Le grandi domande

Enciclopedia dei ragazzi (2004)

Le grandi domande

Stefano De Luca

Grandi domande e grandi risposte

Da sempre l'uomo non può fare a meno di porsi alcune domande fondamentali: qual è l'origine di tutte le cose e il loro significato? Cos'è il bene e perché esiste il male? Cos'è la verità? A queste domande hanno cercato di rispondere ‒ in modo differente ‒ il mito, la religione, la filosofia, la scienza.

Il principio e la fine

Il mistero più profondo che da sempre affascina e spaventa l'uomo è quello del principio e della fine di ogni cosa. In altre parole, è il mistero del mutamento o, come dicono gli orientali, della impermanenza. Ogni essere vivente obbedisce a una legge inesorabile: nasce, vive, muore. Tutto muta, nulla è permanente. è una realtà con la quale gli uomini fanno i conti fin dalle origini e che hanno tentato in vario modo di comprendere. In ogni mito e in ogni religione è presente un racconto delle origini o cosmogonia, che narra come una o più divinità abbiano creato il mondo, garantendo la presenza di qualcosa che permane nel variare continuo delle cose, dando così ordine e significato all'Universo. I primi filosofi greci, nel 6° secolo a.C., fecero del problema dell'origine o principio dell'Universo il centro delle loro indagini, elaborando varie spiegazioni razionali dette cosmologie. E cosmologia è il nome della scienza che ancora oggi, sia pure con metodi ben diversi, si occupa di questo problema. La scienza moderna, tuttavia, studia l'origine e l'evoluzione dell'Universo soltanto dal punto di vista fisico, senza occuparsi del suo eventuale significato.

Il bene e il male

Se dall'immensità del cosmo passiamo a quel 'microcosmo' che è l'uomo, si presenta subito la domanda sulla sua libertà. La nostra vita è il frutto delle scelte che compiamo, oppure essa è decisa da qualche entità superiore, si chiami essa Destino, Caso o Provvidenza? E se siamo liberi (come ognuno di noi in fondo pensa) quale criterio può guidare le nostre scelte? Dove passa il confine tra bene e male?

Molteplici sono le risposte offerte in proposito dalle religioni e dalle filosofie. Le religioni, sebbene siano molto diverse tra loro, propongono un insieme di regole morali molto simili, riassumibili nella cosiddetta regola d'oro: "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te". Nella filosofia le risposte sono più differenziate, come vedremo più avanti. La scienza moderna, invece, non si pone il problema di offrire risposte a queste domande: essa, infatti, spiega come 'funziona' fisicamente il mondo e non come 'dovrebbe funzionare' dal punto di vista morale.

La verità e l'errore

L'uomo si interroga, infine, sul suo stesso modo di rispondere, ossia di conoscere. Come possiamo distinguere il vero dal falso, il certo dal probabile? Qual è il metodo per raggiungere la conoscenza? Che cos'è la verità? Nei miti e nelle religioni questa domanda è intimamente legata alle precedenti: nel racconto mitico o nel Libro sacro gli uomini trovano tutte le verità di cui hanno bisogno (a cominciare da quelle sul principio e sulla fine), e la verità coincide con il bene, dando significato a tutte le cose. Nella filosofia, invece, alcune specifiche discipline si occupano dei problemi conoscitivi, proponendo diverse soluzioni, alcune basate sulla ragione, altre sull'esperienza, altre ancora sulla loro combinazione. Quanto alla scienza moderna, essa si serve di un ben preciso metodo, che fa della verifica sperimentale il criterio decisivo per stabilire la verità o la falsità delle proprie ipotesi.

Cos'è l'impermanenza?

I monaci tibetani realizzano, con la sabbia colorata, dei bellissimi disegni che chiamano mandala. A volte ci mettono mesi per realizzarli, tanto sono complessi. Ma, appena li hanno finiti, disperdono la sabbia che li componeva. È un modo per accettare il mutamento delle cose o, come lo chiamano loro, l'impermanenza.

Narrare per capire: i miti

Ogni grande civiltà antica ha prodotto un insieme di miti (dal greco mythos, "parola, racconto"), ossia di racconti relativi a dei, semidei, eroi e mostri. Il mito possiede due qualità fondamentali: incanta colui che lo ascolta, trasportandolo in un mondo di vicende drammatiche e meravigliose, e al tempo stesso offre una risposta alle sue domande. Particolarmente importanti sono i miti sulle origini del mondo.

Le origini nel mito assiro-babilonese

Secondo il poema assiro-babilonese della creazione, in principio l'Universo era un'informe distesa d'acqua, dalla quale presero forma Tiamat (donna-drago delle acque salate) e Apsu (dio delle acque dolci). Poi comparvero altre divinità: Anshar e Kishar, da cui derivarono Anu ed Ea. Apsu era disturbato dalla presenza di queste altre divinità, ma Ea lo uccise e ne assunse le spoglie, generando Marduk. Anu attaccò poi Tiamat, la quale gli scatenò contro degli orribili mostri, che vennero sconfitti da Marduk. Questi uccise anche Tiamat e con il suo corpo formò il Cielo e la Terra. Infine Marduk assegnò un posto a tutti gli dei e creò gli uomini come loro servitori.

Le origini nel mito greco

Nella versione che ne dà Esiodo, poeta dell'8° secolo a.C., in principio esisteva solo Caos (il Vuoto), dal quale discese Gea (la Terra), che partorì Urano (il Cielo) e Ponto (il Mare). Dall'unione di Gea con Urano nacquero i Titani e i Giganti. Ma Urano odiava i propri figli e li nascondeva nella cavità interna della Terra. Gea, disperata, chiese ai figli di punire il padre e il più giovane tra i Titani, Crono, le ubbidì, rovesciando Urano. Divenuto padrone del mondo, Crono sposò la sorella Rea. Ma avendo appreso che un figlio l'avrebbe cacciato dal trono, egli prese a mangiarli tutti non appena nascevano. Affranta dal dolore, Rea ingannò Crono e nascose Zeus, il suo ultimo figlio, nell'isola di Creta. Al momento stabilito, Zeus spodestò il padre e lo costrinse a restituire i figli che aveva ingoiato. Insieme ai suoi fratelli Zeus sconfisse anche i Titani e i Giganti, e da allora regnò sul Cielo e sulla Terra.

Le origini nei miti nordici

Secondo l'Edda, la più antica raccolta di miti dell'Europa settentrionale, in principio era il Nulla. Poi al suo interno si separarono una regione fredda e una calda e quando il vento caldo incontrò la brina gelida, quest'ultima si sciolse, dando origine alla vita. I primi due esseri furono il gigante Ymir e la mucca Audhumla. Dal sudore del gigante nacquero i Giganti del Ghiaccio e dalla mucca nacque Buri, il quale generò poi gli dei Odino, Vili e Ve. Costoro uccisero Ymir e affogarono nel suo sangue i Giganti del Ghiaccio. Poi Odino e i suoi fratelli, con il corpo di Ymir, forgiarono il mondo, mentre con le scintille provenienti dalla regione del caldo crearono le stelle.

