarillidacee). Nella Historia plantarum universalis di Jean Bauhin (1541-1613), pubblicata postuma nel 1650-1651, le piante erano suddivise in 40 gruppi principali, che contenevano questi e analoghi gruppi naturali (composite), ma anche altri più orientati alle applicazioni pratiche, come Pomiferae Arbores o Frumentaceae. Mentre l'opera di Bauhin manteneva persino la tradizionale ripartizione generale in alberi, arbusti ed erbe, fino alle plantae marinae e ai funghi, considerati excrementa terrae, Jungius respingeva questa suddivisione, in base a una corretta analisi della struttura dei fiori delle rosacee e delle malvacee (Malva rosea Cav. e Malva sylvestris L.), che lo portò a costituire molti generi e famiglie di piante fondandosi sull'analisi dei fiori. Robert Morison, botanico a Oxford, nella Plantarum umbelliferarum distributio nova (1672), dedicò alle ombrellifere la prima monografia incentrata su un'unica famiglia di piante. Per la pubblicazione della Plantarum historiae universalis oxoniensis pars secunda, del 1680, si basò sia sull'opera di Gaspard Bauhin sia su quella di Jean Bauhin, pur avanzando critiche, in parte giustificate, nei confronti di entrambe. Egli tenne conto soprattutto dei diversi tipi di frutti, facendo propri alcuni dei gruppi identificati da questi autori, ma non individuò la maggior parte dei gruppi naturali, a causa della trascuratezza nell'analisi delle strutture dei fiori. Nel 1689, Pierre Magnol nel Prodromus historiae generalis plantarum concepì l'idea della disposizione delle piante per famiglie.

Nehemiah Grew, in base a studi morfologici su numerose specie, comprese con estrema chiarezza quali conclusioni trarre dai diversi tipi di strutture organiche rilevati. L'osservazione comparata dei caratteri visibili esternamente ‒ come le forme, le proporzioni e le stagioni della loro comparsa in varie piante ‒ lo aveva portato all'individuazione di determinate caratteristiche o proprietà che, pur manifestandosi in modo diverso, dovevano essere riconducibili a una causa comune. Per effetto di questa si sarebbe dovuta discernere una qualche identità nella natura dei vegetali in questione: "Figure, proporzioni, […] stagioni […] dei vegetali, e delle loro svariate parti possono essere osservati […] e poi istituire una comparazione fra essi e fra le diverse piante o parti di esse di cui sono le proprietà […] che quest'unica proprietà confacendosi a diversi vegetali potrebbe avere una causa: sebbene lo scopo e il fine possano variare; la causa [...] deve dunque comportare una qualche identità nella natura di quei vegetali nei quali agisce" (The anatomy of plants, p. 5). Una volta stabilite con la comparazione le caratteristiche comuni, si potevano determinare con maggior precisione gli ordini e i gradi delle loro affinità: "Di conseguenza istituendo questa comparazione noi saremo in grado di stabilire più precisamente gli ordini e i gradi delle loro affinità" (ibidem). L'analisi comparata degli organi di varie piante portò infine a riconoscere analogie, come quelle presenti tra i diversi generi di una stessa famiglia (per es., quella delle liliacee), sulle quali si poteva basare una classificazione. Simili considerazioni portarono Joseph Pitton de Tournefort, nelle opere Élémens de botanique (1694) e Institutiones rei herbariae (1700), a elaborare diagnosi per un discreto numero di generi di piante, con particolare riguardo alla struttura degli organi di fioritura e fruttificazione.

In un senso più ampio Marcello Malpighi ‒ con i suoi studi comparati sugli organi in ordine crescente di complessità strutturale a partire dalle piante, passando per gli insetti e altri invertebrati, fino ai vertebrati ‒ sperava di arrivare a comprendere meglio la graduale complessità degli organismi. Grazie a questo sarebbe stato possibile "distinguere in determinati ordini" anche la "tanto prolifica schiera delle piante" (Opera omnia, Prefazione). Un ulteriore obiettivo di Malpighi era di arrivare a una conoscenza sempre più profonda dei caratteri distintivi e dei raggruppamenti, grazie agli studi morfologici, anatomici ed evolutivi sugli invertebrati e i vertebrati, ma egli riuscì soltanto ad aprire la strada a questo vasto progetto, con un considerevole numero di nuove osservazioni su singoli aspetti della struttura corporea degli animali. Con analoga lungimiranza Edward Tyson considerava i risultati dei suoi studi anatomici comparati sui vertebrati come contributi alla conoscenza della classificazione sistematica degli animali. Nella prefazione all'Orang-outang sive homo sylvestris, ipotizzando una "catena della creazione" in scala gerarchica secondo la "graduale perfezione" delle diverse specie, voleva arrivare tramite esami anatomici comparati sulla conformazione corporea degli animali a una migliore comprensione della progressione della Natura: "Esaminando contemporaneamente le loro stesse parti, possiamo osservare meglio la gradazione della Natura nella formazione del corpo animale".

