LAURETI, Tommaso, detto il Siciliano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LAURETI, Tommaso, detto il Siciliano

Monica Grasso

Nacque a Palermo, presumibilmente intorno al 1530. L'anno di nascita, oggi prevalentemente accolto, si desume da un documento che lo dice settantaduenne nel 1602, anno della sua morte, in contrasto con l'affermazione di Baglione che lo dice morto ottuagenario (Hess - Röttgen, in Baglione, 1995, p. 563). Sarebbe stato figlio di un "dipintore insigne" il cui profilo non è a tutt'oggi ben definito (Mongitore, p. 142).

Secondo Vasari il L. fu un promettente allievo di Sebastiano del Piombo, fatto che presuppone il suo arrivo a Roma in giovanissima età, prima del 1547, anno della morte di Sebastiano.

Di questo primo soggiorno romano non sono note notizie documentarie, ma è ipotizzabile una sua frequentazione negli anni Cinquanta di alcuni cantieri artistici romani nei quali poté completare la formazione pittorica e apprendere i rudimenti di architettura e ingegneria idraulica, materie di cui si dimostrò esperto nel successivo soggiorno bolognese.

L'arrivo a Bologna del L. è solitamente collocato negli anni 1560-62, poiché nelle Due regole della prospettiva pratica di Iacopo Barozzi, detto il Vignola, pubblicate a Roma nel 1583 presso Zanetti con il commento di Ignazio Danti, è riprodotta un'incisione raffigurante un soffitto in prospettiva dipinto dal L. in palazzo Vizzani a Bologna e datato al 1562.

L'affresco prospettico del L. che racchiudeva l'Apoteosi di Alessandro nel soffitto del salone d'onore è oggi scomparso, ma la citazione di Danti testimonia la coeva ammirazione per le doti prospettiche dell'artista. I riquadri superstiti con Storie di Alessandro Magno, staccati e conservati in loco, dimostrano l'adesione del L. alla cultura manierista romana nella sua espressione più dinamica e teatrale. Nel palazzo lavorarono con lui artisti come Prospero Fontana, Orazio Samacchini e Lorenzo Sabatini, bolognesi dai numerosi contatti con Roma.

Il 2 ag. 1563 Pier Donato Cesi, vicelegato di Pio IV a Bologna, stipulò un contratto con il L. per la progettazione e la costruzione della fontana sulla piazza Maggiore, oggi nota come Fontana del Nettuno, per la quale dovevano essere eseguiti due modelli in scala. Secondo alcuni sarebbe stato proprio Cesi a chiamare il L. a Bologna con lo scopo di affidargli questa e altre opere idriche. Pochi giorni dopo il L. si recò a Firenze per contattare e condurre con sé Jean Boulogne, il Giambologna, al quale fu affidata l'esecuzione delle parti scultoree in bronzo della fontana.

Il L. svolse un ruolo decisivo nella realizzazione dell'opera: ne curò l'impianto idrico, ne elaborò l'iconografia mitologica con il committente e ne ideò le parti decorative, come testimoniano i suoi disegni oggi conservati in alcuni musei europei (Tuttle; Schreurs - Morét). I disegni mostrano diverse combinazioni ornamentali con figurazioni mitologiche disposte con capriccioso dinamismo, di gusto pienamente manierista. Discussi insieme con altri da un'apposita commissione, essi furono anche oggetto delle critiche di Pirro Ligorio (Schreurs-Morét).

Dallo stesso committente il L. ricevette nel 1564 l'incarico per la costruzione di una seconda fontana nel centro di Bologna, addossata a una parete del palazzo pubblico. Chiamata oggi "fontana vecchia", rientra nella tipologia delle fontane "a parete" e mostra un fastigio architettonico in cui i diversi elementi (timpani spezzati, obelischi, triglifi ecc.) si compongono in un fantasioso insieme ancora di stampo manierista. Ne sono state notate le affinità con esempi romani, come la fontana fatta erigere da Giulio III sulla via Flaminia (Righini, 2000).