Le origini secondo la Bibbia

"In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell'Abisso, e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque". Così inizia la Genesi, il primo libro della Bibbia, sacro agli Ebrei e ai cristiani. Nei giorni successivi Dio creò tutte le cose e infine, a sua immagine e somiglianza, l'uomo. Tra questo racconto e i miti precedentemente descritti c'è una differenza fondamentale. In quei miti in principio troviamo il vuoto, dal quale si formano varie divinità o creature, alcune delle quali sono malvagie. Seguono lotte e uccisioni, grazie alle quali, però, si forma un mondo ordinato; il male è presente sin dall'inizio e fa parte del mondo. Nel racconto biblico, invece, in principio c'è Dio, un essere unico caratterizzato dalla bontà e dall'onnipotenza, dal quale non può che derivare un mondo buono. Come spiegare, allora, l'esistenza del male? Esso non può che essere una degenerazione del bene: un angelo che si è ribellato a Dio (il Satana dei cristiani, lo Shaitan degli islamici), il quale poi tenta gli uomini. Cedendo alla tentazione, gli uomini perdono l'innocenza originaria e divengono capaci di fare il male. Ma conservano anche la capacità di fare il bene: ciò significa che sono liberi e quindi che devono rispondere delle loro scelte.

Le religioni con molti dei

Molte religioni dell'antichità erano politeistiche, cioè fondate sulla venerazione di varie divinità, maschili e femminili. Le vicende di queste divinità, narrate nei miti, sono molto complicate e a volte contraddittorie: ciò dipende dal fatto che vi sono tante verità quanti sono gli dei, i quali rappresentano tutti gli aspetti della realtà, naturali e soprannaturali, positivi e negativi. Si tratta in genere di religioni 'nazionali', che non si rivolgono cioè a tutti gli uomini, ma a un determinato popolo, dal quale infatti prendono il nome.

La religione dei Greci e dei Romani

Le divinità dei Greci e dei Romani, pur essendo immortali e dotate di poteri superiori, assomigliano in modo straordinario agli uomini: non solo hanno lo stesso aspetto fisico, ma vivono le medesime passioni (amore, odio, gelosia) e si intromettono continuamente nelle loro vicende. Esistono 12 divinità principali e una serie di semidei ed eroi. Su tutti domina Zeus (Giove, per i Romani). La religione greco-romana è caratterizzata dall'idea che esista un destino necessario (Moira o Fato) superiore al volere stesso degli dei, i quali hanno soltanto il privilegio di conoscerlo in anticipo. Anticamente, Greci e Romani veneravano gli dei nei boschi o nelle grotte; in seguito, si servirono di grandiosi templi, alcuni dei quali sono giunti sino a noi. Una particolarità della religione greca era che le più grandi feste religiose prevedevano lo svolgimento di gare sportive: le più importanti erano le Olimpiadi.

Tipicamente romano è invece lo sviluppo di una religione della famiglia, basata sul culto dei Lari (divinità della casa), dei Penati (divinità della dispensa) e dei Mani (anime dei defunti). Quanto alla vita ultraterrena, cioè la vita dopo la morte, dapprima si ritenne che essa fosse eguale per tutti e caratterizzata dalla struggente nostalgia per la vita reale; poi si fece strada l'idea di una sorte differenziata, per cui i giusti andavano all'Isola dei Beati, circondata dal fiume Lete (che permetteva di dimenticare la vita terrena), mentre i malvagi precipitavano nel Tartaro, voragine oscura circondata dal fiume Flegetonte (fiume di fuoco), dove subivano pene terribili.

La religione dei Celti

La religione dei Celti (popolazione stabilitasi in varie parti d'Europa tra il 6° e il 3° sec. a.C.) era caratterizzata da centinaia di divinità, che variavano secondo le zone e i clan. Tra gli dei più importanti vi erano: Dana, dea della terra e della fertilità; Dagda, il Padre di tutti, incaricato della nutrizione e per questo dotato di un calderone sempre colmo di cibo; sua figlia Brigit, dea della poesia, della previsione, della medicina e della metallurgia; il figlio di lei Ogma, dio della cultura e dell'eloquenza, inventore della lingua celtica. Il rapporto con la natura era fondamentale: alcuni animali erano sacri (cavalli, cervi, orsi, tori, cornacchie, corvi e cinghiali) e le fonti d'acqua erano considerate punti d'incontro tra il mondo terreno e quello ultraterreno. I sacerdoti si chiamavano druidi (da drui, "colui che vive intensamente") e svolgevano i loro riti nei boschi. Probabilmente facevano sacrifici umani (i Celti conservavano la testa dei nemici uccisi in battaglia). Quanto all'aldilà, i Celti irlandesi lo chiamavano avalon e se lo rappresentavano come un luogo dove i morti avrebbero conosciuto una nuova vita fatta di luce, colori, musica e banchetti.

Cosa significa la parola religione?

Religione deriva dal termine latino religio. Secondo alcuni religio deriva da relegere (osservare coscienziosamente) e quindi sta a indicare la scrupolosa osservanza di precetti e doveri. Secondo altri, religio deriva da religare (legare) e quindi sta a indicare il legame tra il divino e l'umano. In ogni caso, la religione è sempre connessa con l'esperienza del sacro e dell'assoluto, ossia con qualcosa che dà un significato alle vicende caotiche, incerte e spesso dolorose dell'esistenza umana.

L'ebraismo

Le religioni monoteistiche si fondano sulla venerazione di un solo Dio. Una delle più antiche è l'ebraismo, le cui origini risalgono a circa 4.000 anni fa e che tuttora conta circa 18 milioni di seguaci. Con il cristianesimo e l'Islam ‒ le altre due grandi religioni monoteistiche ‒ l'ebraismo condivide la presenza di un fondatore e di un Libro nel quale Dio, tramite i profeti, ha rivelato la sua Parola: per questa ragione sono anche dette religioni rivelate.

La storia di un popolo

Quella degli Ebrei è la storia di un rapporto 'personale' con Dio, che inizia con Abramo. è ad Abramo che Dio si rivolge per stipulare la prima Alleanza: in cambio dell'obbedienza, Dio promette agli Ebrei la sua protezione e una patria. Dopo la liberazione dalla schiavitù in Egitto, Dio si manifesta nuovamente, rinnovando l'Alleanza e consegnando a Mosè la tavola con i dieci comandamenti. Gli Ebrei riescono infine a fondare il loro regno (Israele), ma saranno ripetutamente sottomessi e perseguitati da altri popoli, dai Babilonesi ai Romani. Essi iniziano allora a lasciare la loro terra e a disperdersi in tutto il mondo (la cosiddetta Diaspora) e specialmente in Europa, dove ‒ a causa della loro diversità negli usi e nella religione ‒ vengono spesso perseguitati o confinati in quartieri chiusi e degradati, chiamati ghetti. L'odio per gli Ebrei, o antisemitismo, ha determinato, nel 20° secolo, uno degli avvenimenti più terrificanti della storia umana: il tentativo, da parte dei nazisti (v. nazionalsocialismo), di sterminare l'intero popolo ebraico (Shoah). Furono uccisi 6 milioni di Ebrei.

La legge di Dio e i riti

Per gli Ebrei l'osservanza della legge divina è fondamentale. Nel Talmud (un testo di commento alla Bibbia) vi sono ben 613 comandamenti, che riguardano molti aspetti della vita, inclusa l'alimentazione. Ma i più importanti sono i comandamenti delle tavole: adorare un solo Dio, osservare il riposo di sabato, rispettare i genitori, non uccidere, non rubare, non mentire, essere fedeli. Gli Ebrei credono anche nella venuta di Dio sulla Terra, cioè nel Messia, che per loro però non è ancora giunto; essi credono anche nell'aldilà e nella resurrezione dei morti. Gli Ebrei ortodossi seguono alla lettera i precetti religiosi: al mattino pregano legandosi intorno alla testa, al braccio e al cuore piccoli astucci (tefillin) che contengono pagine di preghiere. Portano sempre in testa uno zucchetto (kippah) che simboleggia la costante presenza di Dio. Si riuniscono nella sinagoga, il loro luogo di culto, dove pregano e dove studiano sotto la guida dei rabbini, che non sono sacerdoti ma guide spirituali.

