La stampa politica e l’opinione pubblica

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Franco Cardini
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

Nel corso del XVIII secolo la grande diffusione di quotidiani e riviste modifica profondamente le forme di esercizio del potere. I giornali e tutta la produzione libraria dell’epoca (alta e bassa, erudita e scandalistica) contribuiscono a promuovere nei lettori autonomia di giudizio e un forte spirito critico, attraverso una progressiva smitizzazione e delegittimazione dei centri del potere monarchico.

Gli esordi

In Inghilterra, nell’aprile del 1709, Sir Richard Steele lancia il “Tatler”, un trisettimanale di successo, il primo particolarmente attento ai gusti del pubblico femminile. Nel 1711, scomparso il “Tatler”, il saggista e poeta Joseph Addison – già collaboratore di Steele – fonda lo “Spectator”, un foglio quotidiano famosissimo, caratterizzato dalla vena ironica del suo direttore e da un’attenta disamina dei costumi e della vita sociale del tempo.

Joseph Addison

Luoghi comuni sulle donne

Lo Spettatore

La conversazione usuale delle donne ordinarie favorisce moltissimo questa debolezza naturale di lasciarsi prendere dalle apparenze esteriori. Parlate di una giovane coppia, e immediatamente sentite se hanno un tiro a sei, o mangiano in piatti d’argento; fate il nome d’una signora assente, e dieci contro una imparerete qualcosa della sua veste e della sua sottana. Un ballo è un grande aiuto al colloquio, e una nascita fornisce conversazione per dodici mesi. Un falpalà di pietre preziose, un cappello con un fermaglio di diamante, un panciotto o una sottana di broccato, sono argomenti all’ordine del giorno. Insomma, esse prendono in considerazione solo i drappeggi della nostra specie, e non spendono mai un pensiero su quegli ornamenti dell’animo che rendono le persone illustri per sé e utili agli altri. Quando le donne s’abbarbagliano così perpetuamente le loro reciproche fantasie, e si riempiono il capo di null’altro che di colori, non fa specie che esse dedichino più attenzione alle qualità superficiali della vita, che ai suoi doni solidi e sostanziosi. Una ragazza che è stata educata in una conversazione di tal genere, corre pericolo per ogni abito ricamato in cui s’imbatte. Un paio di guanti colla frangia può essere la sua rovina. In una parola, merletti e nastri, stringhe d’argento e d’oro, e simili fronzoli scintillanti, sono altrettanti richiami per donne di debole mente o di bassa educazione, e quando siano mostrati ad arte, han potere di trarre giù la più volatile civetta dal più stravagante dei suoi voli e dei suoi vagabondaggi.

J. Addison, Lo Spettatore, a cura di M. Praz, Torino, Einaudi, 1982

La maggioranza di questi periodici è di argomento letterario, ospita soprattutto critiche e recensioni di libri, ma non tralascia di seguire gli sviluppi della cultura tecnico-scientifica. Tutti vogliono istruire e divertire il pubblico facendo ricorso all’umorismo e alla satira, spesso anche feroce, e fondendo cultura tradizionale e nuovi gusti borghesi. Questo tipo di giornali di argomento morale apre la strada alla vera e propria stampa politica, poiché diffonde tra i lettori un atteggiamento sempre meno remissivo nei confronti dell’autorità costituita.

Il crescente potere della stampa inglese, dal 1695 non più soggetta alla censura preventiva, provoca immediate reazioni nella monarchia, che a più riprese cerca di controllarne la diffusione. Lo Stamp Act del 1712 stabilisce l’imposta di un penny per i giornali di quattro pagine (un foglio intero) e di mezzo penny per quelli di formato ridotto (mezzo foglio).

Se questa è la situazione in Inghilterra, dove esiste un’accesa vita parlamentare, in Francia, che ne è priva, sono ancora più rigidi i meccanismi statali di censura e i criteri di assegnazione degli indispensabili privilegi di stampa, peraltro sempre revocabili dalla corona. Di conseguenza gli effetti destabilizzanti del dibattito provocato dalla libera circolazione della stampa sono più forti anche se molto più tardivi.

