ROSSI, Lauro Sebastiano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSI, Lauro Sebastiano

Marco Salvarani

ROSSI, Lauro Sebastiano. – Nacque a Macerata il 19 febbraio 1810, da Vincenzo e da Santa Monticelli.

Trasferitosi con la famiglia a Napoli nel 1817, rimase presto orfano; incoraggiato dalla sorella maggiore Caterina, cantante (documentata tra il 1813 e il 1817 ad Arezzo, Perugia, Roma: qui ebbe una parte secondaria nella ‘prima’ della Cenerentola di Gioachino Rossini; cfr. Ferretti, 1996), nel 1822 iniziò gli studi musicali al collegio di S. Sebastiano (poi conservatorio di S. Pietro a Majella), che compì sotto la guida di Girolamo Crescentini per il canto, Giovanni Furno, Pietro Raimondi e Nicola Antonio Zingarelli per armonia e composizione, diplomandosi nel 1829.

Nei teatri della città, tra il 1829 e il 1831, vennero rappresentati con buon successo i suoi primi lavori operistici, di genere buffo, a iniziare dalla farsa in un atto Le principesse villane (citata con il titolo Le contesse villane da Florimo, [1871], p. 11, e altri a seguire) nel piccolo teatro La Fenice nel 1829, e in collaborazione con Pietro Raimondi Costanza ed Oringaldo, melodramma in un atto di Riccardo Fortini, dato il 30 maggio 1830 al San Carlo, gestito da Domenico Barbaja (di entrambe si conserva l’autografo nel conservatorio di Napoli).

A Roma, su interessamento di Gaetano Donizetti, Rossi fu scritturato come maestro compositore al teatro Valle, dove vennero inscenati felicemente due melodrammi semiseri, Il disertore svizzero di Felice Romani (settembre 1832) e Le fucine di Bergen di Bartolomeo Merelli (novembre 1833), entrambi con il baritono Giorgio Ronconi. Ai lavori teatrali del periodo romano si aggiunse il Saul, unico suo oratorio (perduto), per l’ospizio apostolico di S. Michele (1833).

Lasciata Roma, il compositore aprì a Milano la stagione autunnale della Scala dell’anno dopo (16 agosto 1834) con La casa disabitata, melodramma giocoso di Jacopo Ferretti da Giovanni Giraud. Richiesto di nuovo a Napoli da Barbaja per volere della cantante Maria Malibran (alla quale, a detta di Florimo, l’opera milanese era piaciuta), compose Amelia ossia Otto anni di costanza, melodramma comico di Calisto Bassi, dato al San Carlo il 31 dicembre 1834 e naufragato, nonostante l’ottimo cast, tra gli schiamazzi del pubblico, che non apprezzò la Malibran improvvisatasi ballerina in un pas de deux (ibid., p. 5).

Di nuovo a Milano, Rossi ottenne un buon successo con il melodramma semiserio Leocadia (da Eugène Scribe e Mélesville) inscenato dal 30 aprile 1835 alla Canobbiana. Decise nondimeno di lasciare l’Italia (15 ottobre 1835), accettando la proposta del direttore del teatro dell’opera italiana in Messico di formare una compagnia: vi furono coinvolti cantanti celebri come Alberico Curioni, Marietta Albini, Adelaide Cesari e poi Filippo Galli (già in America). La compagnia portò a Veracruz e Città del Messico opere di Rossini, Vincenzo Bellini, Donizetti e dello stesso Rossi: il quale, oltre a proporre suoi brani vocali e strumentali, musica da chiesa e una versione in spagnolo della Casa disabitata, scrisse per il teatro della capitale Giovanna Shore, melodramma serio di Romani (dalla tragedia di Nicholas Rowe), dato nell’autunno-inverno 1836. In seguito all’inasprirsi della situazione politica (guerra del Texas) e all’intervento militare dei francesi nell’autunno del 1838, sciolta la compagnia originaria, Rossi con alcuni amici artisti e soci fidati ne costituì un’altra e si portò a Cuba; qui, su incarico dell’impresario Francisco Martín y Torres, assunse la direzione artistica del nuovo teatro Tacón all’Avana.