Negli anni successivi il L. fu quindi assorbito dalla costruzione delle due fontane bolognesi e dalla messa a punto di un efficiente sistema idrico per l'approvvigionamento delle fontane, comprendente una cisterna ottagonale, chiamata Bagni di Mario. Si è ipotizzato anche un suo possibile soggiorno a Ferrara alla fine degli anni Sessanta, durante il quale il L. avrebbe realizzato l'affresco con la Cena di Baldassarre nel refettorio olivetano di S. Giorgio, andato distrutto nell'Ottocento (Berselli).

La notizia successiva risale all'8 maggio 1573, quando Filippo Guastavillani, nipote di Gregorio XIII e futuro cardinale, sollecitò il Senato bolognese perché deliberasse un ulteriore pagamento al L. quale compenso per la realizzazione delle fontane pubbliche. In data imprecisata lo stesso artista inviò a Guastavillani una relazione riguardante l'opera delle fontane e il 28 giugno 1575 ricevette effettivamente per queste un donativo dal Senato. Gli assidui rapporti con Guastavillani hanno consentito di ipotizzare la partecipazione del L., proprio negli anni 1573-75, ai lavori della villa Guastavillani a Barbiano, sui colli bolognesi. Il suo intervento non sarebbe stato solo relativo all'impianto idrico delle fontane, ma anche all'architettura e alla decorazione di alcuni ambienti, tra i quali la vasta e preziosa sala musiva (Righini, 2000).

Nel 1574 il L. dipinse la prima di alcune opere destinate alla chiesa bolognese di S. Giacomo Maggiore, il monumentale trittico per l'altar maggiore. Commissionato dal cardinale Alessandro Riario e dai suoi fratelli Ercole e Raffaele, il trittico è oggi collocato nel fondo del coro; probabilmente il L. ne disegnò anche la struttura lignea.

Lo scomparto centrale con la Resurrezione di Cristo si caratterizza per i forti contrasti luministici e per l'enfasi teatrale che culmina nella guizzante figura del Cristo. Gli scomparti laterali mostrano nelle figure di S. Giacomo e S. Agostino una più pacata volumetria. L'insieme evoca ancora il manierismo romano di impronta michelangiolesca accanto a suggestioni delle opere bolognesi di Pellegrino Tibaldi.

Malvasia ricorda nello stesso coro della chiesa un Crocifisso con laMadonna e s. Giovanni affrescato dal L., ma scomparso già all'inizio del Settecento (Berselli). Alla fine del 1577, sempre in S. Giacomo Maggiore, il L. eseguì la pala con I funerali di s. Agostino per la cappella Bianchetti. La commissionò Ludovico Bianchetti, maestro di camera di Gregorio XIII ed è probabile che sia del L. anche il disegno dell'architettura della cappella e della decorazione a stucchi dorati, come già indicato da Oretti (Fortunati; Berselli). I funerali di s. Agostino mostrano una messa in scena delle esequie, potente e cupa nella sua teatralità liturgica, sottolineata dall'insolito punto di vista prospettico.

Nel novembre del 1578 il L. si propose in qualità di architetto e pittore al duca di Mantova, Guglielmo Gonzaga, con l'appoggio di diversi personaggi illustri, tra i quali Andrea Palladio. Soggiornò a Mantova tra il febbraio del 1579 e il luglio del 1580 succedendo nell'incarico a Battista Zelotti, anch'egli vicino a Palladio, e fu coinvolto nella ristrutturazione della corte vecchia allora in corso, ma non è oggi possibile circoscriverne l'operato.

Soggiornò quasi contemporaneamente anche a Ferrara, poiché viene datata al 1579 la pala raffigurante l'Inchiodatura di Cristo alla Croce eseguita per l'oratorio dell'Arciconfraternita dell'Orazione e Morte di Ferrara, oggi conservata nella chiesa di S. Cristoforo della Certosa. La grande e affollata composizione, di cui il Cristo costituisce l'apice drammatico, rivela ancora soprattutto la sensibilità spaziale scenografica del L., ma anche una perizia nell'esecuzione dei volti che rimanda alla citazione di Vasari di una sua attività ritrattistica.

