La scienza in Cina: dai Qin-Han ai Tang. L'agricoltura

Storia della Scienza (2001)

La scienza in Cina: dai Qin-Han ai Tang. L'agricoltura

Hsu Cho-yun
Francesca Bray

L'agricoltura

L'agricoltura e lo Stato nel periodo Han

di Hsu Cho-yun

Il periodo della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) è stato testimone della formazione di un'economia agraria caratterizzata dalla costituzione di piccole aziende agricole a coltivazione intensiva, inserite in un sistema di scambi commerciali. Questo tipo di organizzazione economica prese forma gradualmente grazie a una positiva interazione fra progresso tecnologico e orientamento politico dello Stato nei confronti dell'agricoltura. Tale organizzazione è rimasta invariata per molti secoli nella storia cinese e ha contribuito a rendere stabili tanto il sistema culturale quanto quello socioeconomico della Cina fino al XIX sec., quando l'ingresso dell'economia industriale moderna ne ha trasformato profondamente le tradizioni.

La formazione dell'economia agraria Han ha origine nei secoli precedenti, durante il cosiddetto periodo delle Primavere e autunni (770-481 a.C.) e il periodo degli Stati combattenti (480-221 a.C.); decisivi furono il crollo del feudalesimo e la diffusione degli attrezzi di ferro e delle macchine utensili. Con il graduale sgretolarsi della dinastia Zhou (XI sec.-221 a.C.) ‒ nel periodo che va dall'VIII al V sec. a.C. ‒ e del sistema feudale, la terra, suddivisa in piccole proprietà, poté essere lavorata da singoli agricoltori. La comparsa degli attrezzi di ferro e delle macchine utensili non soltanto rese più facile la coltivazione, ma permise anche la realizzazione di progetti d'irrigazione su scala assai più ampia. Per esempio, l'irrigazione del bacino della città di Chengdu (Sichuan) per mezzo della rete irrigua della diga di Dujiangyan, costruita tra il 351 e il 306 a.C., accrebbe di parecchie migliaia di ettari la terra arabile. Interessante, per il visitatore di questi luoghi, è vedere l'antica statua di pietra ‒ scoperta nel letto del fiume ‒ che rappresenta una figura umana con in mano un badile. Durante questi due secoli furono realizzati altri numerosi progetti d'irrigazione, il cui sviluppo portò, naturalmente, a un considerevole aumento della produttività.

Il passaggio da una società feudale a una società di mercato, insieme a drastici cambiamenti nel sistema di coltivazione, influenzò anche altri aspetti dell'economia dell'antica Cina. La commercializzazione dei prodotti fece aumentare gli scambi e rese più versatile la produzione dei beni di consumo; in questo modo, le attività manifatturiere e il commercio nelle città prosperarono in misura tale da far crescere notevolmente l'influenza della classe mercantile nella vita politica, a livello sia dello Stato sia delle singole comunità. Il capitolo sulla storia delle imprese commerciali e sulla biografia dei commercianti di maggiore rilievo che troviamo nelle Memorie di uno storico (Shiji, la prima storia esauriente della Cina, compilata nel II sec. a.C.), descrive con chiarezza il rapido emergere, nel corso del III e II sec. a.C., di un'economia urbana. Sarebbe importante capire, a questo punto, perché, da questo momento in poi, si favorì un'economia rurale e agraria piuttosto che un'economia mercantile. Il periodo degli Han anteriori (206 a.C.-9 d.C.) può essere considerato il punto di svolta verso un'economia prevalentemente agraria; precisamente, fu il regno dell'imperatore Wu a segnare il mutamento decisivo, giacché da quel momento in poi l'economia cinese trovò le proprie fondamenta nella coltivazione intensiva e nell'artigianato delle aree rurali.

Diverse circostanze precedettero e causarono questo sviluppo. La prima fu la pressione demografica nel corso dei primi decenni della dinastia Han, durante i quali i Cinesi godettero di un lungo periodo di pace, lontani da quei conflitti interni che avevano caratterizzato i secoli precedenti. Purtroppo, la mancanza di dati statistici affidabili non ci permette di tracciare un profilo demografico del primo secolo della dinastia Han; tuttavia, se esaminiamo un piccolo gruppo di campioni, è possibile verificare la crescita della popolazione in determinate località. Si può ritenere che il tasso di crescita medio annuale nel II sec. a.C. sia stato dell'1,6% e che durante il I sec. a.C. ci sia stato un graduale livellamento. Con un tasso di crescita dell'1% annuo, una popolazione costituita in partenza da 100 individui, dopo cento anni, potrebbe raggiungere 270 unità. Non è da escludere, dunque, che durante il primo secolo della dinastia Han si sia assistito al raddoppiamento della popolazione.

Un fenomeno ancora più significativo fu la vasta concentrazione della popolazione nell'area centrale dell'Impero, soprattutto nelle province limitrofe alla capitale e nelle pianure centrali dei tratti medio-bassi di bonifica del Fiume Giallo. L'elevato costo dei terreni in questa area sembra confermare le condizioni di sovrappopolamento citate nelle fonti letterarie. Nonostante che per tutta la durata della dinastia Han vi fosse una costante ridistribuzione demografica e le province ai confini dell'Impero fossero scarsamente popolate, la pressione demografica in certe aree ha rappresentato sempre un problema fortemente sentito. Un alto rapporto proporzionale tra uomo e terra, dell'ordine di 15 mu (6880 m2 ca.) pro capite ‒ di per sé indicativo di un'eccedenza di manodopera ‒ rendeva, d'altra parte, possibile e praticabile l'intensificazione della coltivazione. A prescindere dal fatto che la terra arabile fosse posseduta da grossi proprietari terrieri o da agricoltori indipendenti, se si voleva accrescere la produttività unitaria il sistema di coltivazione ad alta intensità di manodopera doveva risultare redditizio.

Le autorità imperiali Han ereditarono dai loro predecessori Qin (221-206 a.C.) un orientamento politico che tendeva a favorire maggiormente lo sviluppo agrario piuttosto che le attività commerciali. Lo Stato si preoccupava delle condizioni degli agricoltori, considerati 'il fondamento dello Stato', mentre le altre classi sociali, come i commercianti e gli artigiani, erano tenuti in minore considerazione. D'altra parte, l'agricoltura era la fonte principale delle entrate dello Stato; non a caso, infatti, il Ministero delle finanze in questo periodo fu chiamato 'Grande Ministero dell'agricoltura' e 'Agricoltore diligente' era uno dei titoli onorifici attribuiti ai notabili locali per particolari meriti, come 'Figlio filiale' e 'Incorruttibile', usati per i candidati ai servizi governativi. Questi titoli, col passare del tempo, furono gradualmente usati per designare semplici cariche onorifiche, e sono paragonabili a quello di Giudice di pace dell'Inghilterra odierna.

Per dare impulso allo sviluppo agrario, lo Stato Han dovette sostenere alcuni sforzi; nel 155 a.C., per esempio, le tasse (corrispondenti a un tredicesimo del raccolto) furono ridotte; inoltre, al fine di rendere disponibili gli acri di terra arabile, lo Stato cedette agli agricoltori terre sulle quali deteneva il controllo, affinché le lavorassero. Le migrazioni verso le regioni meno popolate, sempre incoraggiate, furono talvolta anche organizzate e pianificate dal governo in maniera sistematica. Seguendo una pratica già adottata durante il periodo degli Stati combattenti, il governo Han ‒ a livello sia centrale sia locale ‒ cominciò a realizzare progetti di controllo delle acque allo scopo di bonificare i terreni, irrigare i campi e trasportare le granaglie.

Il problema reale dell'agricoltura nel periodo in esame sembrava risiedere nel fatto che la quota di terra arabile assegnata a ciascun coltivatore risultava insufficiente. Da una recente scoperta archeologica si è constatato che l'appezzamento medio di una tipica famiglia contadina affittuaria con cinque persone in grado di lavorare la terra, così come mostrano i documenti di una comunità Han, non era più grande di 20÷30 mu (9173÷13.760 m2 ca.), come dire che, in media, si avevano meno di 1000 m2 di terra pro capite. Una famiglia ideale di agricoltori con cinque membri, per poter condurre una vita normale, avrebbe dovuto possedere 100 mu (45.865 m2), e in questo periodo neppure il più ricco dei poderi raggiungeva tale estensione.

I coltivatori, costretti a sopravvivere con esigui appezzamenti di terra, dovevano trovare il modo di accrescere la produttività per acro e, allo stesso tempo, procurarsi entrate esterne aggiuntive. Per accrescere la produttività era necessario aumentare la manodopera, mentre per procurarsi entrate esterne si dovevano avviare attività di altro genere. I coltivatori Han adottarono entrambe le strategie e, alla fine, riuscirono a sviluppare sofisticate tecniche di agricoltura e un tipo di organizzazione economica delle proprietà agricole che furono conservate anche nei secoli successivi. Già nel periodo delle Primavere e autunni e in quello degli Stati combattenti, si era avviato il perfezionamento dei sistemi di coltivazione. Durante il V sec. a.C. un gruppo di agronomi (nongjia) aveva predicato il valore dell'agricoltura e aveva propugnato la conoscenza delle scienze agrarie. Nelle antiche bibliografie della Storia della dinastia Han [anteriore] (Hanshu) sono citati alcuni titoli delle loro presunte opere, a noi non pervenute. Comunque, gli antichi metodi di coltivazione sono descritti in specifici capitoli della letteratura anteriore ai Qin: il Libro del Maestro Guan (Guanzi), forse compilato tra il V e il III sec. a.C., includeva capitoli sulle condizioni del terreno; l'opera di Lü Buwei (Primavere e autunni del Signor Lü, Lüshi chunqiu), del III sec. a.C., ne conteneva di specifici sulla gestione dei campi, su come migliorare la qualità del terreno e sugli effetti di una corretta scelta nei tempi di coltivazione. Erano inoltre apparsi alcuni vecchi almanacchi di attività agrarie in forma di calendario, come il Piccolo calendario dei Xia (Xia xiaozheng) e le Ordinanze mensili (Yueling), capitoli dell'antologia confuciana Memorie sui riti (Liji), entrambi compilati nel tardo III sec. a.C. Queste opere compendiavano le conoscenze pratiche accumulate nel periodo antecedente l'unificazione Qin e Han: i principî generali presupponevano che, per accrescere la produttività, si dovessero sfruttare al meglio le condizioni ambientali ‒ ossia il clima, le condizioni atmosferiche (come l'umidità), la qualità del terreno, l'approvvigionamento idrico ‒, oltre a usare un'enorme quantità di manodopera. Era molto importante che i coltivatori prestassero la massima attenzione alla scelta e alla rotazione delle colture, alla selezione delle sementi, all'uso dei vari tipi di concimazione, alla pianificazione dei tipi di piantagione, alla sarchiatura, alla difesa dagli insetti, alle irrigazioni (che dovevano essere corrette e tempestive), e così via.