A Milano, dov’era tornato nel 1840 per reclutare cantanti, conobbe il soprano boemo Isabella Obermayer (in arte Ober), che divenne sua moglie l’anno seguente. Dopo una tappa a New York (estate 1841), la compagnia si diresse di nuovo all’Avana; ma a Cuba i coniugi si ammalarono gravemente di febbre gialla (tanto che circolò notizia della loro morte); sopravvissero, non senza seri danni permanenti alla salute. Trascorsi alcuni mesi in tournées tra varie città dell’isola caraibica e New Orleans (febbraio 1842), e all’Avana per le consuete stagioni, la coppia s’imbarcò verso l’Europa: sbarcò a Cadice il 3 febbraio 1843. Dopo una breve permanenza in Spagna, il compositore tornò in Italia dove, nonostante gli otto anni di assenza, riprese rapidamente e felicemente a battere le scene nazionali con il rifacimento della Casa disabitata, ribattezzata Don Eutichio e Sinforosa ovvero I falsi monetari: fin dal primo allestimento con il nuovo titolo (Milano, teatro Re, primavera 1844) l’opera ebbe straordinario successo e poi lunga vita sulle scene, anche fuori d’Italia, tanto da venir considerata il lavoro più rappresentativo dell’autore. Dopo un breve soggiorno a Madrid, Rossi tornò a Napoli, indi a Torino, dove dal 2 giugno 1845 diede al teatro d’Angennes Cellini a Parigi, melodramma semiserio in 4 ‘giornate’ di Giovanni Peruzzini (da Ascanio di Alexandre Dumas), ritenuto uno dei suoi capolavori.

Negli anni successivi Rossi alternò la residenza tra Napoli (dov’era rimasta la moglie) e Milano, per far fronte alle commissioni della Scala e del teatro di Porta Carinzia a Vienna (gestiti entrambi da Merelli), con alterne fortune: Azema di Granata ovvero Gli Abenceragi ed i Zegridi, melodramma tragico di Bassi, ebbe ottima accoglienza a Milano dal 21 marzo 1846 e anche a Vienna nel 1847; così La figlia di Figaro, melodramma giocoso di Ferretti (da Mélesville), presentata a Vienna nell’aprile 1846 e poi a Torino (teatro d’Angennes) nel marzo successivo, mentre il 24 febbraio 1847 ebbe scarso favore alla Scala Bianca Contarini, dramma tragico di Francesco Jannetti. Il successo del compositore tornò a consolidarsi con Il domino nero, libretto di Francesco Rubino da Scribe, la maggiore delle sue opere comiche, data con esito eccellente al teatro milanese della Canobbiana dal 1° settembre 1849: vi fanno spicco brani caratteristici come la «canzone spagnola» della disinvolta e misteriosa prima donna, Estella, o la sua scena nel ritiro conventuale, nonché la delicata miscela di tratti buffi e lirici nelle parti dei due rivali, il tenore Victor e il basso Butor (l’opera è stata ripresa a Jesi nel 2010).

Nel 1850 Rossi assunse la direzione del conservatorio di Milano, che tenne per un ventennio.

Costantemente impegnato a favore dei giovani talenti, promosse, tra le altre, l’istituzione a Milano di un teatro ‘sperimentale’ a essi riservato, e in generale agì a favore del rinnovamento dei regolamenti e programmi. In questi anni, per le esigenze del suo ruolo, produsse scritti di carattere teorico, critico e didattico (in particolare la fortunata Guida ad un corso d’armonia pratica, Milano 1858), si batté perché fosse mantenuto il finanziamento statale ai conservatori (che il ministro Emilio Broglio aveva proposto di abolire), fu tra i primi a interessarsi di musica antica e si adoperò perché i teatri italiani adottassero il maestro concertatore unico, deponendo la tradizionale diarchia di maestro al cembalo e primo violino direttore d’orchestra.

La sua produzione compositiva si orientò su lavori strumentali e vocali, ma per il teatro produsse comunque ancora sei nuove opere, inscenate a Milano, Napoli, Torino.