John Ray, nelle sue opere di sistematica zoologica e vegetale, fuse i risultati dell'anatomia comparata degli animali con quelli dell'organografia comparata delle piante, in una sintesi in cui il sapere della sua epoca si incontrava con nuovi tentativi di interpretazione. Ray riprese il lavoro di Jungius, discutendo dettagliatamente in vari scritti i fondamenti teorici di un sistema degli organismi, nonché i principî di classificazione. La sua vasta conoscenza delle specie lo portò a costruire un sistema partendo dalle unità sistematiche più circoscritte, come aveva fatto Gaspard Bauhin che aveva cominciato a interpretare i termini sistematici basilari quali categorie tassonomiche e le denominazioni delle specie quali nomi propri invariabili. Per Ray, come per Tyson, l'intera Natura animata era ordinata gerarchicamente in una scala priva di lacune (natura non facit saltus), dove le 'zoofite' occupavano un posto intermedio tra il regno vegetale e quello animale. Allo stesso modo di Jungius, egli sottolineò che le caratteristiche 'accidentali' (come il colore dei petali delle fanerogame) andavano registrate, ma non potevano essere usate per differenziare le specie. A tale scopo potevano servire solo le differentiae specificae, tra le quali erano da annoverare preferibilmente le forme (figurae), il numero e la disposizione delle parti del corpo, sia esterne sia interne, come anche i vari fenotipi e le trasformazioni dall'embrione fino all'organismo vegetale e animale adulto. In quanto nominalista, Ray esortava a rilevare il maggior numero possibile di caratteristiche degli organismi e sotto l'influsso del sensismo di John Locke, considerava la percezione sensoriale il fondamento più affidabile della ricerca naturalistica (Methodus plantarum nova; Methodus plantarum emendata). A partire dal 1674 egli studiò un sistema di classificazione delle piante, elaborando diagnosi per le unità sistematiche più ampie fino ai generi e suddividendo l'intero sistema dicotomicamente e tricotomicamente in comode tavole sinottiche; Ray tra l'altro, utilizzando i risultati delle osservazioni di Malpighi, introdusse le classi delle dicotiledoni e delle monocotiledoni. Nella Historia generalis plantarum descrisse più di 6100 specie, tra cui molte extraeuropee, indicando oltre alle caratteristiche degli organi anche la diffusione e l'impiego delle piante. Partendo da un concetto di specie su base genealogica, Ray, nel primo volume, sottolineò che la parentela tra individui si riconosce non solo dall'affinità morfologica degli organi, ma anche dalla capacità di generare una prole comune. La sistematica vegetale di Ray fu utilizzata soprattutto da botanici inglesi e olandesi. Dato che era basata su un elevato numero di gruppi, creati utilizzando una grande varietà di criteri, molti la trovarono complicata, preferendole la classificazione di Joseph Pitton de Tournefort e, in seguito, il più pratico sistema sessuale di Linneo. Solo nel corso del XIX sec. gli scienziati impegnati a elaborare il sistema naturale si accostarono ai risultati di Ray.

Grazie ai solidi presupposti già citati e basati sulla vasta conoscenza morfologica acquisita nel corso di viaggi, e alla collaborazione con Francis Willughby (1635-1672), Ray elaborò fino al 1693 una nuova classificazione dell'intero regno animale, tenendo conto in prevalenza dei caratteri morfologici e anatomici, integrati con il regime alimentare, le abitudini di vita e i criteri evolutivi. Nell'Ornithologia, circa 230 specie furono suddivise in gruppi che corrispondevano meglio di quelli di Linneo al successivo sistema naturale. Ray sviluppò ulteriormente anche la classificazione dei pesci, utilizzando prevalentemente criteri anatomici relativi alla struttura di tutti gli organi, incluso il cervello, basandosi, oltre che sulle dissezioni da lui stesso effettuate, sui risultati elaborati dai naturalisti della Royal Society, come Martin Lister, Edward Tyson, Thomas Willis e Hans Sloane. Per la sua classificazione degli insetti nella Methodus insectorum e nella Historia insectorum Ray si fondò, oltre che su studi propri e di Willughby, sulla storia naturale degli insetti di Jan Swammerdam che, nella Historia insectorum generalis del 1669, aveva formato su base evolutiva quattro gruppi maggiori. Infine Ray raggruppò nella Synopsis methodica animalium quadrupedum et serpentini generis alcune classi, molti generi e famiglie in base alle loro caratteristiche anatomiche e ad alcuni caratteri evolutivi, individuando così numerosi gruppi naturali di animali. Per la prima volta riunì i serpenti in un unico gruppo insieme agli altri rettili, considerando secondarie le caratteristiche 'quadrupede' o 'anfibio'; trascurando il loro ambiente vitale, classificò i pipistrelli tra i quadrupedi vivipari. Con le ricerche comparate sulla morfologia delle piante e l'anatomia degli animali e con i principî da esse derivati per la classificazione degli organismi, non era stata solamente osservata una grande quantità di particolari ‒ in special modo la struttura corporea di piante e animali ‒ ma erano emerse con chiarezza anche le lacune esistenti. Soprattutto era stato trovato un diverso fondamento per la ricerca induttiva, legato a nuovi metodi. Nella ricerca naturalistica, la raccolta e la descrizione degli oggetti furono completate a partire dal XVII sec. grazie a un'analisi comparata delle parti del corpo esterne e interne degli oggetti naturali, analisi che ‒ oltre a permettere di interpretare le funzioni delle varie parti ‒ fornì nuovi criteri per l'ordinamento sistematico di svariate forme di organi e specie.

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