Laser

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Laser

Paolo Laporta
Giuseppe Palumbo
Riccardo Pratesi

di Paolo Laporta

Tra i dispositivi emettitori di radiazione coerente nella regione spettrale compresa tra i raggi X e il lontano infrarosso, alcuni tipi di sorgente, come i l. a gas, hanno raggiunto lo stadio di maturità industriale; altri presentano nuovi e importanti sviluppi legati sia alla fisica di base sia alla tecnologia dei materiali, come i l. a stato solido, i l. a semiconduttore, i l. a raggi X.

Laser a stato solido

L'evoluzione dei l. a stato solido è riconducibile a tre fattori sinergici: l'introduzione dei l. a semiconduttore come sorgenti di pompaggio; il miglioramento della qualità e lo sviluppo di nuovi materiali attivi; l'adozione di geometrie, strutture e regimi di funzionamento di nuova concezione.

(fig. 1

I l. a semiconduttore (detti anche diodi laser) hanno gradatamente sostituito le con-venzionali lampade a flash, che continuano a essere utilizzate in alcuni casi solo per motivi di costo, migliorando in modo sostanziale l'efficienza di pompaggio dei l. a stato solido. Tra i principali vantaggi vi sono la riga di emis-sione stretta, la coerenza spaziale del fascio, la lunga vita media, l'elevata densità di potenza generata. I diodi laser di pompaggio sono generalmente costituiti da insiemi di l. a semi-conduttore a buca quantica, integrati sullo stesso chip (fig. 1). Le potenze emesse sono considerevoli (fino a ∼1,5 kW, con densità di potenza di picco dell'ordine di 1÷3 kW/cm in funzionamento quasi continuo) e le efficienze di conversione della potenza elettrica in radiazione ottica variano tra 30% e 50%. Le principali geometrie di pompaggio sono quella longitudinale, nella quale il fascio proveniente dal diodo laser è focalizzato nel materiale attivo collinearmente all'asse del modo laser, e quella trasversale, nella quale il pompaggio avviene, ortogonalmente alla direzione di propagazione della radiazione laser, attraverso la superficie laterale della barretta di materiale attivo. Di frequente il fascio di pompa viene convogliato sul materiale attivo attraverso una fibra oppure un fascio di fibre ottiche direttamente accoppiate ai diodi laser.

I principali ioni attivi utilizzati per i l. a stato solido (Nd3+, Yb3+, Tm3+, Ho3+, Er3+, Cr3+, Ti3+) appartengono alle terre rare e ai metalli di transizione e possono essere inglobati in numerose matrici cristalline, vetrose e ceramiche. I cristalli a base di ossidi (per es., granati sintetici, zaffiro) sono tuttora i più utilizzati: la matrice di uso più diffuso, in seguito alle sue proprie-tà optomeccaniche e termiche, è il granato di ittrio e alluminio (Y3Al5O12, YAG). Grande importanza hanno assunto anche le matrici vetrose (a base di silicati e di fosfati), che consentono la fabbricazione di barre e dischi di grandi dimensioni per applicazioni di potenza, e soprattutto la realizzazione di l. in fibra. Di recente sviluppo sono le matrici ce-ramiche, per le quali le nuove tecnologie di sinterizzazione in vuoto hanno consentito di ottenere bassissime perdite per diffusione e qualità ottiche confrontabili con i monocristalli.

In modo particolare, lo YAG ceramico, che ha raggiunto prestazioni simili al granato e può essere fabbricato con dimensioni maggiori, in tempi più brevi e a costi notevolmente inferiori, costituisce la più importante innovazione nel campo dei materiali per i l. a stato solido.

fig. 2

Tra i diversi l. a stato solido che hanno assunto rilevanza dal punto di vista applicativo e scientifico, il l. a Yb:YAG è la sorgente di alta potenza attualmente più efficiente; privo di bande di assorbimento nel visibile utili per il pompaggio a lampada, è diventato di interesse applicativo con l'introduzione del pompaggio con l. a semiconduttore. Lo ione attivo Yb3+ sostituisce in alcuni siti reticolari, in percentuale atomica variabile dall'1% al 6%, lo ione Y3+ nel cristallo di YAG. Lo schema dei livelli è mostrato in fig. 2. La transizione laser avviene tra un sottolivello del multipletto 2F5/2 (livello eccitato) e un sottolivello del multipletto 2F7/2 (livello fondamentale), alla lunghezza d'onda di 1030 nm; il pompaggio ottico con l. a semiconduttore a InGaAs/GaAs è fra gli stessi multipletti, a lunghezza d'onda leggermente più corta (941 nm e 968 nm). Proprio grazie all'altissima efficienza quantica di pompaggio (∼90%) la frazione di energia convertita in radiazione laser è notevolmente elevata (∼60%), mentre assai ridotta risulta quella dissipata in calore (11%); le potenze massime ottenibili raggiungono alcune centinaia di watt in singolo modo trasversale. Questa sorgente rappresenta oggi l'alternativa più valida al l. a Nd:YAG per applicazioni industriali che richiedono alta potenza.

Tra le geometrie e le strutture più innovative vi sono il l. in fibra e il l. a disco sottile. Già proposto agli inizi degli anni Sessanta del 20° sec., solo a partire dagli anni Novanta il l. in fibra è diventato di pratico impiego a seguito dello sviluppo dei l. a semiconduttore di potenza e dell'enorme miglioramento nei processi di fabbricazione delle fibre ottiche. Il mezzo attivo è costituito da una fibra ottica con lunghezza variabile da pochi centimetri ad alcuni metri, tipicamente in vetro a base di silice (SiO2), il cui nucleo è drogato con ioni di terre rare (Nd, Yb, Er, Pr, Tm, Ho). La radiazione di pompaggio è iniettata da un'estremità della fibra nel nucleo, dove si propaga guidata e viene gradualmente assorbita. Particolarmente interessante è la struttura a doppio mantello, utilizzata per fibre a singolo modo trasversale, in cui le dimensioni del nucleo sono molto ridotte (〈3 μm di raggio); per aumentare l'efficienza di accoppiamento, la radiazione di pompaggio è iniettata nel mantello interno, che ha dimensioni molto maggiori di quelle del nucleo, e si propaga guidata per riflessione totale all'interfac-cia tra i due mantelli.

fig. 3

I l. in fibra presentano alcune vantaggiose caratteristiche, legate alla configurazione geometrica: riduzione della potenza di pompaggio di soglia di due o tre ordini di grandezza rispetto ai l. a stato solido convenzionali; elevata efficienza; buona dissipazione termica. Dal punto di vista applicativo i l. in fibra di maggior interesse sono il l. a Nd e il l. a Yb di elevata potenza; uno schema semplificato di un l. a Yb di potenza è mostrato in fig. 3. Sono stati sviluppati l. a Yb in fibra multimodale con potenze fino a 17 kW, e in singolo modo trasversale fino a 2 kW, con elevata qualità spaziale del fascio. Di notevole interesse è anche il l. a Er in fibra, che può produrre potenze fino a ∼100 W alla lunghezza d'onda di 1,5 μm; fibre drogate con Er o con Er-Yb sono inoltre largamente utilizzate come amplificatori ottici nei sistemi di telecomunicazione.