Questi principî che regolavano la coltivazione ad alta intensità di manodopera, citati nella letteratura antecedente ai Qin, diventeranno più sofisticati nel periodo Han; nella bibliografia della Storia della dinastia Han [anteriore], alla voce 'agricoltura' sono elencati nove titoli. Di queste opere esiste ancora ‒ seppure in frammenti citati da altri testi di agraria ‒ soltanto il Libro di Fan Shengzhi (Fan Shengzhi shu). Un'altra opera importante è quella dal titolo le Ordinanze mensili per le quattro classi di persone (Simin yueling) di Cui Shi (?-170 d.C. ca.), un 'agricoltore gentiluomo' che compilò questo almanacco come 'manuale' per i proprietari terrieri che dovevano dirigere le loro grandi tenute. Sia Fan Shengzhi sia Cui Shi erano stati pubblici funzionari, e con tutta probabilità avevano contribuito attivamente a promuovere lo sviluppo agricolo all'interno delle loro rispettive giurisdizioni, un comportamento, questo, comune tra gli amministratori Han. La menzione di questa meritoria attività praticata dai funzionari è infatti assai frequente nelle biografie e nei testi ufficiali di storia scritti durante tale periodo.

Per quanto riguarda gli utensili, i coltivatori disponevano di un vero e proprio assortimento di attrezzi di ferro battuto e di ghisa. Durante la dinastia Han, l'estrazione e la lavorazione del ferro erano monopolio dello Stato, che si preoccupava di far disegnare, produrre e distribuire una ricca gamma di strumenti agricoli. La metallurgia aveva raggiunto un livello tecnologico molto elevato; il ferro era temprato, battuto allo stato puro, indurito nel carbonio (dunque trasformato in acciaio) ‒ tecniche che permettevano di produrre numerose macchine utensili nonché attrezzi di ferro, quali vanghe, zappe, escavatori, aratri, falci, falcetti, tutti differenziati in sottotipi in base alle loro particolari funzioni. Le scoperte archeologiche ci forniscono alcuni esempi degli attrezzi Han.

Questa diversificazione funzionale appare più chiara se si esamina l'evoluzione a cui fu sottoposto l'aratro. L'aratro Han consisteva di un vomere provvisto di una lama e di un versoio a porca posteriore, era trainato da un bue o da una coppia di buoi o cavalli ed era in grado di aprire il terreno in profondità, rovesciandolo in modo da creare appunto delle porche. Per bonificare nuovi campi ‒ o per arare più in profondità ‒ probabilmente erano usati gli aratri più pesanti, mentre per frantumare le zolle di terra grumosa si usavano aratri più leggeri. La seminatrice era costituita da alcuni tubi fissati a un piccolo vomere, attraverso i quali l'agricoltore gettava le sementi nel terreno lavorato potendo così regolare la distanza tra le piante. Il governo Han incoraggiava l'uso dell'aratro e, in modo particolare, esortava le popolazioni che abitavano nelle regioni di confine ad adoperare l'aratro trainato dal bue. Le testimonianze archeologiche raccolte confermano quanto documentato dai testi, e cioè che in zone assai distanti fra loro si usavano aratri di struttura simile.

Il coltivatore disponeva di una lunga lista di coltivazioni da cui scegliere. Tra i cereali, nel Nord era comune il miglio vero e proprio (Panicum miliaceum) e due varietà di panìco o miglio a grappolo (Setaria italica); nel Sud era coltivato il riso. Vari tipi di fagioli, comprese la soia e diverse specie di leguminose, originariamente coltivati nelle regioni montuose, si diffusero successivamente in molte altre regioni, come avvenne per la canapa di cui si consumavano i semi come alimento e si usavano le fibre per i tessuti. Il frumento, l'orzo e l'avena, probabilmente importati in Cina dall'Asia occidentale, gradualmente guadagnarono terreno diventando i raccolti principali. L'Avvicinamento a ciò che è corretto (Erya, noto anche come Lessico letterario) e il Manuale per un 'rapido apprendimento' (Jijiu pian), due compilazioni lessicografiche del periodo Han, riportavano i nomi dei prodotti più comuni, spesso dividendo ciascuna di queste specie in varie sottospecie, dando in questo modo un'idea della varietà delle colture del periodo.

Frammenti di un testo di agraria del primo periodo Han, il Libro del comandante Yin (Yin Duwei shu), contenevano informazioni sulla coltivazione di aglio, cipolla, malva, melone e senape. La stessa fonte descrive la produzione complessiva di un podere suddividendola in ortaggi e prodotti di giardino per il 20%, foraggio e 'sei animali' (polli, cani, maiali, cavalli, bestiame di grossa taglia e pecore) per un altro 20% e il raccolto di cereali per il rimanente 60%. Nelle Ordinanze mensili per le quattro classi di persone, Cui Shi menzionava gli ortaggi da consumare o da vendere, cioè il melone, la zucca, la malva, l'ibisco, l'erba medica, le piante di senape, la rapa, l'aro d'Egitto, lo zenzero, il nardo selvatico, la cipolla, l'aglio, lo scalogno, il porro, il pepe d'acqua e il timo. La maggior parte delle specie elencate era stata di recente introdotta in Cina dall'Asia centrale. Oltre all'aglio, lo scalogno, il melone e l'erba medica, c'erano anche il cetriolo, l'uva, la fava e il sesamo.

Disponendo di queste specie, l'agricoltore Han era in grado di sviluppare sistemi di raccolto multipli. Nel Nord, il frumento o l'orzo venivano piantati subito dopo la mietitura del miglio a spiga; la soia e il miglio, invece, dopo la mietitura del frumento o dell'orzo. In questo modo, tre raccolti rotavano senza interruzione nell'arco di due anni, nel contempo, tra un raccolto e l'altro, usando lo spazio tra i filari del grano maturo, si piantava una certa varietà di ortaggi. Tra le specie coltivate nel Nord, il miglio era una pianta indigena domesticata in Cina nel Neolitico, la soia veniva usata per aumentare la fertilità del terreno, mentre il frumento e l'orzo, resistenti al freddo, attecchivano in profondità: la rotazione multipla dei raccolti poteva avvenire grazie alla complementarità di queste caratteristiche. Nella Cina meridionale, la lunga stagione della coltivazione permetteva due raccolti l'anno: il riso greggio costituiva il raccolto principale, mentre fagioli e ortaggi erano coltivati negli intervalli. Purtroppo, le informazioni sull'agricoltura del Sud sono molto scarse, in quanto i documenti pervenutici riguardano principalmente la Cina settentrionale.

La soia è una risorsa di proteine importante nella dieta cinese; la leggenda vuole che il doufu, una proteina vegetale che si produce facendo cagliare un liquido gelatinoso derivato dalla soia, sia stato inventato nel periodo Han. Questa leggenda, comunque, è stata avvalorata dalla scoperta di una pittura murale a Mixian (Henan), che sembra rappresentare il processo di produzione del doufu, anche se il dipinto, in cattivo stato di conservazione, non può essere considerato una vera e propria testimonianza. Il frumento e l'orzo, in origine coltivati nell'Asia occidentale, furono considerati come colture di secondaria importanza. Sembra che fino all'inizio del I sec. a.C., il governo inviasse esperti che insegnavano agli agricoltori le tecniche di coltivazione del frumento e dell'orzo; a causa dell'estensione del territorio cinese, era facile, infatti, che le tecniche agricole acquisite in un'area fossero sconosciute in un'altra. La svolta decisiva si verificò durante la dinastia degli Han posteriori (25-220 d.C.), quando l'importanza assunta dal frumento e dall'orzo fece sì che lungo i fiumi cominciassero a essere costruiti mulini ad acqua e mortai per la produzione della farina. Gradualmente il frumento sostituì il miglio, diventando il raccolto principale della Cina del Nord.

In questo periodo apparvero due nuovi metodi di coltivazione. Il metodo dell''aratura a porca' (daitian), propugnato da Zhao Guo (un funzionario a cui è attribuito il merito di avere promosso lo sviluppo dell'agricoltura nel II sec. a.C.), consisteva nel seminare la pianta sul ciglio dei solchi formati dall'aratro, mettendo così a disposizione delle piante uno strato più alto di terra e diminuendo le conseguenze negative prodotte dalle acque stagnanti. I vantaggi di questo metodo erano molteplici e consistevano in una migliore ventilazione ed esposizione alla luce solare, nel consolidamento costante e graduale del terreno attorno alla radice della pianta coltivata (il terreno era spinto dalla porca nei solchi), in una protezione più efficace contro i venti molto forti e in una sarchiatura più facile grazie ai filari ben allineati, infine nella possibilità di evitare un eccessivo consumo di semente e di accrescere lo spazio per la coltivazione. Il perfezionamento dell'aratro, inoltre, permise di scavare file profonde e dritte e di rivoltare la terra in modo da potere usare anche le porche. Le nozioni basilari del metodo daitian furono discusse nell'opera di Lü Buwei, Primavere e autunni del Signor Lü, ed è di notevole rilievo il fatto che i principî di questo metodo siano stati adottati nel corso di tutta la storia dell'agricoltura cinese.

Un altro nuovo metodo, la 'semina a ciotola' (ouzhong), è descritto nel Libro di Fan Shengzhi. La tecnica consisteva nel seminare e far crescere ogni singola pianta dentro una piccola buca, usando un'alta concentrazione di concime. La produzione presunta per unità, in base a quanto indicato nel testo, era incredibilmente alta. Lo svantaggio della coltivazione in buca era l'elevata richiesta di manodopera necessaria per la cura delle piante; inoltre, la divisione del terreno in piccoli appezzamenti non consentiva l'uso di animali o di macchinari, quali l'aratro. Conseguentemente, questo metodo di orticoltura non era molto adottato, se non per produrre raccolti redditizi ad alto valore di mercato.

Il Libro di Fan Shengzhi, che comprendeva anche alcune discussioni sull'organizzazione delle risaie, ci aiuta a capire qualcosa sulla coltivazione del riso greggio, molto importante nel Sud della Cina. Scopriamo, per esempio, quanta attenzione era posta alla regolazione del livello e del getto dell'acqua. La semina in semenzaio ‒ procedimento mediante il quale si fanno germinare i semi in piccoli appezzamenti mentre altri raccolti sono ancora a dimora (tecnica a tutt'oggi usata dai coltivatori cinesi) ‒, oltre a ottimizzare l'uso della terra, permetteva alla piantina giovane di crescere in condizioni simili a quelle garantite dalla coltivazione in buca.