La Bibbia

La Bibbia (dal greco biblìa, "libri") è l'insieme dei libri sacri dell'ebraismo e del cristianesimo. Vi è però una differenza fondamentale. Gli Ebrei considerano sacri soltanto i libri scritti prima della venuta di Cristo. Sono questi a costituire la Bibbia ebraica, che prende il nome di Tanach dalle iniziali (T, N, K) delle tre parti in cui è suddivisa: Torah ("legge"), Nebi'im ("profeti") e Ketubim ("scritti sacri"). La Torah , i cui rotoli scritti a mano in ebraico sono conservati nella sinagoga, contiene le istruzioni date da Dio a Mosè; i restanti libri contengono profezie, salmi e proverbi. Per i cristiani, invece, quei libri costituiscono il Vecchio Testamento, che è completato e perfezionato dal Nuovo Testamento, ossia dai libri scritti dopo la venuta di Cristo (Vangeli, Lettere e Atti degli Apostoli, Apocalisse).

Quali sono le festività ebraiche più importanti?

Le due festività più importanti sono il giorno della riconciliazione (Yom Kippur), nel quale si chiede perdono agli altri per i torti commessi durante l'anno, e la Pasqua (Pesach), che commemora la fuga dall'Egitto narrata nell'Esodo, uno dei libri della Bibbia. Importante è il rito che si svolge nelle case, dove si effettuano prima le pulizie e poi si mangiano cibi che ricordano gli eventi biblici. Il momento più significativo è quando il bambino più piccolo chiede: "Perché questa sera è diversa dalle altre?". La risposta consiste nella narrazione dell'Esodo.

Il cristianesimo

Il cristianesimo prende il suo nome da Gesù Cristo (dal greco Christòs, il "consacrato dal Signore"), che visse e predicò 2.000 anni fa in Palestina, presentandosi come il Messia. Attualmente il cristianesimo è la religione più diffusa nel mondo, con un miliardo e mezzo di seguaci. La vita e gli insegnamenti di Cristo sono raccontati nei Vangeli (dal greco euangelion, "lieto annuncio"), che furono scritti da alcuni suoi discepoli.

La storia del Messia

Secondo il Vangelo, la storia del Messia inizia con l'arcangelo Gabriele, il quale appare a Maria e le annuncia che, per opera dello Spirito Santo, concepirà il figlio di Dio. Gesù nasce in una stalla, a Betlemme, e i primi a vederlo sono alcuni pastori. All'età di 30 anni viene battezzato e subito dopo una colomba discende dal cielo, mentre una voce lo proclama figlio di Dio. Dopo essersi ritirato per 40 giorni nel deserto, dove resiste alle tentazioni del Diavolo, Gesù inizia la sua predicazione, seguito da 12 discepoli (gli apostoli). Dopo tre anni di predicazioni, si reca a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, dove viene accolto festosamente. Ma nell'ultima cena con gli apostoli Gesù predice la sua fine. Avendo suscitato i sospetti delle autorità ebraiche, che considerano assurda la sua pretesa di essere il Messia, Gesù viene arrestato e, con il consenso dei Romani, condannato alla crocifissione. Tre giorni dopo la sua morte, il corpo di Gesù scompare dal sepolcro dove era stato seppellito. Gli apostoli ne annunciano la resurrezione a tutti. Dopo un'ultima apparizione ai discepoli, Gesù sale al cielo e si riunisce con il Padre.

Il Dio dei cristiani

Il nucleo centrale del cristianesimo è la fede in Cristo come figlio di Dio e, al tempo stesso, come uomo realmente esistito, morto sulla croce e poi risorto. Il cristianesimo è l'unica religione monoteistica in cui Dio si è fatto 'carne', vivendo come un uomo ed entrando così nella storia umana. I cristiani credono che Dio abbia creato il mondo, che tutto dipenda dalla sua volontà e che vi sia una vita ultraterrena nella quale si viene giudicati, meritando il Paradiso o l'Inferno. Si riuniscono nelle chiese (dal greco ekklesia, "assemblea") per pregare e partecipare alle funzioni religiose, che sono condotte dai sacerdoti. Questi ultimi sono uomini e donne consacrati alla vita religiosa (clero) e come tali distinti dai semplici fedeli (laici). Quanto alle festività, le più importanti riguardano i due eventi cruciali della vita di Cristo: il Natale ne ricorda la nascita e la Pasqua ne celebra la passione, la morte e la resurrezione.

I cristiani e le loro chiese

La Chiesa cattolica (dal greco katholikòs, "universale") riconosce nel Papa, erede di Pietro (che fu apostolo e primo vescovo di Roma), la massima autorità religiosa. Nell'11° secolo, a seguito di alcuni contrasti sulla dottrina e sui riti, le Chiese orientali si distaccarono da Roma, assumendo il nome di Chiese ortodosse (dal greco orthòs, "corretto", e doxa, "opinione") e organizzandosi in chiese nazionali, ciascuna con il suo Patriarca. Nel 16° secolo, infine, Lutero e Calvino protestarono contro alcuni comportamenti della Chiesa di Roma e proposero una riforma ispirata alla purezza del Vangelo: dalla loro azione nacquero le Chiese protestanti o evangeliche. I protestanti sottolineano l'importanza della fede e del rapporto diretto con la parola di Dio. Per i cattolici, invece, è fondamentale la mediazione della Chiesa, che interpreta la parola di Dio; inoltre, ai fini della salvezza, è importante che alla fede seguano le opere.

Cosa insegna Gesù Cristo?

Al tema tipicamente ebraico della legge divina e della sua osservanza, Cristo sostituisce il tema dell'amore. Il comandamento più importante - nel quale culminano i dieci comandamenti di Mosè, che devono comunque essere osservati - è "ama Dio con tutto te stesso" e "ama il prossimo tuo come te stesso". Nel celebre Discorso della Montagna, Cristo chiede agli uomini di amare tutti, persino i propri nemici, e pronuncia l'elogio dei poveri, dei miti, dei perseguitati e dei bisognosi, ai quali promette il regno dei cieli.

L'Islam

Islam significa obbedienza, abbandono e sottomissione totale a Dio (in arabo Allah). Il suo fondatore è Maometto, che visse e predicò in Arabia nel 7° secolo, presentandosi come l'ultimo profeta del Dio che si era rivelato ad Abramo, a Mosè e a Gesù, il quale, per i musulmani, è soltanto un profeta. Il libro sacro dell'Islam è il Corano (al-Qur'an, da "recitare"), e nei suoi capitoli (sure) sono raccolte le rivelazioni ricevute da Maometto. Attualmente l'Islam, con un miliardo circa di seguaci, rappresenta la seconda religione mondiale.

La storia dell'ultimo profeta

Nella tradizione islamica anche la storia di Maometto (Muhammad, il "glorificato") inizia con l'arcangelo Gabriele, che una notte del 610 (la Notte del Destino) gli appare e gli rivela che è lui l'inviato di Allah. Al momento dell'apparizione Maometto ha 40 anni: nato nel 570 nella città araba della Mecca, è rimasto presto orfano; affidato a uno zio, ha fatto il carovaniere e a 25 anni si è sposato. La sua predicazione si basa sulle rivelazioni che egli ha avuto da Dio. A 50 anni compie un miracoloso viaggio notturno: rapito dall'arcangelo Gabriele e portato a Gerusalemme, egli sale nei sette cieli, incontrando tutti i grandi profeti, da Abramo a Gesù. Egli si considera il rinnovatore della religione di Abramo, alterata a suo parere dai 'popoli del libro' (Ebrei e cristiani). Osteggiato e avversato dagli abitanti della Mecca, Maometto si trasferisce nel 622 a Medina: questo evento, chiamato hijrah ("emigrazione"), rappresenta l'anno 1° del calendario musulmano. Qui Maometto svolge il suo ruolo di capo spirituale, politico e militare. Dopo vari conflitti con gli abitanti della Mecca, egli nel 630 entra vittorioso nella sua città natale, la proclama città santa e torna quindi a Medina. Nel 632, dopo aver compiuto un ultimo pellegrinaggio alla Mecca, muore.