fig. 4

Il l. a disco sottile, mostrato schematicamente in fig. 4, è un dispositivo laser di nuova concezione che utilizza un sottile disco di materiale attivo, tipicamente YAG fortemente drogato con ioni di Yb o di Nd, con spessore di 0,2÷0,4 mm e diametro di ∼15 mm. Sulla faccia anteriore del disco sono depositati strati antiriflettenti; la faccia posteriore, su cui è realizzato uno specchio a riflessione totale, è direttamente montata su un dissipatore termico. Il fascio di pompaggio, con diametro di 3÷8 mm, incide obliquamente sul disco, effettuando più passaggi all'interno del materiale attivo. Il calore viene estratto attraverso la superficie posteriore del disco in modo molto efficiente; i gradienti termici risultano quindi ridotti rispetto a una convenzionale barretta di YAG e la qualità spaziale del fascio è eccellente. La geometria è facilmente scalabile, accoppiando in serie più dischi, raggiungendo potenze di alcuni kW.

L'evoluzione della tecnologia laser per la ge-nerazione di impulsi ultrabrevi è imputabile al-l'introduzione di una nuova tecnica di mode locking, basata sull'effetto Kerr ottico nel mezzo attivo, che produce una focalizzazione del fascio nella cavità laser. Tale tecnica ha consentito di ottenere con il l. a Ti:zaffiro, che ha una larghissima banda di guadagno, impulsi con durata inferiore a 10 fs, ed è stata poi applicata a molti altri l. a stato solido caratterizzati da estese bande di guadagno (Yb:vetro, Er:vetro, Cr:LiSrAlF6), che hanno prodotto impulsi con durate comprese tra 20 e 150 fs.

I l. a stato solido sono le sorgenti di impulsi ultrabrevi più utilizzate, per applicazioni sia di tipo scientifico sia industriale, e hanno quasi completamente sostituito i l. a colorante organico, che per molto tempo sono stati i dispositivi di riferimento in questo campo. Il record di durata è di soli 3,7 fs, corrispondenti a meno di 2 cicli ottici alla lunghezza d'onda centrale dell'impulso (∼800 nm), ottenuto con un l. a Ti:zaffiro e sofisticate tecniche per il controllo della dispersione. Questi impulsi rappresentano gli eventi artificiali più brevi che vengono prodotti direttamente dall'uomo.

Laser a semiconduttore

A partire dagli anni Novanta del 20° sec. le innovazioni più importanti sono state il l. a buca quantica, il l. a cascata quantica, il l. a cavità verticale a emissione superficiale o VCSEL (Vertical Cavity Surface Emittig Laser) e il l. nel blu-verde. L'impiego di diversi semiconduttori e delle relative leghe consente oggi di generare radiazione laser quasi con continuità nel visibile e vicino infrarosso fino a circa 2 μm; con il l. a cascata quantica si ricopre anche la regione del medio e parte del lontano infrarosso.

Laser a semiconduttore a buca quantica

fig. 5

Partendo da una doppia eterostruttura (fig. 5), e diminuendo lo spessore dello strato attivo fino a dimensioni confrontabili con la lunghezza d'onda di De Broglie dei portatori di carica, i livelli energetici di elettroni e lacune mostrano effetti di tipo quantistico. Una buca quantica è schematicamente costituita da un sottilissimo strato epitassiale (5÷10 nm) di materiale semiconduttore racchiuso tra due strati adiacenti con intervallo di energia proibita maggiore. Da un'analisi semplificata, che considera una particella confinata una buca di potenziale monodimensionale a pareti infinite, è possibile ricavare le principali caratteristiche. I risultati mostrano che i livelli energetici En sono quantizzati e la densità degli stati ρ(E) è descritta da una funzione costante a tratti:

formula

,

fig. 6 A

dove Lz è la larghezza della buca e mc la massa efficace della particella. In fig. 6 A sono riportate, per un semiconduttore di tipo n, le densità degli stati nel caso di struttura a buca quantica (curva continua a tratti in blu) e di eterostruttura convenzionale (curva parabolica in rosso); considerando la funzione di distribuzione di Fermi-Dirac (fig. 6 B), si ottengono le corrispondenti distribuzioni di elettroni e lacune, mostrate in fig. 6 C per una struttura a buca quantica e in fig. 6 D per una struttura convenzionale. Gli effetti quantistici portano a una distribuzione di portatori concentrata in prossimità del più basso livello energetico permesso e a un restringimento della larghezza di riga di emissione, con aumento del guadagno e con densità di corrente di soglia più bassa (40÷50 A/cm2, corrispondenti a correnti di circa 1 mA). È possibile inoltre variare quasi con continuità la lunghezza d'onda λ di emissione utilizzando per le buche quantiche materiali con differenti intervalli di energia proibita; lo strato epitassiale sottilissimo della buca quantica consente di adattare elasticamente lo sforzo minimizzando il numero di dislocazioni le quali si formano all'interfaccia a causa del disadattamento di passo reticolare, che può così raggiungere valori relativamente elevati (1÷3%). In tal caso gli strati risultano sotto sforzo elastico, alternativamente tensile e com-pressivo, e la struttura è detta strained quantum well. In un l. a buca quantica il piccolissimo volume attivo (qualche μm3) limita il numero totale di elettroni coinvolti nel processo di ricombinazione radiativa, con riduzione della potenza ottica generata; per aumentarla, si realizzano strutture a buche quantiche multiple (multiple quantum well). Per ottenere correnti di soglia ancora inferiori sono stati realizzati anche l. a semiconduttore a filo quantico, nei quali il confinamento avviene lungo due direzioni, e a punto quantico, dove l'energia è quantizzata nelle tre direzioni.

Laser a cascata quantica

fig. 7

Questo particolare dispositivo, a differenza dei convenzionali l. a semiconduttore, in cui l'emissione deriva da transizioni tra banda di conduzione e di valenza, utilizza transizioni tra stati quantizzati della banda di conduzione in strutture a buca quantica. Un solo tipo di portatori, gli elettroni, è implicato nel processo di emissione, e sono utilizzati semiconduttori di tipo n per aumentarne il numero. Il dispositivo è costituito da più sezioni in serie (20÷30), ognuna delle quali composta da una regione di iniezione e un'adiacente regione attiva (fig. 7). La regione di iniezione consiste in una serie di buche quantiche con ridotto spessore delle barriere, che costituisce un super-reticolo, caratterizzato da proprie bande di energia permessa, dette minibande. In condizione di funzionamento il fondo delle mi-nibande è mantenuto piatto mediante un opportuno campo elettrico applicato. La regione attiva è costituita da buche quantiche (due nell'esempio in fig. 7) progettate in modo tale che il livello quantizzato più alto (n=3) sia risonante con il fondo della minibanda di conduzione del super-reticolo a sinistra e il livello più basso (n=1) abbia energia leggermente superiore a quella del fondo della minibanda di conduzione più a destra. La transizione laser avviene tra i livelli energetici n=3 e n=2 della buca quantica. Dal livello 2 gli elettroni decadono nel livello 1 con una transizione assistita da fononi, e quindi passano all'interno della minibanda permessa della regione di iniezione della sezione successiva. Il meccanismo è iterato 'a cascata' in tutte le sezioni del dispositivo, per cui uno stesso elettrone partecipa a molti processi di emissione, e il l. è in grado di generare potenze considerevoli, dell'ordine di alcuni watt. L'energia ΔE dei fotoni emessi è data dalla differenza tra i livelli energetici n=3 e n=2 della buca quantica, pari a

formula

Variando Lz si modifica l'eneria e quindi la lunghezza d'onda λ=c/ν dei fotoni emessi nella transizione, per cui questi l. sono in grado di emettere in tutta la regione del medio e in parte del lontano infrarosso (3÷24 μm).