Naturalmente, tutti questi metodi prevedevano un elevato impiego di manodopera. Le famiglie, infatti, dovevano estirpare incessantemente le erbacce ed eliminare gli insetti dai campi, smuovere e spianare il terreno nei solchi e attorno alle radici, raccogliere e preparare (di solito, mediante fermentazione) diversi fertilizzanti, dal concime vegetale ai rifiuti animali. Dovevano anche trattare i semi con uno strato di agente fertilizzante prima di piantarli. Si può, pertanto, affermare che un elevato uso di manodopera era la caratteristica più evidente dell'agricoltura durante gli Han. Anche se la richiesta di manodopera era più elevata durante la semina e il raccolto, ogni famiglia di agricoltori doveva comunque poter disporre, in qualunque momento, di una squadra di lavoratori. Per questa ragione, tutti i membri della famiglia partecipavano alla produzione, mentre di alcuni lavori, come l'estirpazione delle erbacce e il controllo degli insetti, si occupavano soltanto le donne e i bambini.

Le famiglie di agricoltori allevavano di solito animali domestici (soprattutto polli, maiali e cani) che, oltre a fornire fertilizzante organico, costituivano la principale fonte di carne per l'alimentazione. Nelle tombe Han, spesso uno stazzo di terracotta è parte integrante delle dimore d'argilla. I lavori di filatura, tessitura e fattura degli abiti, non soltanto servivano a realizzare gli indumenti di abbigliamento per tutti i componenti della famiglia, ma assumevano importanza anche a livello di produzione artigianale, consentendo entrate supplementari.

Le Ordinanze mensili per le quattro classi di persone ci hanno lasciato interessanti informazioni su un certo numero di attività a carattere non agricolo, come la lavorazione di prodotti locali di maggior consumo (per es., la fabbricazione di candele, mobili per arredamento, ecc.), che avevano dato il via a vere e proprie industrie artigianali rurali. I proprietari terrieri, a beneficio dei quali le Ordinanze mensili erano state compilate, si occupavano anche ‒ e sempre per lucro ‒ della vendita e dell'acquisto di granaglie. L'agricoltura degli Han era strettamente correlata con le attività di mercato e, a osservarne attentamente i meccanismi, sembra di trovarvi un antecedente del modello di rete di vendita descritto da G. William Skinner (1964). Poiché, come si è detto, le attività commerciali e manifatturiere urbane fiorirono particolarmente durante la dinastia Qin e l'inizio degli Han anteriori, le industrie artigianali rurali avevano poche possibilità di competere con una forte economia urbanizzata. Tuttavia, il governo Han, dopo un periodo di tolleranza, preoccupato dell'influenza dei ricchi uomini d'affari, iniziò a prendere ripetute misure per contenere le attività dei settori economici privati. La produzione del sale e del ferro, attività molto redditizia, fu posta sotto il monopolio dello Stato. Le persone più facoltose delle province furono, quindi, costrette a trasferirsi nella regione intorno alla capitale per curare meglio i loro affari. Il colpo finale e decisivo fu assestato nel 117 a.C. quando, a seguito di una vasta operazione volta a smascherare un giro di frodi fiscali, furono confiscate le proprietà e i beni di coloro i quali avevano avviato attività commerciali e imprenditoriali in città, lasciando così nuovo spazio alle industrie artigianali rurali. A beneficiare di questo furono sia i coltivatori sia i proprietari terrieri, che in tal modo riuscivano ad ampliare i margini dei loro redditi. In conclusione, per bilanciare uno sfavorevole rapporto uomo-terra (dovuto a un'enorme pressione demografica), il modello di organizzazione economica poté sostenersi grazie a un sistema di coltivazione ad alta intensità di manodopera.

Dunque, la conoscenza e la padronanza delle tecniche di coltivazione intensiva che l'agricoltore Han possedeva erano così elevate da permettergli uno sfruttamento razionale e continuativo dei terreni arabili, necessario per alimentare la vasta popolazione di un territorio con spazi arabili limitati. In questo ambito, lo Stato interveniva promuovendo sia la coltivazione di determinati raccolti sia l'uso di certi utensili; inoltre, a diversi livelli di amministrazione, sosteneva la realizzazione di progetti per il controllo idrico. In alcuni casi i pubblici funzionari si adoperavano per diffondere in aree più vaste l'adozione di tecniche di coltivazione già sperimentate in altre zone. Allo stesso tempo, lo Stato tentava di limitare l'economia urbana, originariamente forte, dando così all'industria artigianale rurale l'opportunità di entrare in una rete di scambi commerciali che integrasse le entrate degli agricoltori. Lo sviluppo dell'agricoltura Han, nella sua complessità, fu dovuto al verificarsi di numerosi fattori, quali la pressione demografica, la potenzialità del mercato, gli interventi governativi, le differenze di produzione a livello regionale, e così via. L'agricoltura non fu affatto il frutto dello sforzo consapevole di un indirizzo politico atto a crearne un progresso lineare; tuttavia, possiamo affermare che dopo uno sviluppo durato quattro secoli, prese forma in Cina un'economia rurale di mercato.

'Tecniche essenziali per il popolo'

di Francesca Bray

Nella moderna scienza dell'agricoltura, i principî generali della biologia sono applicati all'analisi dei processi agricoli e usati in via sperimentale per migliorare la produttività delle colture. Anche nel contesto cinese esisteva una scienza dell'agricoltura che applicava la conoscenza cosmologica delle forze e dei processi naturali alla coltivazione; i suoi seguaci, gentiluomini di campagna o contadini analfabeti che fossero, si sforzavano di armonizzare i principî astratti della cosmologia con la loro sottile conoscenza empirica dell'ambiente e delle tecniche di cui si servivano per aumentare la fertilità del suolo. I trattati di agraria, come le Tecniche essenziali per il popolo (Qimin yaoshu), composte da un uomo di cultura che era anche proprietario di un'azienda agricola, riflettono il complesso intreccio tra teorie naturali ed esperienza empirica, tra conoscenze libresche e saperi pratici che caratterizzava la scienza agricola cinese.

Sono noti diversi frammenti di opere di agronomia più antiche, conservati attraverso le citazioni di altri autori, ma le Tecniche essenziali per il popolo rappresentano il primo trattato cinese di agraria giunto sino a noi nella sua interezza; scritta in un linguaggio limpido e semplice, è un'opera esauriente e dalla struttura ordinata, in cui le tecniche descritte appaiono estremamente perfezionate. Grazie a ciò, quest'opera ha continuato a essere usata per secoli ed è sopravvissuta quasi intatta sino ai nostri giorni.

Le Tecniche essenziali per il popolo e le fonti relative all'opera

Jia Sixie, l'autore delle Tecniche essenziali per il popolo, era un funzionario di medio livello vissuto verso la fine della dinastia dei Wei settentrionali (386-534). Dalle condizioni naturali descritte nel suo trattato si può dedurre che sia vissuto nello Hebei o nello Shandong e la sua opera fu portata a termine tra il 530 e il 540 d.C.; questo è pressappoco tutto quello che sappiamo di lui. Le Tecniche essenziali per il popolo sono un testo di oltre centomila caratteri, scritto e ordinato con grande chiarezza, che rappresenta al tempo stesso un'enciclopedia e un manuale. Il fatto che Jia si scusi per gli eventuali inconvenienti causati dalla presenza di un sommario sembra indicare che a quell'epoca l'uso dei sommari non fosse ancora generalizzato. L'autore tratta in modo sistematico ogni aspetto delle tecniche di coltivazione, delle piante coltivate, degli animali da allevamento e della lavorazione degli alimenti diffusi a quel tempo nella Cina settentrionale. Nella prefazione Jia spiega la scelta del titolo, dicendo che il libro descrive le 'tecniche essenziali' (yaoshu) indispensabili alla 'gente comune' (qimin) o agli agricoltori, e introduce così la sua opera:

Ho raccolto materiali dai testi tradizionali e dalle canzoni popolari; ho chiesto informazioni agli anziani e ho imparato dall'esperienza pratica. Dall'aratura ai sottaceti, non vi è attività domestica o agricola che non abbia esaurientemente descritto. Ho chiamato il mio libro Tecniche essenziali per il popolo. L'opera comprende novantadue capitoli, ripartiti in dieci libri; ogni capitolo è preceduto da un sommario che da una parte può complicare la lettura, ma dall'altra rende molto più facile trovare ciò che ci interessa […].

Nello scrivere questo libro la mia intenzione era d'istruire i giovani (tong) della mia famiglia, non di comporre un'opera per il pubblico colto. Spesso mi ripeto, nel tentativo di far comprendere ai lettori le istruzioni per ogni attività, e non mi curo dell'eleganza delle frasi. Spero di non apparire ridicolo a nessuno per questo. (Qimin yaoshu jinshi, p. 12)

Lo stile letterario convenzionale dell'epoca era elaborato, fiorito e allusivo; tuttavia, benché composto effettivamente in uno stile piano e tecnico, il libro di Jia non era diretto a un pubblico di contadini analfabeti, ma a quello dei proprietari terrieri e, malgrado le sue scuse, Jia dimostra di possedere una notevole cultura. Come in tutte le opere di questo periodo, quasi la metà del libro è costituita da citazioni, tratte da circa centosessanta opere risalenti sino a sette secoli prima della sua pubblicazione.