A Ferrara egli eseguì anche un S. Gerolamo nel deserto per la chiesa di S. Francesco, che si conserva nella Pinacoteca cittadina. Nell'estate del 1580 il L. si ristabilì a Bologna, poiché è documentata l'esecuzione in quel periodo della pala per l'altar maggiore della chiesa dei Ss. Vitale e Agricola raffigurante il Martirio dei ss. Vitale e Agricola. La pala andò distrutta in un incendio nel 1867, ma rimane in loco la sua ricca cornice lignea scolpita, completata il 1° ag. 1580 dal "maestro di legnami" Giacomo Gentili e probabilmente eseguita su disegno del L. (Benati).

Nello stesso periodo il L. fu interpellato dalla Comunità di Cesena per eseguire un disegno e per un preventivo relativi all'impianto idrico della fontana destinata alla piazza Maggiore di Cesena (oggi piazza del Popolo) disegnata da Francesco Masini. Il L., citato nella bolla di pagamento del 4 ag. 1580, ricevette un altro compenso nel febbraio 1585 (Righini, 1993). L'artista fu ancora coinvolto in un'opera di ingegneria nel 1581, quando fornì al Senato bolognese, insieme con altri architetti, alcuni disegni per un ponte da costruire sull'Idice, torrente lungo la via Emilia, in sostituzione del vecchio ponte romano-medioevale. I tre disegni del L. sono conservati con gli altri progetti presso l'Archivio di Stato di Bologna (Foschi).

Il L. eseguì inoltre una pala per la chiesa di S. Giacomo Maggiore in Bologna tra il 1581 e il 1582, nella cappella Magnani. La pala raffigura la Madonna in gloria tra i ss. Cecilia, Agata e Guglielmo d'Aquitania, ed è assai più semplice e sobria delle precedenti, forse perché aggiornata ai coevi dettami riformistici del vescovo Gabriele Paleotti. Tra le opere (oggi disperse) che il L. eseguì durante il soggiorno bolognese meritano una citazione il dipinto di S. Lorenzo sulla graticola nell'abbazia di S. Michele in Bosco, citato da Malvasia e in loco fino al Settecento (Emiliani, in Malvasia), e le due opere menzionate da Vasari: un quadro con Venere e Amore posseduto da Francesco Bolognetti e il Ritratto di Bernardino Savalli, le quali testimoniano che il L. ebbe anche una produzione "da cavalletto" di carattere profano.

Quasi a coronamento dei numerosi rapporti intrattenuti a Bologna con parenti e collaboratori di Gregorio XIII, egli fu chiamato a Roma dal pontefice nel 1582 per affrescare la volta della sala di Costantino nei palazzi Vaticani (Baglione, 1935). La decorazione fu terminata sotto Sisto V nel 1585, come testimoniano l'iscrizione in loco e gli stemmi Peretti, oltre al pagamento finale ricevuto dal L. il 7 genn. 1586 (Wohl).

La decorazione svolge un complesso discorso allegorico volto a completare la celebrazione del potere della Chiesa già avviata sulle pareti con le Storie di Costantino di Giulio Romano. Personificazioni di Provinceitaliane e Continenti esemplificano il dominio della Chiesa; mentre Virtù e attributi simbolici esaltano il pontefice, il tutto corredato da iscrizioni esplicative. Il L. adottò qui un linguaggio di sapore neoraffaellesco assai vicino al primo manierismo romano, anche per coesione con gli affreschi delle pareti, benché alcuni tondi prospettici con emblemi papali siano tipici delle sue abilità illusionistiche. Il riquadro centrale con il Trionfo della Croce sugli idoli pagani, eseguito sotto Sisto V, fu probabilmente adattato alle esigenze del nuovo pontefice e, nella sua essenzialità simbolica affidata unicamente alla struttura spaziale, diviene l'efficace fulcro della decorazione.

L'8 ag. 1586 i conservatori del Comune di Roma affidarono al L. la decorazione della sala degli Imperatori (oggi sala dei Capitani) nel Palazzo capitolino. Il contratto fu stipulato il 30 agosto dello stesso anno, ma l'artista iniziò i lavori solo nel 1587 e li concluse nel 1594. Visto il maggior impegno richiesto egli sollecitò e ottenne un ulteriore donativo che gli fu pagato il 2 giugno 1595 (Pietrangeli; Tittoni).

