DORIA, Lazzaro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DORIA, Lazzaro

Giovanni Nuti

Nacque a Genova verso il 1412 da Opizzino e da Pellegra, figlia di Antonio Calvi. Fu ricco mercante, interessato, tra l'altro, al traffico dell'allume di Chio (dove egli dovette recarsi a più riprese per curare i suoi interessi) e poi di quello proveniente dalle miniere di Tolfa. Trovandosi la Repubblica genovese in gravi difficoltà politiche e militari, con l'Erario ormai da tempo esausto, fu al D. che si rivolse il governo nel 1466, perché contribuisse ad allestire una flotta, affidata al suo comando per opporsi alle scorrerie catalane. Il D. aveva già in precedenza occupato cariche pubbliche, venendo eletto anziano nel 1450 e nel 1462 ed ufficiale di Provvigione nel 1463 e nel 1464 (quando entrò anche nell'ufficio di Chio). Nel 1466 divenne ufficiale di S. Giorgio; fu poi inviato a Milano, insieme con altri tre ambasciatori, per prestare omaggio al nuovo duca, Galeazzo Maria Sforza, con cui furono rinnovate le convenzioni già strette con Francesco Sforza, giurando fedeltà, tuttavia, solo al nuovo duca e non ai suoi fratelli.

L'incarico di contribuire all'allestimento ed al comando di una flotta risultò in un primo tempo troppo oneroso per il D., che rifiutò ` ma dovette ritornare sulle sue decisioni davanti alla minaccia di una pesante multa in caso di inadempienza. La flotta (formata da sei galere) salpò da Genova il 13 ottobre, fermandosi a Noli per alcuni giorni, e poi si diresse verso la Spagna. Al largo di Barcellona venne a contatto con le navi che proteggevano il porto; la valida resistenza opposta dai nemici costrinse il D. a ritirarsi a Tarragona. In seguito, egli tentò di dare la caccia alle imbarcazioni catalane e ne sorprese una nel porto di Palamós; anche il tentativo di catturarla, tuttavia, fallì. Costretto a ritornare indietro, il D. decise di dirigersi al largo di Marsiglia, dove, secondo informazioni ricevute, si trovavano alcune navi nemiche; questa volta il piano ebbe successo, perché riuscì a catturare una galera e ad affondarne un'altra. Ritornato a Genova, il D. divenne ancora anziano della Repubblica (1470 e 1471) e ufficiale di Chio (1470). Nel 1471 fece parte di una missione diplomatica inviata a Galeazzo Maria Sforza, per placare le tensioni esistenti tra la Repubblica genovese ed il duca. Nel 1473 divenne ufficiale del Mare, di nuovo anziano nel 1474, anno in cui fu anche provvisore di Chio. Nell'aprile del 1475 si recò da solo a Milano per colloqui col duca; nel 1476 divenne ufficiale del Sale ed ufficiale di Guerra.

Restando assai tesi i rapporti tra la Repubblica ed il suo signore, il duca di Milano, il D: si sarebbe reso protagonista di un episodio di coraggio civico, almeno stando a quello che narra il Foglietta (ma il Giustiniani non fa parola dell'episodio, probabilmente inventato). Avendo il duca ordinato di prolungare la fortezza di Castelletto con un muro fino al mare, provocando il risentimento genovese, perché si vedeva in questo progetto una minaccia alla libertà dello Stato, il D. tagliò la fune che indicava il tracciato del muro da costruirsi, senza che il governatore milanese, Giovanni Scipione Pallavicino, osasse opporsi per timore della reazione popolare.

Fu forse la simpatia di cui il D. doveva godere nell'ambiente mercantile il motivo per cui nel giugno 1478 fu scelto come mediatore tra il governo milanese e i Genovesi (soprattutto artigiani della Val Polcevera), che, guidati da Gerolamo Gentile, si erano ribellati; i rivoltosi si arresero senza bisogno di ricorrere alle armi. Nel 1477, secondo il Federici, il D. fu inviato come ambasciatore al re di Napoli; l'anno seguente, fu ufficiale di Balia, affiancando nel governo il nuovo doge, Battista (II) Fregoso. Nel 1483 ebbe una parte rilevante nella congiura organizzata da Agostino e Paolo Fregoso (cardinale ed arcivescovo di Genova) contro il doge, che il 25 novembre fu abbattuto e sostituito da Paolo. Il D. divenne di quest'ultimo il più fido ed ascoltato consigliere. Apparendo evidente l'intenzione di Firenze di attaccare Sarzana (venduta nel 1468 da Ludovico Fregoso alla città toscana, ma rioccupata da Agostino Fregoso, che l'aveva ceduta al Banco di S. Giorgio), il D. fu ripetutamente consultato circa la linea politica ed i provvedimenti economico-militari da attuare per difendere la roccaforte e gli altri possessi minacciati. Il 24 maggio 1484, in una grande assemblea, l'opinione del D. fu quella di sostenere pienamente il Banco nel suo sforzo di mantenere Sarzana; tale proposta fu accolta senza dissensi. Dopo la pace di Bagnolo (7 ag. 1484), Firenze ottenne il riconoscimento dei suoi diritti su Sarzana ed iniziò le operazioni militari; il D. intervenne ancora una volta nell'assemblea pubblica per ribadire la necessità di appoggiare il Banco sia militarmente sia economicamente.