Jia non trae le proprie citazioni solamente dai testi di agronomia, ma si serve liberamente anche delle opere storiche, dei trattati di filosofia della Natura, di cosmologia e di divinazione, di opere sul divino e il bizzarro, come le Biografie dei santi immortali (Shenxian zhuan, attribuito a Ge Hong, 281-341 ca., un taoista esperto di alchimia), e delle raccolte di studi naturali, come la Relazione sulle erbe meridionali (Nanfang caowu zhuang, attribuito a Xu Zhong, uno studioso del periodo Jin di cui ci sono pervenute soltanto alcune citazioni). Nelle Tecniche essenziali per il popolo i capitoli dedicati a una specie coltivabile o a un animale domestico iniziano in genere con una discussione delle loro differenti varietà o razze e dei nomi comuni o eruditi con i quali erano chiamate. Tale discussione si basava su citazioni tratte da opere etimologiche ed enciclopediche, come per esempio l'Avvicinamento a ciò che è corretto (Erya, noto anche come Lessico letterario, un'opera composta probabilmente nel tardo periodo Zhou e ampliata e commentata intorno al 300 d.C. da Guo Pu), il Dizionario delle espressioni locali (Fangyan, 15 a.C. ca., di Yang Xiong, 53 a.C.-18 d.C. ca.), e l'Ampio resoconto di cose notevoli (Guangzhi, un'opera della fine del IV sec. composta da Guo Yigong). Seguendo una convenzione diffusa all'epoca, Jia inserisce i propri commenti accanto ai brani citati, affiancandoli al testo in una doppia colonna a caratteri più piccoli, e si serve dello stesso formato per aggiungere maggiori dettagli alle proprie affermazioni. Nei brani tradotti citati in questo capitolo, i commenti del curatore moderno Shi Shengan sono presentati tra parentesi tonde. Nonostante tutte le opere di agronomia precedenti siano andate perdute, l'abbondanza delle fonti citate nelle Tecniche essenziali per il popolo dimostra l'appartenenza di questa opera a una lunga e ricca tradizione di studi di agraria. Il capitolo bibliografico della Storia della dinastia Han [anteriore] (Hanshu) contiene un elenco di nove libri redatti da specialisti di agricoltura (nongjia, 'agronomi'), per un totale di 114 capitoli (pian), attribuiti in parte ad autori del periodo degli Stati combattenti e in parte a scrittori del periodo degli Han anteriori. Questi libri sono andati interamente perduti, tranne alcuni frammenti sparsi nelle opere di autori più tardi, e le citazioni contenute nel trattato di Jia Sixie rappresentano molto spesso l'unica o la principale fonte d'informazioni che possediamo su di essi, come pure su un libro del periodo degli Han posteriori, le Ordinanze mensili per le quattro classi di persone (Simin yueling), composto verso il 160 d.C. da Cui Shi (?-170 ca.).

Una delle opere menzionate nella bibliografia della Storia della dinastia Han [anteriore] è il Libro di Fan Shengzhi (Fan Shengzhi shu), composto in un momento imprecisato della dinastia degli Han anteriori; secondo la bibliografia, esso comprendeva in origine diciotto libri (contro i dieci delle Tecniche essenziali per il popolo), ma, benché si tratti di una delle opere più citate da Jia Sixie, i frammenti riuniti da Shi Shenghan non formano più di un sottile opuscolo, composto quasi interamente da descrizioni molto dettagliate di pratiche agricole; ciò fa ritenere che anche il Libro di Fan Shengzhi fosse formato in gran parte da citazioni di opere precedenti. Si consideri, per esempio, il seguente brano dalle Primavere e autunni del Signor Lü, che contiene una citazione da un testo intitolato Libro del Principe Miglio (Houji shu, in riferimento al capostipite della dinastia Zhou):

Sapete come rendere fertile il terreno basso e acquitrinoso? Sapete come proteggere i terreni asciutti e temperarli con l'umidità? […] Sapete fare in modo che le pannocchie del vostro miglio siano ben arrotondate e le bucce sottili, che i suoi granelli siano numerosi e pieni, così da avere cibo in abbondanza? Come potete ottenere tutto ciò? Applicando questi principî fondamentali di lavorazione del terreno: è necessario indebolire i [terreni] forti e rafforzare quelli deboli. Il [terreno che ha] riposato deve lavorare, quello affaticato deve riposare. Il magro va ingrassato, il grasso dimagrito. Il compatto deve essere reso soffice, il soffice compatto. L'umido deve essere asciugato e l'asciutto inumidito […]. Lavora il terreno cinque volte e sarchialo cinque volte. Osserva scrupolosamente queste regole. (Lüshi chunqiu, p. 27 e segg.)

Questo brano è citato a sua volta nelle Tecniche essenziali per il popolo, seguito subito dopo da una citazione dal Libro di Fan Shengzhi: "Quando gli albicocchi iniziano a fiorire, ara immediatamente i terreni leggeri e deboli; ripeti l'operazione quando i fiori degli albicocchi cadono a terra. Dopo l'aratura, appiattisci subito il terreno […]. Se il suolo è molto leggero, è consigliabile farlo calpestare dal bestiame. Questo è ciò che si dice 'rafforzare i terreni deboli'" (Qimin yaoshu jinshi, 1.12, p. 1).

Il Libro del Principe Miglio non è menzionato nella bibliografia Han ed è probabile che non fosse direttamente accessibile a Jia, e forse neppure a Fan; tuttavia, era citato nelle Primavere e autunni del Signor Lü, un testo di filosofia della Natura molto popolare e conosciuto. Ne possiamo dedurre che Jia non conosceva direttamente tutte le opere menzionate nel suo libro, ma a volte citava brani riportati da altri, copiando dalle fonti a lui accessibili interi passaggi che comprendevano una citazione di un'opera precedente e una sequenza storica composta da esegesi, commento e prove favorevoli o contrarie fornite da autori successivi. Tali brani erano seguiti infine dalle osservazioni dell'autore, secondo un modello tipico della cultura cinese dell'epoca. Tuttavia, anche tenendo conto di questa procedura, può apparire sorprendente che un oscuro funzionario dell'inizio del VI sec. potesse avere accesso alla consultazione o perfino possedere una copia (eseguita da lui stesso o da qualcun altro) di un numero così elevato di testi che a quel tempo circolavano soltanto in forma manoscritta. In questa procedura Jia non si distingue dagli altri autori della sua epoca; ciò potrebbe dar luogo ad alcune interessanti considerazioni sui rapporti tra canali di comunicazione culturale e produzione del sapere in Cina prima dello sviluppo della stampa.

Proprietari terrieri e agricoltori

È stata a lungo dibattuta la questione se le Tecniche essenziali per il popolo si rivolgessero a un pubblico formato da semplici agricoltori, come sembra suggerire il titolo, o costituissero piuttosto un manuale per i grandi proprietari terrieri (Kumashiro 1971; Herzer 1972); in altre parole, Jia Sixie scriveva in veste di funzionario o in quella di proprietario? Tanto l'esplicita affermazione di Jia di aver composto la sua opera a beneficio dei figli ‒ sebbene Miao Qiyu ritenga che il termine tong indicasse i servi e non i figli di Jia ‒ quanto la scala delle operazioni alla quale si fa riferimento nel testo, sembrano comunque indicare che, nello scrivere il suo libro, l'autore avesse in mente le grandi proprietà a conduzione centralizzata.

Uno storico dell'agronomia occidentale troverà forse sorprendente che questo punto possa essere oggetto di discussione; nella tradizione agronomica greca, romana ed europea l'esperienza delle grandi tenute agricole ha rappresentato, infatti, una fonte costante di esperienze e d'innovazioni. Scrittori come Catone (234-149 a.C.), Columella (I sec. d.C.) o Gervase Markham, pur essendo convinti di essere depositari di conoscenze universalmente valide che avrebbero contribuito al benessere generale, si rivolgevano ai loro pari, e non ai semplici contadini. In Occidente non esiste l'equivalente di quella categoria di libri di agronomia, scritti da funzionari per il pubblico più vasto, che svolse un ruolo così importante in Cina. L'idea che lo Stato potesse promuovere il miglioramento della qualità del lavoro degli agricoltori, o che questo fosse il mezzo più appropriato per favorire il progresso in campo agricolo, era del tutto estranea alla mentalità occidentale. In Cina, al contrario, quest'idea era già uno dei capisaldi dell'arte del governo all'epoca degli Stati combattenti, anche se non possiamo affermare con certezza che qualcuno dei trattati più antichi fosse rivolto in modo specifico a un pubblico di contadini, come è il caso di alcune grandi e influenti opere composte in epoche successive.

Quasi tutti i governi cinesi attuarono politiche volte a incoraggiare e migliorare il lavoro dei piccoli proprietari. Tale strategia si accordava sia all'etica politica confuciana, che imponeva di governare a beneficio del popolo, sia al principio legista d'incrementare le entrate dello Stato attraverso la tassazione diretta dei produttori agricoli; i grandi latifondisti potevano inoltre rappresentare una minaccia per il governo centrale. Il controllo di larghe porzioni di territorio da parte delle famiglie più ricche non soltanto causava l'impoverimento dei piccoli agricoltori, costretti al pagamento di pesanti fitti o ad accettare l'umiliante condizione di servi, ma erigeva anche una barriera tra il governo e il popolo, e provocava una diminuzione delle entrate fiscali. Tuttavia, dal punto di vista dei contadini, quando vi era scarsità di terra coltivabile diventava molto difficile e rischioso guadagnarsi da vivere come coltivatore diretto e, in una situazione d'instabilità sociale, il fatto di trovarsi alle dipendenze di un potente proprietario locale presentava indubbi vantaggi.

In tutto il periodo degli Han anteriori lo Stato promulgò una serie di efficaci leggi contro il latifondo e per l'assegnazione di lotti di terreno ai contadini; si costruirono nuovi sistemi d'irrigazione e i contadini furono istruiti sulle diverse tecniche di coltivazione, con un notevole miglioramento della produttività. Questo portò, tuttavia, a un aumento del valore dei terreni e, durante il periodo degli Han posteriori e nell'epoca di divisione successiva, i governi centrali non riuscirono a frenare l'espansione dei latifondi; infatti, anche se la dinastia dei Wei settentrionali e la maggior parte dei suoi successori, compresi i Tang (618-907), tentarono di conservare un sistema regolare di distribuzione della terra ai piccoli agricoltori, questo regime fondiario non sarebbe mai riuscito a contrastare la supremazia del latifondo.

Le proprietà che disponevano di ampie risorse di terra e di manodopera erano in grado di sopravvivere e di difendersi nei periodi di caos, mentre in quelli di pace e di ordine economico potevano convertire ampie estensioni di terreno alle colture commerciali. Le caratteristiche ambientali della Cina settentrionale favorivano i sistemi di coltivazione basati su interventi di ampie dimensioni; le Tecniche essenziali per il popolo offrono un panorama completo dei sistemi di coltivazione più avanzati allora in uso nella Cina settentrionale, che potevano essere impiegati soltanto in una grande proprietà, con grandi risorse di animali da tiro, di manodopera e di attrezzatura specializzata a disposizione.