VCSEL. I l. a semiconduttore che emettono perpendicolarmente al piano della giunzione sono detti laser a emissione superficiale. Nei VCSEL la cavità laser è ortogonale agli strati epitassiali e al substrato, e gli specchi sono costituiti da riflettori distribuiti di Bragg, ottenuti alternando periodicamente strati epitassiali di semiconduttori con diverso indice di rifrazione, come AlAs e GaAs. La struttura è costituita da tre sezioni principali: i due riflettori di Bragg terminali e, tra di essi, la regione attiva a buche quantiche multiple.

I VCSEL hanno alcune peculiari caratteristiche: bassissima corrente di soglia, inferiore a 100 μA; fascio a simmetria circolare limitato per diffrazione; funzionamento in singola frequenza con riga di emissione molto stretta. La potenza generata da un singolo VCSEL è limitata a livelli di pochi mW a causa del ridottissimo volume della regione attiva (poche decine di μm3); è possibile incrementarne il livello integrando su un unico chip matrici bidimensionali di emettitori. I VCSEL sono stati sviluppati alle lunghezze d'onda di 780 nm (utilizzati nei lettori CD), 850 nm (per pompaggio ottico di l. a stato solido e per comunicazioni ottiche), 1300 e 1500 nm (per comunicazioni ottiche).

Laser nel blu-verde

L'impiego di tecniche di crescita sempre più raffinate (MBE, Molecular Beam Epitaxy; MOCVD, Metal Organic Chemical Vapour Deposition) ha reso possibile, a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso, lo sviluppo di una nuova classe di l. a semiconduttore basati su GaN e relative leghe (InGaN e AlGaN). Questo materiale ha proprietà elettroniche e ottiche molto favorevoli e potrebbe diventare il più importante semiconduttore dopo il silicio. L'intervallo di energia proibita, dell'ordine di 3 eV, consente infatti emissione nella regione del blu-verde, di enorme interesse commerciale. Gli attuali l. a semiconduttore nel blu-verde sono strutture a buche quantiche multiple che utilizzano come materiale semiconduttore nella regione attiva InxGa1−xN, dove il valore di x (〈1) determina la lunghezza d'onda, crescente con x.

Laser a raggi X

Sono sorgenti di radiazione coerente nella regione dei raggi X molli, generata da plasmi altamente ionizzati; è stato dimostrato guadagno ottico per decine di elementi in un esteso intervallo di lunghezze d'onda, da 3,56 a 46,9 nm. Il principale ostacolo da su-perare è l'elevatissima potenza di pompaggio per unità di volume necessaria per raggiungere la soglia laser. La potenza di soglia in un l. varia infatti proporzionalmente a λ−4, raggiungendo valori dell'ordine di 1016÷1017 W/m3 per λ=10 nm. I meccanismi di eccitazione utilizzati si basano sulla generazione di un plasma altamente ionizzato, che può essere prodotto sia vaporizzando un campione solido con un impulso laser di altissima energia opportunamente focalizzato, sia mediante una scarica elettrica in un gas. L'eccitazione sul livello laser superiore avviene successivamente alla ionizzazione, tipicamente per collisione dello ione in stato fondamentale con gli elettroni del plasma. Il selenio più volte ionizzato (Se24+) è stato il primo mezzo attivo che ha prodotto emissione coerente a 20,6 e 20,9 nm, pompato otticamente dal fascio di seconda armonica a 532 nm (∼1 kJ in 500 ps) proveniente da uno dei bracci del l. a Nd:vetro amplificato Novette, presso il Lawrence Livermore National Laboratory, negli Stati Uniti. Il materiale attivo consiste in una sottilissima striscia di selenio di 200 nm di spessore, ∼2 mm di larghezza e ∼1 cm di lunghezza, su cui viene focalizzato il fascio laser in una camera a vuoto. Attualmente la tecnica di pompaggio è stata migliorata, utilizzando due successivi impulsi di eccitazione: il primo, con energia di 1÷3 J e durata di ∼500 ps, produce la io-nizzazione del materiale; il secondo, ritardato di circa 1 ns, con energia di 3÷7 J e durata di 1÷10 ps, serve a portare gli ioni sul livello laser superiore. Nel caso di ionizzazione per scarica elettrica, a un sottile tubo capillare (1÷4 mm di diametro interno e lunghezze fino a una decina di centimetri) è applicato un impulso di tensione estremamente elevata (ottenuta con un generatore di Marx) che provoca la scarica. Il primo l. di questo tipo a funzionare è stato quello a Ar8+; recenti versioni sono in grado di generare radiazione X coerente a 46,9 nm con energia per impulso pari a ∼1 mJ, frequenza di ripetizione di alcuni Hz e potenze medie di qualche mW. Questa è attualmente l'unica sorgente laser a raggi X tabletop, che occupa lo spazio di un normale tavolo ottico ed è trasportabile. Un nuovo schema di eccitazione, a ionizzazione indotta da campo ottico, fa uso di l. a impulsi ultrabrevi con durata di alcune centinaia di fs per produrre plasma in condizioni di non equilibrio, in cui è più agevole ottenere inversione di popolazione; con questa tecnica è stato dimostrato guadagno ottico per Li10+. I l. a raggi X non utilizzano risonatore, sia perché il guadagno ottico ha durata temporale talmente breve da poter consentire alla radiazione emessa in cavità soltanto uno o al più pochi passaggi nel mezzo attivo, sia perché non esistono specchi capaci di riflettere la radiazione a tali lunghezze d'onda senza avere la possibilità di danneggiarsi; l'emissione di radiazione coerente è dovuta all'amplificazione dell'emissione spontanea (ASE, Amplified Spontaneous Emission).

bibliografia

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W.T. Silfvast, Laser fundamentals, New York 20042.

Terapia medico-chirurgica

di Giuseppe Palumbo e Riccardo Pratesi

I progressi nella conoscenza dei processi di interazione l.-materia e della tecnologia dei sistemi laser sono stati numerosi e importanti; di questi, molti sono stati sviluppati appositamente per specifiche applicazioni mediche. I l. si caratterizzano per la loro intrinseca coerenza temporale (che consente estrema monocromaticità) e coerenza spaziale. Le larghe bande d'assorbimento dei mezzi corporei non rendono la prima qualità indispensabile perché gli stessi effetti fisico-biologici si potrebbero ottenere con lampade incoerenti filtrate spettralmente.