Tra i giornali più diffusi nel corso del XVIII secolo, il primo è la “Gazette de France”, fondato nel 1631, strumento ufficiale della politica governativa che raccoglie con una certa obiettività le notizie in arrivo dalle capitali straniere, ma che non lascia alcuno spazio al dibattito politico interno, all’operato dei ministri o all’attività del parlamento di Parigi. Grande enfasi è riposta nel celebrare il cerimoniale di corte e il ruolo pubblico del re, unico e assoluto rappresentante di tutta la società.

Molto noti sono anche il “Journal des Sçavans”, un settimanale fondato nel 1665, nel quale coabitano cultura scientifica e critica letteraria, e il “Mercure galant”, foglio ricco di pettegolezzi, notizie teatrali, letterarie e anche di dissertazioni più o meno erudite.

Ma non sono questi giornali i promotori delle grandi trasformazioni che hanno luogo nel campo della lettura soprattutto nella seconda metà del secolo. D’impianto fortemente tradizionale, questi non possono ospitare più di tanto le polemiche religiose ed economiche che caratterizzano il regno di Luigi XV, tanto meno le spinte dissacratorie che alla vigilia della rivoluzione provengono dagli ambienti intellettuali più emarginati, ma anche più vivaci di Parigi. Nella genesi di una sfera pubblica borghese, politicamente rappresentativa di tutta la società civile, avranno un ruolo importante le gazzette extraterritoriali in lingua francese, pubblicate in Olanda. Queste pubblicazioni internazionali, tollerate dalla censura, introducono i lettori ai toni più liberi del giornalismo parlamentare, facendosi spesso portavoce della cultura d’opposizione. Tra le gazzette la più conosciuta e la più ricca di informazioni è la “Gazette de Leyde”, fondata nel 1677, sempre presente sui teatri di guerra e molto apprezzata per la pubblicazione di numerosi documenti ufficiali.

Il boom

Nella seconda metà del secolo aumentano via via le tirature dei libri e della stampa e nascono un po’ dappertutto nuovi periodici e quotidiani. In Europa e in America del Nord, nelle città e nella provincia, un nuovo pubblico si rivolge con sempre maggiore interesse alla stampa periodica e giornaliera, che diviene la sede naturale di grandi dibattiti e il principale strumento di diffusione della cultura politica.

Una “frenesia di lettura” – per usare le parole del filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte – travolge intere generazioni che si appassionano tanto alla letteratura di evasione quanto alle letture più impegnate, entrambe spesso malviste dalle autorità statali ed ecclesiastiche.

Nel corso degli anni Sessanta prendono le mosse in Italia alcune significative imprese giornalistiche: il “Giornale de’ letterati” di monsignor Ciampini e Francesco Nazari, ispirato al modello francese del “Journal des Sçavans”; il “Giornale di commercio”, versione italiana dell’edizione stampata a Bruxelles, i cui orizzonti spaziano dall’economia alla politica e alle scienze tecniche e agronomiche; infine “Il Caffè”, il più noto tra i periodici dell’Illuminismo italiano. Nel giugno del 1764 escono il primo numero del foglio periodico Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria che con Pietro Verri promuove l’Accademia dei Pugni e il progetto de “Il Caffè”.

Per due anni, su queste pagine, appaiono vivaci interventi e discussioni: la condanna dell’immobilismo economico, l’esaltazione della “mercatura”, la lotta all’ignoranza e la battaglia per le riforme giuridiche, sostenuta in particolar modo da Alessandro Verri. Contemporaneamente si moltiplicano le gazzette locali – nate tra la fine del XVII secolo e la seconda metà del XVIII – fogli quotidiani o periodici con notizie politiche e letterarie: si stampano gazzette a Milano, Parma, Piacenza, Venezia, Cremona, Napoli, Mantova, Bologna e Foligno.