Il complesso sistema di rotazione delle colture consigliato da Jia, per esempio, era del tutto inattuabile per un agricoltore il cui appezzamento bastasse a malapena a soddisfare il sostentamento familiare; le tecniche da lui descritte comportavano non soltanto un ampio uso di manodopera, ma anche l'utilizzazione di una vasta gamma di attrezzi specializzati a trazione animale e, pur riservando all'insostituibile miglio il posto d'onore tra le piante coltivate, Jia suggerisce di non trascurare la coltivazione su vasta scala delle specie commerciali, come il cartamo o il legname da costruzione, dicendo: "un qing (4,6 ha ca.) piantato a colza produce sino a 200 staia di semi. Se porterai i semi a un frantoio, ti renderanno [una quantità di olio pari a quella prodotta dalla spremitura di] 600 staia di grano, ossia tre volte il peso della colza. È una resa molto maggiore di quella che puoi ottenere da 10 qing di grano" (Qimin yaoshu jinshi, 18.6, p. 1). Un qing (100 mu) nel periodo Han era l'estensione ritenuta più idonea alle esigenze di un'impresa agricola di dimensione familiare, ma in realtà l'estensione media era più vicina a 70 mu. L'azienda che Jia aveva in mente era quindi molto più estesa di quella di un piccolo agricoltore, come possiamo capire anche dalla qualità, quantità e diversità dei prodotti alimentari descritti nella sua opera; per esempio, la ricetta per la distillazione del 'vino di primavera' richiedeva in tutto l'uso di 180 dou di grano (360 litri ca.), mentre quella per il diffusissimo condimento chiamato chi ('fagioli di soia fermentati o salati') prevedeva la trasformazione di mille dou (2000 litri ca.) di fagioli in prodotto, ed era destinata presumibilmente alla commercializzazione, oltre che all'uso domestico.

Il sistema agricolo della Cina settentrionale

Le Tecniche essenziali per il popolo offrono un panorama completo dei più avanzati sistemi di coltivazione allora in uso nella Cina settentrionale, una regione caratterizzata da inverni freddi ed estati calde nella quale le scarse precipitazioni si concentrano in primavera e in autunno e spesso assumono la forma di violenti temporali. All'interno, lungo il corso superiore del Fiume Giallo, sono situati gli altipiani costituiti dal celebre löss, una roccia sedimentaria costituita da sottili granuli di minerali che permette di ottenere ottimi raccolti, purché si riesca a mantenere un grado sufficiente di umidità nel terreno; già dai tempi degli Han gran parte della vallata del fiume Wei nei pressi delle capitali Chang'an (attuale Xi'an) e Luoyang, era irrigata artificialmente. I bassipiani situati lungo il corso inferiore del Fiume Giallo e nella penisola dello Shandong sono costituiti invece da un terreno alluvionale molto più pesante del löss; gli inverni sono tiepidi e le precipitazioni estive sono più abbondanti, in media 500 mm/anno.

I cereali di base del sistema agricolo settentrionale erano alcune varietà di miglio piuttosto rustiche e resistenti alla siccità, che erano piantate subito dopo le piogge primaverili ed erano state addomesticate intorno al V millennio a.C. o ancora prima. La varietà più diffusa era il panìco o miglio a grappolo (Setaria italica), una pianta estiva resistente alla siccità che si pianta subito dopo la prima pioggia di primavera; il miglio vero e proprio (Panicum miliaceum) è ancora più rustico e le varietà più glutinose erano impiegate per la fabbricazione di vini o liquori. Jia Sixie elenca ben quattordici varietà non glutinose di panìco, precoci e resistenti alla siccità e agli insetti, due delle quali particolarmente gustose; ventiquattro varietà dotate di barba e in grado di resistere al vento e agli attacchi dei passeri, una delle quali particolarmente facile da mondare; trentotto varietà di mezza stagione e dieci varietà tardive resistenti agli insetti; aggiunge poi:

Esistono infinite varietà di miglio che maturano in momenti diversi e si distinguono per l'altezza e la produttività, per la forza dello stelo, per il gusto e per la facilità con cui espellono i granelli. (Le varietà che maturano prima hanno steli corti e danno un buon raccolto; quelle che maturano tardi hanno steli più lunghi e rendono meno granelli. Le varietà dotate di stelo robusto appartengono alla classe del miglio giallo corto, e quelle con stelo più fragile appartengono alla classe del miglio lungo, bianco, nero o verde. Le varietà che producono meno sono le più saporite, ma disperdono facilmente i loro granelli, mentre le varietà più produttive hanno un gusto sgradevole); [quest'ultima caratteristica è condivisa dalle varietà di frumento e di riso usate nel corso della Rivoluzione verde]. (Qimin yaoshu jinshi, 3.2, p. 1)

L'orzo e il frumento, originari dell'Asia occidentale, erano coltivati in genere in inverno, contribuendo così alla rotazione delle colture; i cibi prodotti con la farina di frumento, come la pasta e il pane, si diffusero a partire dagli Han, più come ricercatezze che come alimenti di base; la portata principale di ogni pasto era costituita da cereali autoctoni, miglio o riso, che erano mangiati bolliti o cotti al vapore. Jia Sixie dedica soltanto un breve capitolo al riso coltivato a secco e al riso greggio; il riso non era allora, né sarebbe divenuto in seguito, un cereale importante nella Cina settentrionale. Tra le altre piante coltivate descritte da Jia ricordiamo i fagioli, i piselli e la soia; le zucche; le piante oleose, come la colza e il sesamo; la canapa, per l'olio o per la fibra; le piante per la produzione di tinture. In molte regioni della Cina settentrionale la coltivazione a ciclo continuo era divenuta la norma sin dai tempi degli Han; la rotazione delle colture, realizzata con la piantagione di leguminose come i 'fagioli piccoli' (xiaodou, 'fagioli azuki'), o i 'fagioli grandi' (dadou, 'fagioli di soia'), eliminò in gran parte la necessità di lasciar riposare i terreni a maggese. Jia descrive un sistema di rotazione delle colture completo e complesso, fornendo per ogni pianta la migliore 'base' (di), ossia la specie che, coltivata in precedenza, avrebbe arricchito nel modo giusto il terreno. L'autore si preoccupa inoltre di fornire le percentuali di semina per ciascuna specie, includendo gli aggiustamenti dovuti alla qualità del terreno e al tempo della semina; un particolare interessante è costituito dal fatto che Jia Sixie non fornisce dati sui rendimenti.

I principî fondamentali di lavorazione del terreno delineati nel Libro del Principe Miglio costituivano in effetti il fulcro di ogni attività agricola produttiva svolta nelle aride regioni della Cina settentrionale; il terreno pesante dei bassipiani doveva essere rivoltato e drenato per impedirgli di assorbire troppa acqua e di marcire, e il terreno leggero doveva essere ben dissodato, per mantenere il più a lungo possibile l'acqua delle scarse piogge. Una comprensione accurata delle caratteristiche del terreno, la capacità di agire al momento giusto e l'uso di una buona tecnica erano tutti elementi importanti, ma soprattutto occorreva mantenere il terreno 'maturo' o 'ben preparato' (shu).

I metodi agricoli descritti nelle Tecniche essenziali per il popolo richiedevano l'impiego massiccio di utensili a trazione animale, di manodopera e di concime. L'attrezzatura necessaria alla lavorazione della terra comprendeva un aratro di ferro con versoio regolabile, trainato da un tiro di due o tre buoi o muli (per i terreni più soffici al posto dell'aratro era consigliato l'uso di un raschiatoio, che tracciava un solco superficiale); vari tipi di erpici, anche a trazione animale, tra cui un modello con le punte di ferro per rompere le zolle, e un modello più leggero, chiamato lao, una sorta di graticcio formato da rami di betulla o di olmo intrecciati, che serviva a sminuzzare il terreno o a ricoprire i semi; un rullo a trazione animale, impiegato per comprimere la neve o il gelo nel terreno, e anche per schiacciare i germogli di frumento affinché ogni pianta producesse un numero maggiore di steli; una seminatrice a trazione animale, per seminare a righe e, infine, una vasta gamma di zappe, picconi ed estirpatori per sarchiare, pulire e frantumare finemente il terreno.

Le operazioni descritte da Jia avevano lo scopo di mantenere il terreno umido ‒ ma non bagnato ‒ dal momento della semina sino al raccolto e di sbriciolarne la superficie, sino a ottenere quello che gli agronomi moderni chiamano 'pacciame polveroso', per ridurre l'evaporazione. In autunno, dopo le piogge, si arava il terreno in profondità e poi lo si lavorava con un erpice dentato allo scopo di rompere le zolle prima del gelo invernale, sbriciolando così il terreno e uccidendo gli insetti; alla fine dell'inverno si scaricava sui campi il letame trasportato con i carri e lo si mescolava al terreno; a partire dal primo mese lunare (il quale corrisponde nel nostro calendario alla fine di gennaio o all'inizio di febbraio) si effettuavano arature superficiali, che producevano solchi non molto larghi, ciascuna delle quali era seguita da molte erpicature incrociate, ottenute trascinando un erpice a graticcio prima lungo i solchi e poi in senso perpendicolare agli stessi. Le piante come la canapa e il coriandolo erano seminate sparpagliandone i semi molto piccoli nei solchi superficiali e ricoprendoli successivamente con l'erpice a graticcio, mentre la maggior parte delle piante coltivate e tutti i cereali erano seminati a righe, conficcati in profondità lungo le creste e ben spaziati gli uni dagli altri. La seminatrice serviva a risparmiare le sementi e a non disperdere l'umidità o il fertilizzante; il metodo della semina a righe era consigliato già nelle Primavere e autunni del Signor Lü:

"Le messi seminate a righe giungono prima a maturazione, perché nessuna pianta intralcia la crescita di quelle vicine. Traccia con cura le righe orizzontali, realizza con precisione quelle verticali, perché se le righe saranno dritte, il vento vi passerà in mezzo senza fare danni" (Lüshi chunqiu, p. 67).

Questo metodo consentiva anche di ottenere una migliore lavorazione del terreno:

Non starti a chiedere quante volte occorre zappare [il panìco]; quando hai terminato il giro del campo, ricomincia e non fermarti soltanto perché non vi sono più erbacce, neppure per poco tempo. (Zappare non serve soltanto a eliminare le erbacce, ma mantiene il terreno maturo, shu, e permette di ottenere spighe rigonfie, con pula sottile, che non si sbriciolano. Se avrai zappato il tuo campo dieci volte, avrai 'granelli da otto decimi') [il peso del macinato raggiungerà gli otto decimi di quello dei granelli nella spiga]. (Qimin yaoshu jinshi, 3.10, p. 2)

La seminatrice sembra essere la risposta più logica ai problemi della coltivazione in un clima secco. Il primo esemplare conosciuto risale ai Sumeri e diversi tipi di seminatrice sono stati largamente utilizzati per secoli in tutta l'Asia occidentale e meridionale, oltre che in Cina. Il modello impiegato in Cina era al tempo stesso semplice, efficace e versatile (per es., la tramoggia e i pattini per la semina potevano essere, se necessario, rimossi dal telaio e sostituiti da lame di zappa); fabbricata quasi interamente di legno e bambù, priva di componenti metallici, a eccezione dei pattini per la semina, e dotata di un meccanismo di distribuzione realizzato, nei modelli più complicati, con uno spago, un pezzo di canna e un ciottolo, la seminatrice cinese non aveva punti deboli e rimase in uso sino all'avvento dell'agricoltura meccanizzata.