D'altra parte, la coerenza temporale rende possibile sia la generazione d'impulsi estremamente brevi (10-15÷10-18 s), sia la duplicazione in frequenza sia , infine, la generazione di armoniche. La seconda proprietà, invece, è decisiva poiché il fascio laser è assolutamente direzionale e può essere focalizzato in piccolissime aree. Il l., inoltre, può essere accoppiato a fibre ottiche e/o a un microscopio operatore. Lo sfruttamento delle peculiari caratteristiche delle sorgenti laser conduce ad alcune applicazioni medico-chirurgiche avanzate, la cui utilizzazione va considerata limitata solo ai casi di provata superiorità rispetto alle altre tecniche convenzionali. Come accade con tutte le metodiche fondate su tecnologie innovative di particolare sofisticazione, gli ultimi dieci anni di ricerca sui l. in medicina sono serviti a definirne i campi di intervento, a identificarne aree di potenziale applicazione futura e abbandonarne molti usi impropri.

Di seguito saranno brevemente introdotti i concetti necessari per comprendere il razionale delle varie applicazioni, delle quali indicheremo solo quelle di maggior consenso.

Meccanismi d'azione

L'azione terapeutica del l. si basa su tre processi principali: fototermico, fotochimico e fotomeccanico. Nel processo fototermico l'energia assorbita dal bersaglio è trasformata in energia termica con riscaldamento del volume del bersaglio e diffusione termica nelle zone adiacenti. Nel processo fotochimico l'energia laser innesca una reazione che è seguita da una cascata di effetti biologici terapeuticamente utili. Nel processo fotomeccanico l'energia produce un'onda d'urto intensa (a seguito di formazione di plasma o di va-porizzazione rapida dell'acqua), utilizzabile per la distruzione di strutture biologiche. Nella realtà, localmente, i processi si verificano contemporaneamente nel sito irradiato, anche se con diverso peso relativo. Allo scopo di comprendere gli effetti prodotti dal l. è necessario conoscere alcuni parametri caratteristici del l. stesso e del mezzo in cui penetra.

Coefficiente d'assorbimento

L'assorbimento della radiazione laser caratterizzato da una certa lunghezza d'onda (λ) da parte dei costituenti bersaglio, è caratterizzato dal coefficiente d'assorbimento, proporzionale alla densità degli assorbitori (cromofori) presenti nel bersaglio. Cellule e tessuti d'origine animale hanno elevati coefficienti d'assorbimento nell'UV per la presenza di acidi nucleici (lunghezza d'onda di picco tra 250 e 270 nm) e proteine (λ〈300 nm), che rappresentano una consistente frazione della materia biologica. L'assorbimento nel vicino UV-visibile è dovuto ai composti tetrapirrolici (macrociclici e lineari), alla melanina e, in misura minore, alle riboflavine. I tetrapirrolici macrociclici possiedono una banda d'assorbimento principale attorno a 400 nm e numerose altre a lunghezza d'onda maggiori con coefficiente d'assorbimento generalmente inferiore. Fra questi si citano il proto-eme, gruppo prostetico della mioglobina, della catalasi, del citocromo e dell'emoglobina. Gli acidi biliari appartengono invece alla classe dei tetrapirroli lineari e presentano numerose bande d'assorbimento distribuite nell'UV e nel visibile. La melanina ha un forte spettro d'assorbimento non strutturato e decrescente in valore dall'UV al rosso. Alla classe delle flavine appartengono la riboflavina e alcuni importanti coenzimi, il FMN e FAD che assorbono tra 445 e 465 nm.

Coefficiente di scattering

La valutazione degli effetti del l. è possibile solo se sono note le leggi di propagazione del l. e del calore nei mezzi biologici. Sebbene la complessità dei tessuti non consenta l'elaborazione di una teoria esatta della propagazione del l. e del calore in essi, i sistemi modello semplificati hanno fornito dati qualitativi e quantitativi largamente accettabili. La disomogeneità del materiale biologico è responsabile della forte diffusione (scattering) che un fascio laser collimato subisce nell'attraversare un materiale poco assorbente. Il fascio laser è diffuso in tutte le direzioni con un processo di scattering multiplo caratterizzato dal coefficiente di scattering, il cui valore diminuisce al crescere della lunghezza d'onda. Lo scattering diventa causa importante d'attenuazione nelle regioni spettrali dove l'as-sorbimento è basso (tra 600 e 1000 nm); nei tessuti cutanei lo scattering non è direzionalmente omogeneo (isotropo), ma piuttosto sensibilmente distribuito in avanti.

Lunghezza d'estinzione

L'inverso di un'opportuna combinazione dei coefficienti d'assorbimento e di scattering si chiama lunghezza di penetrazione o d'estinzione e rappresenta la distanza che il fascio laser deve percorrere perché la sua intensità si riduca a 1/3 del valore iniziale.

Tempo di rilassamento termico

Questo parametro rappresenta il tempo che il calore generato dall'assorbimento laser impiega a propagarsi per una distanza uguale alla lunghezza di penetrazione.

Controllo degli effetti d'irraggiamento laser

La conoscenza dei suddetti parametri e la scelta delle caratteristiche del l. consentono, in linea di principio, il controllo degli effetti prodotti dall'assorbimento laser nel bersaglio. Del l. può essere scelta la lunghezza d'onda d'emissione, la durata degli impulsi emessi, la frequenza di ripetizione ed energia per impulso. In questo modo, per es., è possibile vaporizzare uno strato cutaneo di spessore determinato senza produrre eccessivo riscaldamento nel tessuto circostante scegliendo una durata dell'impulso sufficientemente più breve del tempo di rilassamento termico: il calore generato durante l'impulso laser rimane confinato nello strato in questione. La frequenza di ripetizione del l. viene infine stabilita in maniera che tra un impulso e l'altro il tessuto circostante abbia il tempo di raffreddarsi e di evitare effetti dannosi oltre il previsto.

Terapia fototermica

L'uso chirurgico del l. sfrutta il calore generato per coagulare o vaporizzare un tessuto determinando necrosi coagulativa (come con il termo-bisturi), incisione (come con il bisturi meccanico) e rimozione ablativa del tessuto. Le applicazioni si giovano delle peculiarità di precisione e controllo offerti da questi l., che spesso sono integrati in sistemi dotati di microscopio operatore e di trasmissione di guida ottica e altri controlli elettronici. Di seguito si riportano le applicazioni che hanno registrato maggiori progressi e consensi.