Gli affreschi raffigurano la Giustizia di Bruto, Orazio Coclite al ponteSublicio, Muzio Scevola davanti a Porsenna e La battaglia del lago Regillo, ed esaltano le virtù civiche, specie repubblicane, dell'antica Roma. Il L. compose qui vaste scene dal respiro teatrale, attingendo sia alle stanze di Raffaello sia all'opera di Giulio Romano e incrementando il dinamismo dell'immagine con gli audaci scorci e l'intenso cromatismo.

Nel 1593 il L. fu tra gli artisti che fondarono insieme con Federico Zuccari l'Accademia di S. Luca e nel 1594 succedette proprio a Zuccari in qualità di principe dell'Accademia. Vi svolse un'attività didattica imperniata soprattutto sull'insegnamento della prospettiva e si prodigò anche nel dirimere alcune questioni fiscali legate alle problematiche di artisti e artigiani.

Sempre a Roma, probabilmente nel 1595-96, il L. realizzò la pala raffigurante il Martirio di s. Susanna per l'altar maggiore della chiesa omonima per la quale ricevette un pagamento nell'agosto del 1597 (Abromson).

Si trovò così a lavorare accanto ad artisti come C. Nebbia, P. Nogari, B. Croce, impegnati nella decorazione voluta dal cardinale Gerolamo Rusticucci e improntata alle necessità di chiarezza ed efficacia rappresentativa di stampo controriformato. Il dipinto del L. si stacca però dall'insieme per la sua forza espressiva quasi corrusca, in cui il razionalismo dell'impianto prospettico funge da cornice all'azione drammatica enfatizzata dalla gestualità e dal colorismo intenso.

Tra gli ultimi anni del Cinquecento e l'inizio del Seicento si colloca anche la commissione della contessa Caterina Sforza di Santafiora dei due dipinti destinati agli altari laterali della chiesa di S. Bernardo alle Terme. I dipinti, rimossi nel 1711 e oggi scomparsi, raffiguravano S. Bernardo in estasi abbracciato da Gesù crocifisso e la Natività (Baglione, 1935; Vodret).

Baglione cita anche un'altra opera del L. oggi scomparsa: il S. Francesco che riceve le stimmate dipinto per la cappella Lancellotti in S. Giovanni in Laterano e citato dalle fonti fino al primo Settecento (Natoli, in Mongitore; Hess - Röttgen, in Baglione, 1995). Nel 1600 fu tra i membri della Congregazione dei virtuosi del Pantheon. Tra le ultime opere affidate all'artista vi è senza dubbio il dipinto raffigurante S. Pietro che risana lo storpio, destinato a un altare delle navate minori della basilica di S. Pietro, per il quale ebbe un pagamento il 18 sett. 1600. Poté completare, tuttavia, solo il bozzetto, oggi scomparso, ma citato nell'inventario dei suoi beni e dalle fonti seicentesche, mentre la pala fu affidata dopo la sua morte a Ludovico Cigoli (Abromson, Ferrari). Anche i legami con l'Emilia non dovettero essere del tutto spezzati poiché una pala del L. raffigurante l'Assunta fu spedita a Modena nel 1602, benché fosse incompiuta a causa della morte repentina dell'artista. Destinata alla chiesa di S. Maria degli Angeli, fu trasferita a Bologna per essere completata nella bottega di Ludovico Carracci ed è stata recentemente identificata in un dipinto conservato nella chiesa di S. Prospero a Reggio Emilia (Mazza; Brogi).

Il L. morì a Roma il 22 sett. 1602. Un elenco dei suoi beni, redatto il giorno della morte, è conservato presso l'Archivio della Fabbrica di S. Pietro (Abromson). Il 22 ag. 1603 la sua salma fu tumulata nella chiesa dei Ss. Luca e Martina (Baglione; Noehles).

Si conserva all'Accademia di S. Luca un suo ritratto dipinto da Orazio Borgianni probabilmente intorno agli anni 1600-02 (Susinno). Un altro suo ritratto è ricordato tra quelli degli uomini illustri del Museo Kircheriano del Collegio romano (Mongitore).

Fu suo allievo Antonio Scalvati, bolognese, che lo seguì a Roma nel 1582 per collaborare agli affreschi della sala di Costantino e che successivamente lavorò nei cantieri di Sisto V in Vaticano (Baglione, 1935; Zuccari).

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