In Francia nel gennaio del 1777, con quasi ottant’anni di ritardo sull’Inghilterra, nasce il primo quotidiano, il “Journal de Paris”, d’impianto più culturale che politico; il “Daily Courant”, invece, il primo foglio quotidiano inglese, nasce nel 1702 e cessa le pubblicazioni nel 1735. Negli ultimi trent’anni del secolo è soprattutto in Inghilterra che i quotidiani appaiono in costante aumento: appena quattro negli anni Sessanta, sono più di quindici nel 1792. In Germania il ritmo di crescita dei periodici (quotidiani esclusi) è davvero impressionante; 410 nuovi giornali nel decennio 1761-1770, 718 negli anni tra il 1771 e il 1780 e addirittura 1225 tra il 1871 e il 1790: una risposta immediata alle esigenze poste dal dibattito sulla Rivoluzione francese. August Ludwig von Schlözer, professore di Storia e politica a Gottinga, fondatore dello “Staats Anzeigen” (1783), è una delle figure più influenti del giornalismo tedesco dell’epoca, assai temuto dai governanti per l’indipendenza dei suoi giudizi. In Germania, in assenza di una capitale culturale e politica che altrove costituisce sia il centro di elaborazione e diffusione delle notizie sia il polo catalizzatore del dibattito letterario, la stampa assolve proprio queste funzioni, costituendo una sorta di cassa di risonanza della discussione politica e spesso anche un efficace strumento di divulgazione della cultura illuminista.

Anche nella Francia d’ancien régime l’aumento del numero delle testate è straordinario: da 40 nel decennio 1720-1729 a 167 negli anni tra il 1780 e il 1789.

Ma è soprattutto con la rivoluzione che si assiste a un vero e proprio boom: solo nel 1790 vengono lanciati 335 nuovi giornali. In verità molti sono destinati a scomparire dopo appena pochi numeri e degli altri è impossibile valutare l’effettiva circolazione tra il pubblico. Non erano molti infatti coloro che potevano accedere alla lettura, per mancanza di denaro (i giornali erano costosi) o perché analfabeti, ed erano pochi anche coloro che potevano concedersi il lusso di passare una parte del loro tempo leggendo.

Tuttavia non mancano episodi che denunciano una vera e propria rivoluzione nei costumi della gente: alla metà del secolo alcuni viaggiatori tedeschi riferiscono dell’abitudine acquisita dagli operai inglesi di leggere il giornale durante la pausa del pranzo. La giornata-tipo di una dama di compagnia dell’epoca appare scandita dalle molte letture, solitarie o di gruppo: giornali, romanzi, testi religiosi e classici della letteratura. Numerose sono anche le testimonianze dei contemporanei su episodi di lettura ad alta voce nelle osterie e nelle piazze dei mercati. Ma sono le coffee houses i centri d’incontro privilegiati per il pubblico della carta stampata: aperti a tutti coloro che si possono permettere di pagare una consumazione. Questi luoghi, spesso più dei salotti, uniscono alla convivialità il dibattito politico e letterario stimolando la partecipazione del pubblico di lettori alla vita del Paese. Una clientela rigorosamente maschile, ma piuttosto varia (aristocratici, commercianti, apprendisti e artigiani), anima le discussioni nei numerosi caffè. Un altro mezzo, più costoso, per procurarsi i giornali o i numerosi pamphlet pubblicati all’epoca è la sottoscrizione alle biblioteche circolanti.

Due significativi cambiamenti contribuiscono a questa grande crescita nel campo dell’informazione: lo sviluppo delle vie di comunicazione e del sistema postale. La maggiore rapidità e facilità nel reperire i settimanali stampati a Londra o Parigi contribuisce a promuovere la stampa provinciale, peraltro già in circolazione alla fine del XVII secolo (in Inghilterra il primo giornale provinciale fu il “Worcester Post Man”, inaugurato nel 1690).

Soprattutto in Inghilterra la crescita degli spazi pubblicitari e commerciali sui giornali (annunci legali e delle compagnie di navigazione, aste pubbliche ed estrazioni del lotto) contribuisce alla circolazione della stampa in provincia e al moltiplicarsi di fogli locali destinati sia a promuovere sia a segnalare l’attività economica e commerciale della regione. Contemporaneamente nascono alcuni periodici commerciali che concorrono a diffondere e rendere più accessibili le idee dell’Illuminismo a un pubblico più vasto anche se meno colto. Ma è la stessa cultura politica del Paese che ne esce rafforzata; grazie ai giornali provinciali le lotte cittadine per la libertà di stampa e l’impegno politico di molti attivisti radicali, come il giornalista e politico inglese John Wilkes fondatore nel 1762 del “North Briton”, acquistano notorietà anche fuori dei grandi centri, creando consenso e partecipazione popolare. La pubblicazione dei dibattiti parlamentari inglesi è determinante nella formazione di un pubblico borghese più consapevole, in diritto di esercitare finalmente una certa funzione di controllo politico. Contravvenendo al divieto di stampa imposto dalla monarchia e superando grandi difficoltà – nella galleria della Camera dei Comuni è proibito prendere appunti – il “Morning Chronicle”, un influente giornale di Londra, stampa ben sedici colonne di discorsi parlamentari.