Oftalmologia

L'oftalmologia ha utilizzato per prima le proprietà della radiazione laser. I progressi segnati dalla tecnologia laser nel campo, ne consentono l'applicazione in varie patologie (retinopatia diabetica, degenerazioni maculari, occlusioni venose) con notevoli possibilità di successo. Nel caso di glaucoma, cataratta secondaria, correzione dei difetti refrattivi e anche tumori, l'introduzione del l. ha comportato una vera rivoluzione negli interventi, i quali vengono spesso eseguiti ambulatorialmente e senza anestesia generale. La fotocoagulazione, rappresenta cronologicamente la prima applicazione terapeutica del l. (l. impiegati: Ar-514, Kr, diodo-780-840, Nd:YAG-532, dove il valore numerico indica la lunghezza d'onda di emissione in nm). L'assorbimento da parte dell'epitelio pigmentato, coroide, vasi sanguigni, trabecolato sclerocorneale produce la fotocoagulazione locale, a cui segue una risposta cicatriziale che può consentire (a seconda delle necessità) la distruzione dei tessuti patologici, la saldatura di tessuti e l'occlusione di vasi sanguigni. Il l. UV a eccimeri (Ar:F) viene utilizzato per la chirurgia fotorefrattiva con rimozione controllata di piccoli spessori di tessuto (PRK, Photo Refractive Keratectomy, dopo rimozione meccanica dell'epitelio corneale) e stromale (LASIK, Laser-Assisted In Situ Keratomileusis, in seguito al sollevamento di un lembo lamellare corneale, ottenuto con un tagliente elettromeccanico). Il trattamento, effettuato in via ambulatoriale, consente la correzione della quasi totalità del difetto refrattivo nella grande maggioranza dei soggetti, con buona stabilità temporale. È stato introdotto con successo il trapianto di cornea l.-assistita, che sfrutta le capacità di 'saldatura' dell'irraggiamento laser a bassa potenza: una volta posizionata la nuova cornea, si immette un liquido con elevato assorbimento alla lunghezza d'onda del l. (in particolare verde indocianina per il l. diodo-810) lungo tutta la fessura e quindi si irradia. Il processo di riparazione risulta significativamente più efficiente e richiede tempi minori rispetto alla tecnica di sutura tradizionale.

Dermatologia

In campo dermatologico i l. sono impiegati per il trattamento delle lesioni pigmentate (lentiggini solari, efelidi, lentiggini labiali isolate o in associazione con la sindrome di Peutz-Jeughers, nevo di Ota, nevi blue, come altri nevi melanocitici). Per questi trattamenti si utilizzano gli impulsi, brevi e potenti, dei l. a rubino, Alessandrite e Nd:YAG, che sono assorbiti selettivamente di melanociti, e penetrano in profondità nella cute. La rimozione dei tatuaggi richiede un preliminare esame delle caratteristiche del tatuaggio, per stabilire i pigmenti usati, la loro profondità, ecc., e quindi la lunghezza d'onda del laser. Le lesioni epidermiche pigmentate sono trattate con il l. dye-510, mentre il l. dye-585 è utile per le 'macchie di vino', teleangiectasie, angiomi spider, emangiomi superficiali, granulomi piogenici. Le cicatrici ipertrofiche e i cheloidi sono state affrontate inizialmente con vari l. in funzionamento continuo (Ar, Nd:YAG, CO2), successivamente con l. dye-585. Per le lesioni epidermiche e dermiche sono stati usati i l. CO2 e dye pulsato. Per il rimodellamento cutaneo si è fatto uso dei l. CO2 impulsato e a Er:YAG. L'asportazione di lesioni cutanee sicuramente benigne (verruche, cheratosi seborroiche, fibromi penduli, xantelasmi palpebrali) avviene con l. CO2. La vaporizzazione delle lesioni comporta minimi esiti cicatriziali, nessuna sutura, riduzione di sanguinamento del campo operatorio e guarigione rapida; nel caso di lesioni di natura virale, la tecnica l. garantisce inoltre una notevole sterilità del campo. Il l. CO2 è anche usato nel caso di neoplasie epiteliali, come i basaliomi critici per sede o dimensioni. Il l. CO2 pulsato e il l. Er sono usati per il trattamento di neoformazioni cutanee e soprattutto nel rimodellamento del viso a scopo estetico (dermoabrasioni controllate) con ottimi risultati e ridotto rischio di effetti collaterali. I l. nel rosso e IR, a impulso lungo, hanno trovato grande utilizzo nei trattamenti di depilazione curativa (ipertricosi) ed estetica.

Otorinolaringoiatria

Le applicazioni riguardano principalmente la chirurgia oncologica, in particolare quella laringea. I carcinomi laringei limitati alla regione glottica-ipoglottica, se relativamente cir-coscritti, possono essere asportati chirurgicamente con interventi parziali, che possono evitare quindi la laringectomia totale e la grave mutilazione anatomo-funzionale conseguente. L'impiego della chi-rurgia endoscopica con l. CO2 consente la possibilità di eseguire queste operazioni in laringoscopia microscopicamente controllata, con campo esangue, sofferenze e rischi attenuati per il malato, ridotti tempi chirurgici e di degenza ospedaliera, costi contenuti, buon risultato funzionale. I trattamenti riguardano: lesioni precancerose, patologie benigne, quali papillomi, fibromi, piccoli angiomi, lipomi, epulide, ulcere croniche aspecifiche refrattarie, ulcera post-attinica, esiti cicatriziali nonché neoplasie maligne selezionate (carcinomi iniziali scarsamente infiltranti).

Ginecologia e apparato genitale maschile

Le applicazioni dei l. in campo ginecologico si suddividono in a) intra- e b) extraddominali o del tratto genitale inferiore.

La a) può essere effettuata sia con addome aperto (laparotomia) sia per via endoscopica (laparoscopia).

Nella b) (femminile e maschile) viene utilizzata spesso la microchirurgia per lesioni vulvari, vaginali, cervicali e del pene. Nella a) in laparotomia si effettuano interventi di chirurgia riduttiva per masse tumorali pelviche mediante il l. CO2 e Nd:YAG, di asportazione completa per neoformazioni minori e di chirurgia ricostruttiva. Nei casi selezionati, il l. CO2 può essere utilizzato in associazione al microscopio. Nella a) in laparoscopia si raggiungono la cavità peritoneale o uterina per il trattamento di numerose lesioni (lisi di aderenze pelviche di limitata estensione; vaporizzazione con l. CO2 di endometriosi; interventi di chirurgia tubarica quali salpingostomia terminale o salpingotomia lineare per la rimozione di gravidanza tubarica; vaporizzazione di piccoli fibromi uterini; rimozione dei legamenti uterosacrali in casi di algie pelviche persistenti). Per il trattamento distruttivo di localizzazioni endometriosiche endoaddominali possono essere impiegati l. CO2, o Nd:YAG. Nella b) si impiega il l. CO2 in associazione al microscopio operatorio (trattandosi di sedi superficiali o accessibili in colposcopia) per interventi sia di tipo distruttivo (vaporizzazione) sia escissionale.