Nel medesimo periodo, vicissitudini private condizionarono la vita di Rossi: rimasto vedovo nel 1851, sposò due anni dopo Sofia Camererdi di Stoccarda (cfr. Florimo, [1871], p. 10), dalla quale ebbe due figli, Eugenio e Laura; scomparsa anch’essa di lì a poco, si unì in terze nozze (28 novembre 1864) a una sua allieva, la pianista Matilde Ballarini.

Nel 1871 lasciò l’incarico al conservatorio di Milano per assumere la direzione (17 marzo) di quello di Napoli, succedendo a Saverio Mercadante. L’attività operistica era felicemente ripresa nel 1874 con uno dei lavori più rilevanti della sua carriera, La contessa di Mons, melodramma di Marco d’Arienzo, dato al Regio di Torino dal 31 gennaio 1874, con accoglienza entusiastica; seguì nel marzo 1876 l’applauditissima Cleopatra, stessi librettista e teatro. La produzione teatrale si chiuse infine con l’insuccesso di Biorn, di Frank Marshall, ispirato al Macbeth (ne rimangono solo fonti manoscritte): dato al Queen’s Theatre di Londra nel gennaio 1877, fu bersagliato dalla critica con giudizi sfavorevoli sia sulla musica sia sull’adattamento della tragedia shakespeariana (Bennett, 1908; Shaw, 1989).

Dopo anni di polemiche e scontri, Rossi maturò di lì a poco la decisione di dimettersi dalla direzione del conservatorio napoletano (25 aprile 1878), dove fin dall’inizio aveva dovuto riscontrare un clima piuttosto ostile. Nel 1880 si stabilì a Cremona.

Morì a Cremona il 5 maggio 1885. Le spoglie del compositore furono richieste dalla città natale, dove furono traslate due settimane dopo. Il teatro di Macerata gli era già stato intitolato l’anno prima. Un ritratto di Rossi risalente al 1874, di mano di Alfonso Simonetti, è nel Museo del conservatorio di Napoli.

Per la prevalente produzione di opere buffe e semiserie Rossi fu ritenuto primario rappresentante dell’operismo di genere, sulla linea di Donizetti (così Felice Romani, stando a Florimo [1871], p. 10). Aperto agli influssi del teatro musicale francese coevo, come è evidente fin dalle scelte librettistiche, rimase comunque sempre nel solco della tradizione italiana, nella quale «fa d’uopo che la parte melodica cantante sia il primo pensiero del compositore» (L. Rossi, Strambottolo per la Posterità, Milano 1870). Fu nondimeno capace di invenzioni originali; se la particolare propensione per gli intrecci comici si osserva lungo l’intero percorso artistico, variamente declinato nei diversi contesti scenico-musicali – dalla levità delle farse alle ambiguità del Domino nero –, nelle opere serie della maturità Rossi attua un più complesso trattamento delle strutture drammatiche: vi si notano articolazioni melodiche volutamente irregolari e una certa ricercatezza armonica e timbrica nel tessuto orchestrale, tali da collocarlo a pieno diritto nel vivo dell’evoluzione del melodramma italiano nel secondo Ottocento. Tuttavia, in bilico con un piede nel vecchio e l’altro nel nuovo (Pannain, 1952), il talento di Rossi non sopravvisse al collasso della tradizione teatrale italiana negli anni Sessanta del secolo. L’attuale presenza dell’autore si limita a rarissimi allestimenti e poche incisioni discografiche (Cleopatra, Naxos, 2011; Il domino nero, Bongiovanni, 2003; la collettiva Messa per Rossini promossa da Giuseppe Verdi nel 1868-69, Hänssler, 1989).