I cinque pilastri dell'Islam

I musulmani credono in un solo Dio, che ha creato il mondo e ne guida gli eventi, e che giudicherà gli uomini nel giorno del Giudizio finale, destinando i malvagi all'Inferno e i giusti al Paradiso. Nel paradiso musulmano, a differenza di quello ebraico-cristiano, si danno anche gioie dei sensi. Ogni musulmano (da muslim, "dedito a Dio") deve osservare i Cinque pilastri dell'Islam: la shahada, ossia la professione di fede ("Non c'è altro Dio all'infuori di Allah, e Maometto è il suo profeta"), formula che va pronunciata per entrare nella comunità musulmana; la salat, la preghiera canonica da recitare cinque volte al giorno; la zakat, l'elemosina rituale, pari al 2,5% del proprio reddito; il sawm, il digiuno nel mese di Ramadan ⍄⍄ durante il quale si può mangiare solo dopo il tramonto; lo hajj, il pellegrinaggio alla Mecca, che andrebbe effettuato almeno una volta nella vita.

Imam e muezzin

I musulmani si riuniscono nelle moschee (da masjid, "luogo della prostrazione") per pregare e studiare. I Sunniti, che rappresentano l'80% dei musulmani, non hanno ‒ a differenza degli Sciiti ‒ un vero e proprio clero: il ruolo di imam, la guida che conduce la preghiera quotidiana, può essere ricoperto da qualsiasi fedele. Nella moschea il khatib ("oratore"), predica nelle occasioni festive. Il mu'adhdhin (o muezzin) dal minareto richiama i fedeli alla funzione del venerdì (giorno di festa) e alle cinque preghiere giornaliere. Le principali festività sono la Festa della fine del digiuno, con la quale si celebra la fine di Ramadan, e la Festa del sacrificio, che si tiene dopo 70 giorni e prevede il sacrificio di un animale.

Che differenza c'è tra Sunniti e Sciiti?

La divisione tra Sunniti (da Sunnah, "tradizione") e Sciiti (da Shi'a, "partito di Ali") nasce da una disputa sulla successione a Maometto. Per i Sunniti i primi successori di Maometto (detti Califfi, da Khalifah, "successore") erano legittimi; invece per gli Sciiti l'unico successore legittimo del Profeta era suo cugino Ali (il quarto Califfo). Inoltre gli Sciiti si distinguono dai Sunniti per la rigorosa obbedienza agli imam, guide spirituali che discendono direttamente da Ali.

L'induismo

Se ebraismo, cristianesimo e Islam entrano in contatto con la Divinità attraverso la rivelazione, le religioni orientali vi giungono con la meditazione. Tra di esse, una delle più antiche è l'induismo, sorto circa 4.000 anni fa nelle regioni settentrionali dell'India. Privo di un fondatore, esso è caratterizzato da una straordinaria varietà di divinità, culti e dottrine. Tra i suoi ideali etici vi sono la carità, la pietà e la non-violenza. Oggi gli induisti sono circa 800 milioni e rappresentano la terza comunità religiosa del mondo.

Il ciclo delle rinascite e la liberazione

L'induismo ha una concezione ciclica del tempo: il mondo nasce, muore e rinasce all'infinito. Lo stesso avviene all'anima dell'uomo (Atman), che si incarna successivamente in vari esseri. Questo ciclo eterno di rinascite (Samsara) è simboleggiato da una ruota che gira continuamente per effetto del Karma, ossia delle azioni compiute dagli esseri viventi. Se le azioni sono malvagie, l'anima si reincarnerà in uomini di condizione inferiore o addirittura in animali. Il Samsara è la causa di ogni sofferenza, perché precipita l'anima nella 'prigione' del mondo, che è caratterizzato dal mutamento (tutto muore), dai dualismi (bene/male, felicità/dolore) e dai bisogni. Tuttavia, secondo l'induismo, il mondo che abbiamo sotto i nostri occhi è soltanto un'apparenza (Maya), dietro la quale si cela la realtà vera (Brahman), che è eterna e immutabile, da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna. Se l'uomo ‒ grazie alla meditazione ‒ giunge a comprendere questa verità, la sua anima si può liberare dal ciclo delle rinascite e la saggezza prende il posto dell'ignoranza, che è il vero male. La liberazione (Moksa) è il fine dell'induismo: l'anima si ricongiunge a Brahman, come la parte al tutto. E poiché nel tutto non vi sono né bisogni, né desideri, né limiti, non vi è nemmeno sofferenza.

Le molte divinità indù

Le divinità dell'induismo sono numerosissime, ma tutte sono espressione di Brahman. Ogni fedele sceglie quale divinità adorare. Le più importanti formano la cosiddetta Trimurti (tre forme). Esse sono Brahma, dio della creazione sposato a Saraswati, la dea della sapienza; Vishnu, dio della conservazione, sposato a Lakshmi, dea dell'abbondanza e della bellezza; Shiva, dio della distruzione e della liberazione, associato a sua volta a tre divinità femminili: Parvati simboleggia l'aspetto compassionevole, Durga e Kali quello distruttivo. Vishnu ha assunto diverse forme (avatar) per visitare il mondo, alcune animali e altre umane. Tra quelle umane, la più amata è Krishna, che è venerato dal movimento degli Hare-Krishna.

Le preghiere e le feste indù

Gli induisti pregano nei templi o in casa. Vi sono vari rituali giornalieri, tra i quali la ripetizione di formule sacre dette mantra: il più diffuso rituale consiste nel pronunciare la sillaba om, formata dal suono "a-u-m" emesso nell'espirazione. Durante l'adorazione i fedeli camminano in senso orario intorno alla statua della divinità, perché pensano che il contatto visivo favorisca la comunicazione. Tra le feste più importanti vi sono i Mela, a metà tra la celebrazione religiosa e il mercato: in particolare Maha Kumbha Mela, che si celebra ogni 12 anni.

Che cos'è lo Yoga?

Lo Yoga ("congiunzione") è uno dei vari 'sentieri' attraverso i quali si può raggiungere la liberazione dal ciclo delle rinascite. Si tratta di una disciplina molto severa, basata su esercizi spitituali e fisici (posizioni del corpo, controllo della respirazione), che ha lo scopo di liberare l'individuo dal turbinìo degli stimoli esterni e interni, permettendogli di congiungersi col Brahman. Le sue regole sono contenute in un testo del 5° sec. a.C., lo Yoga Sutra, e prevedono un percorso in otto tappe. Lo Yoga che si pratica in Occidente, nella maggior parte dei casi, è una sorta di ginnastica 'dolce', finalizzata al rilassamento fisico e mentale, ma spesso svincolata dai suoi presupposti religiosi.

Il buddismo

Il buddismo deriva il suo nome da Siddharta Gautama, detto il Buddha ("l'illuminato"), che visse e predicò tra il 6° e il 5° secolo a.C. in una regione compresa tra l'India e il Nepal. Anche il buddismo propone il 'distacco dal mondo' come unica strada per liberarsi dalla sofferenza; a differenza dell'induismo, però, non prevede l'adorazione di dei. I suoi ideali etici sono l'amore e la compassione per tutti gli esseri viventi. Attualmente il buddismo ha 300 milioni di seguaci, che ne fanno la quarta religione mondiale.