Può essere interessante mettere a confronto l'esperienza cinese con i primi tentativi occidentali di realizzare una macchina seminatrice, effettuati a Venezia e a Bologna nel XVI secolo. È probabile che gli ingegneri italiani non sapessero nulla dei modelli di seminatrice usati da tempo immemorabile in Asia; il loro scopo era quello di tentare di migliorare la semina a mano dei singoli granelli. Il metodo europeo di ricerca delle soluzioni, basato su un approccio ingegneristico e non artigianale, era profondamente diverso da quello asiatico; fin dall'inizio gli inventori europei s'indirizzarono verso la realizzazione di macchine a ruote dotate di un meccanismo a ingranaggi per la distribuzione dei semi, ma i problemi tecnici posti dal progetto si rivelarono insormontabili per gli ingegneri dell'epoca e, nonostante il vivo interesse per i vantaggi della coltivazione a righe diffuso tra gli agronomi, l'uso della seminatrice si affermò in Occidente soltanto durante il XIX secolo.

Una buona lavorazione del terreno permetteva un aumento dei rendimenti, ma non poteva sostituire completamente la concimazione dei campi; nelle Tecniche essenziali per il popolo si consiglia il ricorso alla rotazione delle colture, ai concimi verdi (ricopertura delle piante giovani) e al letame animale, mescolato con l'aratro al terreno prima della semina o, se applicato più tardi, decomposto in modo da non bruciare le piante; a differenza degli autori cinesi più tardi, Jia non fa menzione del letame umano. Nel capitolo sul frumento Jia cita alcuni brani relativi alla pratica di rivestire i semi, un procedimento descritto con abbondanza di particolari nei Riti dei Zhou (Zhouli o Zhouguan), un Classico che risale all'epoca degli Han anteriori, dove si consiglia l'uso di decotti di ossa di animali diversi (buoi, tassi, volpi e perfino toporagni), a seconda del tipo di suolo. A prima vista sembrerebbe trattarsi di una tipica costruzione teorica basata sul principio delle corrispondenze cosmiche, ma la ricetta tratta dal Libro di Fan Shengzhi dimostra che era una pratica effettivamente seguita:

Prendi ossa di cavallo, frantumale e fanne bollire uno staio in tre volte il loro peso d'acqua. Quando hanno bollito per tre volte, filtrale e getta via il sedimento. Poi aggiungi alla pozione cinque infiorescenze di aconito. Dopo tre o quattro giorni, getta via l'aconito e aggiungi al decotto un'uguale quantità di escrementi di bachi da seta e letame di pecora; mescola finché la mistura non assume l'aspetto di una pappa brodosa. Venti giorni prima della semina spruzzala sulle sementi: la mistura dovrà avere la consistenza del frumento bollito. Ogni volta che il tempo sarà caldo e secco, spruzza i semi con la mistura e mettili al Sole ad asciugare. (Ripeti l'operazione sei o sette volte prima della semina) […] Il grano non sarà attaccato dalle locuste o da altri insetti. (Qimin yaoshu jinshi, 10.11, p. 2)

L'aconito, uno dei principali farmaci della farmacopea cinese, è un alcaloide molto tossico; secondo quanto afferma Xu Guangqi (1562-1633) nel Trattato completo di amministrazione agricola, i contadini di una provincia del Sichuan "coltivavano grandi quantità di aconito, unicamente per trattare le sementi" (Nongzheng quanshu, 6, p. 15r). La pratica di rivestire i semi con misture fertilizzanti non sembra invece essersi mai diffusa; Jia si limita a citare le ricette di altri autori, senza aggiungerne di nuove, e l'assenza di nuove ricette anche negli autori più tardi ha fatto sorgere l'ipotesi che la superficie appiccicosa dei semi trattati rendesse troppo difficile l'impiego della seminatrice. Al contrario, l'usanza di mescolare le sementi a pesticidi di origine minerale o vegetale divenne rapidamente una pratica comune, soprattutto a causa della diffusione della coltivazione a ciclo continuo. I pesticidi e le sostanze insettifughe sono citati anche nelle sezioni dedicate all'immagazzinamento dei cereali; l'artemisia o assenzio, un'erba aromatica molto comune, era ritenuta particolarmente efficace e Jia consigliava di conservare il frumento, particolarmente vulnerabile agli attacchi degli insetti, in ceste intrecciate con steli di artemisia.

Il trattato di Jia si occupa anche della coltivazione di una vasta gamma di ortaggi e di alberi da frutta e da legname, compresi i gelsi per la sericoltura, e comprende un capitolo sui bachi da seta. A differenza dei Classici di agronomia successivi, tuttavia, la produzione tessile è relegata ai margini dell'opera, tra gli approfondimenti tecnici o nelle discussioni di economia domestica; anche se in questo periodo tutti i nuclei familiari producevano in casa i tessuti necessari alle esigenze domestiche e al pagamento delle tasse, Jia, a differenza di alcuni autori successivi, non sembra considerare l'aratura e la tessitura come due attività concettualmente inseparabili. Un'altra importante differenza tra il trattato di Jia e le opere di agronomia più tarde è l'importanza accordata all'allevamento e alle industrie domestiche, comprese la preparazione di alimenti e di altri generi di uso comune (come l'inchiostro o il rossetto) e una miscellanea di consigli su argomenti vari, come la pulitura a secco degli abiti di seta o l'eliminazione delle tarme. In seguito, i dettagli sulla preparazione degli alimenti o su altre industrie domestiche non furono più inseriti nei libri di agricoltura, ma trovarono posto, accanto alle discussioni sulle diete, nelle sezioni domestiche delle enciclopedie popolari.

Il testo di Jia, inoltre, è una fonte importante per quanto riguarda due opere di culinaria più antiche, il Classico dei cibi (Shijing) e l'Ordine delle pietanze (Shici), andate perdute, e fornisce un'eccezionale documentazione sulle svariate e complesse forme di preparazione del cibo allora in uso. Grazie a quest'opera sappiamo, per esempio, che, mentre vi era grande abbondanza di salse e conserve a base di soia (di carne, pesce o vegetali), il formaggio di soia, come lo conosciamo oggi, non era ancora entrato a far parte del repertorio alimentare dei Cinesi. Tuttavia, l'aspetto forse più anomalo delle Tecniche essenziali per il popolo è l'importanza attribuita all'allevamento e ai latticini. Sin da un'epoca molto antica, forse a causa dell'elevata densità di popolazione, era invalsa in Cina l'usanza di riservare quasi tutta la terra disponibile alla coltivazione dei cereali; i maiali e il pollame erano allevati nei cortili, mentre le anatre nuotavano nelle risaie e i pochi animali da tiro indispensabili pascolavano impastoiati ai margini della proprietà. Nel periodo compreso tra gli Han e i Tang, al contrario, i feudi agricoli possedevano un numero elevato di capi di bestiame (Jia parla di un gregge di 200 pecore), del quale facevano parte anche muli, asini e buoi in gran parte usati come animali da tiro. Molto diffuso era anche l'allevamento dei cavalli, che erano usati dai membri dell'élite per gli spostamenti, per svago o per scopi militari. In questo periodo si assiste inoltre alla diffusione del consumo di latte, in seguito alle ripetute invasioni delle regioni settentrionali della Cina da parte delle popolazioni dell'Asia centrale dedite alla pastorizia; al tempo in cui Jia scriveva il suo libro, i Wei governavano da oltre un secolo la Cina del Nord, e gli alimenti prodotti con il latte di pecora o di mucca erano molto comuni.

Jia descrive la preparazione di molti prodotti completamente scomparsi dalla dieta cinese sotto le dinastie successive, tra i quali diversi tipi di yogurt, formaggio affumicato, burro chiarificato, misture tibetane di grano essiccato e polverizzato, frutta secca e latticini. Egli era particolarmente entusiasta di queste misture, che raccomandava come razioni da viaggio ideali; leggere ed economiche, con la semplice aggiunta di acqua calda si trasformavano in un pasto gustoso e nutriente ‒ senza bisogno di pentole o tegami. La popolarità dei latticini tra gli abitanti delle regioni settentrionali proseguì anche nel periodo Tang e oltre, a causa della persistente instabilità dei confini politici e culturali tra il mondo nomade e la Cina, e grazie al fatto che i primi invasori, a differenza dei Mongoli e dei Manciù, non tentarono di mantenere la propria purezza etnica ma si affrettarono a mescolarsi alle élite cinesi.

Il linguaggio tecnico dell'agronomia

Nella prefazione Jia si scusa per la semplicità del suo stile, tuttavia il linguaggio chiaro e funzionale da lui impiegato sarebbe divenuto una caratteristica specifica dei testi di agronomia. In questa forma di scrittura i termini tecnici svolgono naturalmente un ruolo cruciale; nelle Tecniche essenziali per il popolo i nomi inusuali degli utensili, delle tecniche di lavorazione, e così via, sono glossati o definiti, con l'indicazione della pronuncia, la prima volta che appaiono nel testo. Le procedure sono delineate passo dopo passo, accompagnate da un commento che ne spiega il funzionamento o indica in quali condizioni debbano essere attuate:

La semina primaverile [del panìco] dovrebbe essere sempre profonda, pertanto passa una seconda volta sul seminato con un ta [un cespuglio appesantito da pietre]. La semina estiva deve essere superficiale, pertanto spargi i semi e lascia che germoglino spontaneamente. (In primavera il terreno è freddo e la germinazione lenta. Se non facessi uso del ta, le radici crescerebbero nelle fessure vuote [del terreno] e la pianta, se anche riuscisse a germogliare, morirebbe subito. In estate l'aria è calda e la germinazione rapida. Se usassi il ta e poi piovesse, il terreno si compatterebbe troppo). (Qimin yaoshu jinshi, 3.5, p. 1)

Questo stile agronomico non è un'invenzione di Jia, che sembra prendere a modello opere precedenti, come le Primavere e autunni del Signor Lü o il Libro di Fan Shengzhi; si tratta di uno stile di scrittura in grado di trasmettere le informazioni di carattere tecnico in una forma precisa, esauriente e sintetica al tempo stesso; rimasto inalterato per secoli, si era già pienamente sviluppato nel periodo finale della dinastia Zhou. Si potrebbe obiettare che questo era il modo più ovvio di scrivere su un argomento così concreto come l'agricoltura; le sue frasi scarne e prive di ambiguità hanno la stessa trasparenza e lo stesso rapporto apparentemente ineluttabile con la realtà che siamo soliti associare ai libri di cucina, ai manuali tecnici o ai resoconti di esperimenti scientifici.