Morto nel 1484 papa Sisto IV ed eletto suo successore Innocenzo VIII Cibo, genovese, la Repubblica decise di inviare a Roma dodici ambasciatori (tra cui il D.), per congratularsi con lui. Nel frattempo, tuttavia, scoppiarono le ostilità tra la Repubblica ed il governo mediceo, che non esitò ad assalire Pietrasanta. Nell'assemblea del 30 settembre il D. propose di rinviare la partenza dell'ambasceria al papa, per dedicarsi totalmente alle operazioni militari. Vennero raccolti 10.000 uomini, che furono spediti al campo insieme con gli oratori, destinati alla corte pontificia, ma incaricati di sovraintendere per il momento alla guerra. Il pronto intervento genovese permise di bloccare l'attacco fiorentino per poco tempo, perché Pietrasanta alla fine si arrese. Pertanto la legazione partì verso Roma solo il 12 marzo 1485; quando gli ambasciatori giunsero nel maggio presso la corte pontificia, elessero loro rappresentante il D. e tornarono indietro.

La scelta del D. non fu casuale: secondo Giovanni Pietro Arrivabene, segretario papale, il D. era "molto intimo al papa" (durante le trattative si diffuse la voce secondo cui Innocenzo VIII intendeva assegnare al D. la signoria di Genova) oltreché "lo più riccho citadino" della Repubblica (cfr. Pastor, p. 176). Tuttavia, la decisione provocò malumori, ma fu probabilmente subita dal D., costretto ad un oneroso soggiorno e, proprio per questo, più volte desideroso di essere sollevato dall'incarico. Egli si adoperò perché il papa si avvicinasse a Genova, anche se non riuscì ad ottenere il suo coinvolgimento diretto nella guerra contro Firenze. Innocenzo VIII si impegnò ad operare pressioni su Venezia e su Milano, perché non aiutassero la città toscana, cui fu intimato di rinunciare a Sarzana. Il governo medicco finì coll'accettare la mediazione papale, dopo un vano tentativo per fare scegliere come arbitro il duca di Milano, formalmente signore di Genova, ma in realtà alleato con Firenze. Il problema di Sarzana fu affrontato in numerosi colloqui tra l'ambasciatore fiorentino ed il D., alla presenza del papa o del cardinale Giuliano Della Rovere, ma senza arrivare a conclusioni.

Fu un cambiamento della scena politica a far uscire dall'isolamento diplomatico il doge Fregoso: la rivolta dei baroni indusse il papa ad intraprendere la guerra contro Ferdinando e a cercare appoggio a Genova. In tal modo il D. poté trattare: il 24 novembre strinse alleanza col papa, che si impegnò a proteggere il doge Fregoso dai suoi nemici interni ed esterni e ad adoperarsi perché Pietrasanta e le altre località occupate fossero restituite al Banco di S. Giorgio. Il D. poté poi arrivare ad un accordo anche col governo fiorentino: il 6 genn. 1486 fu firmata la pace. In base ad essa, Sarzana fu riconosciuta al Banco, ma Firenze mantenne il possesso dell'ìmportante roccaforte di Pietrasanta.

Il D. si spense a Roma nel corso di quell'anno (1486). Egli aveva sposato Novella di Oberto Doria, da cui ebbe almeno dieci figli.

Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. Franzoniana, Mss. Urbani, 126: F. Federici, Alberi genealogici delle famiglie di Genova (ms. sec. XVII), I, sub voce; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1537, cc. CCXXIIr, CCXXIIv, CCXXVIv, CCXLv, CCXLIv, CCXLIIv, CCXLIIIr; U. Folietae Dell'istorie di Genova, Genova 1597, p. 520; A. Galli Commentarii de rebus Genuensium, in Rer. Italic. Script., 2ed., XXIII, 1, a cura di E. Pandiani, ad Indicem; I. Burckardi Uber notarum, ibid., XXXII, 1, a cura di E. Celani, ad Indicem; Annali stor. di Sestri Ponente e delle sue famiglie, a cura di A. Ferretto, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXIV (1904), ad Indicem; G. Da Fieno, Della legazione a Roma di L. D. il 1485, Sampierdarena 1863; C. Bornate, La guerra di Pietrasanta (1484-85) secondo i documenti dell'archivio genovese, in Miscell. di storia ital., s. 3, XIX (1922), pp. 151 s., 156, 159, 165, 169, 175 s., 179, 182-187, 189-197, 217 ss.; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, III, Roma 1925, ad Indicem; A. R. Natale, Idiari di Cicco, Simonetta, in Arch. stor. lomb., LXXXI-II (1954-1955), p. 301; LXXXIII (1956), pp. 58, 74; F. Catalano, Il Ducato di Milano nella politica di equilibrio, in Storia di Milano, VII, Milano 1956, p. 371; P. P. Argenti, The occupation of Chios by the Genoese and their administration of the island (1346-1566), Cambridge 1958, ad Indicem; C. Fusero, IDoria, Milano 1973, pp. 343, 356.

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