Urologia

Le tecniche mininvasive hanno assunto in campo urologico un ruolo crescente, grazie allo sviluppo della laparoscopia operativa e all'incremento e affinamento delle tecniche di endourologia. I l. Nd:YAG e a Ho:YAG sono stati impiegati nell'ipertrofia prostatica, nelle ostruzioni cervico-uretrali e nelle neoplasie vescicali e dell'alta via escretrice renale, come in patologie meno comuni quali l'ostruzione congenita del giunto pielo-ureterale e le stenosi ureterali e dell'uretra, e in alcune patologie genitali (neoplasie di basso stadio, condilomi e altre lesioni virali). I risultati con il l. sono dichiarati sovrapponibili a quelli forniti dalle metodiche chirurgiche tradizionali, rispetto alle quali vi è però una netta riduzione della morbilità operatoria e una notevole abbreviazione delle degenze ospedaliere. Nella litotrissia della calcolosi urinaria il meccanismo d'azione del l. Ho:YAG sembra essere legato a un effetto fototermico estremamente circoscritto, generato dal contatto della fibra con le formazioni litiasiche.

Gastroenterologia

Il l. Ar prima e il l. Nd:YAG poi hanno trovato applicazione nel trattamento delle ulcere peptiche sanguinanti; conservando un ruolo importante nel controllo del sanguinamento delle lesioni vascolari (telangiectasia ereditaria, angiodisplasia, ectasia vascolare della regione antrale dello stomaco). Il l. Nd:YAG è usato nella disostruzione palliativa dei tumori avanzati inoperabili del tratto intestinale superiore e inferiore, e in casi selezionati per l'ablazione curativa di carcinomi e displasie in fase precoce.

Broncologia

L'uso endoscopico del l. consente di asportare masse vegetanti, cicatrici stenosanti e granulazioni presenti nel lume tracheo-bronchiale per migliorarne la pervietà. Nel caso di tumore maligno la metodica è palliativa, in quanto la malattia normalmente non è tutta endoluminale, e recidiva con nuova ostruzione del lume: si applica in quei casi urgenti e intrattabili con la chirurgia tradizionale o prima di trattamento radiologico o chemioterapico, specialmente nei soggetti anziani. Nel caso di specifici tumori benigni (per es., lipomi, fibromi, papillomi isolati) il l. può essere la terapia di prima scelta perché per le forme a esclusivo sviluppo endoluminale consente trattamenti radicali.

Odontoiatria

Nel settore odontoiatrico, l'uso del l. sfrutta il differente contenuto d'acqua tra i vari tessuti (osso, mucosa, ecc.) e tra tessuto sano e patologico (carie), consentendo selettività d'azione con i l. CO2, Nd:YAG, Er:YAG e Ar:F. Le applicazioni correnti nella pratica clinica includono: la preparazione delle superfici per l'ap-plicazione dei materiali dentari, la fusione di preparati a base di idrossiapatite allo smalto e dentina per sigillare le eventuali fessure e la rimozione delle carie e la sterilizzazione delle cavità. In campo endodontico il l. (soprattutto Er:YAG e CO2) ha trovato applicazione per la chiusura del forame apicale.

Neurochirurgia

Nuovo interesse ha suscitato nel campo neu-rochirurgico la terapia laser interstiziale. Questa terapia, scarsamente invasiva, è considerata potenzialmente utile per alcune forme di tumore cerebrale. Dopo la localizzazione del tumore per mezzo di tecniche stereotattiche, l'energia laser viene indirizzata direttamente nella massa tumorale attraverso aghi.

Terapia fotochimica

La più importante applicazione della terapia fotochimica è la terapia fotodinamica (PDT, PhotoDynamic Therapy). Essa è basata sugli effetti citotossici determinati da una reazione chimica indotta dal l. su cellule patologiche che abbiano precedentemente accumulato, a differenza di quelle sane, un farmaco fotosensibilizzatore (FS). Anche in questo caso si utilizzano in genere i l. per la loro elevata intensità, che minimizza i tempi d'esposizione, possibilità di trasmissione in fibra ottica e selezione spettrale.

Meccanismo ed effetto citotossico

L'energia acquistata da una molecola che ha assorbito radiazione luminosa può essere ceduta all'ambiente circostante attraverso due tipi di reazioni di decadimento: il FS eccitato interagisce con un substrato e forma radicali trasferendo a esso elettroni o atomi d'idrogeno; la molecola fotoeccitata cede direttamente l'energia a una molecola d'ossigeno con formazione d'ossigeno di singoletto (1O2) responsabile dell'effetto citotossico fotodinamico. La breve emivita e l'estrema reattività del 1O2 fa sì che, nelle cellule che hanno accumulato FS, l'effetto rimanga confinato nell'immediato intorno del sito della sua formazione. In queste con-dizioni, solo i tessuti esposti a l. possono subire danni.

Generalmente i FS sono somministrati per mezzo di preparazioni iniettabili per via sistemica. Limitatamente ad alcune patologie super-ficiali (per es., cute) si può ricorrere a preparazioni dispensabili per via topica.

Caratteristiche delle sorgenti ottiche per la PDT clinica

Sorgenti ottiche incoerenti, quali lampade filtrate spettralmente e LED (Light Emitting Diode) d'alta potenza, sono utilizzate nella PDT di lesioni esterne (cute), mentre i l. accoppiati a fibra ottica rappresentano la scelta obbligata per gli interventi endoscopici. A causa della maggiore penetrazione della radiazione ottica nei tessuti umani tra 600 e 1000 nm, la PDT fa uso di FS che abbiano adeguato assorbimento nel rosso. La PDT viene utilizzata specialmente per lesioni patologiche non particolarmente profonde, sia esterne sia relative ad aree d'organi interni e/o di cavità (per es., polmoni, esofago ecc.). La PDT è spesso utilizzata in combinazione con il trattamento chirurgico, dopo la resezione della massa tumorale. La funzione della PDT in questi casi, è quella di eliminare le cellule maligne residue rimaste sulla superficie delle cavità operatorie.

Gli agenti FS comunemente nella PDT

Il Porfimer sodico (PS), la benzoporfirina (BPD), l'acido 5-amminolevulinico (ALA) e più recentemente il temoporfin (m-THPC), sono fra i pochi FS ammessi in terapia umana da molte autorità sanitarie nazionali.