Considerato all'interno del suo contesto culturale, tuttavia, lo stile agronomico cinese si rivela una conquista tutt'altro che semplice; come ogni tipo di scrittura tecnica, doveva assolvere a una difficile funzione, quella di trasporre in forma scritta un sapere che era generalmente trasmesso in parte per via orale e in parte con la pratica, attraverso l'azione, l'esempio e l'esperienza. Sin dalle origini della loro civiltà, i cinesi colti consideravano i lavori e le attività manuali come attività degradanti, tanto è vero che i termini che designano questi mestieri (shu o qiao), al pari dell'italiano arte, si trovano spesso associati all'idea della magia o della sovversione; questa è tra l'altro una delle cause della scarsa produzione di testi di carattere tecnico in Cina. L'agricoltura e le tecnologie a essa associate (le quali includevano la produzione tessile, la macinatura dei cereali e altri processi di trasformazione degli alimenti, e l'idraulica) erano però un'importante eccezione a questa regola; infatti, l'agricoltura costituiva sia l''occupazione fondamentale' (yaoshu) della gente del popolo, sia un rispettabile modo di guadagnarsi da vivere per i nobili. La decisione di ritirarsi dalla vita pubblica per guidare l'aratro non aveva nulla di vergognoso, e un agronomo istruito come Jia poteva ammettere senza reticenze di aver chiesto informazioni agli anziani e imparato dall'esperienza personale.

L'agronomia era l'unico campo in cui le conoscenze della gente comune e la cultura degli studiosi potevano intersecarsi; lo scopo dello scrittore di agronomia era quello di fornire istruzioni su un insieme di tecniche complesse che erano già chiare a chiunque. Un testo come le Tecniche essenziali per il popolo dimostra la conoscenza dei principî cosmici, l'erudizione etimologica e le capacità organizzative del suo autore, ma il nucleo fondamentale dell'opera resta il patrimonio di conoscenze pratiche accumulato da Jia, la sua esperienza personale, fisica, dell'agricoltura, che egli stesso si premura di sottolineare nella prefazione e che condivideva con il suo fattore e i suoi lavoranti.

Come la medicina, l'alchimia e la geomanzia, l'agricoltura comporta la manipolazione e lo sfruttamento delle energie cosmiche da parte degli uomini; tuttavia, i testi tecnici di medicina, alchimia e geomanzia non possiedono affatto la trasparenza di quelli di agraria. Gli esperti in queste materie erano gli specialisti di cosmologia, non i vecchi contadini. In origine queste discipline avevano un carattere esoterico e i testi che le riguardavano omettevano volutamente alcune informazioni indispensabili, che erano trasmesse individualmente dal maestro al discepolo; più tardi, l'esoterismo della medicina assunse una forma diversa, in quanto gran parte della terminologia fondamentale, benché composta da parole di uso corrente, attribuiva loro significati specialistici ignoti ai non addetti ai lavori. Le procedure tecniche usate nella medicina, nell'alchimia e nella geomanzia erano spesso descritte per mezzo di una terminologia generica riferita alle trasformazioni cosmiche, la quale acquistava un significato specifico soltanto in rapporto al contesto. Nel caso dei libri di agronomia, invece, i termini tecnici hanno un significato specifico e, per chi lo conosce, il testo è totalmente comprensibile; non vi sono infatti doppi sensi e, avendo a disposizione l'attrezzatura adeguata, le istruzioni fornite permettono di eseguire perfettamente ogni procedura.

Gli scrittori di libri di agronomia non si limitavano comunque a trascrivere parola per parola ciò che avevano udito dai vecchi contadini, ma astraevano da un vasto fondo d'informazioni una serie di conoscenze di carattere generale che potevano essere applicate in luoghi diversi. I nomi vernacolari di un certo utensile o di una certa tecnica spesso variavano in modo significativo da una località all'altra e da un'epoca all'altra. Le scelte terminologiche degli scrittori erano determinate da numerosi fattori; prima di tutto dall'esperienza personale, e quindi i termini prescelti erano quelli usati nel paese d'origine dell'autore; molte volte, però, questi erano diversi da quelli usati nelle opere dei maestri di agronomia, su cui l'autore stesso aveva studiato. Occorreva dunque conciliare il rispetto per la tradizione storica erudita con l'esigenza di produrre un'opera coerente e aggiornata.

A volte tuttavia le incoerenze terminologiche si rivelavano impossibili da superare. È il caso della nomenclatura relativa ai cereali, e in particolare alle diverse qualità di miglio, in cui la confusione ha inizio con le iscrizioni su ossa oracolari del periodo Shang databili al XV sec. a.C., si prolunga per tutta l'epoca storica e sopravvive trionfalmente ancora oggi. Benché i Cinesi non abbiano mai minimamente dubitato che Setaria italica e Panicum miliaceum fossero due specie distinte, la confusione e l'incoerenza terminologica tra i loro nomi, o tra i termini generici e quelli designanti le varietà glutinose e non glutinose, sono dilagate tanto nella letteratura colta quanto nell'uso comune sin dai tempi degli Han.

A volte si è affermata, invece, una nomenclatura convenzionale, come nel caso della seminatrice. Il testo intitolato Spiegazione delle figure e interpretazione dei caratteri (Shuowen jiezi, compilato da Xu Shen nel 121 d.C.) contiene per la seminatrice i seguenti termini: lou, trivella; hui, definito nel commento come 'aratro a sei rebbi'; e hui, definito come 'trivella per seminare' (zhonglou). L'agronomo del II sec. Cui Shi si serve soltanto del termine lou, e afferma che nelle diverse regioni erano in uso seminatrici a uno, due o tre tubi (dujiao, liangjiao e sanjiao lou), ma che egli riteneva più efficiente la versione a un solo tubo. Jia Sixie si riferisce alla seminatrice con i nomi di lou e louli, 'aratro-trivella'. Wang Zhen, un agronomo vissuto nel periodo Yuan (1279-1368), nel suo Trattato di agricoltura (Nongshu) cita l'esempio di queste due autorità; egli chiama la seminatrice louche e aggiunge che ai suoi tempi il modello più diffuso nelle pianure settentrionali era quello a due tubi, mentre nelle regioni nordoccidentali era più comune una versione a quattro tubi. In epoca Song e Yuan il termine che, letteralmente 'carro', era usato per indicare tutti quegli strumenti o macchine azionati da un asse, dai carri sino alle macchine per dipanare la seta e alle pompe idrauliche; in questo caso l'uso del temine che si riferisce al fatto che la seminatrice disponeva di un telaio ed era trainata da un animale. Wang Zhen elenca altri tre nomi vernacolari contemporanei della seminatrice: louli (già usato da Jia Sixie), zhongshi ('piantatrice-seminatrice') e jiangzi ('rincalzatrice'). La persistenza del termine lou come elemento chiave di tutti i nomi utilizzati per designare la seminatrice ne dimostra probabilmente il largo uso nel linguaggio parlato; d'altra parte, essendo noti almeno due casi in cui questo utensile era stato introdotto in una regione da pubblici funzionari che lo designavano con il termine lou, si può ipotizzare che la sanzione ufficiale dell'uso di lou, in luogo di hui o jiang, sia stata determinante per l'affermazione definitiva di questa parola, tanto nella lingua colta quanto in quella parlata.

All'epoca in cui Jia scrisse il suo libro, molti termini essenziali del vocabolario agronomico si erano già stabilizzati; nella maggior parte dei casi, infatti, Jia non fornisce alcuna spiegazione delle parole tecniche usate, che evidentemente riteneva universalmente comprensibili, anche quando esistevano varianti dialettali. Gran parte della terminologia adottata da Jia e dai suoi predecessori è in effetti tuttora usata, ma in alcuni casi i termini tecnici di uso corrente al tempo delle Tecniche essenziali per il popolo sarebbero divenuti in seguito obsoleti. Uno degli utensili preferiti da Jia, chiamato feng, era un attrezzo manuale affilato e appuntito, usato per estirpare le piante di miglio secche, interrare le giovani piante e dissodare il terreno incolto, ma Wang Zhen, scrivendo all'inizio del XIV sec., affermava: "gli agricoltori moderni non sanno di che strumento si tratti, né riconoscono questo nome" (Nongshu, ed. 1991, 13, p. 5r); molto probabilmente il feng non era scomparso, ma aveva semplicemente cambiato nome, poiché in epoca Yuan le stesse funzioni erano svolte da un attrezzo chiamato tieta ('zappa dalla punta di ferro'), tuttora usato in Cina con lo stesso nome.

Stagioni e cosmologia

Leggiamo che cosa dice Jia:

Se seguirai le 'stagioni del cielo' (tianshi) e valuterai accuratamente il potenziale della Terra, allora mieterai molto con poca fatica, ma se agirai con caparbietà e ti opporrai alla via del cielo, allora, anche se lavorerai duramente, non raccoglierai nessun frutto. (Chi si tuffa in una sorgente in cerca di legna o si arrampica sui monti per pescare, tornerà a casa a mani vuote. Spruzzare acqua controvento o far rotolare una palla in salita, questo significa agire in circostanze sfavorevoli). (Qimin yaoshu jinshi, 3.2, p. 2)

Ma cosa sono esattamente le 'stagioni del cielo'? Jia vuole indicare semplicemente gli stadi successivi del ciclo annuale di trasformazioni del mondo naturale, oppure per 'stagioni del cielo' s'intendono i complessi cicli di crescita e declino descritti nella teoria yin-yang e in quella delle Cinque fasi, che mettevano in relazione i mutamenti del microcosmo con quelli del macrocosmo?