I giornali inglesi di successo hanno smesso da tempo di somigliare ai libri: pubblicati in formato grande, appaiono più innovatori e moderni dei loro corrispettivi francesi. Le scelte grafiche e l’impaginazione degli articoli sono attente alle esigenze di un pubblico disomogeneo, dedito a una lettura frettolosa, spesso distratta e discontinua, diversamente da quanto avviene con i libri. Facendo ricorso a grandi titoli per evidenziare i diversi argomenti trattati, a rubriche, illustrazioni e inserti commerciali con tanto di vignette, i giornali inglesi acquistano sempre più una loro specificità.

Anche in Francia la stampa rappresenta nel Settecento il settore più dinamico della vita culturale del Paese. Le polemiche religiose degli anni Cinquanta, in particolare la disputa sui sacramenti, provocano un dibattito ideologico sempre più ampio e acceso che rompe il silenzio politico imposto dall’assolutismo. In quell’occasione la “Gazette de Leyde” si schiera in favore dei giansenisti, chiedendo ai suoi lettori una partecipazione alla disputa. Sul fronte opposto è il “Journal de Trévoux”, redatto dai Gesuiti del collegio parigino Louis-le-Grand. Molti anni dopo sarà sempre la “Gazette” la prima a pubblicare una traduzione francese della Dichiarazione d’indipendenza americana.

Alla vigilia della rivoluzione sarà proprio il ministro e controllore delle finanze francesi Jacques Necker, la cui altalenante carriera è un primo esempio del peso politico crescente dell’opinione pubblica, a stigmatizzarne funzioni e poteri: “la maggioranza degli stranieri stenta a farsi un’idea giusta dell’autorità che esercita in Francia l’opinione pubblica. Essi comprendono solo con difficoltà che esiste una forza invisibile che, senza armi, senza guardie del corpo, senza esercito, dà leggi che vengono seguite anche nel castello del re; e invece non c’è nulla di più vero”. Di fronte a questo “tribunale”, scrive ancora Necker, tutti sono “obbligati a comparire”.

Di lì a poco i rivoluzionari scopriranno e sfrutteranno a pieno le enormi potenzialità insite nella stampa: parlare contemporaneamente a centinaia di migliaia di persone, potendone condizionare atteggiamenti e scelte di campo tramite l’appello ai sentimenti e alla retorica. Precursore di questo tipo di giornalismo a tinte forti era stato Simon-Nicolas Henri Linguet, fondatore delle “Annales politiques” (1777). Da queste pagine Linguet conduce una campagna diffamatoria costante contro l’establishment culturale e le accademie, in particolare D’Alembert e l’Académie Française, rinnegando i toni razionalistici e la vena satirica cari a Voltaire e ai primi illuministi.

Questa passione viscerale, questa violenza retorica, più che i contenuti degli articoli di Linguet, accendono gli animi degli intellettuali più poveri e bohémien di Parigi e influenzano fortemente l’eloquenza prerivoluzionaria. D’altronde, come ha scritto lo storico americano Robert Darnton, fu “nelle profondità del sottomondo intellettuale che questi uomini divennero dei rivoluzionari ed è qui che nacque la determinazione giacobina di spazzar via l’aristocrazia dello spirito”.

Tra i giornali rivoluzionari ricordiamo l’“Ami du peuple”, fondato da Jean-Paul Marat, tipico esempio di giornalismo militante destinato alle classi popolari; la “Feuille villageoise”, di grande successo, diffuso soprattutto nel mondo rurale e caratterizzato da intenti didattico-pedagogici; “Le Patriote françois”, fondato da Jacques-Pierre Brissot de Warville e considerato uno dei migliori giornali filorivoluzionari.

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