Il Porfimer sodico, introdotto da circa dieci anni, è costituito da una miscela d'oligomeri di porfirina. L'irraggiamento (a 630 nm) avviene 48 ore dopo la somministrazione per via sistemica. Successi significativi con PS sono stati riportati sia nel trattamento del cancro del polmone (cancro 'non a piccole cellule') sia in quello delle patologie neoplastiche e preneoplastiche dell'esofago (lesioni ostruttive, mucosa di Barrett), e ancora nel trattamento delle lesioni cutanee (carcinoma basocellulare e carcinoma a cellule squamose), del sarcoma di Kaposi, e nel trattamento dei tumori ricorrenti dell'ano, del retto e del cervello. La PDT con PS nella terapia di tumori cerebrali è stata anche utilizzata come terapia aggiuntiva e integrativa di quella chirurgica. In tal caso la fotoattivazione è ottenuta inserendo la sorgente della radiazione ottica in un palloncino gonfiabile posizionato nella cavità operatoria. Il PS presenta tuttavia alcune importanti limitazioni e inconvenienti: ridotta selettività per i tessuti patologici, basso assorbimento a 630 nm, lenta eliminazione dall'organismo, che protrae la fotosensibilità del paziente per 4÷6 settimane dopo l'intervento, con forti sensazioni dolorose, edemi e gravi ustioni se non protetto dalle radiazioni dell'ambiente. L'acido 5-amminolevulinico è un pre-FS che è convertito a FS (protoporfirina IX) in vivo. L'ALA è particolarmente efficace nel trattamento della cheratosi attinica, in alcune forme di cancro della pelle (carcinoma basocellulare e carcinoma a cellule squamose in situ) e in molti tumori d'interesse otorinolaringoiatrico (testa e collo) nonché nelle lesioni del cavo orale (leucoplachie). La PDT/ALA risulta piuttosto dolorosa per il paziente. L'ALA è somministrato per via topica nelle lesioni cutanee, e per via sistemica (o suoi derivati come la Metil-ALA) nella PDT di forme cancerose della vescica e di lesioni del tratto gastrointestinale (esofago di Barrett). L'ALA è spesso utilizzato a sostegno della PDT nella PDD (Photo Dynamic Detection o rivelazione fotodinamica). Eccitato a 400 nm, l'ALA accumulato nelle cellule neoplastiche fluoresce a 635 nm, con emivita (18 ns) molto più lunga di quella naturale del tessuto (〈6 ns): ciò permette di identificare cellule neoplastiche isolate nel contesto di tessuti sani e di distruggerle irraggiandole selettivamente alla lunghezza d'onda opportuna.

La benzoporfirina è un FS attivo a 690 nm, il che permette una penetrazione per circa 1 cm. Il farmaco ha buone caratteristiche farmacocinetiche ed è distribuito nei tessuti con rapidità. L'eliminazione del BPD è molto veloce e la fotosensibilizzazione residua perdura per pochissimo tempo. Poiché la PDT/BPD sembra particolarmente indicata per le lesioni secondarie a processi di neovascolarizzazione, essendo il danno fotodinamico diretto principalmente ai vasi, il suo uso risulta particolarmente diffuso in oftalmologia (degenerazione maculare dell'anziano, neovascolarizzione della coroide). Sono anche descritti trattamenti fotodinamici con BPD di lesioni cutanee e di terapia di tumori cerebrali. Le clorine e le batterioclorine sono prodotti di mono e doppia riduzione delle porfirine. Fra questi, riveste particolare importanza il temoporfin. Il farmaco è infatti largamente utilizzato per la PDT di numerose lesioni cutanee, polmonari, esofagee e, in special modo, di tumori della testa e di quelli del collo. Dotato d'elevato coefficiente d'assorbimento a 660 nm, può essere impiegato a bassa concentrazione e richiede piccole dosi di radiazione (entro 96 ore). La fotosensibilità residua è limitata. A causa della particolare efficienza del farmaco, il suo uso richiede perizia, in quanto un eccessivo irrag-giamento induce un effetto fotodinamico non controllato che può provocare gravi danni agli organi o vasi anche molto al di sotto della lesione primaria.

La mono-l-aspartil-clorina (Npe6) sembra essere efficace (664 nm) solo a concentrazioni particolarmente elevate: ciò ne limita l'utilità, poiché a concentrazioni alte il farmaco non discrimina i tessuti sani da quelli malati. Le taxafirine sono derivati sintetici delle porfirine e contengono uno ione metallico (Gd, Lu). Sono solubili in acqua, assorbono a lunghezze d'onda >700 nm, presentano sorprendente affinità per tessuti neoplastici e neovascolarizzati e non causano prolungata fotosensibilità. Al momento poco studiata risulta la loro tossicità e il loro uso clinico è ancora limitato alla sperimentazione.

Tra gli altri FS nella sperimentazione biomedica si menzionano, oltre allo stagno-etil etiopurpurina (SnET2, 660 nm), utilizzato in oftalmologia (degenerazione maculare senile) e in dermatologia, anche l'ipericina (590 nm), utilizzata prevalentemente in campo biologico. Molto studiate sono inoltre le ftalocianine (specialmente quelle contenenti Al e Zn) e il verde indocianina (una molecola correntemente usata nella diagnostica epatica e cardiaca), che assorbono a lunghezze d'onda piuttosto elevate (da 650 a oltre 800 nm). La PDT potrebbe trovare largo spazio nella sterilizzazione di ferite, eczemi, ulcere superficiali e ustioni. Combinazioni di specifiche radiazioni laser con fotosensibilizzanti adatti, sembrano essere, infatti, terapeuticamente efficaci nei confronti di batteri gram positivi e negativi, virus, funghi, protozoi, e così via. I risultati favorevoli ottenuti al momento, con applicazioni locali di formulazioni contenenti derivati di ftalocianine, devono tuttavia essere considerati solo largamente preliminari.

Terapia fotomeccanica. - Oftalmologia. - La possibilità di eseguire la 'rottura' meccanica del tessuto biologico a seguito del focheggiamento di un potente impulso laser è utilizzata per la resezione o la perforazione dei tessuti bersaglio, salvaguardando l'integrità di tessuti più lontani dalla zona d'interazione. In particolare: capsulotomia posteriore in ca-taratta secondaria (anche in presenza di lente intraoculare); iridectomia perforante in glaucoma ad angolo stretto; resezione di sinechie e membrane in microchirurgia vitreale. Il trattamento, eseguito con l. Nd:YAG (1÷10 ns), è ambulatoriale. Anche in questo caso non esistono valide alternative all'impiego del laser.

Urologia

L'effetto fotoacustico prodotto dalla formazione di plasma tra l'uscita della fibra ottica e il calcolo da un impulso laser d'alta potenza è alla base della litotrissia laser della calcolosi urinaria. Nella pratica clinica, dopo i l. a colorante (504 nm), apparsi negli anni Ottanta del secolo scorso, sono stati introdotti i l. Nd:YAG e poi il l. Ho:YAG. Il l. Nd:YAG e quello a colorante non sono rispettivamente efficaci su calcoli d'ossalato di calcio e cistina, mentre il l. Ho:YAG è efficace per tutti i tipi di calcoli urinari (il meccanismo d'azione non è ancora chiarito, ma vi sono evidenze per essere di tipo fototermico).

Applicazioni diagnostiche

L'utilizzo delle tecniche ottiche e in particolare laser è diventato sempre più diffuso con il progredire della strumentazione optoelettronica (rivelatori, telecamere, programmi di calcolo). Tra le moltissime applicazioni accenniamo a quelle che hanno registrato i maggiori progressi.

Spettroscopia di fluorescenza

Dopo l'assorbimento di un fotone, l'atomo/molecola può diseccitarsi (e tornare al suo stato iniziale) emettendo un fotone d'energia minore (e di lunghezza d'onda maggiore). Le caratteristiche di questa emissione (lunghezza d'onda, emivita, pola-rizzazione ecc.) sono spesso specifiche della specie atomica/molecolare, e ne permettono l'individuazione.