La storia del principe Siddharta

Nato in una nobile famiglia, Siddharta vive protetto nel lusso della corte, si sposa a soli 16 anni e ha un figlio. Ma un giorno si avventura fuori dal palazzo e si imbatte dapprima in un vecchio sofferente, poi in un ammalato e infine in un morto. Egli scopre così il "dolore del mondo". La sua successiva uscita, nella quale incontra un eremita, gli fa capire quale sia la strada da seguire. A 29 anni Siddharta diventa un asceta, cioè rinuncia ai beni del mondo e si dedica alla meditazione. Dopo sei anni di rigidissima ascesi (secondo la tradizione egli mangia solo un chicco di riso al giorno), Siddharta sente di non essere ancora giunto alla saggezza. Allora decide di seguire una 'via di mezzo' tra l'ascesi totale e l'abbondanza dei beni. Una notte, mentre è seduto immobile nella posizione del loto (a gambe incrociate) sotto un albero di fico e sta contemplando le placide onde di un ruscello, Siddharta raggiunge l'illuminazione interiore. Da quel momento egli diviene il Buddha e si dedica alla predicazione. Morirà a 80 anni. I suoi insegnamenti sono stati raccolti in un testo chiamato Tripitaka ("tre cesti").

Le quattro nobili verità del Buddha

Buddha non ha mai risposto alle domande sull'esistenza di Dio o sulla creazione del mondo, perché riteneva più importante il problema della sofferenza. "Occuparsi di questi problemi ‒ era solito dire ‒ è come essere trafitti da una freccia e rifiutarsi di estrarla sino a quando non si sappia di quante penne è composta". La sua dottrina si basa sulle quattro nobili verità: l'esistenza è dolore; l'origine del dolore è il desiderio; l'eliminazione del desiderio porta alla scomparsa del dolore; la strada per liberarsi dal dolore è il "nobile ottuplice sentiero". Quest'ultimo consiste in un codice di comportamento che raccomanda di comprendere le quattro nobili verità di non desiderare il male, non essere avari, non rubare, non commettere violenze, essere sinceri, fare lavori onesti, contenere gli impulsi negativi, dominare sé stessi e meditare. Colui che segue queste regole raggiunge il Nirvana ("estinzione"), ossia la liberazione dal dolore.

Le varie scuole buddiste

Nel buddismo vi sono tre scuole principali. Il buddismo Hinayana, o del piccolo veicolo, è legato all'ordine dei monaci, che seguono una disciplina severa e vedono nell'ascesi l'unica via d'accesso al Nirvana. Il buddismo Mahayana, o del grande veicolo, ritiene invece che il Nirvana possa essere raggiunto da tutti, ciascuno seguendo la propria strada. Al suo interno si colloca l'indirizzo giapponese dello Zen, che ritiene fondamentale la meditazione (zen) nella posizione del loto. Il buddismo Vayrayana, o del veicolo di diamante, ritiene che il Nirvana possa essere raggiunto solo attraverso gli insegnamenti segreti di un maestro. Di questo gruppo fa parte il buddismo tibetano, la cui massima autorità è il Dalai Lama (dal tibetano Da-lai, "oceano", e Bla-ma, "maestro": oceanico maestro).

Che cos'è il taoismo?

Il taoismo è un'altra grande religione orientale, che si basa sugli insegnamenti contenuti nel Tao Te Ching, un testo scritto nel 6° sec. a.C. dal cinese Lao-Tzu. Secondo Lao-Tzu è impossibile definire il Tao: esso è qualcosa che sta alla base di tutti i fenomeni, è eterno, immutabile e unifica al suo interno quegli aspetti che nella vita appaiono opposti. La saggezza consiste nel vivere in armonia con il Tao, la cui massima suprema è wu wei, ossia "non agire". L'uomo deve abbandonarsi in modo disinteressato al flusso naturale delle cose, senza pretendere di controllarlo e di piegarlo ai propri scopi.

Filosofia: il mestiere di pensare

Inoltrarsi nel continente della filosofia (dal greco philein, "amare", e sophia, "sapienza") significa entrare all'interno di una ricerca iniziata 2.600 anni fa in Grecia e che da allora non si è mai interrotta. Filosofo, del resto, non significa "colui che sa", ma "colui che ama e quindi cerca il sapere". Diversamente dai mistici e dai profeti, i filosofi cercano la verità con le sole risorse della ragione. Da dono divino la verità diviene così conquista umana. E proprio per questa ragione può sempre essere messa in discussione. La filosofia offre quindi meno certezze, ma lascia molta libertà.

La verità come ricerca

Socrate, il grande pensatore ateniese del 5° sec. a.C., passava il suo tempo rivolgendo ai propri concittadini domande come "cos'è veramente il bene?", oppure "cos'è la giustizia?". "Io non lo so ‒ diceva Socrate al proprio interlocutore ‒ ma tu sicuramente sì e quindi puoi aiutarmi a scoprirlo". L'altro in genere rispondeva, sicuro delle proprie conoscenze. A quel punto Socrate faceva un'obiezione, l'altro ribatteva, Socrate sollevava un'altra obiezione, e così via, in un 'batti e ribatti' che finiva per distruggere le certezze dell'interlocutore. Allora anche l'altro riconosceva, come Socrate, di "non sapere" e si disponeva alla ricerca. Socrate non lasciò nulla di scritto, convinto com'era che fosse impossibile raggiungere la verità senza impegnarsi personalmente nella sua ricerca.

Conoscere è ricordare

Il più brillante allievo di Socrate, Platone, riprese il metodo del dialogo, ma cercò di giungere a un sapere valido per tutti. La strada maestra, a suo parere, è quella della mente. Fin quando siamo sotto il dominio del corpo è impossibile trovare la verità, perché siamo sottoposti a bisogni, passioni, immaginazioni e a tutti gli inganni dei sensi. Dobbiamo quindi affidarci alla pura ragione (come nella matematica), che ci trasporta nel mondo delle idee. Mentre le cose sono mutevoli e imperfette, e quindi danno luogo a un sapere incerto (l'"opinione" o doxa), le idee sono stabili e perfette, e quindi danno luogo a un sapere certo (la "scienza" o epistème). Per Platone conoscere equivale a ricordare: la verità non è fuori, ma dentro di noi, e il mondo esterno serve solo a risvegliarla, come dimostra il celebre esempio dello schiavo che, opportunamente guidato, riesce a dimostrare il teorema di Pitagora pur ignorando del tutto la geometria.

La filosofia nasce dalla meraviglia

Se la filosofia di Platone considera imperfetta la realtà di questo mondo e tende a modellarla sulle idee, la filosofia di Aristotele, il suo migliore allievo, è affascinata dalla varietà del mondo e tende più a conoscerlo che a giudicarlo. La filosofia, diceva Aristotele, nasce dalla meraviglia che gli uomini provano di fronte agli enigmi, piccoli o grandi che siano. Il suo atteggiamento era simile a quello di uno scienziato moderno, salvo che per l'ampiezza formidabile degli interessi: scrisse infatti di logica, fisica, metafisica, etica, politica, biologia, psicologia, poetica, retorica e in ognuno di questi campi lasciò un segno incancellabile. Inoltre, egli diede a questa immensa mole di conoscenze una veste sistematica, creando una vera e propria 'enciclopedia delle scienze' che influenzò la cultura occidentale sino al Rinascimento.

Ma i filosofi si limitano a pensare?