In tutti i lavori agricoli era importante non sbagliare la scelta dei tempi, ma la decisione più importante di tutte era certamente quella della data della semina; infatti, mentre è impossibile sbagliarsi quando si tratta di decidere se il grano è maturo o è tempo di cogliere la frutta dagli alberi, la semina è il momento simbolico in cui si dà vita ai semi, e un errore di valutazione significa in questo caso una crescita stentata, un magro raccolto, la prospettiva della fame. Nei tempi antichi la data della semina del miglio era decisa da un atto di divinazione reale; verso la fine della dinastia Zhou esistevano calendari chiamati yueling, 'ordinanze mensili', che collegavano le attività umane ai ritmi della Terra e del Cosmo. Le 'ordinanze mensili' elencavano i riti, le cacce, le attività domestiche e agricole permesse in ciascuno dei dodici mesi lunari di trenta giorni, insieme a segnali fenologici come la configurazione delle stelle, la fioritura di alcune piante o il canto di certe specie di uccelli; una delle funzioni principali di questi calendari era quella d'indicare la data per la semina dei diversi tipi di piante coltivate. Le date fornite dai calendari per le diverse operazioni agricole, tuttavia, avevano solamente una validità locale, poiché la primavera inizia prima in pianura che in montagna e più tardi al Nord che al Sud; stabilendo un legame tra certe attività umane e la fioritura dell'acoro o l'inizio dei lampi di primavera, le ordinanze mensili trasmettevano le informazioni richieste in una forma applicabile in qualsiasi regione, beninteso a condizione di non prendere alla lettera le date fornite.

Nei testi di epoca Han a volte le date per la semina erano indicate non in base ai mesi del calendario lunare, ma in relazione ai solstizi o ai 'ventiquattro termini quindicinali' (qi) del calendario solare; poiché l'anno lunare era lungo soltanto 360 giorni, le date solari erano indicatori più affidabili delle stagioni. Il Libro di Fan Shengzhi, come è stato possibile ricostruire dalle numerose citazioni pervenuteci, indicava con grande precisione le date solari per la semina; per esempio, il miglio glutinoso a pannocchie doveva essere seminato venti giorni prima del solstizio estivo in caso di pioggia, mentre la semina del frumento invernale doveva avvenire settanta giorni dopo il solstizio estivo. Anche Fan ricorre agli indicatori fenologici, secondo i quali, per esempio, la semina dei fagioli doveva avvenire quando i frutti dell'olmo iniziavano a formarsi e quella delle lenticchie quando le more dei gelsi erano mature; per la più importante delle messi, Fan afferma: "Non esiste una data stabilita per la semina del panìco, perché la stagione dipende dal tipo di terreno" (Fan Shengzhi shu, 4, p. 1); allo stesso tempo, Fan consiglia di attenersi strettamente ai computi cosmologici della scuola Yin-yang, relativi ai giorni infausti: "Evita di seminare i fagioli nei giorni mao, il riso e la canapa nei giorni chen, il miglio glutinoso in quelli chou [rispettivamente il quarto, il quinto e il secondo giorno del ciclo di dodici giorni] […]: i nove cereali hanno tutti i loro giorni infausti e se non osserverai queste regole nel seminare, il raccolto ne sarà gravemente danneggiato.

Queste non sono parole vane, ma le inevitabili conseguenze della Natura" (ibidem, 2, p. 1).

La scuola Yin-yang era molto in voga durante la dinastia degli Han anteriori, benché anche allora vi fosse chi la pensava diversamente. Nei periodi Tang e Song (960-1279) molti medici, criticando l'eccessiva rigidità delle corrispondenze cosmologiche sostenute dalle scuole Yin-yang e delle Cinque fasi, tentarono di stabilire nuovi sistemi di corrispondenze che tenessero maggiormente conto delle condizioni locali e della costituzione individuale dei pazienti. Anche Jia Sixie mostra di avere alcune riserve riguardo all'applicazione di astratti calcoli cosmologici al campo delle decisioni agricole; pur aggiungendo alla fine del testo dedicato a ciascuna specie le raccomandazioni relative ai giorni di semina fausti e infausti proposte dalla scuola Yin-yang, Jia trascrive anche il giudizio critico di Sima Tan (?-110 a.C.) riportato dal figlio Sima Qian (145-86 a.C. ca.) nelle Memorie di uno storico (Shiji, 130): "I filosofi della scuola Yin-yang sono bigotti e hanno molti tabù. Dovremmo tentare di seguire le linee generali di questa teoria e non di obbedire a tutti i suoi intricati regolamenti" (Qimin yaoshu jinshi, 3.14, p. 4).

A queste osservazioni Jia aggiunge un proverbio: "La migliore strategia è quella di seguire la stagione e l'umidità del terreno". La maggior parte delle raccomandazioni personali di Jia sui giorni o sui periodi per la semina fa riferimento al calendario lunare, con i mesi suddivisi in periodi di dieci giorni, xun: "In genere si può dire per tutti i cinque cereali che, seminando nei primi dieci giorni del mese, si otterrà un ottimo raccolto; seminando nei dieci giorni di mezzo si otterrà un raccolto mediocre e seminando negli ultimi dieci giorni si otterrà un raccolto scarso" (ibidem, p. 1).

Questa raccomandazione rifletteva la credenza, ampiamente diffusa nel mondo e non del tutto priva di fondamento, che la crescita delle piante fosse influenzata dal ciclo lunare. Jia sapeva perfettamente che il calendario lunare non rispecchiava esattamente il passaggio delle stagioni: "negli anni in cui vi è un mese intercalare i qi nodali cadono in ritardo e di conseguenza è consigliabile seminare più tardi [secondo il calendario lunare]" (ibidem, 3.7, p. 2). In molti casi Jia mette in relazione tra loro il calendario solare e quello lunare, per fornire un'indicazione più accurata, come quando consiglia di seminare il panìco nei primi dieci giorni del terzo mese che precede il qi nodale chiamato qingming ('chiaro e brillante'). In ogni caso,

in linea generale, è preferibile seminare presto, perché i campi seminati prima danno un raccolto più abbondante. (I campi precoci sono puliti e facili da accudire, mentre i campi tardivi sono pieni di erbacce e difficili da lavorare.) Il volume complessivo del raccolto dipende dall'annata più che dal momento in cui si è seminato, ma il grano seminato prima avrà pula sottile e granelli pieni e abbondanti, mentre quello seminato in ritardo avrà una buccia più spessa e un numero minore di granelli, molti dei quali vuoti. (ibidem, 3.6, p. 1)

La scelta finale, tuttavia, sarà sempre dettata dalle condizioni meteorologiche:

è sempre bene seminare il grano dopo la pioggia. Dopo una pioggia leggera, semina immediatamente il tuo campo, prima che si asciughi; ma se la pioggia è stata abbondante, allora aspetta che i semi germoglino per seminare. (Se la pioggia è stata scarsa e si aspetta troppo a seminare, le radici non avranno umidità sufficiente per germogliare, ma se non si dà al terreno il tempo di asciugarsi [letteralmente, tornare pallido] dopo una pioggia abbondante, allora l'umidità contenuta nel terreno farà ammalare le radici delle piante). (ibidem)

Per tutto il periodo imperiale i contadini continuarono a osservare i giorni fausti e infausti per la semina delle messi, indicati, insieme alle date propizie o sfavorevoli ad altre importanti attività, nell'almanacco pubblicato ogni anno dall'Ufficio del calendario imperiale. Anche se la divinazione e l'emerologia non persero mai il prestigio di cui godevano agli occhi del popolo, la preferenza accordata da Jia ai fattori terrestri più che a quelli celesti prefigura l'atteggiamento degli agronomi più tardi, che in genere escludevano dai loro calcoli ogni considerazione di tipo cosmologico, anche quando conservavano la forma delle ordinanze mensili, ossia il raggruppamento delle attività agricole per mese; così, per esempio, il Trattato di agricoltura del Maestro Shen (Shenshi nongshu), composto intorno al 1640 ca., è un esempio del perdurante fascino della forma delle ordinanze mensili. La maggior parte degli agronomi più tardi, seguendo l'esempio di Jia Sixie, consigliava di attenersi piuttosto ad alcuni principî agricoli di natura empirica ('semina il prima possibile, semina dopo la pioggia ma non quando il terreno è ancora bagnato') e ai segnali offerti da alcuni fenomeni naturali (l'inizio dei temporali primaverili, il volo del polline della canapa). Per questi principî agronomici non era fornita alcuna giustificazione cosmologica; per Jia Sixie, come per i suoi successori, il passaggio delle stagioni era inesorabile, e le 'stagioni del cielo' dovevano avere la precedenza su qualsiasi manipolazione cosmologica in quanto, una volta passato il momento giusto, non vi era modo di recuperarlo.

L'eredità storica delle Tecniche essenziali per il popolo

Il trattato di Jia Sixie, scritto molto prima dell'invenzione della stampa, circolò per molti secoli in forma manoscritta e fu il primo libro di agronomia a essere stampato e distribuito per ordine imperiale, già all'inizio dell'XI secolo. Il suo stile di scrittura e molti aspetti dell'organizzazione del testo divennero il modello a cui fecero riferimento tutti i trattati agronomici successivi, non soltanto in Cina ma anche in Corea e in Giappone.

Le principali innovazioni apportate al sistema agricolo cinese dopo la composizione delle Tecniche essenziali per il popolo provennero dall'agricoltura delle regioni meridionali, basata sulla coltivazione del riso. Gli agronomi dei periodi successivi che si occuparono di agricoltura, si servirono ampiamente del trattato di Jia Sixie per descrivere le tecniche e le coltivazioni diffuse nel Nord. Xu Guangqi, un autore dell'inizio del XVII sec. che trascorse molti anni della sua vita nel Nord, nei pressi di Tianjin, conducendo personalmente una fattoria ed effettuando numerosi esperimenti di agronomia, cita nel suo Trattato completo di amministrazione agricola il libro di Jia Sixie nella sezione sulle varietà di miglio, senza aggiungere nessuna fonte successiva. Molti degli autori che si occuparono dell'agricoltura settentrionale lamentarono il peggioramento degli standard rispetto a quelli stabiliti da Jia Sixie; in effetti, il livello di competenza e di conoscenze tecnologiche rispecchiato nel suo trattato fu raramente raggiunto nelle epoche successive. Verso la metà della dinastia Tang la valle dello Yangzi, dove l'abbondanza di acqua aveva permesso lo sviluppo della coltivazione intensiva del riso, superò le pianure settentrionali quanto a produttività agricola e, in seguito, per importanza politica e sociale. I capitali e le conoscenze presero in misura sempre maggiore la strada del Sud, e le campagne del Nord divennero un territorio relativamente arretrato, dove i piccoli agricoltori facevano fatica a sopravvivere e le grandi aziende agricole non producevano profitti.

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