Quando la molecola è un costituente naturale della cellula, si parla di spettroscopia d'autofluorescenza (LIAF, Light Induced Auto-Fluorescence); nel caso in cui la specie sia stata introdotta dall'esterno come una sonda, si parla di spettroscopia di fluorescenza esogena o indotta (LIF, Light Induced Fluorescence).

Nella LIAF, vengono generalmente utilizzate lunghezze d'onda di eccitazione fra 300 e 500 nm e sorgenti laser, quali He-Cd, Ar, N2, coloranti, eccimeri, diodo, o anche lampade ad arco (Hg, Xe). I principali fluorofori endogeni sono le proteine, i nucloetidi piridinici e flavine, il NADH, le fla-voproteine, il beta-carotene, il FAD, le vitamine B6 e A, le porfirine endogene. Nella chirurgia oncologica cerebrale la LIAF consente la localizzazione intraoperativa dei margini del tumore in virtù delle differenze tra le LIAF dei tumori intracranici, dei tessuti cerebrali sani, materia bianca e corteccia. La discriminazione dei tessuti sani da quelli alterati può essere anche eseguita in neoplasie maligne di esofago, stomaco, petto e tiroide e finanche nelle placche aterosclerotiche.

Spettroscopia di trasmittanza e riflettanza diffuse (NIRS)

La raccolta dei fotoni trasmessi o riflessi a causa dello scattering presente nei tessuti colpiti da un fascio collimato, consente di risalire ai coefficienti d'assorbimento e di scattering i quali lo caratterizzano e di avere informazioni localizzate sulla presenza o meno di specifiche molecole e sull'eventuale stato patologico del tessuto. Nella regione spettrale 600÷1000 nm sia i pigmenti corporei sia l'acqua presentano basso assorbimento e la radiazione ottica può penetrare in profondità nel tessuto prima di essere assorbita (NIRS, Near Infra Red Spectroscopy). Le tecniche con assorbimento continuo permettono lo studio di strati relativamente superficiali di tessuto (come nel caso di imaging in riflettanza diffusa e di misure localizzate utilizzando piccole separazioni tra gli optodi d'illuminazione e rivelazione).

Per misure in profondità si ricorre a tecniche nel dominio del tempo (l. a impulsi brevi e tecniche di rivelazione risolte in tempo) o in quello delle frequenze (l'intensità laser è modulata sinusoidalmente). Sono possibili la caratterizzazione fotofisica (assorbimento, scattering) di molecole d'interesse biomedico, di tessuti biologici e componenti di tessuti; la diagnosi medica non invasiva, come mammografia ottica; ossimetria, anche assoluta, dei tessuti; imaging funzionale del cervello; rivelazione e caratterizzazione di lesioni dermatologiche mediante imaging delle vite medie di FL. Nel caso della mammografia ottica il tumore viene rilevato dalle modificazioni (angiogenesi, ematodinamica, proliferazione), le quali si riflettono nei valori dell'assorbimento e di scattering.

Tomografia ottica coerente (OCT)

La Optical coherence to-mography trova applicazione nella strumentazione di misura di distanze in ambito industriale e biomedico. A differenza degli ultrasuoni, non necessita del contatto sensore-tessuto in esame; usa un sistema interferometrico e radiazione a bassa lunghezza di coerenza, da 10 μm fino a 1 μm (LED superluminescenti o l. a larga banda spettrale) in modo che solo il tessuto posto nell'intorno di 10 µm contribuisce al segnale interferometrico; la risoluzione assiale è nell'ordine di 10÷15 μm (50÷100 volte migliore di quella dei sistemi ultrasonici standard). I risultati più rilevanti si sono ottenuti su strutture dell'occhio umano, ma l'applicazione è in rapido sviluppo per la possibilità di rivelare in tempo reale e in vivo la microarchitettura dei tessuti, identificabile finora solo istologicamente. Sono in corso diverse altre applicazioni (per es., diagnosi endoscopica di patologie gastrointestinali, imaging intracoronarico delle placche aterosclerotiche, controllo della morfologia dei tessuti artificiali durante la proliferazione, imaging in neurologia e così via).

Velocimetria e speckle laser

La velocimetria laser utilizza lo spostamento in frequenza prodotto dall'effetto Doppler per la misura della velocità. La speckle laser è un'interferenza casuale responsabile dell'apparenza granulare degli oggetti illuminati con il laser. Risulta molto utile in misure di perfusione sanguigna.

Applicazioni biologiche

La più immediata riguarda le capacità di focheggiamento ed è utilizzata per eseguire microchirurgia cellulare di precisione su strutture cellulari e per produrre danneggiamento di organelli (o anche di loro parti). I l. a impulsi brevi (10−12÷10−15 s) consentono, inoltre, di produrre effetti temporalmente localizzati. La crescente disponibilità di l. economici e miniaturizzati ha permesso lo sviluppo di strumenti (citofluorimetri, analizzatori di DNA, microarray e sequenziatori di macromolecole, per citarne solo alcune) indispensabili nei laboratori di ricerca. In questi strumenti, la presenza simultanea di più sorgenti laser consente di eccitare con grande efficienza i fluorofori di una miscela e discriminarli utilizzando opportune procedure e rivelatori. Senza i l., la citofluorimetria non sarebbe giunta ai livelli di sofisticazione attuali, la decodifica del genoma umano non sarebbe stata possibile e i microarray non esisterebbero.

Applicazioni meno frequenti, pur tuttavia di grande interesse scientifico, riguardano microdissezione e catapulting. Un l. N2 viene utilizzato per resecare delle cellule oppure componenti subcellulari (organelli, cromosomi) da aree di tessuto fissate su un vetrino da microscopio oppure da organismi viventi. Il frammento dissezionato viene in seguito catapultato per mezzo dello stesso l. in un recipiente per le analisi successive. Questa ablazione 'fredda' non presenta effetti deleteri sulle macromolecole biologiche.

L'optoporazione

È una tecnica, descritta per la prima volta nel 1996, utile per introdurre materiale genetico estraneo in una singola cellula ospite. Il l. viene utilizzato come un microtrapano senza produrre sulla cellula effetti particolarmente traumatici.

Le 'pinzette' ottiche (optical tweezers). - Le forze prodotte da un fascio l. Nd:YAG o diodo focalizzato su oggetti microscopici consen-te di intrappolarli e muoverli in spazi dell'ordine dei micrometri. Il tweezer ottico, già utilizzato in fisica, è diventato uno strumento importante anche nel campo della biologia, offrendo opportunità rivoluzionarie per ricerca fondamentale e applicata relativa alla comprensione dei motori molecolari e allo studio dei comportamenti che coinvolgono la singola cellula. Molti degli approcci ottici per manipolare e studiare le cellule e i loro organelli sono stati recentemente integrati in un microscopio robotico (RoboLase) controllabile anche a distanza via Internet.

bibliografia

Comprehensive series in photosciences, ed. D.P. Häder, G. Jori, 5 voll., Cambridge 2001-2004.

Biomedical photonics handbook, ed. Tuan Vo-Dihn, Boca Raton (FL) 2003.

Handbook of laser technology and applications, 3° vol.: Applications, ed. A. Colin, E. Webb, J.D.C. Jones, London 2004.

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