Pitagora, filosofo e matematico del 6° sec. a.C., paragonava la vita alle grandi feste di Olimpia, dove alcuni vanno per gareggiare, altri per divertirsi o fare affari, altri ancora soltanto per osservare. I filosofi sono come questi ultimi. Essi non perseguono un interesse particolare (la vittoria, il divertimento, il guadagno), ma si limitano a osservare per il puro piacere di capire. L'immagine di Pitagora sottolinea il carattere contemplativo della filosofia. In realtà i filosofi, oltre a conoscere il mondo, hanno più volte tentato di cambiarlo; e, in ogni caso, chi voleva cambiarlo si è servito delle loro idee. Dunque, tutti i filosofi pensano, ma non tutti si limitano a pensare.

La filosofia di fronte al bene e al male

Tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza e quindi amano il sapere. Ma essi tendono anche all'azione, anzi spesso sono 'costretti' ad agire. E agire significa quasi sempre scegliere. Per questa ragione sovente ci chiediamo: cosa devo fare in questa circostanza? Qual è il comportamento giusto? Cosa è bene e cosa è male? A queste domande cerca di rispondere quella parte della filosofia chiamata etica o morale. Le due parole derivano dal greco ethos e dal latino mos, che significano entrambi "comportamento".

Vivere secondo ragione

Secondo i Sofisti (filosofi greci del 5° secolo a.C.) è impossibile giungere a una definizione del bene condivisa da tutti, perché ogni uomo considera buono ciò che desidera. Il bene è quindi un concetto relativo, cioè che varia da individuo a individuo. Contro questa tesi si sono schierati tutti i grandi filosofi dell'antichità, i quali ritengono che la natura propria dell'uomo sia la razionalità e quindi che il bene consista nel "vivere secondo ragione". Per Socrate e Platone il bene coincide con il sapere e quindi il male è una forma di ignoranza: è impossibile fare il male volontariamente, se davvero 'sappiamo' che è male. Aristotele ritiene invece che il male dipenda dall'uomo, il quale è libero di dominare gli impulsi con la ragione, oppure di non farlo. Quando lo fa egli pratica le virtù morali, che consistono nello scegliere il giusto mezzo tra due estremi: per esempio, tra gli estremi della paura e dell'incoscienza, il giusto mezzo è il coraggio.

Dovere o piacere?

Grande importanza hanno altre due scuole antiche, lo Stoicismo e l'Epicureismo, sviluppatesi in Grecia e a Roma tra il 4° secolo a.C. e il 3° secolo d.C. e tornate alla ribalta durante il Rinascimento. Per gli Stoici la natura segue un ordine razionale che l'uomo non sempre comprende perché è condizionato dalle sue passioni. Il bene consiste quindi nel dominare le passioni con la ragione, astenendosi dai desideri e sopportando i dolori: ecco perché di qualcuno che soffre senza lamentarsi si dice che "sopporta stoicamente il dolore". L'ideale stoico è l'assenza di passioni (apatia). Per gli Epicurei, invece, la natura non segue un ordine razionale e quindi l'uomo non può trovare in essa alcuna guida; non gli resta pertanto che affidarsi alle proprie sensazioni, fuggendo il dolore e cercando il piacere senza mai eccedere. Il supremo ideale epicureo è l'assenza di dolore (atarassia).

La legge morale nel cuore di ogni uomo

Kant, un grande filosofo tedesco del 18° secolo, sostiene che la legge morale è nel cuore di ogni uomo e perciò non ha bisogno di essere dimostrata. L'uomo è libero di seguirla o meno, perché non è fatto solo di ragione, ma anche di passioni: le sue azioni saranno morali, cioè buone, quando egli, lottando contro il proprio egoismo, deciderà liberamente di obbedire alla legge morale. Per Kant un'azione è buona solo se è disinteressata, ossia se viene compiuta non poiché speriamo di ottenere un vantaggio, ma perché riteniamo giusto in sé compierla. In sostanza, quello che conta è l'intenzione che sta dietro le nostre azioni. Ecco perché Kant non ci dice cosa dobbiamo fare, ma soltanto come dobbiamo prendere le nostre decisioni: "Agisci sempre considerando gli altri come un fine e mai come un mezzo".

La virtù richiede uno sforzo?

Per molti filosofi illuministi (v. illuminismo) del 18o secolo la virtù morale è quella naturale simpatia per i nostri simili, che ci spinge a fare loro del bene. Rousseau e Kant, invece, sostengono che la virtù morale implica sforzo e lotta interiore, giacché per essere 'buoni' è necessario combattere le nostre tendenze egoistiche.

La filosofia e la politica

Se "il bene è degno di essere amato anche per un solo individuo", scrive Aristotele, esso è "più bello e più divino quando riguarda popoli e città". Di qui la superiorità della scienza politica sull'etica: qualsiasi virtù umana è infatti possibile soltanto all'interno di uno Stato bene ordinato.

Il comunismo di Platone

La Repubblica di Platone è passata alla storia come la prima forma di utopia, ossia di Stato ideale: a Platone, infatti, non interessa capire lo Stato così come è, ma stabilire come deve essere. Perché lo Stato sia giusto occorrono due condizioni. La prima è che ogni individuo occupi il posto adatto alle sue caratteristiche: gli individui più sapienti dovranno governare, quelli più coraggiosi saranno addetti alla difesa e quelli che hanno soltanto doti fisiche dovranno occuparsi della produzione dei beni. La seconda condizione è che vi sia la comunanza dei beni e dei figli, cioè che lo Stato abbia un ordinamento comunista. Platone è infatti convinto che tutti i mali dell'uomo derivino dall'egoismo, di cui è massima espressione la proprietà privata. Tra le forme di governo, egli preferisce l'aristocrazia, ossia il governo dei migliori; e poiché i migliori sono i sapienti, Platone propone il governo dei filosofi.

La democrazia di Aristotele

Anche Aristotele è convinto che lo Stato debba essere ispirato al principio della giustizia. Egli è tuttavia contrario al comunismo platonico, perché ritiene che i mali della convivenza dipendano dalla natura umana: abolire la proprietà non eliminerebbe questi mali e al tempo stesso farebbe sorgere una società povera, perché senza stimoli all'iniziativa, e spiritualmente grigia, perché sparirebbero le diversità. Quanto alle forme di governo, Aristotele preferisce la democrazia (che chiama politìa), perché ritiene che l'insieme dei cittadini giudichi meglio di alcuni individui eccellenti. Chi è, si chiede Aristotele, il miglior giudice di un pranzo? Il cuoco, che è un esperto, o gli invitati? Gli invitati, perché le loro diverse capacità di giudizio si sommano. Perché la democrazia funzioni è però necessario che si formi un'ampia classe media, né troppo ricca, né troppo povera.

Liberali, democratici e socialisti

I pensatori politici antichi e medievali paragonano lo Stato a un organismo, in cui il tutto (lo Stato) è superiore alle parti (gli individui). Invece i pensatori moderni, dal 17° secolo in avanti, partono dal presupposto che gli individui siano liberi ed eguali e che lo Stato si debba basare sul loro consenso e sulla protezione dei loro diritti. Intorno all'idea di eguaglianza si formano ben presto tre indirizzi. Coloro i quali vogliono l'eguaglianza civile, cioè l'eguaglianza di fronte alla legge e la libertà di pensiero, di parola, di stampa, di religione, di attività lavorative e così via; coloro i quali chiedono l'eguaglianza politica, ossia il diritto di voto per tutti; e infine quelli che reclamano l'eguaglianza dal punto di vista economico. Di qui sono nate le tre grandi correnti politiche della modernità: i liberali, che tendono a proteggere la libertà individuale, limitando il potere; i democratici, che tendono a distribuire egualmente il potere, favorendo la partecipazione politica; i socialisti, che mirano a eliminare (o a ridurre) le diseguaglianze economiche.

Che cosa significa utopia?