Opere. Melodrammi (non citati nel testo): La villana contessa, melodramma buffo (Andrea Passaro), Napoli, Nuovo, 8 maggio 1831; La casa in vendita o Il casino di campagna, opera buffa, Napoli, Nuovo, estate 1831 (perduta); Lo sposo al lotto (Vincenzo Torelli), Napoli, Nuovo, estate 1831 (perduta, attribuzione incerta); Scommessa e matrimonio o La villeggiatura di Frascati, commedia per musica (anonimo), Napoli, Nuovo, 30 novembre 1831; Baldovino, tiranno di Spoleto, melodramma serio (Gaspare Servi?, da un libretto di Antonio Peracchi), Roma, Casa Contini, Carnevale 1832 (perduta); Il maestro di scuola, melodramma buffo (Gaspare Servi?), Roma, Casa Contini, 1832 (perduta); Il disertore svizzero ovvero La nostalgia, melodramma semiserio (Romani), Roma, Valle, 9 settembre 1832; Il borgomastro di Schiedam, melodramma buffo (Peruzzini), Milano, Re, 1° giugno 1844; Dottor Bobolo, ovvero La fiera, melodramma buffo (Rubino), Napoli, Nuovo, 2 marzo 1845; Le Sabine, melodramma (Peruzzini), Milano, Scala, 21 febbraio 1852; L’alchimista, melodramma (D’Arienzo), Napoli, Fondo, 23 agosto 1853; La sirena, melodramma giocoso (Peruzzini), Milano, Canobbiana, 11 ottobre 1855; Lo zingaro rivale, farsa (Salvadore Cammarano), Torino, Balbo, 19 giugno 1867; Il maestro e la cantante, scherzo comico (proprio), Torino, Nota, 1867; Gli artisti alla fiera, libretto buffo (Antonio Ghislanzoni), Torino, Carignano, 7 novembre 1868. Musica strumentale e vocale (inedita, ove manchi il luogo di stampa): Messa di gloria, 1835 circa; Divertimento per pianoforte ed arpa, Milano 1835 (ed. a cura di A. Pasetti, Bologna 2011); Duettino per 2 soprani e Quartetto per 2 soprani e 2 bassi (dal libretto Donna Aurora di F. Romani, 1821), Milano 1835; In morte di Vincenzo Bellini, per soprano e piano (Adele Curti), Milano 1835; Rondinella pellegrina, canto e piano, Milano 1835; Un canto ancora, romanza (Romani), Milano 1845; Messa da Requiem per Angelo Testori, 1845; Cansson d’ii soldà piemonteis (Federico Garelli), Torino 1848 circa; Sinfonia in Re minore a grande orchestra (composta ed eseguita nel 1848-50, offerta all’istituto musicale di Novara nel 1863); A Giovanni Ricordi, serenata a voci sole, Blevio 1850; Mille nuvole d’argento, serenata a voci sole, Milano 1850; La Storia e la Virtù, cantata per soprano, contralto, arpa e pianoforte, Milano 1851; Se mi adori, amato bene, duettino a imitazione per mezzosoprano e baritono, Milano 1852; Cantata (in omaggio delle L.L.MM., l’Imperatore ed Imperatrice di Austria), 1856; Marcia trionfale per le musiche dell’esercito Italiano, Milano 1868; Agnus dei (in Messa per Rossini), 1869; Marcia trionfale a grande orchestra dedicata alle LL.MM. Imperiali del Brasile, 1871; Elegia a Mercadante, 1876; Embolia, la vita di Roma e la sua missione sulla umanità universale, coro a due parti, 1877; Adoramus te Domine [...] in occasione della festa a Palestrina, coro a 4 voci, Roma 1880; brani nella commedia No pesce d’aprile pescato a lo polo antarteco de Casamicciola, Napoli 1880; Vendo fiori, melodia affettuosa, Milano 1881; Cantata per il quarto centenario natalizio di Raffaello (Vincenzo Romani), 1883; Kyrie a 3 voci maschili e orchestra (ed. a cura di M. Machella, Padova 2010); quintetti a 5 arpe; altre arie, romanze, cantate e cori; composizioni di carattere didattico (esercizi, solfeggi, vocalizzi, brani strumentali, fughe).

Scritti (non citati nel testo). Ai distinti cultori dell’arte musicale in Italia, Napoli 1865; Alcune parole sull’attuale condizione della musica in Italia, in confutazione dell’opuscolo del sig. G.A. Biaggi intitolato I Conservatorii di musica in Italia e il loro ordinamento, Roma 1871; Memoria per esser traslocato al Collegio di Napoli 1871, 1871; Sulla musica religiosa. Parole di L. R. lette nell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti nella tornata del dì 8 luglio 1876, Napoli 1876; Riforma della istruzione musicale, Napoli 1877; Collegio di Musica di Napoli. Rapporto del suo direttore al Regio Commissario 1877, Napoli 1877; Osservazioni e consigli nelle odierne condizioni della musica a’ giovani compositori. Memoria letta alla R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti nella tornata del dì 11 dicembre 1878, Napoli 1879.