Utopia è il titolo del romanzo scritto da Tommaso Moro nel 1516, dove si narra di un'isola sulla quale era stato realizzato lo Stato perfetto. Moro creò la parola dal greco, dove ou significa "non" e topos "luogo": utopia è quindi il "luogo che non c'è". Ma Tommaso Moro giocò sul fatto che la "u" di utopia poteva derivare anche da eu ("buono"): utopia è quindi il luogo che non c'è, ma che sarebbe bello se esistesse. Nel 18° secolo i primi socialisti immaginarono la società perfetta non più in qualche isola lontana, ma in un futuro che sarebbe ben presto divenuto realtà. In alcuni romanzi del Novecento (come 1984 di George Orwell) sono infine apparse le utopie negative: in essi il sogno della società perfetta, una volta realizzato, si rivela un incubo.

La scienza moderna

La scienza moderna, sviluppatasi dal 17° secolo, è una delle più grandi conquiste della civiltà occidentale. Senza di essa non sarebbe stato possibile lo straordinario progresso intellettuale e materiale degli ultimi due secoli. Essa ha reso autonome dalla filosofia alcune discipline, a cominciare dalla fisica, proponendo un metodo che ha permesso di raggiungere grandi risultati conoscitivi. La scienza, basata sull'autonomia della ricerca da ogni autorità esterna, è potuta sorgere solo grazie all'atteggiamento mentale introdotto dalla filosofia greca.

La battaglia contro il principio di autorità

Per affermare l'autonomia della ricerca scientifica, Galileo Galilei, scienziato e filosofo italiano vissuto tra il 16° e il 17° secolo, combatté una durissima battaglia su due fronti. Il primo era rappresentato dai pedanti seguaci di Aristotele, che invece di pensare con la propria testa e osservare con i propri occhi si rimettevano all'autorità del maestro. Il secondo fronte era rappresentato dalla Chiesa cattolica: qui l'autorità in questione era quella della Bibbia, che in alcuni passi sembrava sostenere l'idea geocentrica, secondo la quale la Terra è al centro dell'Universo. Galilei rispondeva sostenendo che la Bibbia non dice "come va il cielo", ma "come si va in cielo", essendo il suo scopo non la conoscenza della natura, ma la salvezza dell'anima. Quindi verità religiose e verità scientifiche riguardano ambiti differenti e autonomi; e nell'ambito del mondo naturale l'ultima parola spetta alla scienza. Per aver professato queste idee nel 1633 Galilei fu processato per eresia e costretto ad abiurare, cioè a sconfessare le sue teorie astronomiche. Oggi la Chiesa cattolica riconosce di avere sbagliato.

Una nuova concezione della natura e del sapere

La scienza moderna ha operato due grandi rivoluzioni intellettuali. La prima riguarda il modo di concepire la natura: essa non ha scopi, né sentimenti, né qualità morali. In altre parole, non deve essere pensata a immagine e somiglianza dell'uomo. La natura è organizzata secondo un ordine oggettivo e regolare, basato su leggi di causa ed effetto, che la scienza ha il compito di scoprire.

La seconda rivoluzione riguarda la concezione del sapere, che non deve essere riservato a pochi, ma aperto a tutti: quando uno scienziato annuncia una scoperta, deve subito dichiarare come vi è giunto, in modo che altri possano controllarla. La scienza si caratterizza dunque come un bene sociale, appartenente a tutti coloro che vogliano utilizzarlo.

Un nuovo metodo

Dal punto di vista del metodo, le grandi novità sono due: l'uso della matematica per formulare le ipotesi e il ricorso all'esperimento per confermarle o smentirle. La scienza moderna non si basa soltanto sulla osservazione dei fenomeni, ma su quell'esperienza artificiale che è l'esperimento scientifico e sulla costruzione di modelli matematici. Fare esperimenti significa interrogare la natura creando una situazione controllata, diversa da quella che si osserva nel mondo quotidiano. Ma per fare le domande giuste dobbiamo possedere un'ipotesi, cioè un'idea schematica su come le cose funzionino; e per fare questo dobbiamo ricorrere a modelli in grado di spiegare i fenomeni studiati.

Come cadono i corpi?

Se ci basiamo sull'esperienza comune, i corpi sembrano cadere a velocità diverse a seconda del loro peso. Galilei, però, riteneva che essi cadessero con la stessa velocità e per dimostrare tale ipotesi ricorse all'esperimento del piano inclinato. Quest'ultimo era una superficie perfettamente liscia sulla quale rotolavano due sfere di metallo, anch'esse perfettamente lisce: la situazione era quindi completamente diversa dall'esperienza quotidiana, fatta di superfici ruvide e di oggetti non perfettamente sferici. Attraverso la misura del tempo necessario alle sfere per percorrere il piano inclinato egli riuscì a dimostrare che i corpi, in assenza di attrito, cadono con la stessa accelerazione, trasformando così la sua ipotesi in una teoria scientifica.

Biblioteca fantastica

"Nella terra di Sonnonia dormire è per tutti la cosa più importante che ci sia. È per questo motivo che il paese ha quel nome. Ma quello che conta non è tanto la quantità o la durata del sonno, ma la sua qualità. È questo che fa la differenza".

Gli abitanti di Sonnonia hanno capito che dormire bene è importantissimo, e il motivo è molto semplice: sicuramente capita a tutti di essere un poco scontrosi se si viene svegliati in mezzo a un sogno, e di essere stanchi se si dorme male. Quando si fa una bella dormita, invece, si è rilassati e gentili. Per questo a Sonnonia sono convinti che chi dorme bene è di sicuro cortese e intelligente, perché se si è riposata perfettamente, la sua mente è prontissima per ragionare. E infatti chi dorme meglio di tutti viene eletto re.

Il re di Sonnonia fa sempre sogni bellissimi, e per questo è considerato un grande uomo. Ma la principessina Pisolina, che dorme in uno splendido e gigantesco letto a baldacchino, ha una paura matta di addormentarsi: a lei capita sempre di avere incubi terribili. Ma come è possibile che la principessa di Sonnonia non sappia sognare? Perché a volte si fanno sogni meravigliosi e altre incubi paurosi? E da dove vengono i sogni?

Un bambino di nome Little Nemo ogni volta che fa brutti sogni si sveglia ai piedi del letto e dà la colpa ai crostini al formaggio, al cuscino, alle lenzuola gelate o alle coperte che scivolano. Insomma, non sa mai cosa pensare. Certo è che appena si addormenta finisce in un posto che si chiama Slumberland, dove tutto è assurdo.

A Slumberland ne capitano davvero di tutti i colori: un bel prato diventa improvvisamente una giungla, un albero si trasforma in ippoguanodonte pelosauro. Non solo: nei sogni, prima è giorno e un secondo dopo è notte, gli amici scompaiono e si trasformano in altre persone. Quando si sogna, però, tutte queste stranezze sembrano normali, come se le avessimo già viste da qualche altra parte. Nei sogni tutto è così strano eppure così vero.

Una volta Little Nemo ha sognato conigli bianchi grandi come grattacieli, un'altra una zebraffa dal collo annodato. Ma dove le avrà conosciute queste stramberie? Chissà se una persona che non ha mai visto conigli sarebbe capace di fare lo stesso sogno... magari al posto dei conigli sognerebbe galline giganti!