Fonti e Bibl.: R. Colucci, L. R., in F. Regli, Morti e vivi. Biografie artistiche pel nuovo anno 1850, Torino 1850, pp. 43-59; F. Florimo, Biografia di L. R. tratta dal Cenno storico della scuola musicale di Napoli, Roma s.d. [1871]; A. Colombani, L’opera italiana nel secolo XIX, Milano 1900, pp. 222-224; E. Bettucci, Una ricerca sulla casa ove nacque il maestro L. R., Macerata 1901; Lettere di G. Rossini, a cura di G. Mazzatinti, F. Manis - G. Manis, Firenze 19022, pp. 318, 325-327; J. Bennett, Forty years of music, 1865-1905, London 1908, pp. 264-268; A. D’Angeli - G. Radiciotti, L’arte di L. R., in La cronaca musicale, XIV (1910), pp. 152-160; G. Spadoni, L. R. e l’arte musicale in Macerata dal secolo 16° ad oggi, in Gli uomini illustri della Città di Macerata, Macerata 1934, pp. 41-55; G. Pannain, Ottocento musicale italiano, Milano 1952, pp. 132, 140 s.; L. Brillarelli, L. R., Macerata 1975 (con lettere e scritti di Lauro Rossi); A. Basso, Storia del Teatro Regio di Torino, II, Il teatro della città, Torino 1976, pp. 354 s., 366; Messa per Rossini: la storia, il testo, la musica, a cura di M. Girardi - P. Petrobelli, Parma 1988, ad ind.; G.B. Shaw, Shaw’s music: the complete musical criticism, I, 1876-1890, a cura di D.H. Laurence, London 1989, pp. 82-84; T.G. Kaufman, Verdi and his major contemporaries, New York-London 1990, pp. 575 s.; S. Balthazar, Mayr, Rossini, and the development of the early concertato finale, in Journal of the Royal Musical Association, 1991, vol. 116, pp. 236-266; C.A. Traupman, I dimenticati: Italian comic opera in the mid-nineteenth century, Diss., Cornell University, Ann Arbor (Mich.) 1995, pp. 137-231; J. Ferretti, Alcune pagine della mia vita, a cura di F.P. Russo, in Recercare, VIII (1996), p. 186; I. Cavallini, Il direttore d’orchestra, Venezia 1998, pp. 214-216; M. Marino, L. R. ed un suo mancato progetto di riforma del Conservatorio di musica “San Pietro a Majella” di Napoli (1877) attraverso le pagine del periodico “La Musica”, in Francesco Florimo e l’Ottocento musicale. Atti del Convegno..., Morcone... 1990, II, a cura di R. Cafiero - M. Marino, Reggio Calabria 1999, pp. 861-874; The new Grove Dictionary of music and musicians, XXI, London-New York 2001, p. 721; C. Corsi, Un’armonia competente: l’orchestra dei teatri reali di Napoli nell’Ottocento, in Studi verdiani, 2002, n. 16, pp. 73, 95 s.; A. Weatherson, Black humor and L. R.’s “Il domino nero”, in Donizetti Society newletters, 2002, n. 85, pp. 5-8; S. Werr, Musikalisches Drama und Boulevard: Französische Einflüsse auf die italienische Oper im 19. Jahrhundert, Stuttgart 2002, ad ind.; A. Rostagno, La musica italiana per orchestra nell’Ottocento, Firenze 2003, pp. 120-125, 269 s.; A. Sessa, Il melodramma italiano, 1861-1900, Firenze 2003, pp. 415-417; Milano e il suo Conservatorio, 1802-2002, a cura di G. Salvetti, Milano 2003, ad ind.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIV, Kassel 2005, pp. 446 s.; A. Caroccia, La corrispondenza salvata. Lettere di L. R. a Francesco Florimo, con un saggio di P. Peretti, Pollenza 2008; F. Izzo, Laughter between two revolutions: opera buffa in Italy, 1831-1848, Rochester 2013, pp.165-198.

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