Il signor Brusco, che di mestiere fa l'acchiappapensieri, è sicurissimo che il segreto dei sogni sia proprio questo: i sogni e i pensieri hanno qualcosa in comune. Ogni mattina all'alba esce di casa con un grande zaino, e ascolta in silenzio. Quando sente un pensiero che sta vagando, anche se piccolo piccolo, emette un fischio, e il pensiero entra nel suo zaino. Quando ne ha raccolti molti, torna a casa, li divide e li ordina: mette insieme quelli d'amicizia, quelli d'amore, e così via fino a quelli di zizzania. Poi li fa riposare, perché dice che i pensieri sono come la frutta: devono diventare maturi per essere migliori. Quando sono pronti li pianta in giardino, e la notte escono da soli e volano nel cielo, per andarsi a infilare nei sogni delle persone.

La vera confusione inizia quando i sogni si intrufolano nella mente di una persona che non sta dormendo, ma è ben sveglia. A Peter Fortune, per esempio, capita di concentrarsi così tanto nei suoi pensieri che, anche se sta aiutando il suo papà nei lavori domestici, sembra quasi addormentato: riesce a sognare a occhi aperti. Il problema è che quando Peter parte per le sue avventure immaginarie, non c'è nulla che riesca a farlo rimanere coi piedi per terra. La maestra può chiamarlo per ore in aula, ma lui se ne sta lì, magari davanti al foglio bianco, e si dimentica del compito in classe. Così tutti pensano che Peter sia un po' tonto, solo perché nessuno può sapere le storie incredibili che sta creando la sua fantasia.

Come quella volta che, mentre andava a scuola sull'autobus con la sua sorellina, immaginò di essere sul punto di venire attaccato da un branco di lupi feroci. Nella sua fervida mente e nei suoi occhi, quei lupi erano veramente davanti a lui e alla piccola Kate. Poiché per Peter talvolta la fantasia può diventare realtà, in quel momento occorreva a tutti i costi trovare una soluzione, e anche rapidamente. Pensa che ti ripensa, ecco l'idea: se fossero riusciti ad accendere un bel fuoco, quegli animali non avrebbero avuto il coraggio di avvicinarsi. Peccato però che il piano elaborato per sfuggire ai lupi abbia fatto dimenticare a Peter la sorella sull'autobus. E pensare che i suoi genitori si erano tanto raccomandati di tenerla sempre per mano...

Ma di sicuro Peter un giorno diventerà un grande scrittore, o un inventore, perché sono davvero poche le persone capaci di trasformare oggetti comuni in storie meravigliose. Se per esempio gli date un gatto, lui riuscirà a immaginarsi di entrare nel suo corpo e diventerà anche lui un micio, saprà fare le fusa e vedere nel buio. Per questo, anche se sta bene con gli amici, Peter ama moltissimo anche stare da solo, immobile, a pensare i suoi pensieri senza nessun altro intorno.

"Anzi - secondo lui - se si fosse sprecato un po' meno tempo a stare insieme e a convincere gli altri a fare lo stesso, e se ne fosse dedicato un po' di più a stare da soli e a pensare a chi siamo e chi potremo essere, allora il mondo sarebbe stato un posto migliore".

Nell'antica Persia c'era una persona che ha voluto far capire a tutti quanto è importante avere una grande fantasia. Anzi, con la sua immaginazione è riuscita a salvare un intero regno. Shahrazad è una ragazza bellissima, diventata famosa per la sua intelligenza e per i suoi racconti stupefacenti. In quel paese il sultano detestava tutte le donne. Ogni notte ne sposava una e la mattina la faceva decapitare. Quando è la volta di Shahrazad, lei con la sua fantasia comincia a narrare una magnifica storia al sultano. Questi rimane così colpito da quel racconto che ne vuole sentire un altro, e poi un altro ancora. Per mille e una notte si dimentica di tagliare la testa alla ragazza, che così si salva grazie alla fantasia e diventa principessa.

Non tutte le idee che sembrano geniali, però, hanno risultati così brillanti, perché a volte la fantasia è così sfrenata che ci si scorda di ragionare. La cosa più importante quando si hanno dei pensieri straordinari è rifletterci sopra. Bisogna porre a sé stessi delle domande: perché? È giusto? Cosa succede dopo? È quello che fa continuamente il saggio Grillo Parlante con Pinocchio.

Pinocchio crede sempre di avere delle trovate fenomenali, ma la sua disattenzione lo mette ogni volta nei guai. Il Grillo Parlante cerca di farlo riflettere bene sulle sue idee, per capire se sono giuste o sbagliate. Se, per esempio, Pinocchio vuol vagabondare tutto il giorno, il Grillo è pronto a chiedergli cosa farà alla sera, quando non avrà nulla da mangiare.

Pinocchio, si sa, è solo un giovane burattino di legno, e non ha ancora imparato a ragionare alla perfezione. Non è pronto a girare per il mondo senza il Grillo. E infatti, quando è in una brutta situazione, continua a ripetere: "Il Grillo Parlante aveva ragione!", ma ogni volta fa di testa sua. Forse, se il Grillo abitasse dentro la sua testa, sarebbe più facile dargli ascolto.

Anche Gurdulù ha lo stesso problema, anzi non ragiona per niente, sembra che abbia il cervello vuoto. La gente dice di lui: "Matto forse non lo si può dire: è soltanto uno che c'è ma non sa d'esserci". Gurdulù infatti è un uomo, ma non lo sa. A volte crede di essere un albero, a volte un pesce, o una rana. Non si rende conto che può pensare. Ma uno così, è davvero un uomo?

Quando il famoso imperatore Carlomagno l'ha conosciuto, si è fatto un sacco di risate. Poi ha pensato che Gurdulù poteva essere lo scudiero perfetto per un suo paladino, il celebre Agilulfo. Agilulfo, infatti, è un cavaliere intelligentissimo, che fa ragionamenti complicati come quelli di un professore e usa parole sconosciute. La cosa strana è che dentro la sua splendente armatura, la più bella e lucida tra tutte, Agilulfo non c'è.

O meglio, il suo corpo non c'è, perché Agilulfo è un cavaliere inesistente. Però ama riflettere sul mondo, e nessuno fa ragionamenti intelligenti come i suoi. Di sicuro Agilulfo e Gurdulù sono una bella coppia. Già me li immagino immersi in discussioni strampalate, mentre tutti si domandano con imbarazzo se sono davvero uomini.

Anche nel lontano Kansas abitano due amici conosciuti da tutti perché riflettono giorno e notte, e sono veri maestri nel farsi domande. Si tratta di una giraffa e di un serpente boa, che tutti considerano filosofi per quei pensieri complessi che fanno. Si fermano per ore a ragionare su domande stranissime a cui nessuno aveva mai pensato. Un giorno la giraffa chiede al serpente: "Dove inizia la tua coda?

Dove termina il resto del tuo corpo? La coda comincia subito dopo la testa? È molto strano. Ma in che punto si può tracciare una linea di separazione?". Sfido chiunque a rispondere. Ma i due non si scoraggiano, e per ogni questione vogliono scoprire la verità. Ora sono in giro per il mondo, a cercare risposte alle più difficili domande. (Nicola Galli Laforest)

Bibliografia

Fiabe da 'Le mille e una notte', Fabbri, Milano 2003 [Ill.]

Italo Calvino, Il cavaliere inesistente, Mondadori, Milano 1993

Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, Giunti, Firenze 1991

Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio: storia di un burattino, Edizioni C'era una volta…, Pordenone 1991 [Ill.]

Michael Ende, Il Mangiasogni, Mondadori, Milano 1992 [Ill.]

Monika Feth, L'Acchiappapensieri, Jaca Book, Milano 1996 [Ill.]

Ursula K. Le Guin, Il 931° giro del mondo, Mondadori, Milano 1993 [Ill.]

Winsor McCay, Little Nemo, Edizioni Grafiche Lo Vecchio, Alessandria 1995 [Ill.]

Ian McEwan, L'inventore di sogni, Einaudi Ragazzi, Trieste 1998 [Ill.]

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